Si svegliò soffocato da una massa di soffici capelli,
sparpagliati su tutto il cuscino. I raggi del sole nascente si
infiltravano discreti tra le tende della finestra aperta, illuminando a
tratti le loro sagome, enfatizzando i riflessi bluastri che
caratterizzavano la chioma di lei. Si concesse di contemplarli ad occhi
socchiusi, quasi in dormiveglia, strofinandosi ogni tanto il naso per
il prurito che quelli gli procuravano quando gli finivano in faccia.
Ancora non credeva a quella sensazione di beautitudine che lo coglieva,
a svegliarsi così. Hinata respirava lentamente, in un sonno
ancora profondo e sereno, dandogli le spalle, rannicchiata a cucchiaio
contro di lui.
Un colpo di brezza fresca entrò, smuovendo le foto che aveva
appeso alla parete, facendone volteggiare e poi cadere una.
Si accigliò, non molto propenso ad alzarsi. Con una
delicatezza di movimenti che gli era propria solo quando aveva a che
fare con lei, riuscì a sciogliersi dall’abbraccio
senza svegliarla, scendendo silenziosamente dal letto.
Lo sguardo vagava sulla parete, rievocando i ricordi che le foto
immortalavano. Quella mancante stava con l’immagine riversa a
terra, ma sapeva esattamente quale fosse. Un nuovo spiffero lo
colpì alla nuca, provocandogli un leggero brivido; si
chinò a raccoglierla, sorridendo inconsciamente: due
ragazzini con il coprifronte del Villaggio della Foglia che si
guardavano in cagnesco, imbronciati. Strinse la foto nella mano. Il
vento portava con sé buone notizie. È di ritorno.
“Ehilà!”
Sakura alzò lo sguardo verso di lui, illuminandosi in un
sorriso che raggiunse subito gli occhi verdi. Si tolse i guanti e
abbandonò i bisturi che stava ripulendo, per abbracciarlo in
una di quelle sue strette decise, che contrastavano con il suo profumo,
delicato. Sembrava stanca, un po’ trascurata, ma serena.
L’animo dolce e fragile della ragazzina che era stata ora era
sostituito dallo spirito di una giovane donna che reggeva dolori
passati e nuove speranze. Nei periodi in cui era sola andava spesso a
trovarla in pausa pranzo, assicurandosi che stesse bene, che dietro ai
sorrisi non celasse la sofferenza della solitudine, della mancanza di
chi ancora non era pronto a rimettere radici in un luogo che a lungo
aveva ripudiato.
Si sedettero ai piedi di un ciliegio, godendosi l’aria
primaverile, socchiudendo gli occhi e lasciando che il sole penetrasse
le palpebre. Gli arrivò una gomitata poco discreta.
“Com’è andato l’appuntamento
con Hinata ieri sera? Vedo che uscite spesso assieme, da un
po’.”
Gli andò di traverso la sua stessa saliva nel tentativo di
parlare, peggiorando la situazione di rossore che gli stava salendo al
viso per la domanda diretta della compagna di squadra e al pensiero di
come ultimamente terminavano quegli appuntamenti. Parlare della sua
situazione sentimentale, con Sakura particolarmente, lo faceva sentire
ancora a disagio. Da tempo l’infatuazione infantile nei suoi
confronti era passata, ma avevano condiviso troppe gioie e sofferenze
assieme, in un legame indissolubile. Per la stessa persona.
“B-bene, come al solito.” si sforzò di
rispondere.
Sakura scoppiò in una risata cristallina. “Da
quando sei così poco loquace eh, Naruto-kun? - disse
divertita – Non ti starai trasformando in un tipo introverso
come Sasuke?”.
Gli venne naturale l’espressione più sdegnata
possibile, in una teatrale smorfia di disgusto. “Figurati,
sai che noia”.
Ridacchiarono entrambi, per poi tacere. Sakura fissava
l’orizzonte, lo sguardo improvvisamente opaco. Un colpo di
vento fece ondeggiare le fronde dell’albero, facendo cadere
lentamente in grembo di lei un fiore rosa tenue, non completamente
sbocciato. Lo guardò perplessa, non capendo
perché si sentisse scossa.
“Lo senti anche tu, vero?”
Naruto la fissava sorridendo, in uno di quei suoi sguardi analitici che
negli ultimi tempi era in grado di assumere.
