Autore:
ELIOTbynight
Titolo: Come fumo tra i fiori
Fandom: Haikyuu!!
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico
Personaggi: Takeda Ittetsu, Ukai Keishin
Rating: Verde
Avvertimenti: AU
Introduzione: Affacciarsi alla finestra e
innamorarsi non è mai stato così facile.
*
Come
fumo tra i fiori
Un altro afoso giorno
cominciava. Il sole passava attraverso le persiane e batteva sugli
occhi sottili di Keishin, come unica sveglia che potesse smuoverlo dal
suo torpore mattutino prima di colazione. Non importava molto che cosa
mangiasse o a che ora; ogni pasto era sempre accompagnato da almeno un
tiro di sigaretta. Il posacenere sul piccolo tavolo era pieno e i
mozziconi rischiavano di debordare sul tavolo, eppure non era un
pensiero abbastanza forte da scuotere l’animo pigro di quel
giovane scapolo disoccupato.
Keishin viveva per
conto suo da qualche anno ed aveva sfortunatamente perso il lavoro da
un paio di settimane. Si sarebbe anche messo alla ricerca di una nuova
occupazione, ma quel caldo di giugno arrivato all’improvviso
aveva saputo soffocare la sua voglia di fare qualsiasi cosa, anche
lamentarsi. Se ne stava seduto sul divano a leggere noiosamente il
giornale e usciva solo dopo pranzo, quando le ore più calde
della giornata erano passate.
Non era affatto
sicuro di voler continuare così, ma anche i suoi pensieri
erano diventati pochi, semplici, limitati. Era una vita banale, che non
gli stava scomoda, ma neanche gli dava quel pizzico
d’entusiasmo che serviva ad alzarsi dal letto la mattina.
Forse il momento
migliore era l’arrivo della brezza marina, che portava un
poco di frescura ogni pomeriggio e soffiava leggera tra le case,
facendo volteggiare i panni stesi o scuotendo i fiori alle finestre
delle signore. Keishin l’apprezzava, sedendosi sul davanzale
che fronteggiava il palazzo accanto. Apriva le persiane e respirava,
lasciava volare via il fumo della sigaretta e seguiva il suo percorso
verso chissà quali mete sconosciute, per poi abbandonarsi a
ciò che il misero paesaggio aveva da offrirgli. Sotto di lui
stava il cortile interno dell’altro condominio, i cui
particolari del terreno ormai si erano impressi a memoria nella sua
mente, invece se alzava gli occhi poteva trarre del divertimento
dall’osservare i balconi altrui, decorati nei modi
più diversi.
Fu proprio guardando
distrattamente una fila di questi balconi, che lo vide per la prima
volta.
Era seduto su una
sedia bianca di quelle piene di decori, che a Keishin non erano mai
piaciute, e i fiori sulla ringhiera non permettevano una visuale
perfetta. Ma quel poco che si vide fu abbastanza: il biondo
allargò gli occhi come non faceva da un pezzo e il suo
sguardo si fissò su quei capelli neri smossi dal vento in
modo incredibilmente ordinato, quelle iridi grandi e scure nascoste
dietro due lenti tonde sul naso e quel sorriso gentile che era troppo
bello per essere rivolto solo alle pagine di un libro.
La cenere cadde dalla
sigaretta di Keishin senza che la sua mano si muovesse di una virgola.
Il filo di fumo che l’accompagnava sempre cambiò
forma e si contorse nell’aria, viaggiando lontano, e Keishin
ebbe l’inaspettato e infantile desiderio che raggiungesse
quell’uomo corvino dall’aspetto così
buono.
La scena si
ripeté per alcuni giorni.
Lo sconosciuto
passava a volte poche decine di minuti, a volte interi pomeriggi sul
balcone a leggere. Non perdeva mai quell’espressione benevola
di circostanza, come se stesse leggendo ogni volta il libro
più avvincente della storia. A Keishin non importava: gli
bastava vederlo e un po’ era come se anche lui si immergesse
in chissà quale romanzo avventuroso. Cercava di cogliere
qualche sfumatura diversa in quegli occhi scuri e quando accadeva il
suo cuore appena sussultava, immaginando che la storia arrivasse ad una
scena cruciale che sorprendeva il lettore e lo spingeva a proseguire.
