Sera
d’addio
Il
chiasso
assordante degli invitati riempiva il dojo Tendo nonostante fossero le
dieci
passate.
Anzi,
no.
Saotome - Tendo.
Ryoga
si
guardava intorno distrattamente, combattendo con tutte le sue forze per
non
posare gli occhi ancora su di loro. Aveva fissato quella coppia per ore
quel
giorno, notando come i due scherzassero con parole impossibili da
udire,
arrabbiandosi solo un paio di volte forse per le solite cavolate
superabili con
un solo cenno di sguardi complici.
Più
li
guardava, più si sentiva tremendamente solo ed escluso. Non
c’era allegria che
tenesse di fronte al destino solitario che lo attendeva. Ma si rendeva
perfettamente conto di non essere l’unico. C’era un
sacco di gente che faticava
a rassegnarsi, quel giorno. Molti di loro quella sera si erano
rifugiati
nell’alcool, alcuni nelle lacrime, non curandosi delle
conseguenze disastrose
del giorno successivo.
Per
tutto il
pomeriggio li aveva osservati con disgusto, ritenendoli incapaci di
affrontare
quella situazione, ma poi si era ritrovato lui stesso con un paio di
sorsi di
sakè nello stomaco, sperando che facessero effetto. Senza
successo, ovviamente.
Non
riuscirò
mai ad ubriacarmi come vorrei con due bicchieri piccoli. E comunque no,
questa
non è la scelta migliore.
Cercò
il
tavolo delle vivande, quello il più lontano possibile dagli
sposi, e mandò giù
altrettanti bicchieri d’acqua nel tentativo di cancellare il
sapore del vino di
riso dalla bocca.
Poi
si
allentò la cravatta, tirando con essa il colletto diventato
stranamente troppo
stretto, e si avviò verso la finestra del dojo per prendere
un po’ d’aria. A
dirla tutta avrebbe voluto andarsene da lì il più
in fretta possibile, ma non
poteva mollare Akane in un frangente simile.
Ancora
un
altro po’, e sarò lontano da qui.
Si
appoggiò
alla finestra, dalla quale si intravedevano le prime stelle della sera.
Qualcuna
accidentalmente cadde proprio davanti ai suoi occhi.
Si
fermava
spesso ad osservare le stelle immaginando gli occhi di lei che lo
guardavano
nonostante la distanza, sperando che un giorno si fosse accorto di lui,
di quel
viaggiatore che aveva sperato fino alla fine in una lieta conclusione
con il
suo dolce amore.
Invece,
quella che si stava consumando là dentro era la delusione
più forte della sua
vita.
Le
stelle
cadenti esaudiscono i desideri, certo. E se a volte li spegnessero?
Che
miserabile realtà.
La
musica e
le grida non facevano altro che infastidirlo - troppo discordanti con
il suo
stato d’animo - e stanco di quel trambusto festoso Ryoga si
allontanò dalla
finestra e oltrepassò la porta del dojo senza voltarsi
indietro.
Farlo
sarebbe stato devastante, e non poteva farsi del male più di
così.
Doveva
andare avanti, anche se ciò che aveva sempre temuto, infine
era successo.
Akane
aveva
sposato Ranma, e stavolta il matrimonio era riuscito.
Magnificamente.
Erano
rari i
matrimoni a cui Ryoga aveva partecipato, ma poteva giurare suo malgrado
che
quello in particolare era tremendamente... bello. Giusto. Con la
prospettiva di
una continuità che avrebbe trasceso il tempo. Con amore.
Un
matrimonio di cui lui era solo un completo estraneo.
Mi
viene da
piangere.
E
le lacrime
vennero davvero, inondandogli le guance come una cascata in piena.
Sfogò
la sua
frustrazione facendo il meno rumore possibile, sedendosi
sull’uscio del dojo e
affondando la testa nelle braccia poggiate con pesantezza
sulle ginocchia.
