= Le cose
che odio di te =
Kozmotis Pitchiner era un militare, e
felice di esserlo.
La vita nell’esercito era qualcosa che aveva sempre
perseguito, ed era
soddisfatto del proprio lavoro: se si dava tanto da fare per difendere
il
regno, in fin dei conti, era anche per la sua ragazza.
L’unico problema
risiedeva in tutti quel mesi lontani da casa e, quindi, da Aleha.
Nei momenti in cui era in congedo, trascorreva tutto il proprio tempo
con la
madre o, quando Aleha non era al lavoro, con lei: erano sempre troppo
brevi, e
teneva molto a far sì che almeno fossero intensi.
Per cui, quando lei gli aveva detto di essere riuscita a liberarsi per
quella
sera, e che avrebbero avuto casa libera perché sua sorella
sarebbe rimasta in
clinica fino al pomeriggio del giorno dopo, si era sentito il
diciassettenne
più felice della galassia.
Lui e Aleha avevano passato la serata insieme come da programma, e dopo
la cena
si erano goduti anche il dessert. Non era
stata certo la prima
occasione in cui avevano fatto l’amore, ma era stata la prima
volta che avevano
trascorso un’intera notte insieme. Era stato bello
addormentarsi accanto a lei,
e ancor di più svegliarsi e rendersi conto che non era stato
affatto un sogno.
Si era detto che un giorno, sperava non troppo lontano, avrebbero
passato
insieme tutti i giorni e tutte le notti che avrebbero potuto.
Come marito e moglie.
Kozmotis non aveva mai amato altri che Aleha Sinetenebris,
probabilmente da
tutta la vita, anche se si erano messi insieme per davvero
“solo” tre anni
prima. L’idea di stare con qualunque altra ragazza gli
risultava semplicemente
inconcepibile, e non poteva importargli meno di coloro che ridevano
dicendogli
“hai diciassette anni, vedrai quante volte cambierai
idea!”.
Loro non capivano, e se non capivano era
perché, evidentemente, non
avevano mai adorato qualcuno quanto lui adorava Aleha.
Il fatto che non le avesse ancora detto quel “ti
amo” era solo un dettaglio di
poco conto: Kozmotis non era un tipo da chiacchiere smielate, preferiva
dimostrare certe cose con i fatti…anche perché se
si trattava di esprimere i
propri sentimenti tendeva a essere un po’troppo introverso,
quindi non avrebbe
potuto fare altrimenti.
Proprio in virtù di ciò, quando alle nove del
mattino si era svegliato, aveva
deciso che sarebbe andato in cucina e avrebbe preparato la colazione
per lui e
Aleha -la quale dormiva ancora placidamente- e l’avrebbero
gustata insieme, a
letto.
Era uscito dalla stanza sereno, anzi, tanto allegro che per poco non si
era
messo a fischiettare. La vita era bella, niente poteva andare
storto…
Quando arrivò in cucina, tuttavia, per poco non gli venne un
colpo.
«dann…!»
Riuscì a stento a contenere quell’imprecazione, si
irrigidì, e quasi senza
rendersene conto indietreggiò oltre la soglia.
Se Kozmotis aveva avuto una simile reazione non era perché
lì dentro c’era un
gruppo di Dream Pirates, di Nightmare Men o di Fearlings:
ciò che aveva
davanti agli occhi era
peggio, molto peggio.
«non so proprio cosa trovi mia sorella in qualcuno che non
è neppure in grado
di dire “buongiorno” come si deve».
C’erano poche cose nella galassia che potessero far paura al
giovane Kozmotis:
era sempre stato un temerario, e il tempo trascorso al fronte non aveva
fatto
altro che confermarlo.
Peccato che tra le suddette “poche cose” fosse
compresa Spear, la sorella
maggiore della sua fidanzata, seduta accanto al tavolo a bere qualcosa
da una
tazza.
Prima, quando lui e Aleha non stavano insieme, Kozmotis la trovava
semplicemente fredda, antipatica e snob.
In seguito, quando aveva iniziato ad entrare più spesso in
casa Sinetenebris,
si era trovato ad avere a che fare di più con lei per forza
di cose: i momenti
liberi di Spear e Aleha spesso coincidevano, e la dottoressa non usciva
di casa
se non per il lavoro. Passava la maggior parte del suo tempo libero in
camera a
studiare, questo andava detto, ma secondo Kozmotis tale lasso di tempo
era
sempre troppo poco.
