ATTENZIONE:
Tiene
conto degli avvenimenti fino alla 5x05.
Per
il resto ci sei tu
Oh,
che cosa ridicola! Era stato
abbastanza idiota pensarlo, scriverlo era diventato la sua cosa
più
odiata dopo Greer. Ma come le era saltato in testa? Non era da lei.
Appunto, le era saltato in testa perché aveva il cervello in
pappa
dopo il trattamento ricevuto da Samaritan. Le torture, le
simulazioni, le ripetute morti la stavano facendo impazzire.
Più di
prima, s'intende. Tutto si era ripetuto settemila volte. Settemila
volte lei era fuggita, settemila volte aveva ritrovato il gruppo,
settemila volte aveva provato ad ucciderli e settemila volte
aveva ucciso se stessa pur
di non uccidere Root. Già, settemila volte aveva fatto
l'amore con
lei. Erano solo simulazioni, ma quanto di vero c'era stato in ognuna
di loro? Dopotutto era vero che stava impazzendo.
Si portò una mano
alla fronte e
all'improvviso udì dei passi. Stava per mettersi all'erta,
era un
riflesso naturale, quando sentì un abbaio di Bear e allora
si calmò.
Era al sicuro, adesso. Non sapeva per quanto, ma al momento lo era.
La testa di Finch sbucò da un angolo e Shaw
scattò come una lepre,
rimettendosi meglio sulle ginocchia. Si era accovacciata per scrivere
su quel dannato foglietto che aveva chiesto a Finch ma le facevano
male le ginocchia. Si sentiva ancora molto provata, non in forma
perfetta, ed era una cosa che odiava.
«Si è
ricordata qualcosa che
potrebbe tornarci utile?», domandò lui, allungando
lo sguardo verso
il foglietto.
Lei lo appallottolò
appena si
rese conto che lui lo stava guardando, lanciandolo dietro di lei.
«No», mugugnò, abbassando lo sguardo e,
con un gesto involontario,
ritirandosi indietro i capelli. «No, no, era solo…
uno
scarabocchio».
Finch annuì, tirando
il
guinzaglio con Bear. Solo allora Shaw si rese conto che l'uomo aveva
indossato il giaccone: era pronto per uscire.
«Dovrebbe sdraiarsi
un po', miss
Shaw. Sono certo che a miss Groves non dispiaccia che riposi sul suo
letto».
Lei si girò e
guardò il letto,
tenendosi di nuovo la testa che le girava. Oh, ne era certa anche
lei. «Tu», lo indicò con un gesto della
testa, alzando il mento,
«dove vai, adesso? Torni a casa?».
Finch annuì,
guardando Bear che
scalpitava per uscire un po' dalla vecchia metropolitana.
«Non so
quando torno», rispose. Non le avrebbe ancora parlato di
Elias; in
fondo aveva già tante cose per la testa. «Mister
Reese è impegnato
con un numero al momento, e anche se non ha bisogno di me sono sempre
in contatto. Per qualsiasi cosa…»,
lasciò la frase a mezz'aria.
Shaw aveva capito cosa
intendeva,
se avesse avuto bisogno di lui ci sarebbe stato, eppure dirlo in quel
modo le faceva solo pensare che restava in contatto per Reese e non
per lei. La ragazza si limitò ad annuire debolmente.
«Miss Groves
è ancora fuori, ma
ormai credo abbia finito di lavorare», guardò il
suo orologio al
polso, «Magari tornerà prima lei di me»,
aggiunse con voce più
bassa, quasi sovrappensiero. «Meglio che vada», la
guardò ancora,
«Sono contento di riaverla con noi, miss Shaw».
Bear entrò in camera
di Root il
tempo per salutare Shaw e poi lui e Finch sparirono.
«Potrebbe aggiungerci
qualche
cuoricino… A miss Groves non dispiacerebbero», lo
sentì dire e
Shaw roteò gli occhi.
Si sdraiò ma sul
pavimento, su
quel morbido tappeto. La testa le stava scoppiando ma non
gliel'avrebbe data vinta. Samaritan e Greer avevano avuto da lei
settemila morti, poteva resistere a qualche martellata sulla fronte.
