Disclaimer: i personaggi non mi appartengono e questa
fiction
non è stata scritta a scopo di lucro.
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Capitolo I:
Sembra sempre la
più innocua, la goccia che fa traboccare il vaso
Era una tranquilla mattinata a Edo.
Il sole era sorto solo da qualche minuto e i suoi raggi inondavano di
luce dorata la città ancora addormentata.
All'interno della vecchia palestra di famiglia, la luce mattutina
inondò i vari locali, la maggior parte dei quali
completamente
vuoti. Quell'abitazione era decisamente troppo grande per due sole
persone.
Questo pensava Otae.
Ogni mattina si svegliava e dava una ramazzata per terra, in ogni
stanza. Erano solo in due ad abitare lì, e la maggior parte
delle stanze era disabitata. La polvere si accumulava con
facilità.
Ma la cosa non importava.
Per Otae non era assolutamente un peso quello che faceva.
La palestra era tutto quello che le rimaneva del padre.
Aveva fatto di tutto per mantenerla in vita, e non sarebbe stata un po'
di polvere a farla desistere dal suo intento.
La ragazza sorrise mesta, quando passò davanti all'altarino
che
avevano fatto per il loro padre. Non lo avrebbe mai ammesso con
nessuno, ma a volte le mancava terribilmente.
Ancora oggi sentiva un groppo in gola quando, appena sveglia, credeva
– immaginava – di sentire suo padre armeggiare con
le
pentole in cucina. Non era stato un genitore esemplare, ma non si
poteva dire che non tenesse ai suoi figli. E forse era stata proprio la
mancanza di quei piccoli gesti quotidiani che avevano fatto tanto
soffrire Otae.
Rammentava nitidamente il suono della padella a contatto con il
fornello, il tintinnio delle tazze e il fischiare della teiera.
Tutti i giorni, abbandonava con piacere il dolce sonno, solo
perché sapeva che suo padre, solo due stanze più
in
là, le stava preparando la sua frittata preferita.
Ma adesso non era più così.
“Buongiorno sorella!” la salutò
Shinpachi
sbadigliando, cercando al contempo di sistemarsi alcuni ciuffi di
capelli particolarmente ribelli.
“Buongiorno Shin!” lo salutò di rimando
lei,
abbandonando immediatamente l'espressione triste che aveva fino ad un
attimo prima.
“Tutto bene? Hai l'aria un po' strana...” chiese il
fratellino, con cautela.
Otae gli sorrise tranquilla.
Non voleva che Shinpachi si preoccupasse per delle questioni
così inutili, come la sua malinconia.
“Sono solo un po' stanca! Al locale ci fanno lavorare
più del solito!”
“Siamo sotto le feste...immaginavo...povera sorella!
Perché non ti prendi un giorno di ferie?!”
“Seee, e chi guadagnerà da mangiare mentre io non
lavoro?!” chiese, ironicamente riferita al fatto che Gintoki
non
aveva mai pagato a suo fratello un solo stipendio. E Shin lavorava per
lui da quasi un anno ormai!
Shinpachi arrossì senza volerlo a quella frase. Sapeva bene
che non poteva ribattere nulla a riguardo.
Sebbene Gin non lo pagasse, lui nemmeno ci pensava a cercarsi un vero
lavoro. Uno retribuito!
Otae rise, vedendo il fratellino imbarazzato.
“Dai, scherzavo! Mi prenderò una pausa dopo le
feste!
Scommetto che in questo momento nemmeno il capo me lo
permetterebbe!”
“Immagino di no...” borbottò Shinpachi,
ancora rosso in viso.
“Shin, ti dispiace mettere su tu la colazione? Vorrei finire
di pulire”
“Certo sorella!” esclamò lui,
stranamente collaborativo.
Otae supponeva che fosse per il fatto che la sua cucina era un po'
pesante a colazione, ma non disse nulla a riguardo.
In effetti, preferiva che fosse suo fratello a prepararle la colazione.
***
“Sorella! È pronto in tavola!”
“Arrivo tra un attimo!”
“Sbrigati, altrimenti il the si raffredda!”
Otae ripose nello sgabuzzino la scopa, si sciolse i capelli che aveva
raccolto con una bandana per tenerli lontani dal viso, e si diresse in
cucina.
Shin era già seduto a tavola, intento a soffiare sul the
bollente.
Otae si lavò le mani nel lavello, e si sedette di fronte al
fratello.
“Allora, che hai preparato di buono oggi,
fratellino?!”
“Riso e dolcetti...che altro volevi che ci fosse?”
“Questi dolcetti sono un po' duri...”
notò lei, prendendone in mano uno.