Ciò aveva fatto sì che la sua antipatia verso
quella donna -non riusciva a
definirla “ragazza”, sebbene avesse solo ventidue
anni- diventasse qualcosa di
diverso.
La sua vita nell’esercito e fuori non era stata tutta rose e
fiori e, nemici
del regno a parte, gli era capitato di avere a che fare con persone a
cui lui
non piaceva, e che non gli piacevano.
Spear però era in grado di risvegliare in lui
un’inquietudine strisciante, una
sorta di timore atavico: riusciva a dissimularlo in maniera
più o meno decente,
ma era solo una facciata. Era così magra che lui avrebbe
potuto tranquillamente
spezzarla in due, se avesse voluto, ma quella consapevolezza non
sembrava
influire minimamente.
C’era qualcosa negli occhi della dottoressa, simili a quelli
di Aleha in forma
e colore per quanto era diverso lo spirito che li animava, che gli
faceva
venire voglia di allontanarsi il prima possibile ogni volta che sentiva
il suo
sguardo di posarsi su di lui. Non capiva come Aleha riuscisse a
sopportarlo
così bene, quando per lui tentare di sostenerlo era come
fissare troppo a lungo
un abisso oscuro.
«tu non avresti dovuto lavorare fino a oggi
pomeriggio?» ribatté Kozmotis in un
modo che avrebbe voluto essere “seccato”. Spear per
prima aveva dato inizio
alle ostilità e lui, timore o meno, doveva trovare il modo
di ribattere e non
farsi mettere i piedi in testa.
«tu non avresti dovuto passare la notte a casa tua, invece di
copulare con mia
sorella?»
Il problema con Spear non era solo lo sguardo penetrante,
c’era anche quel suo
modo di parlare. Quelle affermazioni che faceva solo ed esclusivamente
con lo
scopo di metterlo a disagio -di questo era convinto- che dette da
un’altra
persona avrebbero potuto risultare quasi ironiche, ma non nel suo caso.
Kozmotis arrossì e, accorgendosene, si maledisse almeno
venti volte di fila.
«io e tua sorella siamo adulti, questa è anche
casa sua, mi ha invitato a
rimanere, e sono rimasto. Non c’è altro da
dire» aggiunse voltandosi verso i
fornelli, ma solo per tre quarti: non si sarebbe sentito tranquillo nel
darle
completamente le spalle. «e ora le preparerò la
colazione».
«vorresti farmi credere che sei in grado di fare qualcosa che
non sia picchiare
le persone o particolari tipi di
ginnastica?»
Certo, Kozmotis era in grado di fare anche altro, ma se fosse stato
davvero una
persona violenta, se Spear non fosse stata la sorella di Aleha e lui
fosse
stato meno in soggezione -“ma perché,
dannazione, perché?!”-
effettivamente l’avrebbe presa a schiaffi con gusto.
«sono in grado di fare
molte più cose di quanto tu creda!»
«eccetto finire di rivestirti e andartene,
purtroppo».
“ignorala- ignorala- ignorala!”
si intimò il ragazzo. Per fortuna,
avendo avuto modo di vedere dove erano arnesi da cucina e ingredienti
vari in
occasioni precedenti, poteva mettersi al lavoro e concentrarsi su
quello.
Farlo sentendo lo sguardo di Spear puntato addosso però era
a dir poco
complicato. Non invidiava proprio i colleghi della dottoressa, che
probabilmente si trovavano ogni giorno in una situazione come quella, a
dover
tollerare che il loro operato fosse fissato costantemente da lei, in
cerca di
un qualsiasi minimo errore.
Quando poi sentì le sue dita sottili iniziare a tamburellare
sul tavolo, perse
per un attimo la presa sul manico della padella, che sbatté
contro il ripiano.
«alla tua età io ero perfettamente in grado di
cucinare qualunque cosa, mentre
tu pretendi di farlo senza neppure saper tenere in mano una
padella».
«le cose mi riuscirebbero meglio, se non ci fosse qualcuno a
fissarmi di continuo» ribatté Kozmotis sempre
più irritato, avvertendo la
tensione crescente.
«allora devo presumere che tu chieda ai tuoi commilitoni di
non guardarti
mentre ti batti contro i nemici, se no correresti il rischio di perdere
la
presa sulla spada o spararti a un piede. Mi auguro proprio che Aleha
rinsavisca
presto».
Kozmotis Pitchiner era una persona equilibrata, e ora che aveva
superato la sua
“mania” giovanile di finire inevitabilmente col
pestare bulli e balordi si
poteva anche definire un tipo abbastanza tranquillo, ma era difficile
rimanere
tale con una persona che non solo lo maltrattava, non solo lo
provocava, ma che
cercava sempre di mettersi in mezzo tra lui e Aleha.
