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Frontline
_Prologo_
Correva.
Correva senza un motivo apparente. Era il suo corpo, ne era certa, ma
non lo controllava. Non era altro che una spettatrice di quello che
stava accadendo. Sentiva le sua gambe muoversi frenetiche, correre come
se ne fosse l'unica cosa che contava in quel momento, e forse lo era.
Il cuore le stava per uscire da petto..
"CORRI, CORRI!" gridava la sua voce, ma non era lei ad aver parlato.
"PIU' VELOCE, PIU' VELOCE!"
Attraversò quella che sembrava una strada. Ciò che vide
le fece venire i brividi...corpi immobili giacevano ai lati, come se
qualcuno si fosse aperto un varco tra i cadaveri. Il sangue macchiava
l'asfalto e le imbrattava le scarpe.
Qualcuno la chiamava, la invocava. Il suo corpo reagì a quella
voce.
Il pianto di un bambino, un urlo, una freccia.
Il suo corpo non ci pensò nenache, continuò a correre.
Il bambino urlò ancora, ma era salvo.
Il dolore le annebbiò la mente.
Il bambino la chiamò ancora. Urlava, piangeva...e pronunciò il suo nome...
Sbarrò gli occhi di colpo, il viso sudato, il respirò affannoso.
"Ancora..." pensò, "ancora quel maledetto sogno". Era gia la terza volta che quell'incubo la tormentava quella settimana.
Si mise a sedere, il volto tra le mani, cercando di recuperare un
respiro normale...ma le risultò difficile. Guardò la
sveglia sul comodino accanto a letto, segnava le cinque del mattino.
A tentoni cercò di ridarsi un cotegno e di alzarsi, le tremavano
le mani e quella ormai familiare sensazione la invase: terrore misto ad
ansia, il tutto accompagnato dalla sgradevole sensazione di quando ti
dimentichi qualcosa che un attimo prima ricordavi, come se
all'imporovviso i tuoi pensieri fossero andati in reset.
Non era la prima volta che faceva quel genere di sogno. Gia da un mese
questi la tormentavano, e tutti avevano tre elementi in comune: il
pianto di un bambino, cadaveri su cadaveri e una risata; una risata
maschile, priva di qualunque sfumatura.
Ma c'era qualcosa di più...quelli non erano semplici sogni, lei
lo sapeva; erano come pezzi di ricordi sparsi qua e là nella sua
psiche...ricordi che non aveva ancora vissuto.
Akane riprese a respirare correttamente, le sfumature del sogno
incominciavano a sembrare più ovattate, confuse. Ritornò
a letto sperando di ritrovare il sonno.
Appoggiando la testa al cuscino, pregò i kami affinche quei sogni
non la tormentassero più...il pianto di paura di quel bambino
era troppo da sopportare per lei.
E la tormentava anche da sveglia.
Ti prego, ti prego non piangere.
Ranma era sveglio.
Stava succedendo qualcosa, lo sentiva e ne era certo. Qualcosa si stava muovendo, qualcosa di grosso.
Era da quasi un anno che regnava la "pace", da quando erano tornati dalla Cina, quando Akane era quasi morta.
Degludì, scacciando l'immagine del corpo di Akane apparentemente morto tra le sue braccia.
Ad ogni modo, aveva una brutta sensazione, un presentimento. Doveva
fare qualocosa. Doveva cercare,
Ryoga, ovunque quel matto fosse in quesl momento, doveva sapere se
anche lui avvertiva quel fremito di pericolo che lo attanagliava da qualche notte.
Poi avrebbe parlato con la vecchiaccia, Obaba, e forse anche con il
maniaco...nonostante tutto il vecchio Happosai poteva risultare utile.
Qualsiasi cosa fosse, avrebbero dovuto fermarla prima che...non sapeva
neanche lui prima di cosa, ma non si era mai sbagliato circa i suoi
presentimenti. Suo padre russava bellamente nel suo futon, con le
sembianze di panda e la bocca a perta.
Il sonno non tornava e la sensazione non spariva. Non cercò
neanche di riprendere sonno, sapeva che era fatica sprecata, decise
quindi di rimanere steso nel futon, cercando di non pensare e
concentrandosi solo sulle sensazioni.
Cercando di capire.
Inutile dire che ne ricavò solo un emicrania.
Circa qualche ora dopo Akane decise d'alzarsi.
Naturalmente non era riuscita a dormire più da quando il suo
incubo ricorente l'aveva svegliata terrorizzandola. I segni della notte
si scorgevano chiari sulla sua faccia, dove occhiaie e occhi rossi
sfoggiavano tutta la sua vitalità mattutina. Avrebbe potuto
coprire le occhiaie con del trucco, ma lasciò perdere. Si
sciaquò solo la facca con acqua fredda, gelida, come era
abituata fare ogni mattina.
