Non fu
affatto facile trovare la base di Stryker. Erik,
infatti, non aveva considerato quante strutture con parti metalliche
esistessero, anche a livello sotterraneo. Presto decisero di limitare le
ricerche nei luoghi ritenuti disabitati, in questo modo sarebbe stato più
semplice individuare basi segrete. Il territorio era comunque molto vasto e
dovettero viaggiare diversi giorni, fino ad arrivare nella zona dell'Alberta,
prima di trovare qualcosa.
Era una regione
molto fredda, con boschi di conifere e neve, c'era anche una diga per contenere
un impetuoso fiume. L'occhio non scorgeva nulla, ma Magneto
poteva sentire le tubature, i portoni pesanti, i computer, le armi e ogni altra
traccia di metallo che si nascondeva all'interno della montagna.
“Sei certo
che il posto sia questo?” domandò Caleb spaesato “Non
voglio certo mettere in dubbio le tue capacità, però, a parte la diga, qua
sembra proprio ci sia solo la natura.”
“Quella diga
nasconde molto.” rispose Magneto, imperturbabile
“Quel che non posso sapere è se là dentro c'è Stryker.
Pensiamo a come procedere.”
L'altro uomo
disse: “Dobbiamo stare ben attenti a non fare troppi danni o rischiamo che la
diga si rompa e finiamo tutti a salutare i pesci. Purtroppo io sono solo
rettile e non anfibio, quindi nemmeno io sopravvivrei.”
Virginia
intervenne: “Io posso manipolare l'acqua, ma non credo di poter fare molto in
un'eventualità del genere. Caleb, tu cosa sei in
grado di fare esattamente?”
“Con la mia
mutazione posso rigenerarmi, ho una forza notevole e posso sparare dalle mani
degli aculei velenosi, ma ne ho un numero limitato a disposizione: dieci in
tutto, poi devo farmi una bella dormita per riformarli. Ad ogni modo so
combattere, Magneto lo sa bene.”
Erik riprese:
“Dobbiamo essere rapidi e diretti, arrivare al centro il prima possibile. Una
volta che sarà dato l'allarme e che scatteranno i protocolli di sicurezza, per
noi la situazione sarà più difficile. Niente perdite di tempo, bisognerà
eliminare i soldati che ci verranno addosso senza troppo estro.”
La donna gli
disse: “Ricordi quello che ha detto Xavier? Sarebbe
meglio limitare il più possibile i morti.”
Magneto sbuffò e ribatté: “Neutralizzare soldati, che ti
vogliono uccidere, senza ammazzarli, è pericoloso per noi ed è lentezza. Io
potrei usare il ferro per legarli, tu non lo so: se hanno uniformi ignifughe
come gli altri, non potrai rinchiuderli in cerchi di fuoco. Con l'acqua
potresti al massimo bloccare loro mani e piedi nel ghiaccio, ma non credo molto
altro. Caleb, invece, sarebbe praticamente inattivo.”
Il mutante
rettile disse: “Non ti preoccupare. Voi aprite la strada, io vi coprirò le
spalle, colpendo chi vi sfugge.”
Erik annuì e
li spronò: “D'accordo. Siamo in tre, non conosciamo il posto, ignoriamo le loro
forze ... non possiamo elaborare un piano più dettagliato, quindi andiamo e
mostriamo loro cosa possono i mutanti.”
“E uno per
tutti e tutti per uno!” esclamò Virginia, per poi aggiungere: “Nessuno ha letto
i tre moschettieri? Ci stava bene come citazione.”
Si
avvicinarono rapidamente, Erik aveva individuato delle telecamere vicino
all'entrata, le staccò di netto coi suoi poteri e poi scardinò il portone senza
difficoltà. Tutti e tre corsero nel corridoio per un paio di centinaia di
metri, prima di imbattersi nel primo manipolo di soldati. Magneto
usò il loro stesso equipaggiamento per bloccarli: trasformò le loro armi in un
flusso di metallo che li attaccò al muro prima di risolidificarsi.
I soldati successivi ebbero in parte il medesimo trattamento, mentre altri si
ritrovarono immersi nel ghiaccio fino alle spalle. Soltanto dopo Virginia si
sentì in colpa, teme do potessero morire assiderati.
Raggiunsero
finalmente l'area più centrale della base, sembrava composta da celle e
laboratori. Ciò fece adirare sia Erik che Caleb,
infatti non si preoccuparono molto della vita dei successivi soldati.
