Questa storia è stata scritta per il drabble event del 6 Maggio
del gruppo We are Out of Prompts. I prompt utilizzati sono child!Clary/Simon
– “Simon è stata la prima cosa che abbia mai disegnato,
che adesso le sembrasse un centopiedi viola era tutt'altra storia” di Sharon e child!Clary/Simon - "Quella
è... Ariel?" "Veramente saresti tu..." "Oh, Simon... non ci
sai proprio fare coi disegni.” di Chara.
What matters
stays the same;
“Guarda
qua!”
Simon
sventolò sotto i suoi occhi un foglietto spiegazzato, sporco di baffi a
pastello.
Clary
gli rivolse un’occhiata interrogativa.
“L’ho
trovato mentre frugavo tra i cassetti…” spiegò l’amico, lasciandoglielo cadere
sulle ginocchia. “Cercavo la password per il mio account di Dungeun and
Dragons. Non giudicare…” aggiunse in fretta, l’imbarazzo disegnato nello
sguardo: se non fosse stato un vampiro, probabilmente, sarebbe arrossito. “… Si
sa che le vecchie abitudini sono dure a morire. Un po’ come me, insomma.”
Clary
rispose alla pessima battuta con una smorfia e spiegò il foglietto.
Un
volto tratteggiato a pastello rispose al suo sguardo, sorridendo beato: era il
ritratto sghembo di quello che sembrava un bambino, i capelli marroni ritratti
come aculei di porcospino e un paio di cerchi grigi a incorniciare i puntini
degli occhi.
“Me
lo ricordo, questo!” esclamò la ragazza, lisciando la pagina di quaderno. “Te
l’ho fatto in prima elementare.”
“Dopo
aver saputo che mi avrebbero tolto le tonsille” confermò Simon, sedendosi sul
proprio letto, di fianco all’amica. Sospirò, un accenno di sorriso divertito ad
arricciarli le labbra. “Io ero terrorizzato, ti ricordi?”
“Chiunque
lo sarebbe stato a sei anni…” ribatté Clary, sfiorando con tenerezza l’ovale
violetto che fungeva da volto al Simon di carta e pastello. “… Non ho mai
capito perché, ma in quel periodo eri convinto che il tuo dottore fosse un
alieno...”
“…
Ma sì! Avevo paura che durante l’operazione il dottore-alieno avrebbe fatto
degli esperimenti su di me” proseguì l’amico, rabbrividendo al solo pensiero.
“Pensavo che mi sarei svegliato con la coda, gli occhi fosforescenti o qualcosa
di simile, così tu hai disegnato il mio ritratto per rassicurarmi. Perché così,
svegliandomi dopo l’operazione, avrei potuto guardarlo e ritrovarci la mia
faccia: avrei avuto la certezza di essere ancora lo stesso Simon di sempre.”
Un
sorriso ironico piegò ulteriormente le labbra del ragazzo.
Clary
inseguì con gli occhi le linee imprecise che si univano a formare la bocca del
Simon disegnato e quelle dritte che collegavano il suo volto a una breve
porzione del fusto. Due righe viola spuntavano dagli angoli del foglio, a
rappresentare le braccia del bambino. Alle loro estremità, le mani sembravano
un concentrato di zampe d’insetto.
Le
venne da ridere nel ricordare il pomeriggio in cui aveva fatto quel ritratto:
Simon era stata la prima cosa che avesse mai disegnato. La prima persona che
aveva attirato la sua attenzione a punto tale da spingerla a volerne
intrappolare l’aspetto in un foglio, per potersela portare sempre con sé. Il
fatto che adesso ciò che un tempo aveva considerato un piccolo capolavoro le
sembrasse un centopiedi viola era tutt’altra storia.
“Non sarebbe
stato più semplice farti una foto?” obiettò, scompigliando i capelli
dell’amico.
Simon si strinse
nelle spalle.
“Avevamo sei
anni… Che pretendi?” replicò, sfilandole il disegno dalle mani. “Non ci sarà
venuto in mente.”
Il suo sguardo
assunse un’insolita sfumatura malinconica, mentre tornava ad esaminare il
ritratto.
