Grazie infinite a Medusa, arte e Kaoru per le
recensioni. Grazie davvero anche a tutti quelli cha hanno letto. Spero
che la continuazione vi piaccia. Oscar ha deciso di catturare il cavaliere nero. Ci riuscira?
ROSE
BIANCHE 2
Marie
ascoltava con gli occhi sgranati le
parole della sua bambina, non riusciva a credere alle sue orecchie, per
fortuna che in quel momento era seduta su una comoda poltrona, perché
se no sarebbe stramazzata a terra. Guardava Oscar in piedi
davanti alla
vetrata della sua camera, le mani tenute dietro la schiena, in una
perfetta posa militare. In realtà, sapeva che Oscar
non era
rilassata, lo dimostrava la posizione a gambe divaricate, schiena
dritta e rigida. Ascoltava con attenzione le
parole precise
di Oscar, ciò che voleva, cosa doveva fare, l’assoluto riserbo, perché
era una missione importante e neanche André doveva sapere qualche cosa
e intanto nella sua mente, mentre ascoltava le parole precise di Oscar,
pensava al da farsi per mutare la giovane donna che aveva davanti in
uno splendore. Oscar si girò a guardare la vecchietta, si
sedette nella
poltrona davanti a lei e disse a voce bassa, come per non far udire a
nessuno quelle parole: “Marie, ho bisogno del tuo aiuto, mi
devi
trasformare in una perfetta e compita dama in meno di tre giorni.
Il
prossimo ballo si terrà Palazzo Lamballe, ci devo andare assolutamente,
ma non mi può o deve riconoscere nessuno.” Marie assentiva,
capiva
dalla serietà e dalla sua voce che era una cosa molto importante.
“Si
ma perché Andrè non può venire con voi? Non sarebbe meglio, non è
pericoloso?” Oscar si alzò dalla sedia, pensò un momento alla
spiegazione da dare alla governante, non poteva certo dire che il suo
caro nipote era un ladro e lei doveva tentare di catturarlo.
“È meglio
che Andrè non venga con me, perché nessuno deve sapere chi sono.”
Abbassò lo sguardo a terra e disse arrossendo: “E poi non
voglio che
Andrè mi riveda vestita con abiti femminili mi imbarazzerebbe troppo.”
Marie sorrise contenta, in fondo in fondo il generale non era riuscito
a trasformare la sua bambina in un perfetto soldato, c’era ancora una
speranza. L’anziana donna, sospirò e disse: “Bene,
c’è molto lavoro da
fare, non sarà facile, trasformare il perfetto maschiaccio che è in voi
in una graziosa damina e il tempo è poco. Perché non basta una sola
notte per farvi diventare una perfetta dama, anche se avete già provato
cosa significhi indossare un bustino.” Oscar fece una
smorfia, il solo
ricordo la fece iniziare a sudare freddo. “Ma avete una
volontà di
ferro e riuscite sempre ad ottenere quello che volete.” Le
accarezzò il
viso, i capelli, lunghi e folti. “Sarà difficile e dovrete
fare tutto
quello che vi chiederò, ce la farete.” Marie si era diretta
verso la
porta. “Cominciamo subito non c’è tempo da perdere.”
Corse da una
stanza all’altra per portare tutto l’occorrente, abiti, bustini,
scarpe, mantelli. Oscar guardava attenta e intimorita le
cose che
faceva la donna, sembrava una trottola intenta a girare su se stessa
all’infinito, pensava che da un momento all’altro le sarebbe venuto un
infarto. Dopo poco più di un ora la governante
aveva chiuso a
chiave la porta di Oscar e aveva detto alla sua protetta di
spogliarsi completamente, la giovane obbedì ma le fu molto difficile
fare tutto quello che le diceva la governante. “No, non è
possibile. Io
sto male, non respiro, toglimi subito questa cosa.” Respirava
affannosamente:
“Mi dici come faccio a correre dietro a un ladro con questo coso
addosso?” Oscar si toccava la vita cercando di respirare e
di parlare
nello stesso tempo. Guardava la propria immagine riflessa e
un po’ se
ne vergognava, come era successo anche l’altra volta, lo stesso rito,
la stessa ansia, mentre si trasformava in quello che non era mai stata
per amore. Era diventata una splendida dama per Fersen. Il
busto
valorizzava la vita già molto sottile e metteva in risalto il seno
alzandolo. “E poi è scandaloso, mi sembra di avere due mele
al posto
del seno. No, non ho il coraggio di andare in giro conciata
in questo
modo.” Marie si avvicinò a lei, la fece sedere e le iniziò a
pettinare
i capelli. “Calmatevi e statemi a sentire un attimo.” Oscar
la guardava
nello specchio arrabbiata. “Il busto serve a valorizzare il
corpo di
una donna; le dame normalmente non corrono dietro ai ladri, quindi non
lo trovano per niente una cosa scomoda. Se volete un
consiglio, vi
conviene tenerlo un po’ di tempo ogni sera e toglierlo solo quando
andrete a dormire così vi ci abituerete piano piano. E lo
stesso per le
scarpe; vi farò vedere come dovrete camminare e la postura
da
tenere.” Mentre parlava, Marie continuava a
pettinare i
capelli di Oscar dividendoli in ciocche. La donna sospirò e
solo dopo
un po’ si chiese cosa stava facendo Marie ai suoi capelli.
