LA
LEGGENDA DI ALDRIC L’INTREPIDO
Capitolo
1
Il
principe Wieland sembrava avere ricevuto in dono dalla sorte ogni
fortuna: era bello, valoroso, di nobili natali ed erede al trono di
uno dei più ricchi e prosperi feudi del Nord, il Regno di Theoburg,
sito ai confini delle pianure di Konorian.
Eppure
da qualche tempo egli era così triste che neppure l'ombra di un
sorriso aleggiava sul suo volto pallido.
Un
tempo era amante delle feste e dei divertimenti, non c'era caccia a
cui non partecipasse o torneo che non lo vedesse tra i vincitori, ora
invece era diventato raro vederlo in compagnia di qualcuno. Più
spesso galoppava in solitudine per i boschi in sella al suo fido
destriero, oppure trascorreva lunghe ore chiuso nella sua camera,
rifuggendo feste e divertimenti.
Il
Re suo padre, Sire Warmund il Generoso, e sua madre la Regina
Hytwinna avevano consultato innumerevoli saggi e studiosi, ma il
giovane principe sembrava inconsolabile e il suo struggimento si
faceva di giorno in giorno più profondo e straziante.
Il
motivo di tanta pena era peraltro ben noto: la sua promessa sposa,
una fanciulla di ineguagliabile grazia e bellezza che portava il nome
di Lady Amilda, era stata rapita dal Signore dei Morti, che
invaghitosi di lei l'aveva ghermita e condotta seco al Palazzo
dell'Eterno Dolore.
Nessuno
era mai tornato da quel luogo infausto, quindi a tutti coloro che
l'avevano amata era stato detto di rassegnarsi al fatto che ella
fosse perduta per sempre.
Una
delle poche cose che ormai erano in grado di distrarre il principe
Wieland dalle sue disgrazie era vestirsi come un popolano e girare
per le vie della città confondendosi con la gente comune. Per quanto
la sua statura e il suo portamento fossero senza dubbio quelli di un
nobile, tenendosi un po' curvo e con un cappuccio sul volto che gli
nascondeva i lineamenti riusciva facilmente a passeggiare per le
strade senza destare sospetti nella popolazione.
Da
quando Lady Amilda non era più al suo fianco, infatti, la corte coi
suoi marmi e i suoi ori gli appariva soffocante come un sarcofago.
Tutto gli ricordava lei: nelle aiuole dei giardini c'erano i fiori
che ella preferiva, e che lui aveva fatto giungere appositamente dai
Parchi Splendenti di Erwayn; la ninfa che versava acqua dal centro
della fontana era stata scolpita a sua immagine; in un angolo del
salone giaceva ancora la sua arpa d'argento, che nessuno aveva avuto
il coraggio di toccare.
In
città almeno non doveva sopportare lo sguardo compassionevole dei
dignitari di corte, né doveva fingere una tranquillità che non
provava per evitare che sua madre si preoccupasse eccessivamente.
C'era
una taverna che gli piaceva, proprio dietro il mercato. Si chiamava
Al Drago Fiammeggiante, nell'insegna ormai sbiadita dagli anni si
poteva ancora distinguere l'immagine di un animale alato che emetteva
fuoco dalle fauci spalancate.
A
dispetto del nome, era un posto tranquillo e Wieland amava sedersi in
un angolo e restare semplicemente lì a contemplare il viavai degli
avventori.
Un
mercante si rallegrava per aver concluso un buon affare, mentre
magari un altro inveiva contro un terzo che gli aveva venduto per
buono un cavallo in realtà privo di valore. In un angolo ci potevano
essere viaggiatori che narravano di paesi lontani suscitando la
meraviglia degli astanti, oppure conduttori di carovane che da lungi
avevano portato spezie e stoffe pregiate e ora si riposavano dopo il
lungo percorso.
Normalmente
il principe Wieland se ne andava sul fare della sera per rientrare al
palazzo, ma una volta si trattenne presso la taverna fino a notte
fonda. Fuori stava piovendo forte e il giovane non aveva avuto voglia
di lasciare il piacevole tepore della stanza per affrontare gli
scrosci gelidi e un vento così impetuoso da strappare di dosso i
mantelli.