Fino a quel momento non c’era riuscita, ma Kozmotis sapeva
quanto Aleha tenesse
da conto Spear e le sue opinioni. Cosa sarebbe successo se un giorno la
totale
e costante disapprovazione di Spear nei suoi confronti fosse riuscita a
condizionare Aleha al punto di convincerla a lasciarlo?
«Aleha è perfettamente in sé, e sarebbe
ora che lo accettassi. Devo piacere a
lei, non a te. Non hai il diritto di metterti in mezzo!»
esclamò.
Momentaneamente di cucinare non se ne parlava, ma continuò a
tenere in mano la
padella: meglio avere a disposizione un’arma impropria che
non averne affatto.
«sono sua sorella maggiore, nonché tutto quel che
rimane della sua famiglia.
Non ho solo il diritto di proteggerla, io ne ho il dovere.
Si diventa
legalmente adulti a sedici anni, ma non sempre la maturità e
la capacità di
decidere per il meglio coincidono con l’età
anagrafica. Aleha è una ragazza
intelligente» ammise Spear «ma purtroppo
è vittima di una pesante cotta
adolescenziale…»
«non è una cotta! Noi
ci amiamo!» sbottò, portato
all’esasperazione
«e non hai né il diritto né il dovere
di proteggere chicchessia, Aleha è in
grado di farlo da sola, e se per qualche motivo un giorno non dovesse
riuscirci
ci sarò io a
farlo!»
Spear sollevò un sopracciglio. «in quel caso sono
certa che una tua telefonata
dal fronte sarà risolutiva».
Kozmotis strinse forte il manico della padella, e tornò a
volgersi verso il
ripiano. Nel tempo che impiegò per prendere gli ingredienti,
né lui né Spear
dissero più nulla.
«qualunque cosa io dica, per te sarà sempre
sbagliata» disse in seguito il
ragazzo, decidendosi a rompere il silenzio.
«a dire la verità hai appena fatto
un’affermazione del tutto corretta, per cui
hai sbagliato di nuovo».
Kozmotis fece un sospiro nervoso. «si può sapere
cosa ti ho fatto?!»
l’apostrofò, voltandosi a guardarla in faccia
«è da quando ero bambino che mi
tratti come se ti avessi ucciso il gatto! Io sono una brava persona,
con Aleha
mi sono sempre comportato bene, e mi do da fare per difendere il regno.
Qual è
il problema? Magari vorresti che Aleha si mettesse con qualcuno
più ricco, di
una classe sociale più alta? O cosa?»
Spear poggiò tranquillamente la tazza sul tavolo, senza
distogliere lo sguardo
da lui. «hai deciso di parlare chiaro, per cui
farò altrettanto. Aleha ha un
buon lavoro con cui potrebbe vivere bene anche abitando da sola, e non
ha
bisogno di trovare un uomo che la mantenga, quindi ricchezza e classe
sociale
sono l’ultimo dei miei pensieri. Poi, so che sei un ragazzo
di buona famiglia
-su questo non metto bocca, so chi sono i tuoi genitori- e so che la
cotta
adolescenziale di Aleha è ricambiata».
Kozmotis avrebbe voluto mettersi ad urlare che la loro non era una
stramaledetta cotta, ma era certo che sarebbe stato totalmente inutile,
per cui
si trattenne, volendo sentire dove Spear sarebbe andata a parare dal
momento
che “sapeva questo e quello” ma lo detestava
ugualmente.
«il problema…cerca di ascoltarmi e mettertelo bene
in testa, perché non amo
parlare con te e non lo ripeterò una seconda
volta…è che tu, fin da bambino,
hai sempre avuto la capacità di attirare i guai come il
miele attira le mosche»
dichiarò Spear «attualmente cerchi di astenerti
dal fare stupidaggini, e ho
sentito che la tua carriera militare procede tanto alla svelta che
c’è chi ti
immagina colonnello, o addirittura generale, entro pochi
anni…»
«e allora?!»
Spear si mise ad osservare la tazza vuota, con aria assente.
«la natura delle
persone non cambia. Tu rimani sempre miele, e i guai rimangono sempre
mosche.
Finora ti è andata bene, hai avuto fortuna… ma
arriverà il giorno in cui il tuo
modo di essere ti procurerà dei nemici, e i nemici delle
persone “in alto” come
tu potresti diventare tendono ad essere altrettanto in alto, o ancora
più su».