Si toccò
istintivamente sotto
l'orecchio sinistro, sul cerotto. Per fortuna non era come nelle
simulazioni. Lei era lucida. Anche se ogni tanto temeva in modo
involontario di essere ancora là dentro: per questo non
voleva
dormire, aveva paura di risvegliarsi lì all'interno di un
incubo,
paralizzata su quel letto e incollata alle macchine. Aveva dormito
fin troppo.
Sapeva di non trovarsi ancora
lì
solo perché nelle simulazioni non era mai arrivata alla
metropolitana. Lei sarà anche morta settemila volte, ma
settemila
volte aveva vinto perché non aveva portato Samaritan dalla
Macchina.
Era stato tutto
diverso, nella realtà.
Era stato diverso fin dal principio: aveva provato a scappare per
davvero, o forse glielo stavano lasciando fare, ma tutto era
diventato reale quando erano apparsi Root e Reese e l'avevano portata
via. E non ci sarebbero più state simulazioni. Dovevano
tornare là
e sconfiggere Samaritan, ma al momento era troppo potente e il suo
era stato un salvataggio di fortuna, non ce ne sarebbe stata ancora.
Finch sperava che il periodo trascorso con loro potesse aiutarli a
trovare un punto debole di Samaritan, ma la verità era che
Shaw si
preoccupava di non essere utile affatto, se non a ricordare quelle
simulazioni.
Odiava non essere utile. E
odiava
sentirsi ancora così debole e provata.
«Ehi,
tesoro».
Oh, era tornata. Come non
capire
che era lei.
Sentì il rimbombare
dei tacchi
dei suoi stivali attraverso i peli soffici del tappeto e Shaw si
mantenne di nuovo la fronte, perché il rumore dava man forte
al mal
di testa.
«Sei ancora
sveglia?», Root si
affacciò nella camera, vedendola sdraiata sul pavimento.
«Oh, ti
verrà il mal di schiena», s'inchinò
subito verso di lei, poggiando
un sacchetto della spesa sul tappeto.
«Credimi,
è l'ultimo dei miei
problemi».
Capendo che non sarebbe
riuscita a
farla alzare, Root aprì il sacchetto e ne tirò
fuori un fagottino
involto in una pellicola, mostrandoglielo: «Guarda cosa ti ho
portato! Un-».
Shaw glielo prese dalle mani,
rimettendosi seduta. Prima che Root potesse finire di parlare, lei
aveva già svolto l'involucro di pellicola del panino e fatto
il
primo morso.
Root sorrise e si
appoggiò alla
parete lasciando i gomiti sulle ginocchia. La fissava incessantemente
e Shaw abbassò lo sguardo.
«Tu non
mangi?», le chiese.
Magari provando un argomento l'avrebbe smessa di fissarla in quel
modo.
«No, anche l'altro
è per te. Nel
caso avessi molto appetito», sorrise di nuovo. No, non smise
di
fissarla.
Shaw diede un'occhiata appena
al
secondo panino nel sacchetto, guardando poi lei. Era ovvio che non
avrebbe smesso di fissarla, dopotutto era Root. Ormai la conosceva.
Le aveva detto quanto non aveva
smesso di cercarla. A un certo punto avevano davvero creduto fosse
morta. Shaw immaginò che Root ci fosse rimasta male. Forse
aveva
sofferto. Lei era stata troppo impegnata a morire settemila volte per
pensare a cosa avevano creduto di lei i suoi compagni. Troppo
impegnata a farlo nelle simulazioni. Beh, in fondo sapeva che Root
non avrebbe mai smesso di cercarla.
Prese l'ultimo boccone rimasto
del
panino e appallottolò la pellicola, gettandosela alle
spalle. Vide
Root alzarsi e lamentarsi.
«Se ti viene ancora
in mente si
sdraiarti sul tappeto, lo farai nella sporcizia», disse.
Shaw stava per afferrare il
secondo panino quando un pensiero atroce le attraversò la
mente: il
foglietto. Si precipitò alle sue spalle, ingoiando il
boccone, ma
era troppo tardi. Root aveva tra le mani la palla della pellicola e
il foglietto, che stava già rimettendo in sesto per leggere.
«Quello è
mio», grugnì in un
lamento. Allungò una mano per afferrarlo ma Root si
spostò da un
lato e Shaw non aveva ancora recuperato i buoni riflessi di una
volta.
«Oh».