Marie
sorrise, perché lei si divertiva a torturare la poverina, provandole
diverse pettinature. Dopo circa due ore che erano chiuse in
camera,
Oscar sbottò con un: “Basta, non ce la faccio più, mi
arrendo. Mi
sembra d’essere una papera che cammina sulle uova; ho un’armatura di
ferro attaccata alle costole e un centinaio di forcine in testa. Se
questo significa essere una donna, è meglio essere uomo mille volte.”
Marie, la guardò con uno sguardo severo: “Non vi siete
arresa quando
vostro padre vi picchiava perché non riuscivate a tenere in mano una
spada e avevate solo tre anni.” Oscar guardava la
governante; l’anziana
aveva un’aria seria e stanca, eppure era convinta in quello
che stava facendo. Le prese una mano per
accompagnarla
accanto allo specchio e la fece risedere sullo sgabello. “Essere
un
uomo o una donna non significa portare al fianco una spada o tenere in
mano un ventaglio. Tutto deve dipendere da voi. È vero che
avete
ricevuto un’educazione maschile, ma saper comportarvi da uomo non
significa bestemmiare o sputare a terra.” Oscar le sorrise,
lei la
guardò attraverso lo specchio: “O vi comportate come uno
scaricatore di
porto?” Oscar rise a voce alta, scotendo il capo in senso di
diniego,
dei riccioli ribelli le caddero sulle spalle nude. “Ecco,
quando dovete
ridere in pubblico, fatelo sempre in maniera discreta, nascondendo il
viso con il ventaglio. Una dama non ride in modo così sguaiato.” Oscar
la guardò sollevando le sopracciglia, ma l’anziana si affrettò a dire: ”
Ho detto in pubblico, qui siamo solo noi.” Oscar le sorrise.
Marie
continuò il suo discorso, potendo finalmente dire quello che sentiva e
aveva sempre nascosto in tutti quegli anni: “Vi accorgerete,
a tempo
debito, che essere donna non è poi così male. Vostro padre
vi ha voluto
allevare come un uomo, io sono stata fin dall’inizio contraria, ma non
potevo farci niente. Ho sperato che cambiasse idea, ma
conoscendo il
generale nemmeno sotto tortura avrebbe cambiato la sua opinione. Mi fa
piacere vedere però che non potrà mai cancellare quello che madre
natura vi ha donato.” Disfando la ricca pettinatura che aveva
creato
sui capelli di Oscar continuò: “Ma sono anche contenta,
sapete? Se
foste stata allevata come le vostre sorelle, vi avrei persa già da
molto tempo. Sareste andata in sposa ad un nobile e non vi
avrei più
rivista, mentre invece così siete ancora qui con me e vi posso
torturare ancora un po’.” Oscar abbassò lo sguardo verso le
sue mani.