Clary, che se ne
accorse, gli sfiorò la mano: sapeva a cosa stava pensando.
“È
buffo ripensare a certe cose adesso” commentò infatti Simon, sforzandosi di
suonare divertito. “È come se già da bambino sentissi che un giorno mi sarebbe
successo qualcosa: come se pensassi che sarei cambiato e che non avrei potuto
fare nulla per tornare quello di una volta.”
Le
dita di Clary avvolsero le sue con maggior fermezza. Lo sguardo della ragazza
si soffermò sui piccoli dettagli nel volto di Simon che lo rendevano così
diverso dalla sua versione bambina: la pelle incredibilmente pallida, l’assenza
di occhiali, le pupille scurite. E poi si soffermò sulle altre cose: quelle che
le avrebbero permesso di riconoscerlo ovunque anche se il suo aspetto fosse
stato completamente stravolto.
Studiò
la piega del sorriso appena abbozzato, la sensazione di fiducia emanata dal
contatto con la sua mano, l’umanità evidente nel suo sguardo che ancora
resisteva, nonostante - biologicamente parlando - Simon fosse morto ormai da
diverse settimane.
E,
in mezzo a tutte quelle analogie e differenze, vide Simon, un Simon solo: il
suo migliore amico, né umano né vampiro, ma semplicemente il fratello che si
era scelta da bambina, sin dalla prima volta che il suo sguardo si era posato
su di lui.
Sin
dal momento in cui, in prima elementare, lui le aveva fatto scivolare un
foglietto spiegazzato tra le mani di nascosto dalle maestre.
Un
foglietto non così diverso da quello che Simon stava stringendo tra le mani.
***
Clary
rivolse un’occhiata scontrosa alla maestra.
La
donna non si accorse di nulla, intenta com’era a parlare del lavoretto che la
classe avrebbe dovuto produrre per la festa del papà.
Clary
non capiva come mai le insegnanti li obbligassero ogni anno a disegnare
cravatte e a costruire macchinine di pongo quando sapevano benissimo che alcuni
dei ragazzini della classe, il papà, nemmeno ce l’avevano.
Stava
pensando proprio a questo, le braccia conserte sul banco e gli occhi contesi
fra la rabbia e la tristezza, quando una mano esile le bussò sulla spalla.
Simon
le passò un foglio piegato in due da sotto il banco, bene attento che le
maestre non li vedessero. Era diventato il suo compagno di banco solo da pochi
mesi, eppure Clary si era già irrimediabilmente affezionata a lui. La faceva
ridere quando incominciava a parlare così tanto da diventare rosso o quando,
per salvare una matita sfuggita al portapenne, ne faceva cadere altre dieci – e
questa cosa accadeva almeno un paio di volte al giorno.
Solo
Simon poteva capirla: Simon, con quegli occhiali grandi come fondi di bottiglia
che lo rendevano così strano, eppure così simpatico ai suoi occhi. Simon che
non aveva un papà, proprio come lei, e che amava tenerle compagnia, soprattutto
quando la vedeva triste o arrabbiata per qualcosa.
Di
solito le volte in cui la vedeva giù di tono, l’amico le passava sotto-banco
qualche caramella o una figurina. Quel pomeriggio, tuttavia, le aveva fatto un
disegno.
Clary
analizzò confusa l’enorme faccione rosa che riempiva il foglio e le strisce
rosse che spuntavano dal cucuzzolo della persona disegnata: più che capelli sembravano
dei raggi di sole. Aggrottò le sopracciglia nell’esaminare le gambe della
figura raffigurata, con i piedi così vicini l’uno all’altro da ricordare una coda
di pesce.
“Quella
… è Ariel?” gli bisbigliò all’orecchio non appena la maestra diede loro le
spalle. Giusto qualche giorno prima avevano visto assieme la Sirenetta e Clary
era rimasta affascinata dalla figura della protagonista: non erano molte le
eroine dai capelli rossi come i suoi. Simon non aveva apprezzato il film quanto
lei, tuttavia sembrava che gli fossero piaciute almeno le canzoni. Clary ne era
certa – nonostante l’amichetto si ostinasse a negarlo – perché di tanto in
tanto l’aveva sorpreso a canticchiare a mezza voce alcuni pezzi di “In fondo al
mar”.
