At the piano

di Little Redbird
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At the piano



Nessuno dei due aveva mai amato le riunioni di famiglia. Non perché non amassero passare il tempo con i loro genitori, ma perché non gli piaceva passarlo tra di loro.

Sherlock aveva sempre qualcosa da ridire, sempre ad analizzare i comportamenti di tutti, da quanti bicchieri d'acqua bevevano a quante volte guardavano fuori dalla finestra. E la signora Holmes incoraggiava quel suo comportamento da sociopatico, mentre a Mycroft non restava che sospirare rassegnato – ma non troppo, o Sherlock avrebbe analizzato pure quello.

Il problema delle riunioni di famiglia era Sherlock. Non suo fratello in sé, ma i suoi comportamenti, il suo osservare tutti con le mani giunte davanti al viso, come fossero suoi clienti o, peggio, sue cavie.

Mycroft odiava i suoi comportamenti, non Sherlock. C'era stato un periodo della loro vita in cui loro tre non avevano avuto nulla al di fuori l'uno dell'altro. E, per quanto loro fratello fosse addirittura più solitario di loro, andavano più che d'accordo.

La musica, ricordava, era la cosa che più li aveva uniti, nonostante ognuno di loro suonasse uno strumento diverso.

Mycroft accarezzò i tasti del vecchio piano dei loro genitori e sentì la malinconia di quei tempi andati scorrergli lungo la spina dorsale.

“Se stai considerando di ricominciare a maltrattare Beethoven, ti prego, non farlo.”

Allo sguardo acuto di Sherlock Holmes non sfuggiva nulla – o quasi – e Mycroft non fu sorpreso di sentirlo punzecchiarlo.

“Mi sono tornati in mente dei ricordi” mormorò, abbandonando i tasti ben lucidati.

Sherlock parve cogliere la malinconia nel suo tono ma, da perfetto sociopatico, non poteva che ignorarla. “Come le volte in cui ascoltavamo buona musica solo perché suonavo io?”

Mycroft fece un mezzo sorriso. Non si aspettava altro, da suo fratello.

“Anche tu non sei mai stato un gran che” intervenne sua madre e il suo sorriso si allargò.

Sherlock non parve per nulla toccato da quella critica.

“Preferivo di gran lunga quando suonavate insieme” aggiunse la donna, posando le mani sulle spalle del figlio maggiore. “Perché non vi sedete e mi accontentate un'ultima volta?”

Mycroft si sedette senza esitazioni sullo sgabello del piano, le dita che provavano i tasti.

Sherlock, come previsto, fu rapido ad affiancarlo. “L'ha chiesto ad entrambi” fece presente, sistemandosi come meglio poteva sulla seduta che non li accoglieva più così bene entrambi.

Le dita, seppur arrugginite da anni di solo violino, seguirono le sue senza esitazione.

Ci fu silenzio per un po', mentre sua madre sorrideva. Anche da piccoli era così: l'unica volta in cui non litigavano, era mentre suonavano.

Forse, pensò Mycroft, avrebbero dovuto tornare a farlo più spesso.



 


AN:
Non avevo mai scritto su Mycroft prima d'ora e mi pare mia sia riuscito abbastanza male, ma ci tenevo a fillare il prompt di Alex, che mi aveva chiesto qualcosa sui fratelli Holmes.
Comunque sia, ho inserito l'avvertimento OOC, quindi le mie chiappette dovrebbero essere parate v.v

Red




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