Non sapevano
bene dove dirigersi, non riuscivano ad individuare dove potesse trovarsi Stryker. Si fermarono per osservare meglio, decisero di
separarsi per un paio di minuti per esplorare i corridoi che partivano dalla
stanza in cui si trovavano.
Diedero
rapide occhiate per poi ricongiungersi subito: non volevano rischiare di
trovarsi da soli di fronte a chissà quali nemici.
“Avete
notato?” chiese Virginia, raggiungendo gli altri due “Sembra che questa base
non sia ancora operativa. È come se avessero approntato tutto, ma che debba
ancora entrare in funzione.”
“Il fatto
che sia ancora inutilizzata è una consolazione a metà.” commentò Erik.
Caleb si intromise: “Penso di sapere dove avere risposte.
In fondo al mio corridoio ho trovato una scala che sale e mi pare che
l'intonaco e l'arredamento siano più da ufficio, piuttosto che da laboratorio.”
“Stryker dev'essere là, barricato,
suppongo. Prepariamoci, il grosso dei soldati deve trovarsi lì, quindi ci sarà
da combattere duramente.”
Agguerriti,
i tre mutanti salirono le scale e si trovarono in un altro corridoio pieno di
soldati che aprirono il fuoco immediatamente. Magneto
si preoccupò di deviare le pallottole, rispedendole al mittente quand'era
possibile. Virginia usava dei getti d'acqua per sbalzare via gli uomini. Caleb aveva strappato un fucile d'assalto a uno dei nemici
e aveva iniziato a sparare contro gli altri.
In breve
sgomberarono il corridoio e raggiunsero la stanza che i soldati stavano
proteggendo. Appena scardinata la porta, Magneto
sradicò le tubature dalle pareti per attorcigliarle attorno ai soldati. Vi
erano, però, anche degli uomini che sembravano funzionari, in giacca e
cravatta. Erano tuttavia armati pure loro e avevano già gli indici suoi
grilletti. Caleb, rimasto senza munizioni, ricorse ai
propri aculei velenosi e li scagliò contro quei cinque uomini.
L'effetto
del veleno non era immediato e impiegava alcuni minuti per uccidere. Erik ne
approfittò e disse: “Dov'è Stryker? Il primo che me
lo dice, riceverà l'antidoto.”
Gli uomini,
spaventati, iniziarono a parlare, sovrapponendosi l'uno all'altro. Fu chiaro
però il concetto: Stryker aveva lasciato la base da
due giorni, aveva radunata la sua speciale squadra d'azione e si era diretto a
Roma, il suo obbiettivo: catturare il professor Charles Xavier.
Ovviamente i
cinque uomini non ebbero salva la vita dal momento che non esisteva un antidoto
a quel veleno.
“Cerchiamo
prove per dimostrare che quel che hanno detto sia vero.” ordinò Erik.
“Non ti
fidi?” si stupì Caleb “A me parevano alquanto
sinceri.”
“Sì, ma
voglio che l'ONU sia informata. Andrò a salvare Charles e non voglio rischiare
che le mie intenzioni vengano fraintese e che quelli si intromettano dalla
parte sbagliata. Caleb, fruga ovunque: archivi
cartacei e anche in quei computer, non si sa mai. Virginia, aiutami, liberiamo
i soldati immobilizzati e diciamo loro che si allontanino alla svelta se
vogliono vivere: voglio distruggere questo posto.”
“Perché?” si
stupì la ragazza “La NATO dovrebbe
vederla e ...”
“Preferisco
evitare che si impossessi di queste apparecchiature, non vorrei che le usassero
loro.”
Dopo aver
liberato i soldati stretti dalle tubature, Erik e Virginia uscirono dalla stanza,
scavalcarono i corpi nel corridoio e scesero le scale.
La donna
chiese: “Li salverai davvero i soldati sopravvissuti finora? O è come la
promessa fatta ai tizi là dentro?”
“Quegli
uomini erano ormai già morti ed erano gli unici a poterci dare delle
informazioni. Pensi che queste guardie sappiano dove sia Stryker?
Dovevo ottenere quelle informazioni, non mi sentirò in colpa per aver mentito.”