Stava
sonnecchiando in un angolo tranquillo quando un soffio d'aria fredda
attirò la sua attenzione. Si girò verso la porta e vide entrare un
vecchio dalla lunga barba bianca e dal portamento solenne, carico
d'anni, ma anche colmo di saggezza e dignità. Si avvide che portava
le vesti dei Maghi Veggenti di Rhias e ne fu stupito, perché era
assai raro incontrare uno di quei sapienti fuori dalle mura del
Monastero di Denon-Lor, detto anche Tempio della Pietra Parlante.
Essi
abbandonavano il Recinto Sacro unicamente quando ricevevano un
Presagio che il Consiglio dei Nove Illuminati riteneva appropriato
rivelare all’esterno. Interi regni, si narrava, erano stati salvati
da Maghi Veggenti che avevano comunicato nel momento e nel luogo
opportuno le loro percezioni mistiche.
Il
vecchio entrò nella sala riscaldata con soddisfazione. Appoggiò il
mantello fradicio e si avvicinò al camino, verso il quale tese le
mani ossute.
Gli
astanti avevano a loro volta riconosciuto i paramenti del nuovo
arrivato e gli si fecero rispettosamente intorno. L'anziano sacerdote
pronunciò parole di benedizione, accettò una coppa di vino che gli
veniva porta dall'oste, quindi si guardò intorno come alla ricerca
di un tavolo al quale sedersi.
Wieland
notò che volgeva lo sguardo nella sua direzione ed accennò ad un
gesto di deferenza nei suoi confronti.
Il
vecchio si mosse allora verso di lui. “Salute a te, giovane
signore,” lo apostrofò. “Con una notte del genere, capisco
l'apprensione di Dama Hytwinna che non ti vede rientrare. Ma stanne
certo, il temporale durerà ancora poco e presto potrai correre a
rassicurarla.”
Il
principe non fu ovviamente stupito del fatto che l'altro l'avesse
così facilmente riconosciuto. “Certo un cappuccio e un mantello
non possono ingannare un Mago Veggente,” rispose con un sorriso,
poi si alzò rispettosamente e gli porse la sedia vuota accanto alla
propria. Quando l’anziano sapiente si fu seduto, gli chiese: “Cosa
ti porta qui a Theoburg, Venerabile?”
“In
verità sono qui principalmente per te, giovane Wieland. Il consiglio
dei Nove Illuminati ritiene che tu debba venire a conoscenza di una
divinazione che ti riguarda.”
“Esiste
una divinazione su di me?” chiese il ragazzo stupito. Aveva sempre
pensato che i Maghi Veggenti si occupassero solo di grandi eroi e
antichi regni.
“Ne
esistono molte, ma non sono qui per dirti che compirai grandi gesta o
che regnerai a lungo donando pace e giustizia al tuo popolo.”
“Vuoi
dire... che tutto questo non mi accadrà?” gli occhi dorati del
giovane furono attraversati da un bagliore di apprensione.
“Questo
non posso rivelartelo,” rispose il vecchio con un sorriso paziente,
“sono cose che dovrai scoprire da solo.” Bevve un sorso di vino e
proseguì: “Quello che sono incaricato di riferirti è che Lady
Amilda può tornare dal Palazzo dell'Eterno Dolore.”
Il
ragazzo rimase per qualche secondo ammutolito dalla sorpresa, poi,
stentando a contenere la propria gioia, chiese: “Può tornare? E
quando? Quando tornerà da noi?”
Il
sorriso del Mago assunse una nota di paterna benevolenza. “Non
correre troppo, mio giovane amico,” gli rispose, “dovrai recarti
tu stesso al Palazzo dell'Eterno Dolore a reclamare la tua promessa
sposa. Dopo il lungo viaggio e le prove che ti saranno poste dinnanzi
riavrai la fanciulla, ma ti avverto che il prezzo da pagare sarà
molto alto.”
“Che
significa molto alto?” chiese dubbioso il principe.
“Perderai
la persona che ami di più.”
Wieland
rimase perplesso. La persona che amava di più era senza alcun dubbio
Lady Amilda. Come poteva essere che venisse riconquistata e persa
allo stesso tempo?
