Φιλία
philía
Amicus
diu quaeritur, vix invenitur, difficile servatur.
Callum si mosse nel
sonno, agitandosi leggermente. Dietro le palpebre, i suoi occhi
saettavano velocemente da una parte all'altra, e goccioline di sudore
gli imperlavano la fronte.
Chiuse la mano a pugno.
Sbuffi neri cominciarono ad uscire da questa.
Call.
Si girò su un
fianco, gli occhi serrati e la sopracciglia aggrottate.
Call.
No, no, no!
<< Call!
>> > Aprì gli occhi di scatto, mettendosi seduto sul
materasso. Qualcosa si ruppe improvvisamente, ma Call era troppo
impegnato a cercare di respirare per curarsene. Si portò la
mano agli occhi, arrossati dal sonno, o almeno tentò, perché
si accorse che era bloccata da un'altra. Alzò lo sguardo,
incrociando quello preoccupato di Aaron. Il suo migliore amico lo
aveva svegliato da quello che era stato il peggior incubo che avesse
mai avuto. Non che non l'avesse mai fatto prima.
There's gotta be
another way out
I've been stuck in a
cage with my doubt
Scosto velocemente la
mano da quella del compagno, con un moto di rabbia.
<< Che vuoi? >>
sbottò. Odiava le persone che lo guardavano così, come
se fosse un'animale braccato. Se ne pentì quando vide sul viso
del Makar passare per un istante la delusione.
Aaron si mise dritto con
calma, incrociando le braccia muscolose, in una posa stile Captain
America.
<< Niente di che,
stavo passando per andare a bere un bicchiere d'acqua quando ho
sentito un rumore venire da qui. Mi sono preoccupato >> disse
con voce piatta, e Call non seppe dire se stesse mentendo o no. Il
sogno appena fatto continuava a tormentarlo, sovrapponendo l'immagine
che vedeva di Aaron in quel momento con quella di lui morto, senza
testa.
<< Scusa >>
borbottò. Aveva esagerato, decisamente. Solo che...deglutì,
la gola improvvisamente secca. L'altro sembrò capire.
<< Che ne dici se
andiamo di là? Ho ancora sete, e non credo che stanotte
riuscirò a dormire. >> Il moro annuì.
<< Si... >>
disse, << per via dell'adrenalina e tutta quella roba lì.
>>
<< Già >>
finì l'altro, e Call gli era infinitamente grato. Stava al
gioco e ciò era più di quanto avesse sperato.
Nell'oscurità
della stanza, il Makar gli sorrise leggermente, poi gli tese la mano.
Dopo un attimo di esitazione, Call la prese.
Bring me out
Come and find me in the
dark now
Everyday by myself I'm
breaking down
Fissò il liquido
nella tazza. Avevano trovato delle caramelle, e Aaron-non avrebbe
saputo dire come-era riuscito a trasformarle in cioccolata calda,
nonostante a Call andassero bene anche i dolciumi-non aveva osato
protestare. A dir la verità, non aveva detto quasi niente.
Sapeva che l'amico voleva fare delle domande, e che si stesse
trattenendo, ma lui non era pronto per raccontargli dell'incubo. In
quel momento sembrava impossibile pensare ad un discorso privo di
parole come “Costantine Madden”, “guanto di
rame” e “sogno notturno”.
Bevve un sorso di
cioccolata e sentì la gola riempirsi del liquido dolce. Il
sollievo fu immediato. Le spalle si rilassarono e le labbra si
distesero, un calore improvviso che lo scaldava da dentro. I
miracoli dei dolci, pensò con una punta di ironia. Si
lasciò andare in un sospiro. Sentiva lo sguardo curioso e
ansioso del Makar su di se, così Call sorseggiò ancora
un po' la bevanda, prima di posarla sul tavolo, nervoso.
<< Ho sognato
che... >> un fastidioso nodo alla gola lo bloccò. Non ci
riusciva. Si morse il labbro inferiore con forza, fino a sentire il
sapore fastidioso del sangue. Non ci fece quasi caso, mentre immagini
terribili gli apparvero davanti. Aaron morto. Aaron che gli voltava
le spalle. Aaron che lo guardava all'assemblea con quella strana
espressione.
<< Call, non
importa, non voglio saperlo. >> La voce di Aaron fu come una
doccia fredda. Si girò nella sua direzione e lo fissò.
Era lì. Lui era Aaron, non quello dell'incubo.