Per qualche istante calò di nuovo un pesante silenzio,
disturbato soltanto dal
ticchettio di un orologio a muro. «ma…queste sono
tutte tue fantasie!» inveì
Kozmotis dopo un po’ «sono soltanto-»
«hai ragione, invece di arrivare in alto potresti anche
finire col morire nel
corso della tua prossima missione, e dare un dolore non da poco ad
Aleha» disse
Spear, tornando a guardarlo. Questo lo mise temporaneamente a tacere, e
lei
poté continuare. «immagino che questo ti sembri
più realistico. Bada bene: io
ho stima di coloro che scelgono di dedicare la propria vita a difendere
il
regno, perché anche mio padre come sai era un militare, e lo
ricordo come un
brav’uomo, per quel poco che l’ho
visto. Quel che voglio dire è che
la strada che hai scelto non ti permette, né ti
permetterà mai, di stare vicino
ad Aleha come sarebbe giusto. Ora sei un
“innamorato” assente. Se uno dei due
non rinsavirà in tempo, diventerai un fidanzato assente, poi
un marito assente,
e forse anche un padre assente.
Non esiste alcun modo per
evitarlo, e tu lo sai benissimo: non puoi essere contemporaneamente al
fronte e
a casa con la tua famiglia. Inoltre, se per disgrazia le cose andranno
male,
lascerai mia sorella -o lei e degli eventuali figli-
nell’identica situazione
in cui i nostri padri hanno lasciato noi. Non è stato
piacevole, dovresti
ricordarlo. Ora ti domando: è davvero questo che vuoi per
Aleha?»
Era anche per questo che Kozmotis non amava avere a che fare con lei,
per il
modo in cui, le poche volte che avevano parlato -quella era stata la
conversazione più lunga avuta fino a quel momento- Spear non
gli aveva lasciato
molte opzioni per ribattere.
«non è…chi ti dice che andrà
così per forza?! Chi ti dice che non troverò il
modo di tornare a casa ogni volta che potrò e non essere
“assente”, chi ti dice
che morirò, o che mi farò chissà quali
nemici?! Le tue sono solo teorie, e
poi…e poi è un discorso assurdo da farsi, adesso.
Io ho solo diciassette anni…»
borbottò, passandosi una mano sul volto.
«mi hai detto di essere un adulto, io ti ho fatto un discorso
consono. Forse
non te l’hanno mai spiegato, ma non si può essere
adulti solo per quel che si
vuole» ribatté la dottoressa, con una certa
durezza. «ora fai una cosa sensata:
raccatta i tuoi vestiti, esci da quella porta e anche dalla vita di mia
sorella. La mia famiglia ha già avuto problemi sufficienti
per due o tre vite
intere».
«tu dici tutto questo solo perché mi
detesti!!!» gridò il ragazzo, ormai
incapace di trattenersi oltre «lo hai sempre fatto, e
continuerai a farlo
qualunque cosa io dica, qualunque cosa io faccia, solo
perché sono io!»
«il fatto che tu sia un ragazzino arrogante che si crede
molto più maturo di
quanto in realtà non è, di
sicuro non mi aiuta a trovarti simpatico».
«ecco, visto?! Visto?! Mi
odi a prescindere! Si capisce già
solo da come mi guardi, se tu non fossi un dottore probabilmente
avresti già
cercato di tagliarmi la gola!»
Detto ciò indietreggiò verso il bancone,
perché a quel punto la faccia della
sua -teoricamente- futura cognata gli fece capire che non lo aveva mai
guardato veramente con aria
assassina…fino a quel momento.
«se anche non ci fosse in ballo la deontologia professionale
non mi sporcherei
le mani in questo modo per ucciderti. Ci sono molti altri metodi
più rapidi,
più semplici e meno rischiosi».
L’attimo dopo sentirono i passi strasicati di Aleha, ancora
decisamente
insonnolita. «Kozmotis, perché
gridavi…» borbottò la ragazza,
sbadigliando.
Quando vide Spear però cambiò espressione,
improvvisamente sveglissima.
«aaah…Spear, tu non avresti dovuto essere al
lavoro?» le domandò, decisamente
imbarazzata. Lei e Kozmotis erano legati da un pezzo, e sua sorella
sapeva
benissimo che non passavano tutto il tempo a guardarsi negli occhi, ma
non
aveva preventivato di farle sapere di quella notte trascorsa insieme
proprio lì
in casa.
