Alcuni infiniti sono più grandi di altri infiniti

di Yoyce
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Voglio raccontarvi una storia. E se ve lo state chiedendo, non è la mia.
Già, avete capito molto bene. Questa storia racconta la vita di due persone che si intrecciano per caso, due persone molto diverse fra loro. E se vi aspettate il fantomatico colpo di fulmine vi sbagliate di grosso. Questa storia è complessa, come lo sono i due protagonisti.
Chi sono io? Lo scoprirete a tempo debito.
 
 
La stanza era invasa dall’oscurità. Vi erano alcuni spiragli di luce che provenivano dalla finestra, grazie ai quali si poteva intravedere una sagoma. Essa si avviò verso l’armadio ed iniziò ad indossare alcuni indumenti. I suoi modi erano duri, rozzi, ma allo stesso tempo molto tristi. Una volta che la sagoma fu vestita prese alcuni oggetti e uscì di casa.
Quel giorno pioveva a dirotto e per le strade non vi era nessuno. Tutti avevano deciso di rimanere in casa, tutti tranne una persona. Essa, infatti, prese la macchina e iniziò a sfrecciare per le strade deserte.
Il veicolo si diresse al confine della città e dopo alcuni metri si fermò. Scese dall’auto una ragazza alta e snella, con addosso un cappotto pesante. Nella mano destra teneva un ombrello per ripararsi sia dal vento sia dalla pioggia. Chiuse la macchina e si addentrò in quest’area dove la pietra regnava sovrana.

La ragazza smise la sua camminata quando trovò quello che cercava. Rimase immobile per alcuni istanti, poi come se si fosse svegliata da una trance si inginocchiò davanti alla pietra.
“Sono già passati due anni. Due fottutissimi anni. Due anni che tu non ci sei più.
Lascio andare una risata amara. Una risata colma di rancore. Rancore verso me stessa.
Penso che ho fatto bene a trasferirmi quì. Penso che non avrei retto tutte quelle fotografie. Tutti quei ricordi. Quegli spezzoni di vita che mi tornano in mente, prepotenti. E' quando tutto va bene, che sei più vulnerabile. Che le cose ti feriscono maggiormente. Che sono più dure da digerire, buttare giù.
E' per questo che molti dicono che la felicità non è uno stato d' animo costante. Ma che è un attimo, una piccola frazione di vita. Un ricordo, un immagine che ti strappa sempre un sorriso. Io però quel sorriso non c’è l’ho più da molto tempo, da quel fatidico giorno. Mi è stato portato via assieme a te. Ora provo solo dolore ogni volta che ricordo noi. Io e te, il nostro amore. Un amore che doveva durare per sempre. Dopo tutti questi anni non riesco più ad amarre, non riesco a provare amore per nessun’altra persona all’infuori di te.” Alcune lacrime rigavano il volto della ragazza che era ancora inginocchiata a quella lapide. Quel pezzo di pietra freddo e umido.
La ragazza rimase li in quella posizione per molti minuti, poi, si alzò e senza guardarsi indietro s’incamminò verso l’auto. E come era arrivata, sfrecciò verso la città.
Una volta tornata in stanza, lei pianse come il cielo. Pianse finché non si addormentò pensando a lei. Il suo amore perduto, Costia.




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