Rimasero in
silenzio, finalmente raggiunsero gli altri soldati bloccati e pian, piano li
liberarono. Quelli si stupirono di essere stati graziati e si allontanarono
rapidamente e felici. I due mutanti non si erano parlati durante quella
operazione, ma prima di tornare da Caleb, Virginia
domandò: “Sei molto preoccupato per Xavier, vero?”
Erik, il cui
volto era bloccato in una delle sue espressioni più severe e cupe, rispose:
“Sì. Non posso pensare che facciano del male a Charles. Lui è pacifico,
diplomatico, la persona meno minacciosa che conosco, eppure quel dannato Stryker se la sta prendendo con lui! Non posso pensare a
una pacifica convivenza con gli umani, se c'è chi se la prende con chi li ha
sempre difesi. Stryker, prima con Trask
e ora da solo, ha spezzato la vita di molti mutanti e non lo perdonerò mai per
questo, ma Charles non lo deve toccare. Se succede qualcosa al mio amico, Stryker si augurerà la morte, piuttosto che cadere in mano
mia.”
“Non avevo
capito quanto fossi legato a Xavier. Avevo visto che
eravate molto amici, cosa che non sospettavo affatto, prima di conoscervi. Dopo
lo sventato attentato a Nixon, per come vi mostravano le televisioni, si
sarebbe detto che tu e il professore foste nemici, infatti mi sono parecchio
meravigliata quando ho scoperto che non era così. Adesso mi pare di capire che
il vostro affetto sia molto profondo.”
“Sì. Nonostante
il periodo trascorse assieme sia esiguo, io credo che Charles sia il mio
migliore amico e di esserlo io per lui. Lo dico perché io sono l’unico che lui
tratti come una persona alla pari e non con il rapporto professore-allievo con
cui ormai tratta tutti; pensa che si ostina a dire di avere cresciuto Raven, quando lei ha appena un paio d’anni in meno di lui.
Il fatto è che una volta avevamo un obbiettivo comune, ancora non ci eravamo
resi conto che volevamo perseguirlo tramite strade ben diverse, abbiamo
iniziato a costruire qualcosa. Abbiamo cercato mutanti, li abbiamo addestrati,
abbiamo partecipato a missioni … tutto in pochissimo tempo, eppure è bastato
per consolidare un legame profondissimo. Dopo l’aver perso tutta la mia
famiglia, non ho più istaurato veri legami affettivi; in orfanatrofio e poi
fuori frequentavo la gente che trovavo simpatica, ma senza affezionar mici,
senza darvi importanza se mi stufavo di loro o i fatti mi portavano altrove, mi
separavo senza difficoltà, di molti di loro non ricordo né i nomi, né le facce.
Prendevo dagli altri quel che mi faceva comodo al momento e poi addio, insomma,
li sfruttavo; anche perché avevo in mente solo la vendetta, del resto nulla mi
importava. Conoscere Charles è stato diverso. Sì, inizialmente volevo solo il
suo aiuto per trovare Shaw, ma poi ho iniziato a non vederlo più come un mezzo
per ottenere qualcosa. Ho dato importanza a lui come persona e non a ciò che
poteva fare per me.” si percepiva la fatica di Erik nel parlare di ciò “Gli
sono diventato amico. È come un fratello per me, quindi al diavolo le
divergenze di opinione.”
“È bello
avere amici di questo genere, sono molto rari e i migliori.” osservò Virginia,
poi si mise di fronte all’uomo, gli appoggiò le mani sul petto e gli disse:
“Farò qualsiasi cosa per aiutarti a salvare il tuo amico.”
Erik le
sorrise, poi la baciò. Virginia ricambiò, serenamente. Si era ormai abituata a
quei baci che ogni tanto riceveva dall’uomo e ne era felice. La prima volta che
le loro labbra si erano toccate, lei si era sentita tremare da capo a piedi; l’emozione
aveva fatto vibrare tutto il suo corpo e un’agitazione mai provata prima l’aveva
animata per diverse ore, aveva avuto in mente solo quel prima bacio e tutto il
resto del mondo le era sembrato confuso. Superato quello scombussolamento
iniziale, però, si era tranquillizzata e nei giorni successivi aveva accolto
ogni bacio serenamente.
“Grazie” le
disse Erik “Conosci appena Charles, eppure dici di essere pronta a tutto per
salvarlo.”