Il
suo volto assunse comunque un'espressione risoluta. “Non importa”
disse con decisione “riavrò Lady Amilda a qualsiasi costo.”
“Sai
quello che dovrai pagare.”
“Pagherà
un prezzo più elevato chi cercherà di fermarmi.”
Il
Veggente non disse nulla. Chi conosce tutte le cose che sono state,
sono e saranno deve essere estremamente cauto nel parlare. Si limitò
a finire la propria coppa di vino, quindi si volse nuovamente verso
il principe Wieland, che nonostante tutto appariva esaltato dalla
notizia appena ricevuta.
“Ti
prego, vieni a palazzo, il Re mio padre deve sentire queste cose!”
esclamò infatti il giovane. “Ti darà grandi doni, sarai
alloggiato con tutti gli onori e potrai restare fino a che lo
riterrai opportuno.”
L'altro
scosse la testa. “No, Wieland, questa missione è compiuta. Il
Consiglio dei Nove riteneva che tu dovessi essere informato. Tu e non
altri. Ho fatto quel che mi era stato chiesto, ora sta a te decidere
che uso fare di ciò che ti ho detto, mentre io andrò a compiere la
seconda missione che il Consiglio mi ha affidato.”
Si
alzò lentamente in piedi e si guardò intorno alla ricerca del
mantello.
“Venerabile,
non andartene così presto,” lo pregò il principe, “resta almeno
a narrarmi qualcosa dell’impresa che dovrò compiere.”
“Non
mi è concesso. Ci sono cose del proprio futuro che è bene conoscere
e altre che devono rimanere sconosciute.”
“Ma
tu sai cosa accadrà?” insisté Wieland sempre più accorato “Lo
sai, vero?”
“Sì,
lo so.”
“Allora
dimmi solo se riavrò Lady Amilda.” Il principe lo stava
letteralmente implorando. “Dimmi se potrò riabbracciarla.”
Il
Mago lo fissò a lungo dall’alto della sua imponente statura,
infine gravemente disse: “Sì, la riavrai.”
“Oh,
grazie, Venerabile!”
Ma
il vecchio era già scomparso nella notte.
Come
il mago aveva predetto, quando Wieland si affacciò all’esterno il
temporale era finito e una pallida luna brillava nel cielo reso terso
dalle recenti piogge.
Normalmente
dopo aver trascorso la giornata in giro per la città sotto mentite
spoglie, il principe tornava al palazzo muovendosi con cautela, in
modo che il suo travestimento non fosse scoperto. Questa volta,
invece, ansioso di riferire quanto aveva appena saputo, corse a
perdifiato, incurante della sorpresa che suscitava nei suoi sudditi,
i quali rimanevano a dir poco stupefatti nel vedere il figlio del
loro sovrano passare a tutta velocità con indosso gli umili abiti di
un uomo del popolo.
Del
resto, non gli importava più mantenere intatta la sua copertura:
presto avrebbe riavuto la sua amata e avrebbe finalmente passeggiato
assieme a lei per le vie di Theoburg, preceduto dagli araldi e da
paggi che avrebbero sparso petali di rosa affinché Lady Amilda non
fosse obbligata a posare i delicati piedi sul nudo selciato.
Giunse
al palazzo come un turbine, attraversò di corsa il cortile, entrò
nell’ampio ingresso dal pavimento di marmo e percorse lo scalone
d’onore facendo i gradini a quattro a quattro. Infine si arrestò
ansimante di fronte alla sala del trono, che però era chiusa.
Fece
un gesto di saluto alle guardie che lo fissavano sbigottite e sorrise
fra sé: la notizia l’aveva messo in un tale stato di gioiosa
eccitazione che non aveva pensato all’ora tarda: sicuramente Sire
Warmund stava dormendo.
Per
un attimo prese in considerazione l’idea di svegliarlo, ma vi
rinunciò subito. Non voleva che suo padre fosse di cattivo umore
quando gli avrebbe annunciato che il suo unico figlio si accingeva a
partire per il Palazzo dell’Eterno Dolore, dove avrebbe sfidato il
Signore dei Morti in persona per riconquistare la libertà di Lady
Amilda.