Indossò la divisa scolastica, cercando di focalizzare le sue
memorie, per fare più chiaro il suo incubo, ma zero; ricordava
poco e niente.
Sempre sopra pensiero si spazzolò velocemente i capelli,
indossò le scarpe più comode che possedeva e scese a fare
colazione.
-Buongiorno a tutti!-, salutò una volta arrivata in cucina.
Tutti, famiglia Tendo e Saotome, erano già a tavola, con Saotome
Senior in versione panda che si riempiva la bocca con quantità
industriali di riso bollito.
-Buongiorno Akane.-, le rispose Kasumi con gentilezza, invitandola a
sedere, -hai fatto tardi questa mattina! Sicura di stare bene? Non hai
proprio un bel aspetto.-, suo padre si girò subito a guardarla,
con il solito sguardo apprensivo che le rivolgeva in situazioni
analoghe. -Tsk!- Ranma ghignò, -da quando ha un bell aspetto la
mattina?-
-Potrei dire altrettanto, idiota. Ti sei visto allo specchio questa
mattina? O sei tanto preso da te stesso da non scorgere a un palmo dal
tuo naso?- rispose sarcastica, continuando a mangiare.
-Io sono tanto preso da me stesso perchè me lo posso permettere.-
-Se ne sei convinto tu...-
-Certo che ne sono convinto!-
-Bene.-
-Bene!-
Ormai si fronteggiavano, una di fronte all'altro. A quanto pareva, non
erano cambiati affatto. Se qualcuno aveva sperato che i loro
attegamenti fossero cambiati dal loro viaggio in Cina, aveva sperato
invano (vedi Soun e Genma).
Non era cambiati, almeno...non apertamente; a dimostrarlo c'era il loro
mancato matrimonio, e per quanto fosse reietta ad ammetterlo anche a se
stessa, Akane sapeva che le dispiaceva.
A interrompere il loro battibecco fu Kasumi, la voce della ragione di
casa Tendo, -Farete bene a affrettarvi, è tardissimo! Nabiki
è uscita quasi quindici minuti fa.-.
Entrambi si girarono verso l'orologio e insincorno urlarono: -CHE COSA?!-.
In pochi minuti erano tutti e due a correre a perdifiato verso i Liceo
Furinkan, con Kasumi che li salutava falice dall'ingresso del dojo
Tendo.
-E' tutta colpa tua!.-
-Si, certo! Perchè quello che si è svegliato tardi sono io!-
-Se non ti sei svegliato tardi perchè sei anche tu qui?-
Con i secchi d'acqua in mano e appoggiati alla parete, Ranma e Akane
continuavano il solio teatrino, il professore era stato irremovibile,
li aveva guardati esasperato (come tutte le mattine), e li aveva
spediti fuori (idem come tutte le mattine).
-Sono qui perchè una certa oca questa mattina non finiva di
starnazzare!- affermò il ragazzo col codino, piegandosi suelle
ginocchia.
Ad Akane vibrò pericolosamente la tempia.
Oca?
-Come mi hai chiamato, scusa?-
-Col tuo nome! O-C-A!-, ma si pentì subito di quello che aveva
detto. Akane, che fino a quel momento si era mantenuta ben distante da
lui, si avvicinò pericolosamente, sbattendo gli occhi scuri.
-Ranma..?- più si avvicinava più i sudetto degludiva.
-Si?- domandò con una vocina il ragazzo, -Ti ho mai detto...-
sempre più vicina -...che ti...-, alzò il secchiò
con l'acqua, -...ODIO!- e gli rovescò addosso il primo e anchs
il secondo secchio.
-Brrrr...è gelata! Ma cosa ti è saltato in mente?!-
-Ti sta bene, baka**! Oca lo dici a le smorfiose che ti vengono dietro,
non a me! E arrangati per trovare l'acqua calda!- e girò i
tacchi per andarsene, dimenticandosi del fatto che era a scuola e che
era in punizione.
Ma la sua uscita trionfale fu bloccati dal professore, che rosso dall'irritazione li fissava quasi con il fumo dalle orecchie.
Squadrò prima i secchi abbandonati a terra e poi l'acqua che
inzuppava il corridoio; sulla sua tempia spuntò il solito segno
di irritazione.
-SAOTOME! TENDO!-
I due degludirono in sincrono e quasi si strinsero per mano.
-In classe, SUBITO!-
Contemporaneamente pensarono: "Peggio di così questa giornata non può andare!"
***
Non c'era tempo.
