Rimembranze

di Esarcan
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La moda. Come si poteva pensare che sarebbe stata un mezzo di distruzione quando il mercato ne giovava così grandemente? Eppure il nemico peggiore si annida proprio tra gli amici. Nessuno poteva concepire l’idea che una droga avrebbe distrutto un popolo solo perché era di moda. Un popolo che si era dimostrato troppo pericoloso, un popolo che avrebbe potuto soverchiare gli altri se non fosse stato così cieco, tanto cieco da farsi distruggere senza poter reagire. Fu sicuramente un attacco vigliacco: agire sfruttando le proprietà di una droga e diffondendola per mezzo della moda. Subdoli furono a far sì che si depositasse nell’organismo di ogni funzionario governativo, ogni soldato, ogni giovane e ogni scienziato, prima di attivarne il vero effetto obliante e cerebro-degenerativo.

Fu nel momento in cui ebbero certezza che il capo di stato maggiore ne faceva assiduo uso che iniziò la fine.

Non uno di quel popolo sventurato si salvò: coloro che non avevano assunto l’apocalittica sostanza vennero sterminati nel solito vecchio modo, fortunati. Non tutti subirono quella sorte solo per non provocare uno scandalo e far sembrare benevoli i governatori dei popoli minacciati. Ma nessun altro governatore inflisse pena più grande ad un suo simile: privare della conoscenza. Il maggior scempio di un essere vivente verso la natura, una tale aberrazione che la terra stessa si ribellò provocando cataclismi cancellando dal suo volto i fautori di tale eresia. Prima che scomparissero, però, aggravarono le loro colpe restituendo un vago ricordo di ciò che furono agli sventurati. Fugace e annebbiato lo resero, ma bastò per dare la volontà ai derubati di riprendere il mal tolto, riconquistare l’evoluzione e la gloria passate. Non vi era vendetta a macchiare questo desiderio, che restò puro anche quando conobbero la fonte della loro prematura regressione. Ridiede loro vita. Dopo anni passati nel fango come bestie, alla prima cui venne ridato il ricordo si accreditano queste parole:

“Solo il vago ricordo di ciò che fummo ci lasciaste, non per pietà, ma come ulteriore punizione: la nostalgia è tutt’ora la nostra forza e ciò che più odiamo. Ci divideste indissolubilmente da ogni nostra conoscenza,ci toglieste tutto ciò che eravamo, rubato; non siamo più esseri viventi ma gusci vuoti mossi solo dalla forza del ricordo della passata gloria. Ma non fummo solo costretti ad abbandonare le scienze, ci esiliaste anche: abbandonando fisicamente e mentalmente il nostro mondo. I grandi palazzi, le valli fiorenti, gli alti monti dorati e tutto ciò che è sostanza del bello, non fanno più parte della nostra realtà, li abbandonammo. Molti di noi scelsero la morte all’esilio e tanti li invidiano tutt’ora. Poiché senza la nostra memoria non siamo nulla: siamo caduchi nella fisicità dei corpi, ma eterni nei nostri ricordi. Tutto ciò che siamo è la somma di ciò che conosciamo, abbandonandolo non ci rimane che attendere l’inevitabile fine a cui siamo destinati o procurarcela subito senza patire un lento disfacimento.”

 




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