Il
Re suo padre lo ricevette il mattino dopo. Wieland si inginocchiò al
suo cospetto e gli narrò per filo e per segno quanto gli aveva
spiegato il Mago Veggente la sera prima, quindi solennemente disse:
“Dammi la tua benedizione, padre, perché intendo partire oggi
stesso per la Valle dei Lamenti.”
A
quelle parole la Regina Hytwinna, che era assisa al fianco del
consorte, impallidì. “Figlio, hai forse perduto il senno? Nessuno
è mai tornato da quell'orrenda valle!” esclamò.
“Ebbene,
io sarò il primo a farlo, madre. Il Veggente mi ha detto che così è
scritto.”
Intervenne
a questo punto Re Warmund, che gravemente disse: “Dimentichi che un
principe ha dei doveri verso il suo popolo, prima ancora che verso se
stesso. Che farà la gente di Theoburg se l'unico erede al trono
perirà nell'impresa disperata di strappare la sua promessa sposa al
Signore dei Morti?”
“Potrei
cadere da cavallo in ogni momento, padre, o essere colpito da
malattia. Oppure ancora potrei essere ucciso da un sicario.”
Il
Re lo fissò poco convinto. “Un conto è accettare quel che ci
riserva la sorte, figlio, ben altra questione è andare
dissennatamente in cerca della morte.” rispose austero.
“Non
andrò incontro alla morte, padre, perché il Veggente mi ha detto
che riuscirò nella mia impresa!” replicò Wieland impetuosamente.
Non
parlò di quello che il vecchio aveva detto a proposito del prezzo
che avrebbe dovuto pagare per riavere Lady Amilda. Da una parte gli
pareva che non fosse un’argomentazione adatta a convincere il
riluttante genitore ad impartirgli la benedizione, dall’altra
l’idea gli comunicava un’inquietante sensazione di disagio e
preferiva non rimuginarci troppo su.
Infine,
tanto disse e tanto fece che Re Warmund si convinse a lasciarlo
andare. “Ad una condizione, però,” disse il sovrano con tono che
non ammetteva repliche.
“Quale
sarebbe?”
“Che
un valente guerriero ti accompagni.”
Wieland
avvampò. “Dubiti forse delle mie capacità nel combattimento?”
chiese piccato.
“Così
è deciso,” fu la categorica risposta del Re. “Sarà il capitano
delle guardie ad accompagnarti.”
“Aldric
figlio di Hardwin?”
“Così
è deciso,” ripeté Re Warmund. La sua espressione accigliata fece
chiaramente capire al figlio che non sarebbe stato saggio insistere
sull’argomento.
Wieland
si inchinò e uscì dalla sala del trono.
Una
volta che si trovò nell’ampio corridoio, il principe ripensò alle
parole del padre.
Conosceva
molto bene Aldric. Egli era figlio del precedente capitano delle
guardie, Hardwin. Avevano passato un’infanzia spensierata a giocare
insieme, poi si erano persi di vista. Lui era stato affidato a
maestri e precettori, che con pazienza gli avevano insegnato tutto
ciò che gli sarebbe servito come futuro sovrano di Theoburg, mentre
Aldric aveva seguito la dura Via dell’Acciaio ed era diventato un
valente guerriero, generoso ed impavido. Quando il padre era perito
nella battaglia di Hayda egli, ancora molto giovane, ne aveva preso
il posto, rivelandosi ben presto abile e capace almeno quanto lui.
Sembrava
del resto che Aunus Padre degli Dei gli avesse donato con la più
grande abbondanza tutte le virtù che rendevano grande un guerriero:
egli era alto, muscoloso, forte come un orso e al tempo stesso agile
come una lontra. La Madre Celeste Aranna gli aveva instillato senno e
discernimento, così che egli possedeva una naturale autorità ed i
suoi uomini lo amavano e lo rispettavano.
Wieland
dovette ammettere a se stesso che attraversare le selvagge distese di
Morvynnet con lui al fianco sarebbe stato senza dubbio meno
sgradevole che farlo in solitudine.
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