Ieri, oggi, mai più di Ili91 (/viewuser.php?uid=75721)
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Ieri, oggi, mai più - Sterek OS
Titolo: Ieri, oggi,
mai più
Autore: Ili91
Pairing: Stiles/Derek
(Sterek)
Rating: Giallo
Note: What if?
(enorme: siamo in punto totalmente imprecisato nel corso della serie e
ci sono una marea di elementi soprannaturali che nella serie non
esistono e probabilmente non esisteranno mai.)
Genere: Angst,
Romantico e un pizzico di humor
Avvisi: Major
Character Death, strizza un po' l'occhio a Supernatural
Conteggio Parole:
5576
Note dell'autore:
- Sono un po'
contenta, perché non scrivo da una vita. Sono un po'
scontenta, perché sono profondamente fuori allenamento.
- Ha partecipato ad un contest indetto su facebook dalla pagina Slash
Radio (https://www.facebook.com/Slashradio/), mi sono ispirata a uno dei
prompt proposti, che fortunatamente ha fatto scattare la molla. Enjoy
the trip!
Ieri, oggi, mai
più
Giorno 0
(-30)
«Avrei
bisogno di aiuto per Cora» esordì Derek,
presentandosi alla porta di casa sua ad un orario improponibile.
Però Stiles gli concesse il fatto di non essere passato
dalla finestra.
«Buongiorno,
Stiles! Hai dormito bene... lasciamo perdere.»
Sollevò gli occhi al cielo e tornò sull'argomento
principale: «Pensavo fosse felice dov'è ora. Non
si era trovata un bel branco, in un posto senza pericoli –
vale a dire qualsiasi posto lontano da qui?» Stiles si
appoggiò allo stipite della porta d'ingresso, totalmente
rilassato.
Stiles
si era svegliato stranamente bene, quella mattina. Dopo essere stato
colpito dall'incantesimo di una sirena ammaliatrice quasi quanto
psicopatica, tutti i suoi amici erano stati profondamente preoccupati
per lui, e doveva ammettere che lui stesso aveva cominciato a temere
per la propria vita.
Macchie
rosse sulla pelle, febbre alta e deliri avevano riempito le ultime due
settimane della sua esistenza. I medici non sapevano che pesci
pigliare, mentre il branco di Beacon Hills si era alternato tra il suo
capezzale e ricerche per cercare di guarire il malanno che lo aveva
reso sempre più debole, fino alla sera precedente, quando
Stiles si era svegliato fresco come una rosa e aveva richiesto una cena
abbondante.
Sul
momento aveva pensato che la maledizione si fosse esaurita da sola, ma
con il senno di poi c'era qualcosa che non andava, se lo sentiva.
«Non
la sento da giorni e non ho notizie nemmeno del suo branco. Volevo
partire per qualche giorno, per indagare.»
Stiles
sbarrò gli occhi. «E vuoi il mio aiuto?» Solitamente, Derek era quello
che lo considerava di meno e lo lasciava indietro, in quanto umano,
sebbene dimenticasse che gli aveva salvato la vita molte volte, grazie
tante!
«Sì»
rispose Derek, con calma.
Stiles
si addolcì e decise di non infierire. Derek era strano
quella mattina, meno nervoso e polemico del solito, doveva essere molto
preoccupato per la sorella. Senza contare che la mente investigativa di
Stiles si era già messa all'opera, ansiosa di risolvere il
problema dell'altro.
«Dovrò
trovare una scusa per mio padre, non sarà felice di vedermi
partire...» disse sovrappensiero, ripensando al modo in cui
suo padre lo aveva stritolato in un abbraccio quando lo aveva trovato
in piedi, la sera precedente.
«Ci
parlerò io.» Derek lo oltrepassò ed
entrò in casa.
«Eh?»
Eh?!
Giorno 1 (-29)
Stiles
alzò il volume dell'autoradio e una piacevole melodia si
diffuse nell'abitacolo.
«Odio
questa canzone» si lamentò Derek.
«Io sono l'ospite, io ho il
diritto di scelta.»
Avevano
preparato le valigie il giorno prima, Stiles aveva salutato tutti
– nessuno aveva cercato di fermarlo, era felice di vedere
quanto i suoi amici si fidassero di lui – e quella mattina
Derek era passato a prenderlo di buon ora con la Camaro. Avevano
discusso un quarto d'ora sul fatto che la sua Jeep sarebbe stata una
macchina più adeguata per un viaggio del genere, ma Derek si
era naturalmente opposto, aggiungendo testuali parole:
“Quella carretta scassata tenuta insieme con lo scotch si
fermerà a metà strada. O la Camaro o
niente.”
Stiles
si era sentito in dovere di difendere l'onore della sua fedele
compagnia di avventure e gli aveva tirato un pugno sul
braccio, senza che l'altro emettesse nemmeno un verso. Viceversa, lui
era abbastanza sicuro di essersi slogato qualche nocca della mano.
Derek
gli gettò uno sguardo fintamente cattivo. «La
macchina è la mia e mio il diritto di strapparti la gola con
i denti.»