Quali gesta passavano sotto i suoi occhiali, pagina dopo pagina? Quali
appassionanti vicende avevano il potere di attirare
l’interesse di quel giovane dall’aria
così dolce e fragile? Quali righe lo spingevano a sorridere
o a mordersi un labbro allarmato, regalando a chiunque lo ammirasse un
panorama stupendo?
Queste erano le
domande che echeggiavano nelle orecchie di Keishin, sollevando la
polvere di apatia delle sue giornate e facendogli sognare cose che mai
avrebbero sfiorato la sua mente, se non fosse stato per quel giovane
del palazzo accanto.
Da dietro
l’anta semiaperta della finestra, Keishin
l’osservava in un silenzio ancora più profondo e
religioso di quello dei primi giorni trascorsi in
quell’appartamento da disoccupato. Non si stancava mai di
tenere gli occhi puntati su quel balcone, dove lo sconosciuto passava
buona parte del suo tempo. Solo il filo di fumo della sua sigaretta
osava far uscire, guidato dal fresco vento di mare che scuoteva quei
capelli neri come fossero tenere foglie d’ebano.
Un giorno si sorprese
a muovere le dita della mano libera nel vuoto come per voler
accarezzare quei capelli e allora abbassò lo sguardo,
maledicendosi in tutte le lingue. Se ci fosse stato qualcuno al suo
fianco, gli avrebbe di sicuro fatto notare il rossore sulle guance
abbronzate.
Un pomeriggio Keishin
trovò il suo giovane senza nome impegnato a parlare con
qualcuno. Non era nemmeno importante chi fosse, l’attenzione
era sempre rivolta a lui, al bell’angelo dal sorriso
delicato. Stavolta il suo volto cambiava continuamente, preso da
chiacchiere che Keishin non riusciva a sentire, e il biondino
studiò da lontano una per una tutte le rughe che si
formavano su quella pelle pallida ad ogni cambio
d’espressione. Finì per amarle tutte.
Ad un certo punto
l’uomo si mise a ridere. Quel suono cristallino come una
campanella si sparse tutt’intorno e fu udito anche da
Keishin, il quale fece inavvertitamente cadere la sigaretta ancora
accesa sul davanzale della finestra.
Rimase immobile, con
la bocca semiaperta e gli occhi congelati su quel sorriso genuino. Dopo
istanti intensi e interminabili, si dovette reggere al muro e si
spostò in modo goffo fino a poggiarvi la schiena. Si sentiva
andare a fuoco.
Le sue orecchie non
erano mai state toccate da un rumore più gradevole e il
panorama a cui aveva avuto l’onore di assistere era
ciò che di più prezioso Keishin potesse vedere.
Divenne un rituale
quotidiano, di quelli irrinunciabili, che facevano concorrenza anche
alle migliori abitudini. Tamburellando le dita sul pacchetto di
sigarette che teneva in tasca ed aveva appena comprato, Keishin
boccheggiava dal caldo e camminava a passo spedito sul marciapiede,
deciso a tornare presto a casa solo per vedere se l’uomo era
come al solito sul suo balcone.
Ebbe appena il tempo
di rendersi conto che non si sarebbe perso quella sorta di appuntamento
per nulla al mondo, quando alzò il capo e si
bloccò. Davanti ai suoi occhi si stava verificando un fatto
che di straordinario non aveva niente, ma che fu in grado di
meravigliare Keishin oltre ogni dire.
Il suo uomo era
lì, a pochi metri. Stava uscendo dal portoncino del suo
palazzo, canticchiando un motivetto a bocca chiusa. Gli occhi di
Keishin si aprirono a dismisura, tremanti, riflettendo la luce
aranciata del sole che si abbassava: il suo vicino era vestito bene, la
camicia bianca e leggera gli diede un’aura angelica che il
biondino avrebbe comunque visto intorno a lui, come il più
bello dei miraggi.
Il moro
accorciò presto la distanza tra loro, iniziando la sua
passeggiata e passandogli accanto. Keishin non capì
più niente; trattenne il fiato per riflesso,
sbatté le palpebre e seguì i suoi movimenti con
lo sguardo. L’altro se ne accorse e trovò naturale
rivolgergli un lieve sorriso cordiale.