Era tutto? Shaw si
paralizzò sul
tappeto, incerta sul significato del verso di lei. La vide scendere e
fermarsi sulle ginocchia, continuando a fissare quel foglietto,
stringendolo. Sembrava visibilmente imbarazzata. Ed era pure una
stupidaggine, pensò Shaw; una stupidaggine che non doveva
scrivere
né pensare. Avrebbe voluto ringraziarla in qualche modo,
farle
capire che era importante per lei, anche se odiava ammetterlo. Ma
quelle parole erano state la prima cosa a venirle in mente con una
penna in mano. Oh, ed era così banale. Tutti conoscevano
quella
rima. Davvero si era emozionata per quella robaccia?
«L'hai scritto
per… me?», le
domandò Root con un filo di voce, alzando lo sguardo.
Shaw si toccò di
nuovo la fronte,
abbassando il suo. Non sapeva davvero cosa rispondere.
Root scese il foglietto con una
mano e con l'altra sfiorò una guancia di Shaw, in una
carezza. La
seconda stava per allontanarsi ma Root si accostò in fretta
e le
prese le labbra con le sue, in un attimo. Strinse e Shaw si
allontanò
un poco, non bruscamente, senza dire una parola. Il foglietto cadde
di nuovo sul tappeto e Root lo riprese con sé, insieme alla
pallina
di pellicola.
«Vado a
buttare…», non finì
la frase. Root si alzò di fretta e stava per uscire dalla
stanza
quando Shaw le prese una mano, fermandola. Si alzò anche
lei.
«Root! C'è
un cestino anche qui
dentro». Shaw la tirò verso di sé e le
prese il viso tra le mani,
arrivando alla sua bocca. «Non ho intenzione di lasciarti il
tempo
per riprenderti», le sibilò con il fiato caldo
sulla bocca. Root
era imbarazzata e stava scappando, ma non ne aveva bisogno.
La pallina di pellicola
scivolò
dalle sue mani insieme al foglietto e Root le accarezzò
le guance calde. Si baciarono ancora, ancora, sbattendo sulla parete.
Shaw le tirò via le mani e le strinse i polsi contro il
muro,
baciandola con forza scendendo lungo il collo, e sulle spalle
spostando la maglietta scollata.
Adesso era certa di non essere
all'interno di una simulazione. Tutto era così vero,
così
tangibile. Appena Root le sfiorò le labbra ne ebbe la
conferma. E
forse era un caso che anche nelle simulazioni finissero a letto. Non
era destino ma semplicemente qualcosa che volevano. Shaw si sentiva
libera da tutto; era se stessa e baciare la sua pelle morbida era una
continua conferma.
Root si divincolò e
spinse Shaw
indietro, continuando a baciarla, a portarle via il labbro superiore.
E ancora si ritrovarono l'una sulla bocca dell'altra, finché
Root
non la tirò verso il letto e le salì sopra,
sfilandole di dosso la
maglietta e baciandole il petto, scendendo sui seni. Shaw
l'aiutò a
togliersi la sua e nella foga la spinse indietro, permettendole di
rialzarsi e gettare lei sul letto, ritrovando le sue labbra,
affondando sulla sua bocca.
Non ricordava di essere mai
stata
veramente in pace nelle simulazioni. Settemila simulazioni e aveva
sempre il sentore che ci fosse qualcosa di sbagliato a tormentarle
l'anima, qualcosa che si metteva contro di lei, qualcosa che le
impediva di essere tranquilla. Durante le simulazioni non sapeva di
esserci dentro, era qualcosa che poteva capire solo una volta che le
lasciavano respiro e le toglievano quella dannata cosa dalla faccia,
eppure era sempre stata certa, là dentro, di non essere al
sicuro,
per quanto potesse essere simile alla realtà. Sembrava
esserci
sempre qualcosa di forzato, qualcosa di falso e incredibilmente
vuoto, ma non capiva cos'era. Samaritan aveva accuratamente scavato
dentro di lei per poterla usare a suo vantaggio, ma infine aveva
perso allora e avrebbe perso di nuovo. Perché Samaritan
l'aveva
vista fare l'amore con Root settemila volta ma non l'aveva capita
mai, nemmeno una volta. Samaritan non lo poteva capire, non poteva
riuscire a farlo: era priva dell'empatia
necessaria.