Simon
arrossì vistosamente.
“Veramente…
saresti tu” ammise, spingendosi gli occhiali contro gli occhi.
Clary
squadrò confusa il disegno, cercando di riconoscere in quell’insieme di righe e
cerchi colorati qualcosa che le ricordasse se stessa. A stento si riusciva a
capire che la persona disegnata fosse una femmina. Le gambe, poi, sembravano
davvero una coda.
Un
accenno di risata premette contro le sue labbra e Clary fu costretta a
coprirsele con le mani per nasconderlo alla maestra.
“Oh,
Simon…” bisbigliò, scuotendo divertita la testa. “… Non ci sai proprio fare con
i disegni!”
Simon
divenne, se possibile, ancora più rosso. Tuttavia, non sembrava arrabbiato: la
guardava di sottecchi, un insolito luccichio negli occhi.
Era
contento: contento per essere riuscito a farla ridere.
Clary
ripiegò con cura il foglietto e lo infilò nel diario.
“Grazie”
bisbigliò all’amico, allungando la mano sotto il banco.
Simon
gliela strinse – un sorriso a concordare con l’improvvisa punta di allegria nel
suo sguardo.
Quel
pomeriggio, Clary costruì il suo lavoretto per la festa del papà senza mettere
mai il broncio: ormai, la tristezza era scivolata via.
***
“Potrai
anche essere cambiato, Simon, ma le cose più importanti di te sono rimaste.”
L’espressione
di Clary si addolcì, mentre l’amico le stringeva più forte la mano. “Tutte le
cose che ci hanno reso così uniti fin da piccoli ci sono ancora: la simpatia, la
tua lealtà, il modo in cui sei sempre riuscito a farmi sentire a casa e al
sicuro, anche quando siamo rimasti travolti in cose che pensavamo fossero più
grandi di noi.”
Simon
le sorrise, l’insicurezza asciugata via dal suo volto grazie alle parole della migliore
amica.
“Non
m’importa se sei un vampiro, non importa se adesso fai parte dei Nascosti: per
me resterai sempre quel bambino tutto braccia e gambe con gli occhiali storti
sugli occhi. Quello che mi passava le caramelle sotto il banco e che guardava
la Sirenetta con me solo per farmi felice. Questo bambino” aggiunse, indicando
il ritratto del piccolo Simon.
Appoggiò
la fronte contro la sua spalla e, per la prima volta da settimane, non
rabbrividì nel riconoscere quanto fosse freddo quel contatto.
Si
sentì al caldo, invece. Si sentì serena: le cose erano semplici in compagnia di
Simon. Lo erano sempre state e avrebbero continuato ad esserlo, a prescindere
dalle pieghe che le loro vite avrebbero preso in futuro.
Simon
le cinse le spalle con un braccio e appoggiò il mento sui suoi capelli.
“Dai,
la Sirenetta non era poi così male, in fondo” replicò con un sorrisetto
scherzoso. “Aveva delle belle canzoni.”
Anche
Clary sorrise.
“Potremmo
guardarlo stasera: sai, in onore dei vecchi tempi.”
Simon
inarcò un sopracciglio.
“Un
vampiro che guarda la Sirenetta? Ti prego… Se Raphael venisse a saperlo mi bandirebbe
dalla comunità dei Nascosti” ribatté, scuotendo categorico la testa. “O
comunque mi prenderebbe per il culo in eterno – letteralmente parlando.”
Il
sorriso di Clary si allargò.
“Vado
a cercare il DVD!” esclamò, dirigendosi verso l’armadio dove – lo sapeva – l’amico
custodiva gelosamente le sue reliquie d’infanzia: i film della Disney non
facevano eccezione.
Simon
si lasciò cadere sul letto, sospirando sonoramente: nonostante i tanti cambiamenti
che la sua amicizia con Clary aveva subito nel corso degli ultimi tempi, molte cose
erano rimaste invariate fra di loro.
E
il fatto che lei, alla fine dei loro diverbi, continuasse a spuntarla sempre
era decisamente una di queste.