Il
frastuono
ovattato che proveniva dall’interno sembrava prendersi gioco
del flebile suono
dei suoi lamenti.
Nessuno
si
sarebbe accorto di lui quella sera, nessuno lo avrebbe tratto in salvo
da quel
mare in tempesta fatto di ricordi e speranze deluse.
Solo
Akane
avrebbe potuto, ma ora era come se si fosse completamente dimenticata
di Ryoga
Hibiki. E come poteva ricordarsi di lui, adesso che era convolata a
nozze con
Ranma?
Forse
anche
lui avrebbe dovuto prendere in mano la sua vita, e ricominciarla
partendo da un
altro punto di riferimento. Ma era impossibile se ogni cosa che faceva,
diceva
e guardava raccontava di Akane.
Maledetto
Ranma!
“Ryoga,
che
ci fai qui tutto solo?”
La
testa di
Ryoga balzò fuori come se una molla fosse scattata
all'improvviso.
Ranma
era
seduto a poca distanza da lui, la giacca dell’abito
sbottonata, il papillon
scomposto e un lembo di camicia fuori dai pantaloni.
Solo
lui
poteva concludere il proprio matrimonio in quella maniera.
Cretino
che
non sei altro.
La
tua è
solo la fortuna degli stupidi.
“Tu
che fai,
piuttosto?! Dovresti vergognarti!”
“Eh?”
“Hai
lasciato Akane sola il giorno delle sue nozze!”
urlò in preda alla collera.
Lasciami
da
solo. Non ho bisogno di te, in questo momento.
“Calmati,
Ryoga! Voglio solo sapere come stai.”
Ryoga
lo
guardò assottigliando gli occhi, lasciando che il suo dolore
trasparisse dalla
sua faccia sconvolta.
“Come
vuoi
che stia?” mormorò nervosamente.
Intercettando
il suo sguardo angosciato, Ranma si rattristò. Ryoga sapeva
di aver innescato
in lui una serie di sensazioni poco piacevoli. D’altronde,
sarebbe stato nelle
sue medesime condizioni se fosse stato al suo posto.
Sono
proprio
un idiota. Prima lo colpisco, e poi me ne pento.
Distolse
gli
occhi castani dalla faccia dell’amico, prendendo ad osservare
un punto
indefinito davanti a sé. Inspirò a fondo,
gonfiando quanto più possibile il
petto, ostentando una sicurezza fasulla.
“Ma
non
temere”, si affrettò a proseguire per rimediare
con malcelata amarezza “prima o
poi mi passerà.”
Se
passerà.
“Mi
dispiace...” disse Ranma.
“Non
dire
cazzate.”
“Dico
sul
serio, Ryoga. So come ci si sente.”
Già,
era
vero. Anche Ranma si era trovato senza Akane o sul punto di perderla
tante
volte.
Ma
ora Akane
era sua, e lei lo ricambiava, al di là della promessa dei
loro rispettivi
genitori.
“Hai
saputo
qualcosa di Akari? Perché non vai a trovarla? Magari ti
farà bene vederla”
propose Ranma con un sorriso accennato.
“Non
lo so.
Non c’è niente di sicuro con lei.”
“Beh,
se è
per questo neanche con Akane c’era qualcosa di
sicuro.”
Ryoga
gli
lanciò un'occhiata risentita - non perdeva mai occasione di
girare il coltello
nella piaga, il bastardo - e l'altro fece un sorrisetto di scusa.
“Sono
io che
non sono sicuro dei miei sentimenti per Akari, mentre per Akane...
io...”
Non
poté
proseguire. Le parole gli morirono in gola al pensiero degli
innumerevoli
battiti accelerati del suo cuore in presenza della piccola Tendo: che
lui fosse
in forma umana o di porcellino domestico, Akane era sempre stata
un’ancora di
salvezza nella sua vita solitaria.
Ora
cosa
restava di tutto ciò?