Pochi secondi dopo
era già fuori dal suo spazio vitale, ma il cuore del giovane
innamorato continuò a martellare impazzito per un tempo che
lui non seppe definire. Solo quando rientrò nel suo
appartamento e si chiuse la porta alle spalle, fece un respiro profondo
e portò una mano al viso.
Stavolta era sicuro
di essere arrossito in modo vergognoso. Non sapeva se arrabbiarsi con
se stesso o desiderare che l’episodio si ripetesse
all’infinito.
Quella sera Keishin
era tornato dal suo solito giro con un volantino in mano, senza
ricordare neanche il viso del ragazzino che
gliel’aveva dato. Lo fece cadere sul tavolo con
espressione annoiata, ma poi vi puntò gli occhi per leggere
meglio: in riva al mare era stato allestito un mercatino in vista della
festa di paese, alla fine della quale erano previsti dei fuochi
d’artificio.
Qualche vaga immagine
della sua infanzia fece capolino nella sua mente, facendogli rivedere
quel cielo stellato riempito dei più svariati e vivaci
colori, che ammirava da piccolo insieme al nonno. Erano giorni ben
lontani dalla sua attuale condizione e con un sospiro si
avvicinò alla sua fedele finestra. Poteva già
udire le voci dei bambini che saltellavano verso il lungomare per
partecipare ai festeggiamenti, a cui però lui non aveva
voglia di unirsi.
Il balcone di fronte
era vuoto e Keishin sospirò di nuovo, prendendo una sedia e
accostandola al muro per poter appoggiare i gomiti sul davanzale basso.
Sicuramente il suo uomo era in dolce compagnia che passeggiava e
curiosava tra le bancarelle. Sollevò gli occhi a guardare il
cielo: quelle sfumature azzurre e violacee non erano male, ma non
sarebbero durate a lungo, poiché di lì a poco
avrebbero lasciato posto al blu profondo dell’ennesima calda
notte d’estate.
Spostò lo
sguardo stanco davanti a sé e sobbalzò. Quando
era arrivato?
Lo sconosciuto del
balcone accanto stringeva la ringhiera sottile con le mani e il suo
volto non era ben visibile, dal momento che era rivolto verso il basso.
Keishin non riuscì a scorgere la sua espressione, ma la
curiosità era talmente forte da sembrare palpabile e si
sporse appena in avanti con la bocca semichiusa in una smorfia
concentrata.
All’improvviso
l’altro alzò la testa ed incontrò il
suo sguardo. Fu come se il tempo si fosse fermato; solo il vento aveva
cominciato a soffiare con leggerezza. Nessuno dei due interruppe il
contatto visivo, meravigliati allo stesso modo. Dopo qualche istante,
fu il moretto a parlare per primo con un lieve sorriso:
- Buonasera.-
Keishin non
realizzò che quello stesse guardando proprio lui,
finché non sentì il suo saluto gentile. Fu un
suono così dolce che dovette deglutire e sbattere
ripetutamente gli occhi prima di rispondergli.
- B-Buonasera.-
ripeté con il solito borbottio che si ritrovava al posto
della voce. Non se n’era mai vergognato fino a quel momento.
Il suo dirimpettaio
rilassò le spalle e chiuse gli occhi per qualche secondo,
cullato dal venticello della sera. - È rimasto a casa anche
lei?- domandò poi, assicurandosi di essere sentito
dall’altra parte.
- Già
… - rispose Keishin, cercando di prendere confidenza con il
fatto che quell’uomo sì, stava parlando proprio
con lui. - Non ho nessuno con cui andarci.-
Santo cielo,
perché l’aveva detto? Sembrava una frase da
adolescente maliziosa che vuole farsi invitare al ballo dal principe
azzurro! Ma dove aveva la testa?
Un attimo.
- E lei, invece?-
chiese, stavolta senza vergogna. - Non ha voglia di andare alla festa?-
Che quel bel giovane
fosse rimasto a casa da solo in una serata come quella, Keishin non
riusciva a spiegarselo.