In fondo aveva ragione, la sua condizione era eccezionale da ogni punto
di vista. Non era né uomo né donna, ma si sentiva più
fortunata perché
aveva la stessa intelligenza e capacità di tutte le altre donne, solo
che poteva dimostrarle al resto del mondo proprio come era permesso a
un uomo; poiché era stata abituata fin da piccola ad
affrontare i
propri timori, non era così sciocca e paurosa come una svenevole nobile
damigella. “Bene, ora il vestito.” Marie ne fece
provare una dozzina ad
Oscar, ma ogni volta non era soddisfatta. La giovane,
paziente, si
faceva mettere e togliere ogni volta un abito, tanto lei di colori e
moda non ci capiva nulla, era completamente in balia di Marie che si
stava per mettere le mani nella cuffia perché da perfezionista qual’era
voleva che la sua Oscar fosse perfetta. I vestiti erano molto
belli, ma
Marie non era mai soddisfatta. O erano troppo sfarzosi o semplici,
troppo scuri o abbondanti di ricami. Oscar si guardò attenta
allo
specchio, indossando un vestito bianco con ricami in oro e gemme
preziose sul corpetto disse a voce alta: “Ecco questo
andrebbe bene per
attirare il Cavaliere Nero, mi vede, mi impacchetta e mi porta
direttamente nel suo covo. O mi spoglia e mi lascia in braghe di tela.”
Risero entrambe alla battuta. Gli e lo fece togliere e ne
provò uno
rosso rifinito ai bordi con pizzo di S. Gallo bianco, Davanti la
scollatura era squadrata, leggermente ripresa in centro, le metteva in
risalto il bel decolté, ma dietro la scollatura era profonda, a vi le
lasciava completamente libera la schiena Con il
rosso stava
proprio bene, le faceva risaltare la carnagione e gli occhi azzurri.
Oscar fece per toglierlo, pensando che finalmente la tortura fosse
finita, quando Marie la fermò: “Non vorrete mica indossare
solo un
vestito. Mi avete detto che dovrete partecipare a tutti i balli che si
terranno nelle case dei nobili dobbiamo sceglierne degli altri.”
Oscar
sospirò sconsolata, la giornata non era ancora finita. “Bene e
con questi altri tre abbiamo terminato la scelta dei vestiti.” Disse
Marie, aiutando a togliere l’abito color grigio perla, scollato a V sul
davanti, con rose bianche puntate sul petto, sulle maniche e dietro sul
fiocco. Oscar era veramente sfinita, ma doveva
ammettere che
piano piano si stava abituando al corsetto, anche se non aveva ancora
provato a camminare e a correre con le scarpe con il tacco e
immaginò di fare una pessima figura o peggio di ruzzolare giù per le
scale, come le era già capitato l’altra volta, aveva rischiato di
cadere in malo modo mentre scendeva gli scalini della carrozza, ma
grazie alla prontezza di riflessi tutto si era aggiustato. Marie
guardò
i vestiti e gli accessori scelti, era davvero soddisfatta del suo
lavoro, cucire per tutti quegli anni quei vestiti e vederli utilizzati
da madamigella Oscar, anche se in incognito la rendeva felice, stanca
ma soddisfatta. Sentirono bussare alla porta. “Oscar,
sono io. Stai
poco bene? Ti ho cercato a Versailles e mi hanno detto che sei
rientrata presto a casa.” Le due donne si guardarono
spiazzate, non si
aspettavano che Andrè ritornasse così presto. Proprio presto
non era,
visto che fuori era già buio da un pezzo, ma il tempo per loro era
passato velocemente, poiché erano tante le cose che dovevano fare. “No,
Andrè va tutto bene.” Mentre cercava una scusa per
temporeggiare, Marie
prendeva tutti gli abiti scartati e li nascondeva sotto il letto; Oscar
si metteva in fretta una camicia bianca, dei pantaloni e delle scarpe
basse, si sciolse definitivamente la pettinatura finendo di togliere le
altre forcine, si spettinò meglio che potè i capelli. Andrè
ignaro di
tutto il trambusto che aveva creato, nel momento in cui provò a toccare
la maniglia per cercare di aprire la porta, sentì scattare la serratura
e si vide davanti una Oscar stravolta, spettinata e bellissima. Lei
gli
sorrise, un sorriso forzato e stanco. “Va tutto bene, avevo
delle cose
da sbrigare. Scusa se non ti ho avvertito. Per farmi perdonare dopo
cena ci concederemo un buon bicchiere di vino davanti al fuoco.” Uscì
dalla stanza in fretta richiudendosi la porta alle spalle. “Ora
vado a
fare una passeggiata nel parco.” Lui rimase un momento a
fissarla,
imbambolato. Lei dopo aver percorso una decina di passi, si
voltò a
guardarlo e gli disse: “E tu? Non hai del lavoro da
sbrigare? Ci
vediamo dopo.” Si congedò in questo modo. Andrè
rimase a fissare il
corridoio vuoto davanti a se. Poi si decise a muoversi per
andare in
cantina a scegliere una bottiglia di buon vino. Mentre
scendeva le
scale non si ricordò che la porta della cantina era divisa in due
parti, aprì la parte inferiore e andò a sbattere contro l’anta
superiore. Si toccò la fronte imprecando. Come
aveva fatto il seno di
Oscar a crescere in maniera così vistosa in meno di una notte. Eppure
indossava sempre la camicia e il suo petto gli sembrava “normale”, cioè
non si vedeva più di tanto. Anche quando indossava la
divisa, si vedeva
un po’ ma non così. Impiegò parecchio a scegliere la
bottiglia di vino
rosso, perché oltre al male alla fronte aveva sempre davanti agli occhi
l’immagine fissa del suo seno, tondo e turgido.