“Però
non
dovresti preoccuparti” continuò il codinato,
mettendogli una mano sulla spalla.
“Anche se ora è sposata, Akane ci sarà
sempre per te. Sei suo amico. Non
smetterà un attimo di chiedere di te e di volerti vedere.
Né smetterà di
aspettare i tuoi regali, né di accoglierti quando ritornerai
al dojo. Ti vorrà
sempre bene. Non dovresti farla troppo tragica.”
Già.
Bravo,
Ranma.
“Non
dovresti farla troppo tragica.”
Che
filosofia di merda.
“Ma
non mi
ama, Ranma, né mi amerà mai. Sarà
sempre innamorata di un idiota che ha
dimostrato un sacco di volte di non meritarla!”
Scoppiò
a
piangere, sentendosi distrutto - ed anche un verme, a dirla tutta.
Ranma la
meritava eccome! - davanti a quello che era sempre stato il suo
acerrimo
rivale. Rivale nelle arti marziali così come in amore, in
grado di batterlo in
entrambe le cose.
Bene.
Perfetto.
Adesso
stava
anche piangendo come un bambino ammettendo così la sua
sconfitta.
Peggio
di
così...
“Ah,
scusa
tanto eh! E pensare che volevo aiutarti!” ribatté
Ranma con voce offesa.
Il
codinato
era sul punto di alzarsi ed andarsene, ma Ryoga lo afferrò
all’ultimo per i
pantaloni, premendoci la faccia contro. Sentiva che in quel momento,
per quanto
la presenza del ragazzo che gli aveva rovinato la vita non gli fosse
molto
gradita, aveva bisogno di lui.
Era
l’unico
che poteva capirlo, l’unico che era innamorato di Akane tanto
quanto lui, al di
là dei bisticci, l’unico che aveva provato il
baratro della perdita.
L’unico
amico leale e sincero, che aveva interrotto la festa del proprio
matrimonio per
andare a consolarlo.
E
pensare
che lo aveva anche sgridato per questo.
Sono
uno
stupido, un emerito stupido!
“Resta,
per
favore!” singhiozzò con gli occhi gonfi di pianto.
Ranma
sospirò e, con grande sorpresa di Ryoga, ritornò
al suo posto.
Nemmeno
uno
stronzo come te lascerebbe un amico.
Strinse
le
labbra fra i denti a quel pensiero, e si rese conto che Ranma si era
impensierito ancora di più per lui. Ciò lo
indusse ad acuire la sua crisi di
pianto.
“E
ora che
ti prende? Sono rimasto come mi hai chiesto, ma sembra andare
peggio.”
“Sono
un
cretino!”
“Beh,
questo
lo sapevo già.”
“E
sono
stato un cretino!”
“Non
avevo
dubbi, credimi!”
Ryoga
continuò a piangere, incassando le battutacce senza
ribattere.
Preso
da una
cocente rabbia, aveva fatto di tutto per dimostrare la sua
disapprovazione nei
confronti di quelle nozze.
Ora
se ne
sentiva in difetto, e il senso di colpa raddoppiava se con la mente
tornava
alla richiesta di Ranma di essere il suo testimone. Ryoga aveva
rifiutato
categoricamente, abbandonandosi nelle braccia del suo orgoglio ferito,
dimentico di come Akane l’avrebbe presa se solo avesse saputo
del suo diniego.
Ma
Ranma non
aveva insistito, ed aveva scelto il dottor Tofu, forse l’uomo
che più si
addiceva a quel ruolo, quello che aveva seguito più da
vicino l’evolversi del
loro fidanzamento in modo completamente disinteressato, al contrario di
lui che
non mancava mai di ficcare il naso nonostante sapesse di non poterli
dividere.
Meglio
così.
Tirò
su col
naso.
“E
sono
stato anche cattivo con te!”
“Ah,
te ne
accorgi solo ora?”