Stiles
non rimase impressionato dalla minaccia, ma fissando i canini bianchi e
quasi luccicanti come la pubblicità di un dentifricio, gli
venne voglia di chiedere a Derek chi fosse quel genio del suo dentista.
«Ieri,
mentre parlavi con papà, mi è sembrato ti
abbracciasse. Che diavolo gli hai detto?» chiese, cambiando
argomento. Purtroppo dal buco della serratura si vedeva poco e niente,
anche per colpa della chiave inserita nella toppa.
«Ci
stavi spiando?» La macchina sbandò un po', Derek
diede la colpa ad una buca sulla strada.
«Certo!»
Era stupido? Derek e suo padre chiusi in una stanza a parlare di lui,
era ovvio che dovesse origliare. «Allora? Cosa vi siete
detti?»
«Non
hai sentito?»
Stiles
sbuffò. «No! Da quando papà ha cambiato
le porte per non permettermi di sentire quando si porta il lavoro a
casa, non riesco a sentire nulla. Il che è ingiusto, potrei
essergli d'aiuto. E poi qui è diverso, qui si parla di
me.» Lo fissò, in attesa. «Parli o
no?»
«L'ho
convinto, non c'è nient'altro da dire.»
Stiles
incrociò le braccia al petto e si appoggiò contro
lo schienale del sedile, guardando il paesaggio dal finestrino che
scorreva velocemente. Deserto ovunque. «Ma che bello! Ora mio
padre ha segreti con Derek Hale, dove andremo a finire?»
Giorno 3 (-27)
Il
terzo giorno di viaggio, molto vicini a destinazione, ci fu una sosta
imprevista.
Stiles
si rese conto di essere stato troppo ottimista nel dire che Cora si era
trovata un branco in un posto pacifico, soprattutto considerando che un
orso mannaro impazzito, appena fuori dal motel in cui si erano fermati
per la notte, gli stava mostrando le zanne e gli alitava in faccia.
Disgustoso e pericoloso.
Fu
Derek a toglierglielo di dosso e provocargli una ferita sull'addome con
le zanne, una lunga striscia rossa che partiva dalla spalla sinistra
dell'orso e terminava sul fianco destro.
«Grazie»
disse Stiles, mentre Derek scostava la testa e si limitava a fare un
cenno di assenso con il capo.
Si
voltarono di nuovo verso il mostro, pronti a metterlo del tutto ko, ma
rimasero interdetti quando questi, invece... si mise a piangere. Dai
suoi occhi non uscivano vere e proprie lacrime, ma i versi che emetteva
avrebbero frantumato anche il cuore più duro.
Per
fortuna bastò un po' di miele – acquistato nel
mini-market sotto il motel –, offerto da Stiles, e delle cure
alla ferita, da parte di Derek, per farlo calmare.
Dovettero
trascorrere tutto il giorno successivo a cercare la mamma del piccolo
orso – che non sembrava tanto piccolo – e a fuggire
prima che l'enorme orsa affettuosa si rendesse conto che erano stati
loro a ferire il suo cucciolo.
Peccato
però, Stiles trovava interessante quel branco formato da
orsi mannari che avevano preferito la vita animale a quella umana. Si
ripromise di fare ricerche in proposito, una volta tornato a casa.
Parlò
del suo proposito a Derek, quando si rimisero in marcia, il quale gli
rivolse una strano sorriso triste e gli promise che l'avrebbe aiutato.
Giorno 5 (-25)
La
macchina si fermò al limitare di una radura enorme, immensa,
a perdita d'occhio. Gli alberi circondavano il prato che ricopriva il
terreno, il quale era di forma circolare, libero da qualsiasi cosa ad
esclusione di un casa di legno che si ergeva al centro.
Derek
e Stiles scesero dalla Camaro e si incamminarono verso la casa.
Più la distanza tra di loro e l'abitazione si riduceva,
più Stiles notava cose che non gli quadravano, come ad
esempio il prato, che non sembrava essere stato calpestato da altri
prima di loro due, non di recente.
La
casa era piccola e sembrava esistere da parecchio tempo, ma era ancora
in buono stato e di costituzione solida. Quando entrarono, la
sensazione che aveva avuto ottenne conferma: nessuno metteva piede
lì dentro da lungo tempo.
«Sei
sicuro che siamo nel posto giusto?» chiese Stiles.
«Sì,
perché?»
«Uhm...» Stiles gettò
un'occhiata scettica al porta scricchiolante, i mobili talmente
impolverati che avrebbero ucciso all'istante una persona allergica, le
tende tirate e ingiallite, per non parlare del profondo odore di chiuso
che gli stava facendo mancare il respiro. Non aveva idea di come
riuscisse a resistere Derek al desiderio di tossire, avendo un olfatto
sviluppato da lupo mannaro doveva soffrire molto più di lui.