Aveva sognato ancora quella notte. Ancora rose bianche, ma
questa volta si era svegliata di soprassalto, madida di sudore.
Il
sogno era iniziato come sempre nello stesso giardino, il profumo delle
rose intenso le piaceva molto, intorno a lei c’erano rose fiorite e
piccoli teneri boccioli bianchi. A un certo punto si era
alzato il
vento le rose bianche profumate appena fiorite in bocciolo chinavano il
capo e sfiorivano in pochi minuti, raggrinzendo, divorate dal vento
secco. Oscar guardava sconsolata i fiori appassire sotto i
suoi occhi.
Si ricordava di aver preso un bocciolo tra le mani e questo appena
toccato si era dissolto in fine sabbia. Non sapeva cosa fare,
era
impotente di fronte a questo. Si toccò il petto, il senso di
soffocamento provato nel sogno stava passando, non era più avvolta
dalla morsa del corsetto. Marie dopo che Andrè se n’era
andato aveva
messo tutto a posto nella stanza e l’aveva aiutata a togliere
l’aggeggio infernale. Non riusciva a capire i sogni che
faceva, ma i
sogni non hanno logica, vengono dalla parte più nascosta di noi ci
vogliono dire qualche cosa. La sera prima Andrè era rimasto
tutta la
notte in casa con lei a chiacchierare. Avevano parlato anche
del
Cavaliere Nero e lui non aveva fatto una piega, non un sussulto, niente
di niente tranquillo come sempre. Anzi era rimasta spiazzata
dalle sue
parole. “Lo so, Oscar, tu sei un militare e per te un ladro
è solo un
ladro da catturare e arrestare. Ma non pensi che aiuta
veramente la povera gente? Per le strade di Parigi si muore
di fame.
Per questa gente è un eroe, non per voi nobili certo, ma per la povera
gente si.” Lei lo guardava, senza sapere cosa rispondergli,
in fondo
sapeva che aveva ragione; ma in quel momento c’era la differenza di
classe a dividerli e tante altre cose. Era lei che si sentiva
nervosa,
sulle spine, perché era convinta che lui avesse qualche cosa da
nasconderle, s’era creata una frattura tra loro, se lo sentiva e non
era per il discorso che le aveva fatto in quel momento. Non
le parlava
più come quando erano ragazzi, non si confidava più; forse perché erano
diventati adulti, un uomo e una donna. Il tempo passava;
come nel
sogno, le rose nascevano per sfiorire subito dopo e vivere un giorno
soltanto. A volte le sembrava di essere una rosa appassita,
il tempo le
sfuggiva di mano, aveva quasi 30 anni e una vita passata nell’esercito
e niente altro. Sapeva che in fondo desiderava di più, ma
non era
sicura nemmeno lei di quello che voleva. Avrebbe continuato
a fare il
soldato per sempre, la sua vita era stata decisa da suo padre prima
ancora che nascesse. Era inutile cercare di addormentarsi,
sapeva che
quando faceva quei sogni continuava a pensare perciò decise che era
arrivato il momento di alzarsi, si preparò per scendere in cucina e
fare colazione. Vi trovò André intento ad
assaggiare una
fetta di torta alle mele, preparata da Marie. “Tua nonna non
ti ha
ancora preso a mestolate in testa, per aver preso la fetta senza il suo
permesso?” Lui le sorrise la guardò fissandola e lei
sentendosi leggermente in imbarazzo si fissò il punto verso
cui gli occhi di lui erano puntati. Si guardò il petto, poi
gli chiese
se c’era qualche cosa che non andava in lei o se la divisa era
macchiata. Lui addentò un altro pezzo di torta e le disse: “No,
la
divisa è a posto e non penso che la nonna mi sgriderà se vedrà che
anche tu la stai mangiando. È contenta quando vede che fai colazione.”