“È naturale,
se lui è importante per te, allora lo è anche per me. Hai sofferto già molto
nella vita, farò tutto il possibile per evitarti altri dolori: non li meriti. Meriti
di avere amici, qualcuno che ti ami e che voglia il tuo bene, una vita dove non
ci sia solo violenza.”
“La violenza
è nella mia vita, non so immaginare un’esistenza senza lotta.”
“C’è
differenza nel combattere per odio, vendetta e distruzione, dal combattere per
giustizia e per costruire qualcosa. Le stesse guerre hanno nobiltà differenti
per chi le affronta con rabbia e chi col desiderio di rinascita. Erik, ho
capito che tu sei un guerriero e non cercherò di cambiarti, vorrei solo
aiutarti a capire che la tua tempra e le tue abilità possono essere alimentate
anche da altro, oltre che dal nero fuoco che ti ha consumato finora. Tu credi
di essere caratterizzato dall’odio e dalla vendetta, di perdere te stesso se le
accantonerai. Io ritengo che in te ci sia molto di più che tu possa trovare
sentimenti più nobili e benefici per muovere la tua lotta. L’odio che domina il
tuo animo ha bisogno del tuo dolore per alimentarsi e quindi ti costringerà a
soffrire, a lasciare sempre aperte le tue ferite e impedirti di crescere. Tu puoi
trovare in te risorse molto più potenti e che non si nutrano delle tue
sofferenze.”
Erik rimase
sorpreso da quelle parole: aveva sempre pensato che la vendetta avrebbe spento
il suo dolore e, invece, una volta ucciso Shaw, il suo odio aveva cercato
qualcun altro, gli umani, verso cui indirizzarsi. Effettivamente si rendeva
conto che, oltre la sua facciata di severità e sicurezza, ardeva un fuoco che
sferzava il suo animo e lo spingeva a cercare ristoro nello sfogare la propria
rabbia su quelli che riteneva nemici. A volte era come se fossero quell’odio e
quel dolore a scorrergli nelle vene al posto del sangue.
Anche Charles
gli aveva detto che in lui c’era altro oltre che la sofferenza e l’ira; lui però
non lo aveva ancora trovato. Forse aveva paura di scoprire che cosa ci fosse,
forse temeva che, spento quel fuoco nero, non avrebbe trovato altro che cenere,
forse credeva di smarrirsi, di perdere la propria forza, la ragione di vita.
Trovandosi di
fronte a Virginia, però, sentiva che forse c’era davvero qualcosa di più in
lui, che forse poteva davvero nobilitare la propria lotta. In quel momento, più
di ogni altro passato, voleva scoprire se davvero c’era altro, oltre che rabbia,
in lui.
Non disse
tutto questo alla ragazza, si limitò a osservare: “Sai, anche Charles dice che
c’è pure del bene in me, dice di averlo sentito. Lui, però, è un telepate, ha frugato nella mia mente. Tu come puoi dirlo?”
“Non lo so. Semplice
sensazione, intuito. Abbiamo viaggiato assieme e ho visto che hai mostrato
preoccupazione per le sorti degli altri, sete di giustizia, questi sono
sentimenti che vanno oltre la vendetta. Inoltre tutti le persone nascono con gli
stessi sentimenti, istinti ed emozioni, i casi della vita, l’educazione e le
circostanze esaltano alcuni aspetti piuttosto che altri in ciascuno di noi, ma
non cancellano quelli inutilizzati. Restano lì, in attesa di essere
risvegliati. Si può sempre cambiare, si può sempre scegliere che cosa essere. Non
siamo vittime degli eventi, siamo padroni del nostro destino. Certo, non
possiamo scegliere ciò che ci accadrà, ma possiamo decidere come reagire e come
farci influenzare.”
“Mi stupisci.
Sono parole piene di speranza, quasi di amore per la vita … sono dissonanti
dall’atteggiamento di disincanto e delusione che mi hai mostrato finora,
soprattutto in medio oriente.”
“Hai
ragione, ma prima ero rassegnata al destino che mi era imposto dalla famiglia,
mi sforzavo di avere una visione delle cose che meglio mi permettesse di adattarmi a ciò che mio padre
e i miei fratelli volevano. Da quando ho deciso di fuggire, mi sento più
libera, più padrona di me. Certo non mi aspetto rose, fiori e fiumi di latte e
miele, ma mi sento meno scoraggiata. Penso che il disinteresse per il mondo
dimostri una gran paura di fallire. Ce l’ho ancora, ma cerco di superarla. Non voglio
restare in panchina per tutta la vita, giacché sono qui, tanto vale giocare.
