Roma, estate inoltrata. Integra aveva deciso di seguire suo
padre in quel viaggio di lavoro più per curiosità che altro, da un lato avrebbe
voluto rimanere a casa a studiare sotto i pomeriggi plumbei della campagna
britannica, dall’altro sapeva che suo padre, furbo qual era, avrebbe
sicuramente trasformato quel viaggio in una vacanza, e così era stato.
Avevano girato per la città nel più completo caos della
stagione alta, tra il caldo afoso che ascendeva tra le mattonelle lucide e levigate
e dall’asfalto, pullulante e trafficato.
Non era la prima volta che viaggiava con suo padre, ma era
da molto che non passava in rassegna così tanti bar e gelaterie. Dopotutto, il caldo della
capitale d’Italia era quasi africano in confronto al sole capriccioso delle
loro terre, verdeggianti e scalmanate. Roma era una vecchia città un tempo invincibile
e vittoriosa, e ora sembrava svendersi tra i souvenir del Colosseo o della lupa
capitolina tra i negozi. Dopo qualche giorno la pelle di suo padre bruciava d’un
rosso paonazzo, e quella di Integra, nonostante avesse ereditato dalla madre il
colorito leggermente mulatto delle indiane, non era da meno, anzi si era fatto
quasi aranciato.
Si comprarono due cappelli da una bancarella: suo padre uno
di paglia semplice con un cordino rosso, e lei uno celeste a falda larga,
intonato col suo vestito. Suo pare le disse che lo portava divinamente, e
Integra ci credette, anche se preferiva di gran lunga portare la tuta da
scherma.
La tappa del giorno era Città del Vaticano.
Per quanto riguarda le altre destinazioni, avevano seguito
una cartina che si era fatta sgualcita e umidiccia a forza di adoperarla, ma in
questo caso non ne avevano avuto bisogno: gli italiani parlavano l’inglese poco
e male, ma in questo caso non era stato difficile seguire una serie di ragazze
filippine vestite da suore, incastrate nella bolgia di un autobus con bagagli e
tutto, capeggiate da una matrona occhialuta vestita di nero.
Più si avvicinavano alla Città, più le orde si facevano
numerose insieme a rosari, santini e souvenir che riempivano le bancherelle
insieme alle solite magliette e portachiavi.
Man mano che si avvicinavano, Integra poteva intravedere
sempre di più le colonne che abbracciavano la piazza, bianca e lucente sotto il
sole, dove serpeggiava una colonna di persone in attesa per entrare.
Arrivati, Integra la guardò estasiata: mai, in tutta la sua
vita, aveva creduto possibile l’esistenza di un luogo sacro che inducesse
sentimenti così contrastanti; imponenza, bellezza, potere, arroganza,
meraviglia…
Quel luogo era totalmente infestato dal passato, emanava un
fulcro di energia abnorme, esacerbato dal caldo. Integra osservò affascinata la
varietà di persone di nazionalità diverse che si rifugiavano tra le colonne,
pellegrini diversi di età, sesso, abbigliamento e forse persino credo cercavano
sollievo all’ombra, come in un oasi nel deserto della città.
Fu allora che perse suo padre.
Integra si voltò più volte a destra e sinistra, ma non lo
vide; si avvicinò alla fontana, convinta che il padre vi avesse cercato un po’
di refrigerio, ma trovò solo persone intente a scattarsi foto o a rinfrescarsi
i polsi, nessuna traccia di lui. Si guardò attorno un po’ spaventata, togliendosi
il cappello e stringendolo tra le mani, come prova tangibile che il padre era
rimasto al suo fianco fino a pochi minuti prima.
Cominciò a vagare sotto il sole, totalmente abbacinata. Andò
poi al riparo sotto le colonne, tra gente distesa s riposarsi e altra che
consumava il pranzo, e fu lì che lo vide. Era un prete alto, molto giovane,
leggeva un piccolo breviario nero che stringeva tra le mani esangui, dalle dita
lunghe. D’un tratto si tastò il petto e ne trasse un pacchetto di sigarette. Con
qualche colpetto ne estrasse una tanto da lambirla con le labbra, poi si tastò
la tasca per prendere un accendino che, vedendo il suo volto contrariato,
Integra capì che non aveva. Non seppe esattamente perché, ma quando lo vide si
bloccò improvvisamente, stanca e assolata, convinta di aver perso totalmente le
tracce del genitore.
Imbambolata com’era lì davanti, lui la notò, le lanciò uno
sguardo stranito, quasi insolente, gli zigomi alti leggermente arrossati dal
caldo. Integra balbettò qualche parola in inglese, confusa, per chiedergli
aiuto, forse perché sembrava tremendamente atavico, del posto. Il giovane prete
la guardò ancora più serio, gli occhi come un mare in tempesta, strattonò il
collo della giacca di una figura che sedeva presso di lui e che Integra non
aveva neanche notato prima; un altro prete probabilmente. Disse qualcosa in
quella lingua fatta di “t” e di “r” che Integra non capiva, sinuosa e sibilante
come un serpente che strisciava nella carta.
L’altro prete si alzò un po’ assonnato, molto più alto dell’altro,
il busto e le spalle muscolose come quelle di un lottatore. A sentirlo, aveva
quel grottesco accento scozzese che nel sentirlo Integra ricordò le bottiglie
di scotch del padre nella vetrina, quelle dall’odore così acre da bruciarle gli
occhi e le narici.
I due preti non sembravano capirsi, ma Integra non aveva
staccato gli occhi dal più giovane: aveva una strana aria, il viso dai
lineamenti dritti, regolari, incorniciato dai capelli chiarissimi che
scendevano sulla spalla in una piccola coda di cavallo, argentea e vezzosa come
quella di una ragazza…eppure l’espressione era dura, severa, abituata a dare
ordini, e la voce melliflua e sorniona di chi sa cavarsela anche con i superiori,
completamente conscio della propria posizione.
Si sentì afferrare morbidamente un braccio e con sollievo si
accorse che si trattava del padre…le aveva comprato un gelato alla vaniglia, il
suo preferito, e ovviamente uno per sé, obbligatamente al limone. Aveva deciso
che la coda per entrare in chiesa era troppo lunga e il sole troppo scottante
per entrare, così le propose di farsi un giretto in zona per non perdere la
giornata.
Prima di andarsene lanciò un’ultima occhiata ai due preti
che ora avevano smesso di litigare e la guardavano andarsene, soprattutto il
più giovane con il volto da angelo e la sigaretta finalmente accesa tra le
labbra morbide e arroganti.
In qualche modo era sicura che avrebbe avuto a che fare con
lei ancora, la sua mente aveva preso questa ostinata decisione. Quando gliene
parlò a suo padre, lui lo prese come uno scherzo e ci rise sopra, dicendo che
come innamorato aveva trovato un tipo piuttosto difficile.
Eppure, anche se dopo tanti anni Integra non ricordava più
quell’episodio, suo padre sarebbe rimasto basito se avesse scoperto la
posizione e il ruolo che Enrico Maxwell, il prete di allora, aveva assunto nel
corso delle ultime tenebre che l’organizzazione Hellsing vide.
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