“Come
sei
scettico!”
Ranma
represse una risata per la situazione surreale, ma poi gli cinse le
spalle,
dandogli delle pacche consolatorie. Era così vicino che
Ryoga poteva quasi
sentire su di lui il profumo di Akane, quello odorato ogni notte
trascorsa con
lei sotto le sembianze di un maialino, come a rammentargli che ormai
quei due
si appartenevano e che per lui era arrivato il momento di farsi da
parte.
Akane.
È
davvero
giunto il momento di dirti addio?
Rafforzò
la
presa sui vestiti di Ranma, sentendo finalmente di essere sul punto di
calmarsi. D’un tratto gli ritornarono in mente le immagini di
lui ed Akane
assieme al tavolo nuziale; e slittò nella sua mente il
pensiero che se Akane
era felice, andava bene così.
Ed
anche
Ranma lo era, glielo si poteva leggere negli atteggiamenti. Altrimenti
non gli
avrebbe mai concesso di piangere sulla sua spalla - bagnando il suo
completo.
Sei
un bravo
ragazzo.
Voleva
davvero vedere Ranma spegnersi e morire come aveva visto succedere al
monte
Hooh nel momento in cui reputava Akane morta?
No.
Mai.
“Prometti
che non le racconterai mai della mia maledizione.”
“Mai,
Ryoga.
Sta’ tranquillo. Ma tu devi farmi un favore.”
Ranma
lo
allontanò da sé per guardarlo negli occhi.
“Ovvero?”
“So
che non
è il momento per pensare ad una cosa simile, ma... cerca di
non infilarti nel
suo letto, d'ora in poi.”
“E
come
posso farlo, se ci sarai tu?”
Ranma
si
lasciò sfuggire un’esclamazione strozzata, e Ryoga
sorrise con sufficienza. Il
codinato si allontanò repentinamente dall’amico,
come se ne fosse rimasto
scottato.
“Non
ci
avevi pensato, eh?”
Ryoga
si
sentiva sollevato adesso. Vedere ranma in difficoltà gli
faceva sempre un
malsano piacere.
“Me
ne ero
dimenticato, piuttosto” si giustificò
l’altro arrossendo. “Con tutto quello che
c’era da fare per organizzare questo matrimonio...! E poi,
scusa, non sei tu
quello che ci deve pensare, brutto porco!”
Si
fece
silenzio, durante il quale Ranma roteava nervosamente i pollici.
Probabilmente
stava pensando a tutte le implicazioni del fatto, di come avrebbe
dovuto
comportarsi una volta solo con Akane.
Quanto
avrebbe voluto essere al suo posto, con le sue insicurezze, con la sua
forte
trepidazione!
“Ad
ogni
modo, non scherzo!” si riprese. “Non sono disposto
a dividere Akane neanche con
un innocuo maialino!” concluse con
serietà.
“Io
non
corro dietro alle donne sposate! Cosa credi, idiota?”
L’espressione
di Ranma parve tranquillizzarsi, e in pochissimo tempo
riacquistò la sua
strafottenza.
“Oh,
adesso
ti vengono gli scrupoli, P-chan? E alle fidanzate, allora? Ti andava
bene!”
“Ranma!”
Come
se
avesse previsto una sua reazione violenta, Ranma arretrò da
lui con pochi balzi
che li distanziarono di alcuni metri. Ma non servirono a nulla,
perché Ryoga
prese ad inseguirlo per gran parte del giardino, agguantandone il
codino una
volta raggiunto.
“Ascoltami
bene, pidocchio! Se la fai soffrire, giuro che ti uccido, ti
disintegro, ti
frantumo, ti...”
“Sì,
ho
capito! Non sei il primo che mi fa minacce simili, oggi!”
rispose Ranma con
difficoltà. “Ora lasciami, ne ho
abbastanza!”
“Ryoga!”
Il
cuore del
ragazzo con la bandana perse di un battito.