L’altro
sorrise di nuovo, ma in quel sorriso c’era qualcosa che non
andava. Non era come quelli dei giorni precedenti, era un sorriso pieno
di amarezza.
- Beh, io
… sarei dovuto andarci con qualcuno, ma … -
In quegli occhi scuri
rivolti altrove, Keishin rivide la persona che era sul suo balcone
qualche giorno prima. Così, senza un motivo apparente.
Il moro scosse il
capo e fece scivolare via quello sguardo triste, per poi esordire:
- Come si chiama?-
- Oh. - il biondino
decisamente non si aspettava una domanda simile. - Ukai, Ukai Keishin.-
- Il mio nome
è Takeda Ittetsu. È un piacere conoscerla!-
Keishin
arrossì, sia perché ora conosceva il suo nome,
sia perché aveva ricevuto un altro sorriso bellissimo, anche
se era offuscato dall’ombra della notte che stava giungendo a
poco a poco.
C’era un
modo per continuare a vedere quel volto che tanto gli piaceva, ma
dovette armarsi di faccia tosta per metterlo in atto. Prese un respiro
profondo e ricambiò quell’occhiata gentile meglio
che poté:
- Vorrei stringerle
la mano, ma non so come fare … se non invitarla per un
caffè.-
Stavolta fu il turno
di Ittetsu di guardarlo stupito. Aveva sempre notato quella presenza
silenziosa, quel vicino di casa che – se n’era
accorto – ogni tanto l’osservava.
All’inizio non fu un pensiero particolarmente piacevole, ma
col passare dei giorni vide che quel Keishin non aveva mai fatto altro
che osservarlo da lontano, per l’appunto. Lo trovava quasi
carino.
- Molto volentieri.-
rispose, recuperando l’espressione amichevole.
Pochi minuti dopo,
Keishin udì bussare alla porta.
In quel breve lasso
di tempo aveva svuotato il posacenere, preparato il caffè e
controllato frigorifero e dispensa da cima a fondo, per vedere se aveva
qualcosa da offrire a quel giovane. Il giornale e il volantino rimasero
abbandonati su un angolo del divano, la finestra aperta per far entrare
la piacevole brezza marina della notte e l’ultima sigaretta
tra le dita.
Il ragazzo sorrise
tra sé, portando una mano al cuore. Batteva fortissimo, come
la prima volta che aveva posato gli occhi su Ittetsu. Era
così bello ora sapere il suo nome! Scosse lentamente il capo
con un ghigno sarcastico, rimproverandosi per essersi preso una cotta
così banale e allo stesso tempo così appassionata.
Prese un tiro dalla
sigaretta e la spense subito dopo, premendola nel posacenere, ed
aprì la porta nello stesso istante in cui soffiò
via il fumo dalla bocca.
Il suo uomo era
lì, senza che il suo dolce sorriso fosse mai svanito.
Prima che potesse
succedere altro, dall’esterno si udì un forte
boato, seguito da altri in rapida successione. Non fu difficile
riconoscere il rumore dei fuochi d’artificio, nostalgici e
lontani. I due si guardarono con leggera sorpresa, ma tornarono presto
a rivolgere la loro attenzione l’uno all’altro.
- Piacere di
conoscerla, Ittetsu.- mormorò Keishin con voce appena
emozionata, porgendogli finalmente la mano.
Ittetsu fece un passo
in avanti e gliela strinse con una piccola risata:
- Dammi pure del tu,
Keishin.-
Quella sera non
guardarono i fuochi d’artificio, né restarono
affacciati su un piccolo cortile alla vana ricerca di un miracolo che
stravolgesse le loro vite. Rimasero a chiacchierare per ore,
intrecciando e condividendo poco alla volta i loro sogni, ricordi e
speranze, muovendosi l’uno intorno all’altro come
fumo tra i fiori.
~
Fine ~
*
Che
meraviglia! Sono riuscita ad iscrivermi ad un contest e sfornare questa
piccola cosina dolce anche tra mille miliardi di cose da fare.
Sì, sono soddisfatta di me stessa. uwu
Meditavo da tempo di scrivere su questi due tesori, meritano
più amore in questo fandom o no?!
Spero che vi piaccia! <3
by
Eliot ;D
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