Ricordi quando ti parlai dello zoroastrismo? Per loro ogni uomo e donna è
chiamato a combattere o per Oromaze o per Arimane, l’ignavia non piace a nessuno. Ho deciso quindi di
cambiare, di lasciare meno le cose al caso e prendermi più responsabilità,
senza nascondermi dietro alla scusa che le cose sono sempre andate male e
sempre rimarranno tali.”
“Brava, mi
piace la tua propositività. Mi piace quando sei
solare. Nei tuoi momenti malinconici mi hai mostrato una sensibilità profonda
che mi ha colpito parecchio, ma quando sei di buon umore, sembra che tu possa
fare qualsiasi cosa.”
“Oh … grazie
…” la giovane si sentì in imbarazzo “Pensa, allora, a quel che potresti fare
tu, se trovassi il tuo lato positivo, orientale.”
“Orientale?”
“Sì, da un
punto di vista metaforico, non geografico. L’occidente è il luogo del tramonto
e della morte, l’oriente è il sorgere del Sole e della vita.”
Erik tacque
alcuni momenti, poi cambiò argomento: “Torniamo da Caleb,
forse sarà preoccupato e, in ogni caso, sarà bene aiutarlo a setacciare la
documentazione.”
Ritornarono dall’amico
e frugarono assieme a lui in varie stanze, trovarono cartelle piene di
progetti, annotazioni sui mutanti, libri contabili, ma nulla che parlasse dell’idea
di Stryker di rapire Xavier,
durante il suo periodo a Roma.
“Dannazione!”
esclamò Magneto, dopo ore di inutile ricerca “Oggi
che giorno è? Il 16 dicembre? Charles è già a Roma, è già in pericolo, anzi
potrebbe essere già stato preso e non abbiamo modo di avvertirlo!” ogni oggetto
metallico nel raggio di qualche decina di metri si stata contorcendo; l’uomo
poi si calmo e con fredda lucidità disse: “Virginia, usa il fuoco per aiutarmi
a distruggere questo posto; dopo tu e Caleb
raggiungerete la scuola di Charles e riferirete tutto ad Hank o Raven o Havoc o chiunque altro
abbiano lasciato a gestire le cose lì. Io, invece, andrò a New York, al Palazzo
di Vetro, e riferirò di Stryker all’ONU.”
“Cosa?!”
esclamò la donna “Ti arresteranno!”
“Pazienza,
se serve ad evitare che Charles cada nelle mani di Stryker,
lascerò che mi arrestino.”
“Possiamo
andare noi a parlare con quelli dell’ONU.” ribatté la giovane.
“Non vi
riceverebbero, non siete conosciuti e, inoltre, non abbiamo trovato alcuna
prova: è solo la vostra parola, non verreste ascoltati. Se mi presento io,
invece, dovranno credermi: insomma, se mi metto in mano loro pur di farmi
ascoltare, non potranno dubitare della mia parola.”
“Allora solo
Caleb andrà alla scuola” dichiarò Virginia “Io vengo
con te.”
“Ti
crederanno una mia complice e arresteranno anche te, non voglio che ti accada.”
“Voglio
esserti vicino in un momento così delicato, anche a costo di rimetterci, non ti
lascio solo.”
Quelle ultime
quattro parole furono come un lungo e delicato soffio che ravvivò delle braci
sotto la cenere nell’animo di Erik.
L’uomo mosse
le labbra in un lieve sorriso, di cui forse neppure si accorse, e si limitò a
dire, quasi in un sussurro: “Grazie.”
Decisero dunque
come agire. Magneto distrusse ogni cosa metallica
fosse presente nella base, dalle apparecchiature, alle porte, mentre Virginia
diede fuoco dapprima ai documenti e poi a tutte le stanze, man mano che si
avviavano verso l’uscita. Furono fuori dalla struttura sani e salvi, prima che
l’incendio sfuggisse al loro controllo. Avevano controllato se per caso ci
fossero mezzi di trasporto in un qualche garage o hangar e avevano trovato
alcuni fuoristrada, ne avevano portato fuori uno, prima di distruggere tutto. Caleb recuperò la propria automobile e partì alla volta
della scuola per mutanti, mentre gli altri due usarono il mezzo rubato per
raggiungere New York.
