Escape

di fragileeillusion
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I miei appunti avevano già raggiunto tre quarti del taccuino, quando Yorke decise di accostare.
«Finalmente!», Joyce uscì saltellando dalla macchina,  «è almeno un'ora che me la tengo!»
Yorke si accese una sigaretta, «e perché non me l'hai detto prima?»
Aprii il bagagliaio, e vi appoggiai dentro il mio taccuino. Tirai fuori il fornelletto e la moka e feci del caffé.
Joyce si allontanò, cercando qualche cespuglio nel deserto dietro al quale nascondersi.
«Qui vedete?», urlò da lontano.
«Negativo!», rispose Yorke. Lo guardai di traverso.
Joyce fece bene a non fidarsi, ed avanzò fino al cespuglio più lontano.
«Come fai?», mi chiese lui.
Corrugai la fronte, scossi la testa.
«Come fai a farle aprire a te il suo cuore in questo modo?»
Continuai a fissarlo.
«Hai mai sentito la mancanza di qualcuno che sta proprio accanto a te?»
Dopo un attimo di esitazione, allungai la mano verso la penna appoggiata nel bagagliaio per poter scrivere la risposta sul mio braccio, ma prima che le mie dita potessero afferrarla, la mano di Yorke era già sulla mia.
«Non scriverlo. Voglio sentire il suono delle tue parole»
Rimasi pietrificato.
I suoi occhi erano tremendamente vicini ai miei. L'odore di fumo mi penetrò nelle narici. Le sue labbra scandivano le frasi davanti alla mia bocca serrata.
«Voglio sentire il suono delle tue parole», sussurrò.
Ma io non parlai. Provai, ma non riuscii.
Ci provai. Davvero.
Il caffé uscì dalla caffettiera, cadendo sul dorso della sua mano aperta sulla mia. Non cambiò espressione. Continuava a fissarmi.
Soffiò il fumo dentro la mia bocca ormai semiaperta.
«Ragazzi!», urlò Joyce, correndo verso di noi.
Yorke tolse la sua mano dalla mia, e si voltò rapidamente.
«Ragazzi! Guardate cos'ho trovato!», ci mise davanti agli occhi i resti di una cartina sporcata dalla sabbia. In alto a destra era stata tracciata una grande "X".
«A quanto pare abbiamo una meta», Yorke bevve la sua tazza di caffé, e tornò al volante.
 




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