Shaw le sfilò i
pantaloni e le
passò le mani lungo le cosce, tastando la pelle morbida e un
po'
infreddolita di Root. Ci avrebbe pensato lei a scaldarla. Nel
frattempo le baciava la pancia, scendendo, socchiudendo le sue labbra
nell'ombelico. La sentì sussultare sotto di lei. Forse tanto
forte
che Root sentì l'impellente bisogno di riprendere in mano la
situazione e strinse le spalle di Shaw, tirandola verso la sua
sinistra. Caddero entrambe dal letto e atterrarono sul tappeto,
lasciandosi scappare qualche sorriso. Tirarono il filo della lampada
e cadde anche questa, rompendosi. Allora risero.
«La mia
lampada…», sussurrò
Root.
«Meglio lei delle
nostre teste».
«Mh»,
le sorrise, carezzandole il
viso, «Pensavo ti
piacessero queste tipo di cose».
«Da che ricordo,
piacciono anche
a te», rimbeccò con mezzo sorriso, roteando gli
occhi.
Si baciarono di nuovo, dapprima
piano e poi più forte, così Root tornò
a mettersi sopra di lei,
aiutandola a tirare via i pantaloni.
In realtà, Shaw
sapeva che non
era mai stata tanto diversa da Samaritan. Forse non aveva mai pensato
al controllo del mondo, ma anche lei uccideva le persone solo
perché
così le era stato assegnato e non provava pena per loro.
Erano un
bersaglio, un nemico, e andava fatto. Non era solita farsi molte
domande. E di certo non era solita ad amare qualcuno. Andava a letto
con chi le interessava, senza dubbi, ma l'amore era sempre stato su
un altro livello che non le era possibile raggiungere, qualcosa che
non l'attraeva perché non lo capiva. Anche lei era stata
priva
dell'empatia necessaria e, strano anche solo pensarlo, ma forse
Samaritan stesso e le sue simulazioni l'avevano aiutata a diventare
quella che sentiva di essere in quel momento. Root le aveva fatto
sentire qualcosa per la prima volta dopo la morte di suo padre quando
era bambina, e Samaritan, senza volerlo, le aveva dato la spinta
necessaria per imparare ad amare.
Non era certa di essere
innamorata
di Root, ma senza dubbi si sentiva sulla strada giusta per scoprirlo.
Si baciarono di nuovo
affondando ognuna
nelle labbra dell'altra, assaporandosi, sentendosi, conoscendosi a un
livello fino a poco prima solo immaginato. Sfiorarsi e poi toccarsi
con forza, stringere i polpastrelli nella carne nuda finché
non
cambiava
colore e poi lasciarla, mordere, leccare, scoprirsi ad ogni tocco una
persona diversa, fra sospiri e strette improvvise.
Shaw scese su di lei toccando
con
mano ogni centimetro del corpo di Root, stringendole i fianchi mentre
lei le teneva la testa, tirandole i capelli. Shaw si era perfino
dimenticata del mal di testa. Affondò contro il corpo di
lei,
sentendola vicina come non lo era mai stata.
Erano rotte entrambe, una
volta.
Magari in quel momento non potevano definirsi ancora aggiustate, e
forse non lo sarebbero state mai, ma erano più di quanto
Samaritan
non sarebbe mai riuscito a essere e avrebbero vinto. Avevano
già
vinto.
Shaw tolse un braccio di Root
che
la stringeva in vita, provando a scendere dal letto. A passi felpati
camminò fino al sacchetto e tirò fuori il panino,
iniziando a
svolgerlo dalla pellicola.
Ma cosa mi
è successo io non lo so, che non scrivo più fan
fiction
serie dal 2012 (una mini flash-fic nel 2014 non la considero
“seria”,
per intenderci). Person
of Interest e
le shoot mi hanno
stravolto! Tanto che le ho sognate, giorni fa °-° Poi
avevo in
mente questa rima e Shaw e Root e allora dovevo assolutamente farci
qualcosa! Poi ok, non è granché, è
banale come la rima di sopra, ma vi ricordo che non scrivo fan
fiction serie dal 2012 XD Anzi, credevo non ci sarei mai più
riuscita!
Detto questo…
grazie per aver letto fin qui, spero vi sia piaciuta
almeno un pochino-ino-ino e se vi va lasciatemi un segno
del
vostro passaggio ^_^
Goodbye! ~♥
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