Era
la voce
di Akane, quella?
Si
voltò, e
quello che vide gli scombussolò l’anima.
Vide
Akane
nel suo abito da sposa, bellissima come un fiore.
La
luce
della luna le sfiorava il corpo docilmente, donandole un fascino etereo
e
inedito. Per quanto fosse stupefacente di suo nei suoi vestiti
quotidiani, non
c’era paragone con quella visione.
“A-Akane...!”
balbettò Ryoga.
La
testa gli
andò in fiamme, e nell’istante di meraviglia
lasciò andare la treccia di Ranma,
il quale si accasciò dolorante al suolo.
“Ranma
era
venuto a cercarti, era preoccupato per te”
sussurrò con una cadenza dolce nella
voce.
Gli
sorrideva come mai aveva fatto, e Ryoga faticò molto per
dare una definizione a
quell’espressione. Si convinse a malincuore che era solo
compassione, la sua.
No,
Akane.
Non guardarmi così.
“Vieni
qui,
Ryoga” disse la ragazza.
“Come?”
Ryoga
non si
mosse, troppo stordito per fare qualcosa, così Akane prese
l’iniziativa
avvolgendolo in un abbraccio sentito, fatto di un’amicizia
profonda che
nonostante tutto valeva molto più di quanto il ragazzo con
la bandana si
aspettasse.
Il
cuore
però batteva forte come e più di prima.
Almeno
lui,
non poteva così facilmente lasciare il posto alla ragione.
Non in quel momento.
Non quella sera.
E
così,
diviso fra l’estasi e la sensazione di avere lo sguardo di
Ranma addosso,
ricambiò l’abbraccio con enfasi, tenendo bene a
mente che sarebbe stato
probabilmente l’ultimo. Inspirò il suo odore
personale cercando di imprimerlo
nella sua mente.
Ti
amerò per
sempre, Akane.
Avrebbe
voluto dirglielo, ma sapeva che il suo animo si sarebbe fatto
più pesante se lo
avesse fatto. Così, le disse che se fossero rimasti ancora
così per molto, lui
si sarebbe sentito di troppo.
“Ah,
non
preoccuparti” rispose lei ridendo. La sua risata cristallina
era così
rigenerante. “Ranma è mio marito, non il mio
padrone!”
Disse
la
parola marito con emozionata titubanza, e al contempo Ryoga
sussultò,
ritornando alla realtà.
“E
con
questo che vorresti dire, Akane?” sentì dire da un
accigliato Ranma.
Lei
rise,
poggiando la sua fronte sul petto del ragazzo.
“Niente!
Proprio niente!” gridò, ma poi rivolse la sua
attenzione su Ryoga.
“Promettimi
che sarai felice, Ryoga.”
Non
ti
assicuro niente.
Non
disse
niente. Il giovane Hibiki si limitò ad annuire.
Akane
si
districò dalla stretta, posandogli una mano sulla guancia e
lasciandola
scivolare trasformò il semplice contatto in una soave
carezza.
Mi
sento
così vuoto, adesso. Però anche più
leggero.
“Vuoi
venire
dentro?” gli chiese lei. “Puoi sederti vicino a me,
se vuoi.”
“Anche?!”
protestò Ranma.
No.
Dolce Akane,
devo lasciarti adesso. O non ci riuscirò più.
“No,
Akane.
Va bene così.”
“Oh,
meno
male!”
“Ranma,
smettila!”
Ryoga
sorrise mestamente, lasciandoli al loro battibecco.
Fece
alcuni
passi per allontanarsi da loro, e nell’attimo in cui il
desiderio di rivedere
Akane si fece insopportabile li sorprese mentre si scambiavano un bacio
appassionato.
Rosso
in
viso distolse la vista, percorrendo il vialetto del dojo verso
l’esterno.
Addio,
Akane.
Tornerò
quando riuscirò a guardati senza rimpianti.
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