Incantesimo

di Matih Bobek
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Ho sortilegi di sangue
iscritti nelle arterie.
li recito le notti,
ci squarcio silenzi di luna.
Il mio cuore ormai
non è di carne nè tessuti
ma di carta lacerata e pagine.
E' un tomo ancestrale,
inzuppato nelle
Salive e in qualche volto
e tante lacrime.
Sfogliarlo è dissossare
quel che mi rimane in petto
che è guasto
ed è straziato.

Nella dimenticanza
solenne delle ore
senza sole,
mi alzo dal mio letto,
ho addosso solo 
stracci di cotone,
e comincio
ad evocarti,
evocarti piano,
quasi 
a sussurrare il tuo nome,
come se le fronde nodose
appena fuori dal vetro
mi stessero a sentire,
inizio
a ricostruire una sagoma tua,
a modellare quel che ricordo di te,
a fare il nome tuo a quel pallore chiaro laggiù  ( ad appellarti, a fare appello )
sperando che annuisca
o che riveli nel suo riflesso su questa pozza di pioggia
invece che i suoi mari, il tuo volto.
Mi perdo appena nell'incanto,
e se la voce è piatta, e se il tono è labile,
l'intensità dell'anima mia che vibra
mentre resuscito formule,
è tanta da scuotere le basi della terra
e da farmi perdere me stesso
nella nota di un incantesimo,
di un incantesimo volto a te.




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