Non c'era più tempo. Doveva partire e doveva farlo ora; altrimenti
avrebbe dovuto aspettare altri sei mesi, e non era sicuro che sarebbe
riuscito a restare in vita per quell'arco di tempo. Gli attacchi si
erano fatti più assidui e frequenti del solito, tutto lasciava
presupporre che si stessero, che si stesse personalmente, preparando per qualcosa. Qualunque cosa fosse non poteva permetterla.
Avrebbe desiderato partire in altre circosanze; avrebbe voluto salutare
Naoko, Yuka***...forse anche suo padre, nonostante sapesse che
l'avrebbe guardato con il solito sguardo vuoto e perso, limitandosi a
fare un segno con la testa; forse neanche quello. Ma sapeva da tempo che
fare quello che si voleva, desiderare qualcosa, non era possibile per chi, come lui, era nato
in quell'epoca.
La terra tremò ancora e un rumore assordante gli arrivo alle
orecchie, nonostante fosse a sei, sette metri sotto terra, nei
laboratori privati della Base, dove da anni tutti i migliori scienziati
si concentravano tutti sullo stesso progetto: la Taimumashin****.
La partenza era stata progarammata per il giorno dopo, dovevano dargli
ancora molte informazioni e direttive e la macchina doveva ancora
essere controllata interamente.
Ma l'attacco era stato improvviso, troppo imporovviso, come se Lui sapesse.
Una spia.
Da tempo si pensava che ci fosse una spia nella Base.
La terra tremò ancora.
Attaccato ai grandi computer deli laboratori, Ren***, cerò di
programmare la macchina più in fretta possibile. Era preoccupato
per i suoi compagni, per sua sorella che, sopra, si stavano battendo
per dargli il tempo necessario per la partenza.
Era la loro ultima chance.
Se il piano non avesse funzionato non avrebbero potuto fare
nient'altro. Non riuscivano a sconfiggere il problema nel presente, per
questo, tornando al passato, avrebbe cercato di impedire al problema di
nascere.
-Taimumashin pronta per il varco.- disse la metallica voce del computer.
Un esplosione.
Nello stesso istante un esplosione fece saltare i portoni dei laboratori.
-FERMATELO!- sentì gridare -Non lasciatelo salire! PER NESSUN MOTIVO!-.
Conosceva quella voce.
Oh, si che la conosceva!
La rabbia gli salì alle tempie, la mano destra corse alla
katana*****, che portava sul fianco, la sinistra alla spada occidentale
agganciata dietro alla schiena.
Gli invasori della base non erano ancora arrivati, ma poteva sentirli correre verso i laboratori.
-10...9...8...7...- la macchina aveva iniziato il conto alla rovescia, doveva salire e doveva farlo ora.
La rabbia gli impediva di muoversi. Desiderava uccidere quell'uomo più di qualsiasi altra cose al mondo.
-...6...5...-
Mandare a puttane 8 anni di progetti per la propria vendetta? Lo avrebbe fatto.
Ma non ora.
Non ora che in ballo c'era la vita di tutti, di tutte le persone che amava e le memorie delle persone che aveva amato.
Salì nella macchina.
-...4...3...-
Nello stesso monento gli invasori entrarono nei laboratori, -FERMATELO! FERMATELO!-
-...2...1...0.-
Un'esplosione si propagò per i laboratori.
Nello stesso istante l'uomo a capo degli invasori urlò di rabbia e frustrazione.
Lui l'avrebbe punito.
I laboratori saltarono in aria.
Ma Ren era gia partito.
***
Salve a tuttie!^^
Eccomi con una nuova fanfic, la mia prima su Ranma. Lo so che dovrei
aggiornare Eclisse (Dragon Ball), ma questa mi frullava in testa da un
bel po' di tempo!
Il capitolo è solo un piccolo prologo introduttivo, così
come lo saranno i prossimi due (credo^^''''), perciò
è relativamente breve èd un po' confusionario; ma
comunque penso che i capitoli non saranno mai eccessivamente
lunghi.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate e se almeno un po' vi è piaciuta.
Sono accettate tutti i generi di recensioni, positive e negative. A
patto che le negative siano costruttive e non distruttive, mi
raccomando!
* vuol dire, letteralmente, "madre", ma è inteso come "mamma".
** significa "stupido", e altri appellativi simili^^
*** nomi di personaggi da me inventati, che presenterò nei prossimi capitoli
**** dovrebbe significare "macchina del tempo", se è sabgliato mi scuso ^_^
***** spada giapponese, tipica dei samurai, com la lama ricurva.
E questo è tutto!
Un bacione a tutti colori che leggeranno!
-Cambiata formattazione della pagina! Quella di prima non mi convinceva ^_-!
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