«tua sorella vuole uccidermi!»
esclamò Kozmotis, avvicinandosi alla
ragazza «mi odia e vuole uccidermi, lo ha detto
adesso!»
Normalmente non era il tipo di persona che andava a lagnarsi dalla
propria
ragazza o dalla madre per certe cose, ma aveva preso le parole di Spear
sin
troppo seriamente, e ci teneva che Aleha sapesse che una sua morte
improvvisa
dopo aver mangiato o bevuto qualcosa non sarebbe
stata casuale.
«perché lui, di tutto il discorso che ho fatto,
ovviamente ha recepito solo
questo. Aleha, il tuo ragazzo è un cretino»
sentenziò Spear, alzandosi in piedi
«e detto questo me ne vado a dormire».
«non pensare di sfuggire alla discussione così
facilmente, Spear, perché dopo
vorrò sapere cosa gli hai detto e come glielo hai
detto!» la avvertì Aleha,
lasciando che si allontanasse. «mi dispiace, io ero veramente convinta
che non sarebbe tornata prima di oggi pomeriggio» aggiunse,
ovviamente rivolta
a Kozmotis «immagino che non sia stato bello trovarla in
cucina».
«no, infatti» borbottò lui «e
dire che la giornata era cominciata così bene…io
volevo prepararti la colazione e farti una sorpresa, e invece
è lei che l’ha
fatta a me!»
«non badare troppo a quello che ti ha detto. Spear non ha un
carattere facile,
specialmente dopo il turno di notte, ma sono sicura che ucciderti
è l’ultimo
dei suoi pensieri. Non è mica un Dream Pirate!»
«hai ragione, non è un Dream Pirate, è
peggio» mugugnò lui.
«Kozmotis, non esagerare! Non è affatto un mostro,
e tantomeno ti odia. Vedrai
che un giorno inizierete ad andare d’accordo» lo
rassicurò, accarezzandogli il
viso.
«io non credo proprio. Lei mi detesta, e non vuole che stia
con te. Smetterebbe
di odiarmi solo se ti lasciassi, e questo può scordarselo
pure» sottolineò le
sue parole attirando a sé Aleha in uno stretto abbraccio.
«non vuole davvero che ci lasciamo. Lei è solo
molto protettiva nei miei
confronti, lo è sempre stata, e ancor di più da
quanto papà è morto…e poi
mamma…sì, insomma, tu cerca di non farci
caso» concluse Aleha «capirà che non
vuoi farmi del male, col tempo vi conoscerete meglio, e
inizierà a vedere in
te quel che vedo anche io».
«certo, poi magari le spunteranno delle ali da fata e
inizierà a svolazzare per
il quartiere spargendo coriandoli e arcobaleni»
borbottò Kozmotis «vorrei tanto
condividere il tuo ottimismo, ma abbiamo opinioni differenti su tua
sorella».
«io però la conosco meglio di te! Se sono
ottimista magari ho i miei buoni
motivi, e poi non preferiresti anche tu che io abbia ragione?»
In certi casi Kozmotis, da un lato, arrivava quasi ad invidiare Aleha,
con
tutto il suo candore e il suo ottimismo; dall’altro invece
gli dispiaceva per
lei perché, se avesse davvero continuato a credere in quel
che aveva appena
detto, un giorno avrebbe ricevuto una gran brutta batosta.
Non che lui potesse fare alcunché a riguardo: quella ragazza
era naturalmente
portata a pensare bene di tutti quanti e giustificarne il
comportamento,
eccetto in casi del tutto estremi, e se lui ne era tanto innamorato era
anche
per questo.
«certo, è ovvio che lo preferirei, renderebbe
tutto molto più semplice…ma mi sa
che resterà un sogno impossibile».
Sì, magari era proprio un sogno impossibile. Ma lui aveva
già una ragazza che
lo amava e una fulgida carriera militare davanti: non era forse
abbastanza?
“sì che lo è. Al diavolo Spear e le sue
illazioni. Un giorno vedrà
quanto si è sbagliata!” pensò.
Salve!
Vi avevo detto che probabilmente la
one shot si sarebbe evuoluta in una raccolta, ed eccomi qui.
Qui avete conosciuto l'adorabile (?)
Spear, una mia OC, che nel primo capitolo era stata soltanto citata.
Come potete vedere, è la futura cognata che tutti
vorrebbero...a molti, molti chilometri di distanza. Molto diversa da
Aleha, come potete notare, principalmente a causa del loro vissuto non
facile :)
Che dire? Mi auguro che apprezziate
anche questo lavoro, e alla prossima!
_Dracarys_
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