“Che ti aspettavi? Sono quelli che ci hanno regalati i vicini
la settimana scorsa!”
“E perché non li hai buttati via quando sono
diventati di marmo?!”
“Perché se non te ne fossi accorta, non abbiamo
così tanti soldi da spendere in dolcetti! Dobbiamo
accontentarci
di quello che abbiamo!” ribatté Shinpachi
seccato - più con i dolcetti che con sua sorella -,
addentando con furia uno dei dolcetti.
Otae sospirò.
“Sì, forse hai ragione...”
“Certo che ho ragione!”
A Shinpachi arrivò il testa il dolcetto di Otae. Lanciato a
velocità impressionante.
L'eco del colpo si diffuse in tutta la casa.
“Ahia! Ma sei impazzita? Mi hai fatto male!”
“Non ci si rivolge alla propria sorella con quel tono
supponente!” disse lei, con il suo tipico sorriso
inquietante,
che allarmò molto Shinpachi.
“S...Sì...hai ragione...scusami tanto sorella
carissima.
È che sono stufo di mangiare questi dolcetti a
colazione..!”
“Se sei stufo, allora datti da fare e guadagna
qualcosa!”
“Sorella...” cominciò a piagnucolare lui
“Lo sai che non è così
facile..!”
Shinpachi si ritrovò scaraventato dall'altra parte della
stanza da un potente manrovescio.
“Non piagnucolare! Quante volte te lo devo dire!”
“Sì, ha ragione! I veri uomini non
piagnucolano!”
Scese un silenzio inquietante in tutta la casa.
Anche gli insetti e gli uccellini in giardino ammutolirono
improvvisamente.
Otae si alzò calma e tranquilla.
Shinpachi arretrò quanto più possibile, fino a
toccare con la schiena il muro.
Vide la sorella con ancora stampato in faccia il suo sorriso, e non
poté che rabbrividire.
Otae afferrò saldamente il bordo del tavolo, e con forza
sovrumana lo rovesciò, scaraventandolo via.
In corrispondenza a dove prima stava il povero innocente tavolo, ora
non si vedeva che un povero – decisamente non innocente
–
uomo.
Dall'altra parte della sala, Shinpachi cominciò a
bisbigliare qualche preghiera.
La furia della sorella stava per scatenarsi, se lo sentiva.
Raccomandò l'anima dello sventurato Isao Kondo a tutte le
divinità che conosceva.
***
Quella mattina il quartiere si svegliò a causa di uno strano
fracasso proveniente dalla vecchia palestra degli Shimura.
A sentire i vicini, era come se fosse improvvisamente scoppiata una
fragorosa battaglia. Si sentivano urla e strepiti, rumori inquietanti
come di ossa rotte e vetri infranti, nonché grida di dolore
da
far accapponare la pelle anche al più sadico dei maniaci.
Poi, come era iniziato, il terrificante rumore era cessato.
Già una folla di curiosi si stava accalcando davanti al
cancello
della palestra, quando la porta principale si aprì di scatto.
Tutti gli avventori fecero un balzo indietro per lo spavento,
rassicurandosi poi quando videro che si trattava solo di Shinpachi,
preoccupandosi di nuovo quando videro l'espressione terrorizzata sul
suo volto.
Shin, vedendo quanta gente si era ammassata all'ingresso di casa,
cominciò ad agitare le braccia, lanciando avvertimenti.
“Andate via! Andate via tutti! È pericolosa!
Adesso non è proprio il momento!”
I vicini si scambiarono delle occhiate perplesse, ma tutti –
dal
primo all'ultimo – sentirono un brivido lungo la colonna
vertebrale, quando Otae si presentò sulla soglia di casa.
La ragazza aveva quell'espressione
(ormai il suo sorriso era famoso in tutto Kabukicho), e
per di più aveva le mani, il viso e la veste macchiate di
sangue.
E stava tenendo per i capelli un uomo, svenuto e sanguinante.
Shinpachi corse verso il cancello, aprendolo ed esortando i vicini a
levare le tende il più in fretta possibile.
Otae, con calma ed eleganza, scese in strada.
Il pover'uomo che teneva per i capelli, lo strascicava per terra.
“Shin, da che parte è la stazione di
polizia?” chiese, gentilmente.
Shinpachi tremò senza volerlo.
“Di...di là, sorella. Dopo il giornalaio, svolta a
destra...è l'edificio più grande subito dopo il
benzinaio...”
“Grazie mille!”
Otae si diresse verso la sede centrale della Shinsengumi, portandosi
dietro Kondo (ancora svenuto). Non sembrava intenzionata ad andarci
leggera con lui, tanto che non si curava affatto di stare attenda a
come lo stava trascinando.