Every little thing that
I've know
is every thing I need
to let go
You're so much bigger
than the world I have made
Call scosse la testa,
fermandolo giusto un secondo prima che continuasse a parlare.
<< Voglio dirtelo
>> affermò, cercando il sostegno negli occhi del suo
migliore amico. Del suo primo amico. E lo trovò. E in quel
momento seppe con certezza che lo avrebbe sempre trovato, che ora
aveva qualcuno con se. Si sentì gli occhi pizzicare; li batté
velocemente. Sospirò tremulo.
<< Ho sognato che
morivi. Che io...che io ti uccidevo. Eri morto, lì, vicino a
me... >> Non poté continuare. Non fece in tempo a finire
la frase che si ritrovò avvolto in un abbraccio, caldo e
sicuro. Si irrigidì. Non ci era abituato, non aveva mai
ricevuto tanti abbracci e non aveva mai amato il contatto fisico.
Prima di Aaron, nessuno, a parte il padre, lo aveva toccato senza un
particolare motivo, solo per attirare la sua attenzione e fare
amicizia. Prima di Aaron era tutto diverso.
Respirò l'odore
del Makar, lasciandosi andare e ricambiando l'abbraccio. Si sentì
arrossire, e qualcosa nel suo stomaco si mosse, ma cacciò
subito via la sensazione. Un calore, più caldo della
cioccolata che aveva bevuto, sciolse quel grumo di paura che si
portava avanti da tanto tempo, così tanto che se ne era quasi
dimenticato. Si sentì libero. Rilasciò il respiro; non
si era nemmeno reso conto di averlo trattenuto.
Bring me out
from the prison of my
own pride
My God
I need a hope I can't
deny
<< Callum... >>
Il ragazzo rabbrividì. Nessuno lo chiamava mai con il nome
completo. Diede una botta scherzosa sulla spalla dell'amico.
<< Da quanto mai mi
chiami così, eh? La missione e la storia del Makar deve averti
dato alla testa, se ti atteggi anche a diplomatico >> scherzò,
ma la voce gli tremava. Seppellì il volto nel collo del suo
migliore amico, sentendosi indifeso. Dannazione, sembrava una
ragazzina!
Dopo quelle che
sembravano ore si scansò dall'abbraccio, liberandosi dalla
stretta del biondo, che lo guardava con uno strano sorriso.
<< Che c'è?
>> chiese Call, stranito. Aaron scosse la testa.
<< Niente >>
disse, << è solo che quando hai un incubo sei molto più
dolce del solito. Risulti tenero. >>
<< Che cosa hai
detto?! >>
Le grida e le risate,
alla fine, svegliarono Tamara, che, dopo aver urlato un po' contro di
loro, aveva partecipato al divertimento, facendo addirittura venire a
controllare cosa stava succedendo Magister Rufus. Al mattino, si
svegliarono così, in ritardo per la colazione; uno sull'altro,
sdraiati mezzi sul divano, mezzi per terra.
Call ora ne era certo.
Nemico della Morte o meno, avrebbe avuto accanto i suoi amici. E un
Signore Malvagio non ha amici. Un Signore della morte è solo,
e lui, sicuramente, non lo era. Non più. Ora aveva qualcuno su
cui contare.
In the end I'm
realinzing I was never meant to fight on my own.
Angolo
di quella pazza della scrittrice:
Ho scritto questa “cosa” davvero tanto tempo fa, subito
dopo l'uscita del secondo libro, e finalmente la pubblico qua. Spero
non ci siano errori.
Amo la bromance-con-qualcosa-di-più tra Call e Aaron. E
mi piace la coppia Celia/Jasper. Sono tipo l'unica, ma okay. Mi sono
letta qualche fan fiction in inglese “ultimamente” e sto
fangirlando come una pazza, mi faccio pena.
Passiamo alle note serie (come no).
Questa OS si svolge dopo la fine del secondo libro. Di qualche
giorno, o la notte seguente all'ultima pagina, è uguale.
Il titolo è greco, e significa amicizia. Come spacciare
una banalità per qualcosa di decente e poetico.
La citazione, invece, è un proverbio latino, e la traduzione è
l'amico si cerca a lungo, si trova a fatica, si conserva
difficilmente. E l'ho trovato su internet. Ops.
Il testo in corsetto centrale è di una canzone, On My Own,
degli Ashes Remain.
Mi
pare di aver detto tutto.
Vi
saluto!
Grazie per aver letto *si inchina e si chiude il sipario*
Daughter_
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