Sakura sorrise, incapace di non ricambiare quell’ottimismo
contagioso.
“Sì. Sta tornando.”
Era l’imbrunire, il sole lo colpiva alle spalle, allungando
la sua ombra, sola, lungo la strada di casa. Camminava nervoso, sentiva
una frenesia in corpo che lo spazientiva, una sensazione di attesa che
lo consumava. Era lì, lo sentiva. L’ultima volta
che era tornato, due mesi prima, lui era “di
scorta” al Sesto Hokage – se così si
può definire la decisione di Kakashi di essere accompagnato
solo dall’Uzumaki senza tante formalità
- al meeting tra Kage che, dalla fine della guerra, si
svolgeva periodicamente per rinsaldare le amicizie e i legami tra i
Paesi. Non aveva perciò avuto occasione di incontrarlo. Al
suo ritorno trovò una Sakura radiosa, nel suo continuare ad
arrossire e abbassare lo sguardo nel raccontare a lui come stava
l’amico di una vita, palesemente omettendo particolari,
momenti, dettagli che lei voleva custodire per sé,
proteggere dopo tanti anni di sofferenza, come un fiore che riesce a
nascere dall’asfalto e che si ha il costante timore possa
morire.
Naruto era felice della felicità di lei, nella sua
capacità di immedesimarsi nel dolore altrui, nel suo
costante desiderio di vedere le persone care prive del peso della
sofferenza.
Una seconda ombra gli si affiancò dal nulla, a qualche passo
più indietro di lui, interrompendo lo scorrere dei suoi
pensieri.
“Ehi, testa quadrata.”
Finalmente.
“Finalmente ci ritroviamo, Sasuke. – si
girò di scatto, sorridendo all’amico –
Ti aspettavo. Dovrai sicuramente raccontarmi molte cose!”.
L’Uchiha sbuffò, come sempre poco propenso ad
esprimersi in maniera articolata su ciò che sinceramente
provava e aveva vissuto. Si guardarono le rispettive protesi al
braccio, entrambi sorrisero.
Del resto, il loro rapporto non si era mai basato sul dialogo.
“Eheh, non è più tempo di comunicare a
cazzotti – l’Uzumaki alzò il braccio
destro fasciato e si grattò la testa, con il solito sorriso
scemo stampato in faccia – che ne dici di venire a casa mia a
bere due birre?”.
“Certo.”
Si guardarono in silenzio, l’Uzumaki improvvisamente
più serio, sebbene non riuscisse a trattenere un accenno di
sorriso. Allargò le braccia e strinse l’amico a
fatica riconquistato.
“Ben tornato, Sasuke-kun.”
Ancora non credeva a
quella sensazione di beautitudine che lo coglieva.
Naruto, ora ricordo le parole
che una volta mi dicesti, che quando sei
con me, capisci cosa significhi avere un fratello. Quella situazione di
cui parlavi, finalmente ho capito cosa sia.
Noi, che lottavamo e
litigavamo per ogni minima cosa,
ora siamo in grado di
condividere il dolore dell’altro nei
nostri cuori.*
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*dal cap. 699 del manga
Dopo anni di
inattività sono tornata, non so se stabilmente
o meno, probabilmente la seconda. Ma non è mai un addio, qui
su efp. Ho concluso ieri il manga, dopo anni di abbandono, e ho pianto.
E, dopo secoli, mi è tornata voglia di scrivere.
È uscito questo piccolo omaggio scritto di getto, di sicuro
non originale, e non ancora completo. Non ho nemmeno chiaro come voglio
procedere, a dire il vero, ma sentivo il bisogno di scrivere e
pubblicare.
Spero in qualche
recensione, e chissà, se è
ancora attivo qualcuno che mi seguiva in passato, si faccia sentire, mi
è mancato molto il mondo di efp, sebbene abbia avuto un
blocco dello scrittore parecchio prolungato che purtroppo mi ha
allontanato dal sito.
Ringrazio chiunque lasci
un commento, positivo o negativo che sia.
E ringrazio Kishimoto,
Naruto mi ha accompagnato per tutta
l’adolescenza e, con in mezzo una pausa piuttosto lunga, mi
ha accompagnato anche adesso, facendomi ridere e piangere, alla tarda
età di 22 anni.
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