Shinpachi rabbrividì. La sua etica gli imponeva di fermarla,
di
provare almeno a salvare Kondo. Ma il suo buonsenso – o per
meglio dire, il suo lato fifone – gli impediva di andare
contro
la sorella. Non ce l'avrebbe mai fatta a vincere contro di lei.
Per cui fece l'unica cosa sensata che al momento gli veniva in mente.
“Devo avvertire Gin!”
***
Meno di venti minuti dopo, Otae era quasi arrivata alla sede della
Shinsengumi.
Per tutto il tragitto non aveva fatto altro che intimare agli
sventurati curiosi di andarsene, che non c'era nulla da vedere. La
maggior parte scappava non appena la vedeva, ma qualche curioso
coraggioso l'aveva seguita fin lì.
Poco male. Non le piacevano tutte quelle attenzioni, ma la questione in
quel momento non le interessava. Stava per porre fine a quella
situazione esasperante e questo le dava una gioia immensa. Stava per
liberarsi definitivamente di Isao Kondo!
“Ehi! Ti sembra questo il modo di trattare le
persone?”
Otae si voltò.
Gin le si stava avvicinando lentamente, con la sua solita andatura
svogliata. Dietro di lui c'erano anche Kagura, che stava mangiando una
delle sue alghe sottaceto, e Shinpachi, con lo sguardo ancora
terrorizzato.
“Gin! Ma che piacevole sorpresa!”
“Che ti ha fatto questa volta?!” chiese, indicando
con la testa il malridotto Kondo.
“Non ne posso più!” ammise lei, senza
vergogna.
“E dovevi ridurlo in quella maniera? Ok che è uno
stalker
della peggior specie, ma sembra più morto che
vivo!”
“Te l'ho detto. Non ne posso più! Questa volta lo
denuncio!”
Shinpachi soffocò un gemito e subito si protese verso la
sorella.
“Sorella, ma sei impazzita? Non puoi presentarti alla polizia
con
il loro capo ridotto a quella maniera, e pretendere pure di
denunciarlo!”
“Ma certo che posso! Lui ha infranto la legge! E anche la mia
pazienza!” rispose Otae, sfoggiando un candido sorriso.
“Questa volta tuo fratello ha ragione!” disse
Gintoki,
ignorando il commento sarcastico di Shinpachi -Come, questa volta?!-
“Se entri lì dentro ti faranno a
fettine!”
“Non credo lo faranno!”
“Non li conosci! Quelli della Shinsengumi sono fuori di
testa!” implorò Shinpachi.
“Ormai ho deciso!” concluse risoluta Otae,
voltandosi e proseguendo il suo cammino.
Shinpachi cominciò a starnazzare al colmo della
preoccupazione,
invocando ora la sorella ora Gintoki, cercando di trovare una soluzione.
“Aaaah! Gin, ti prego, ti prego! Non farle fare stupidaggini!
La
uccideranno! La faranno saltare in aria! Ti prego, fermala!”
“Non credo che ci riuscirei, Shinpachi!”
“Allora accompagniamola!”
“Ehi, sei tu suo fratello! Muori tu con lei!”
Shinpachi si avviluppò ad una gamba del ragazzo.
Era sull'orlo delle lacrime.
“Lasciami andare Shinpachi! Ma non ti vergogni?”
“Ti prego! Aiutami a salvarla!”
“Shinpachi...”
“Dai Gin” intervenne Kagura, che aveva chiuso
l'ombrello e
lo stava caricando come arma “Non si abbandonano gli amici in
difficoltà in questo modo!”
“Tu vuoi solo fare a botte con il piccolo sadico,
ammettilo!” indovinò Gintoki.
“Anche! Un bello scontro di prima mattina è il
meglio per iniziare la giornata!” disse lei, innocentemente.
Shinpachi corse ad abbracciare la piccola Kagura, ringraziandola per
l'aiuto.
Gintoki sospirò. Non aveva scelta a quel punto.
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Angolo dell'Autrice:
Salve a tutti!
Eccomi qui con la mia prima long-fiction su Gintama. ^^
Sono molto contenta, perché non pensavo di riuscire a
scrivere questa
cosa.
Perché voi non lo sapete ancora, ma il tutto è
partito dall'idea di una coppia decisamente inusuale!
Che ancora non vi dirò qual'è...ci vuole un
pò di suspance, almeno fino al prossimo capitolo! ^__^
Spero che questo mio esperimento vi sia stato gradito!
Per favore, fatemi sapere i vostri commenti,
pareri o critiche!
Grazie a chi vorrà lasciare una recensione e a quanti
leggeranno e basta.
Beat
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