Viaggiarono per
tutta la notte, fermandosi solo per fare benzina, per fortuna il veicolo poteva
raggiungere grandi velocità. Arrivarono al Palazzo di Vetro attorno alle 7 del
mattino, proprio quando stava aprendo.
Tutti i
funzionari si stupirono nel vedere Erik Leinsher fare
il proprio ingresso e lo stupore fu ancora maggiore quando non li aggredì.
“Devo
parlare al più presto con qualcuno che abbia potere decisionale.” esordì il
mutante a gran voce.
Si fecero
avanti delle guardie, armate di pistole di plastica, costruite apposta per
affrontare Magneto; uno disse: “Signor Leinsher, la devo dichiarare in arresto. Si arrenda e sollevi
le mani sopra la testa, in caso contrario apriremo il fuoco.”
Erik alzò le
braccia, dicendo: “Io mi consegno, ma devo assolutamente parlare con urgenza a
qualche membro dell’ONU e non a semplici impiegati o burocrati. Per favore, ho
delle informazioni che riguardano la sicurezza del professor Xavier, fatemi parlare con qualcuno, non fatemi pentire di
non aver agito da solo.”
La guardia
non disse nulla, ma si avvicinò al mutante e lo ammanettò. Viriginia,
allora, si fece avanti e ribadì: “Vi prego, dobbiamo informare …”
“Stia
indietro, signorina, non si immischi. Anzi, ci fornisca le sue generalità,
dobbiamo controllare chi è lei.”
La giovane
mostrò i documenti e continuò a ribadire che era necessario che parlassero con
qualcuno e così ripeteva anche Erik che venne portato in una stanza, in attesa
che arrivassero soldati NATO a prenderlo in consegna. Nel frattempo erano stati
avvisati alcuni membri dell’ONU, residenti a New York che subito giunsero per
capire come gestire la cattura di Magneto. Sentendo l’insistenza
con cui veniva chiesta un’udienza, si decisero, infine, ad ascoltare l’uomo e
la giovane.
Trovatisi sei
membri dell’ONU e i due mutanti nella stessa stanza, con le guardie a
sorvegliare, finalmente Erik poté rilasciare le proprie dichiarazioni: “Il
maggiore Stryker ha intenzione di rapire il professor
Xavier, durante la permanenza a Roma.”
“Impossibile.
In Italia sono quasi le 13 e la delegazione ONU con Xavier
sta per lasciare Roma alla volta di Teheran, proprio in questi minuti.”
“Allora avrà
rimandato, ma dovete credermi: Xavier e chi lo
accompagna sono in pericolo.”
“Ha qualche
prova di ciò? Lettere? Documenti? Un’intercettazione? Testimoni?”
“No.”
“Allora non
vedo perché dovremmo ascoltare le parole di un criminale come lei.”
“Sono venuto
qui, ben sapendo che sarei finito in prigione, di nuovo, solo nel tentativo di
fare del bene, di nuovo; l’ho fatto per la salvezza di Charles … e degli altri
uomini, perché dovrei farmi arrestare e mentire?”
“Non lo so
che cosa accade nelle vostre menti contorte.”
In quel
momento, entrò nella stanza un segretario che, accendendo il televisore,
esclamò: “Guardate che cosa sta accadendo all’aeroporto di Fiumicino!”
Un’edizione
speciale di un telegiornale stava mostrando le immagini di un commando armato
che stava combattendo ad un terminal d’aeroporto. Il giornalista raccontava: “Pochi
minuti fa un gruppo di terroristi ha provocato un attentato all’aeroporto di
Roma. Il loro obbiettivo erano alcuni passeggeri, non ancora identificati. Il commando
pare composto da una decina di uomini che, armati di fucili mitragliatori e
granate, nascosti nel bagaglio a mano, le hanno estratte al terminal e hanno
aperto il fuoco, uccidendo due persone. Successivamente, hanno fatto irruzione
in un aereo della Pan Am in partenza per Beirut-Teheran,
rimasto a terra per un leggero ritardo, e hanno prelevato diversi ostaggi,
prima di abbandonarlo lasciando esplodere al suo interno due bombe incendiarie
al fosforo. Il numero dei morti non è sicuro, ma si aggira attorno alla
trentina, tra le vittime anche una bambina di nove anni. I terroristi hanno
sequestrato un altro aereo della Lufthansa, portandovi a bordo gli ostaggi. È stato
ucciso anche Antonio Zara, militare della guardia di finanza, che ha tentato di
fermare, da solo, i terroristi sulla pista. Al momento ignoriamo chi e perché
abbia voluto questo sequestro e questo massacro. Si attendono rivendicazioni e
richieste di riscatto. Per il momento è tutto, vi aggiorneremo con gli
sviluppi, non appena giungeranno notizie.”