Oscar si sedette al tavolo e vide Andrè alzarsi prendere un piatto e
tagliarle una bella fetta di torta. L’uomo era rimasto senza
parole,
mentre tagliava la torta continuava a pensare al seno di lei, ora era
ritornato normale. Fece spallucce e si convinse di aver avuto
un’allucinazione, si doveva essere per forza così, pensò. La
giornata sembrava essere iniziata nel modo migliore per continuare a
Versailles con la solita routine di sempre. Allenamenti e
parate con i
soldati, firme di dispacci e permessi ai soldati, udienze con la regina
e nel pomeriggio come il giorno precedente di corsa a casa. La
cosa più
difficile era stata allontanare André; questa volta lo aveva avvertito
che sarebbe dovuta andare a casa presto. André nel frattempo
era stato
braccato dalla nonna che era riuscita a trovare il modo di allontanarlo
per delle commissioni per conto di Madame Jarjayes da Madame Rose
Bertin, la famosa modista della regina. Nel pomeriggio Oscar
iniziò il
suo allenamento sotto l’attenta guida della governante. “State
dritta e
non camminate con passi così lunghi. Le dame hanno un’andatura più
tranquilla e aggraziata.” Oscar la guardò aggrottando la
fronte, “Non
posso davvero credere che le donne facciano tutto questo per
intrattenere piacevolmente gli uomini. Sono davvero stupide.” Marie
la
guardò passarle accanto, arrivare fino alla finestra, girarsi e
ripassarle davanti, indossava il vestito con le rose bianche. “Lo
dite
solo perché non vi siete mai innamorata veramente.” Marie
abbassò lo
sguardo, sapeva che l’unica volta che Oscar si era voluta vestire da
donna era stato per amore, ma era convinta che per la sua bambina il
conte non potesse essere l’uomo adatto a lei. A quelle
parole Oscar si
fermò, le diede un’occhiataccia, ma decise di rimanere zitta e
concentrata su quello che doveva fare. La serata del ballo si
stava
avvicinando e lei doveva assolutamente cercare di sembrare una dama,
visto che non lo era. Voleva mettere le mani su quel ladro,
voleva
strappargli la maschera dal viso e vedere chi era, è interrogarlo,
aveva mille domande da porgli perché rubava, se il mandante
era il duca D’Orleans, ma soprattutto voleva scoprire se
André era veramente il Cavaliere Nero. Seduta davanti allo
specchio si
guardava mentre Marie cercava di trovare una pettinatura adeguata. La
giovane donna scosse il capo in segno di diniego: “No, non
funzionerà
mai, sono sempre io, mi riconosceranno; non porto maschere, non vado a
un ballo in maschera. Anche un ceco se ne
accorgerebbe. Marie
pensò un momento al da farsi, in effetti aveva ragione. Anche
se
indossava abiti femminili ed era truccata come una nobildonna,
avrebbero potuto riconoscerla, non poteva certo correre un rischio del
genere. Oscar vide che a Marie brillarono gli occhi, le era
di sicuro
venuta un’idea. Gli altri due giorni passarono monotoni,
Oscar era sempre più stanca, perché oltre alla vita di sempre doveva
tornare a casa e rivoluzionare completamente le sue abitudini.
Oltretutto André continuava a fissarla in modo strano, come se si fosse
accorto di qualche cosa e stranamente erano diversi giorni che lui
stava sempre a casa la sera, sembrava che non la volesse lasciare. Il
giorno del ballo in casa Lamballe, Oscar era stanca e tesa. Tornò
nel
primo pomeriggio, trovò ad aspettarla, come sempre Marie e un bel bagno
caldo. Mentre si rilassava nell’acqua calda e profumata
pensava a
quello che avrebbe dovuto fare al ballo. Sarebbe andata
sotto falso
nome e nessuno avrebbe scoperto chi era. Non vedo l’ora di
catturare
quel ladro, pensò mentre usciva dalla vasca e la governante le passava
un asciugamano.
E ora, cosa farà Oscar
al ballo? Riuscirà a catturare il Cavaliere nero o i suoi sforzi
saranno del tutto vani? Nel prossimo episodio de le Rose bianche 3
troverete le risposte che cercate.
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