Spensero la
televisione. I sei membri dell’ONU si scambiarono occhiate preoccupate e piene
di imbarazzo.
Erik, con
una voce fremente per la rabbia, domandò: “Charles era su quell’aereo?”
Virginia,
che avendo la fedina penale pulita era ancora libera, appoggiò una mano sulla
spalla dell’uomo e gli disse dolce ma severa: “Erik, calma. Anche se questi
uomini ti avessero creduto subito, non avrebbero potuto fare nulla per evitare
quanto accaduto. Adirarsi, adesso, non serve a nulla. Pensiamo a cosa fare ora
per risolvere la situazione.”
Quelle parole
parvero placare davvero Magneto che, con tono più
pacato, propose agli uomini che aveva davanti: “Permettetemi di organizzare una
piccola squadra d’azione per salvare chiunque si trovi prigioniero su quell’aereo,
suppongo che ci siano anche dei vostri uomini.”
I sei si
guardarono, sentendosi in difficoltà, infine uno di loro si limitò a dire: “Leinsher,
lasciaci il tempo di capire esattamente la situazione e di consultare il consiglio,
non possiamo prendere da soli una simile decisione. Inoltre, suppongo tu voglia
qualcosa in cambio, per il tuo aiuto.”
“No. Voglio salvare
il mio amico e nessuno dei vostri eserciti può farlo. Sono disposto a promettere
che mi riconsegnerò a voi, una volta risolta la faccenda, pur di prendere parte
a questo salvataggio. Stryker non chiederà un
riscatto per Xavier, nel migliore dei casi lo
torturerà con esperimenti, nel peggiore troverà il modo per usare le sue
capacità come un’arma.”
“Lo terremo
a mente.”
I sei uomini
uscirono dalla stanza, rimasero fuori meno di un’ora, ma quell’attesa fu
interminabile per Erik e Virginia. Infine entrarono nella stanza molti più
uomini di quelli che erano usciti e uno di loro cominciò a parlare: “Abbiamo
fatto accertamenti ed è risultato che, effettivamente, l’autore dell’attentato
a Fiumicino sia Stryker coi suoi uomini. Oltre all’equipaggio
dell’aereo che ha rubato, ha rapito il professor Xavier
e i diplomatici ONU che lo accompagnavano. È un errore e un imbarazzo che non
possiamo permetterci, stiamo lavorando per far ricadere la colpa sui
palestinesi. Abbiamo deciso di accordarle il permesso di scegliere gli uomini
che riterrà più adatti per risolvere questa incresciosa situazione. Se davvero
riuscirà a sistemare le cose, senza che nessun ostaggio muoia, come segno di
gratitudine faremo cadere tutte le accuse contro di lei e non sarà più un
ricercato.”
“Quand’è
così, farò ancor più del mio meglio. Charles
viaggiava da solo? Non c’erano altri mutanti con lui?”
“Sì, c’erano
Hank McCoy e Raven Wagner. Risultano tra i superstiti
alle bombe al fosforo, anzi pare abbiano dato un grande aiuto a portare via i
feriti ed evitare ulteriori morti.”
“Bene. Posso
formare la mia squadra d’azione come preferisco?”
“Sì, data la
situazione, siamo costretti a darle carta bianca. Sarò franco, non ci piace
molto l’idea di assegnare questa missione a lei, che fino ad ora si è sempre
dimostrato un nemico, tuttavia le circostanze paradossalmente indicano che
dobbiamo affidarci a lei. Spero che ci dimostrerà che le nostre perplessità non
sono fondate. Ci dica chi e cosa vuole per la sua squadra, le forniremo tutto. Ha
già un piano d’azione?”
“Qualche
idea. Prima, ditemi, l’aereo è sempre sui vostri radar?”
“Non lo
perdiamo di vista; non possiamo ingaggiare battaglia, ma lo bracchiamo.”
“Capisco,
evidentemente il furto dell’aereo è stato un piano di ripiego, devono avere
avuto un imprevisto e ora non sanno come fare a raggiungere i loro rifugi senza
trovarsi la NATO addosso. Starà temporeggiando in attesa di capire come
trattare per la fuga. Prima o poi dovranno fare rifornimento, ovviamente
minacceranno di uccidere gli ostaggi, se la pista non sarà sgombra. Sarà in
quel momento che dovremo introdurci nell’aereo.”
“In che
modo? Ha appena detto che la presenza di altre persone metterebbe a rischio l’incolumità
dei prigionieri.”
“Già, per
questo voglio il teleporta che sta nella scuola di Charles e anche il mio amico
Caleb che si
trova pure lui là. Poi recuperiamo Hank e Mystica e
la mia squadra sarà al completo. Vorrei tute protettive e un aereo abbastanza
veloce per atterrare all’aeroporto che Stryker
sceglierà per il rifornimento prima di lui. Anzi, facciamo così, date ordine a
tutti gli aeroporti di negargli l’atterraggio, in modo da costringerlo a
scegliere quello di Atene. Su, prepariamoci, dobbiamo partire al più presto.”
Tutti quanti
quegli uomini lasciarono la stanza e si misero d’impegno per procurare il
materiale, contattare le persone ed essere pronti a far partire la missione. Prima
di raggiungerli e unirsi ai preparativi, Erik rimase qualche minuto solo nella
stanza con Virginia.
La donna gli
chiese: “Verrò anch’io, vero?”
“No. Non insistere.
Saremo in un aeroplano a diecimila metri d’altezza, non puoi venire: i tuoi
poteri rischiano di creare più guai che risolverli. Per la sicurezza di tutti è
bene che tu resti a terra. Hai visto, ho chiamato solo gente che sia adatta al
corpo a corpo, non ho voluto nemmeno Havok, proprio
perché i suoi poteri, proprio come i tuoi, rischiano di peggiorare la
situazione. Quindi, non sentirti offesa.”
Virginia annuì:
capiva perfettamente. In effetti era vero che lei non poteva rendersi granché
utile su un aereo in volo. Mise le braccia attorno alle spalle dell’uomo, si
strinse a lui, i loro corpi erano a contatto, sentivano il calore l’uno dell’altra,
i toraci muoversi col respiro. Lei gli diede un rapido bacio e si raccomandò: “Sta
attento!” lo baciò di nuovo “Promettimi che tornerai da me” un altro bacio “Non
posso stare senza di te, adesso che ti ho conosciuto.”
Si scambiarono
un altro bacio ancora, molto più lungo e appassionato dei precedenti.
Erik osservò:
“Non mi avevi mai detto qualcosa di così carino.”
“Beh … ecco …”
la donna si era imbarazzata.
“No, non c’è
bisogno che tu dia spiegazioni.” Erik aveva notato i tremori che percorrevano
la donna, per cui non voleva metterla maggiormente a disagio.
“In realtà,
forse qualcosa dovrei dirlo. Insomma, se la missione dovesse andare male? Forse
dovrei dire tutto adesso … ma, mi sento così frastornata … confusa …”
“Non ti
preoccupare. Io vado a salvare Charles, tu riordini le idee e poi mi dirai quel
che devi.”
“No! Io voglio
che tu ritorni, ma se non dovesse succedere, non voglio avere il rimpianto di
non averti detto tutto.”
“Se vuoi
parlare adesso, parla. Non preoccuparti, però, di usare parole ricercate o
immagini poetiche particolare. Sii semplice e diretta: non hai bisogno di
impressionarmi, mi hai colpito già da molto tempo.”
“Io …
incontrarti mi ha cambiato la vita, mi ha salvata. Tu mi hai dato la forza di
cambiare … Io ho iniziato una nuova vita perché c’eri tu; non ho mai avuto il
coraggio di dirlo ad alta voce, ma in queste ultime settimane, io mi sono
immaginata il mio futuro al tuo fianco … ti prego, non spaventarti per quel che
ho detto. Non ho pretese, assolutamente … è solo che volevo che sapessi quanto
sei importante per me, ecco tutto.”
Erik non
insisté, capiva bene che quelle parole erano già state un grosso sforzo per la
giovane. Si limitarono a guardarsi e a baciarsi ed entrambi si chiesero,
soltanto nel pensiero, se prima o poi avrebbero avuto il coraggio di osare dire
a voce le parole: ti amo.