Infine, anche mettendo che il branco fosse stato attaccato e rapito,
non c'erano segni di lotta che lo testimoniassero. «Questa casa dev'essere
disabitata da mesi, se non anni. È improbabile che
tua sorella abbia mai abitato qui.» Cominciò a tossire
furiosamente. Accidenti, non poteva resistere in quel posto un secondo
di più. «Devi aver sbagliato posto, non
c'è altra spiegazione.» Frustato, Stiles si
precipitò fuori, trovando sollievo nell'aria pulita.
Derek
lo raggiunse subito dopo, anche lui con il respiro un po' affrettato.
«Ero...» Si schiarì la voce.
«Ero sicuro fosse qui.» Sollevò gli
occhi e si mise a fissare Stiles per un lungo momento. «Mi
dispiace, Stiles.»
«E
di cosa?» Fece un sorriso mesto e colmò la
distanza che li divideva, dandogli un colpetto spalla contro spalla.
«La troveremo, vedrai.»
Giorno 8 (-22)
«Forse
sono partiti per un giro intorno al mondo» suggerì
Stiles.
Derek
sollevò le sopracciglia, come sempre la parte più
espressiva della sua faccia.
Dopo
due giorni trascorsi a cercare nei dintorni, parlare con persone che
non avevamo né visto una ragazza né tantomeno
lupi, si erano fermati in un locale per famiglie – e sapevano
che lo era a causa del frastuono infantile che li circondava -, per
fare colazione seduti comodamente ad un tavolo.
In
quell'occasione Stiles aveva scoperto che Derek prediligeva un
caffè con molto, molto zucchero, il che era stata per lui
una delusione visto che aveva immaginato caffè neri e amari.
E
ora doveva solo trovare il modo per spiegare a Derek che la loro si
stava rivelando una ricerca a vuoto e che era il caso tornassero a
Beacon Hills. Non che premesse per la fine di quella ricerca mista a
vacanza, era anzi vero il contrario. Derek era burbero e poco
divertente, ma in un qualche strano modo andavano d'accordo. Si
scontravano su molte cose, ma erano entrambi diffidenti sulle persone e
condividevano il sarcasmo. Un'avventura in sua compagnia non era la
peggior cosa che gli venisse in mente, si disse con un sorriso.
Ci
pensò su, forse potevano insistere ancora un po', almeno non
doveva preoccuparsi della scuola, visto che era giugno inoltrato.
«C'è qualcosa che non torna, concorderai con me.
Dici che tua sorella ti ha dato l'indirizzo di quel capanno sperduto,
ma è evidente che lì non ci vive nessuno, non in
questo secolo. Non abita nemmeno nei dintorni, visto che nessuno l'ha
mai vista. Onestamente pare quasi che tua sorella abbia voluto
liberarsi di te... senza offesa.»
Derek
non replicò, non parve nemmeno prendersela.
Stiles
inarcò le sopracciglia; c'erano dei momenti in cui Derek era
diverso, momenti in cui smetteva di essere permaloso e ringhiare e si
lasciava scivolare addosso qualsiasi cosa Stiles dicesse, e ogni volta
sembrava che la scomparsa di Cora non c'entrasse con questo
atteggiamento. Derek gli nascondeva qualcosa e la cosa non gli piaceva
proprio.
D'improvviso,
Derek parlò: «Stiles, io...»
Ma
dato che Stiles era Stiles e la fortuna non era sua amica, le parole
che seguirono non furono una confessione, qualunque essa fosse, ma un
urlo: «Abbassati!»
Derek
si allungò verso il tavolo, gli agguantò il
braccio infilzandoglielo con le unghie appuntite da lupo e lo
gettò sul pavimento, proteggendolo dall'esplosione di vetri
che seguì.
La
spalla di Derek gli oscurava la visuale, ma Stiles immaginò
che fosse esploso il vetro su cui era accostato fino ad un attimo prima
il tavolo su cui stavano mangiando.
Seguirono
urla spaventate e gente che correva, scappando fuori dal locale. Un
rivolo di sangue gli precipitò sulla guancia, sangue non
suo. Fece una smorfia quando vide il grosso frammento di vetro
conficcato nella spalla di Derek, il quale però non stava
facendo una piega, forse anche a causa della trasformazione in lupo
mannaro che lo rendeva ancora più forte.
Derek
si sollevò, tenendo la testa bassa. «Stai
bene?» chiese in un soffio.
«Sì.»
Anche Stiles si tirò su dal pavimento, rimanendo
inginocchiato. Allungò un braccio e pensò che il
minimo che potesse fare fosse tirare fuori il pezzo di vetro dalla
spalla di Derek. Lo fece e anche se gli fece impressione, fu contento
che non si trattasse di dover tagliare un braccio, questa volta.
Rimanendo
bassi, si spostarono verso la cassa, posizionata su un bancone
dall'altra parte del locale.
«Esci
dal retro» gli disse Derek, indicando un punto alle sue
spalle, nel luogo in cui si erano nascosti. Nel frattempo, la porta del
locale si spalancò.
«E
tu?»
«Voglio
capire cosa vogliano questi lupi mannari.»
Ah,
erano lupi mannari? Che avessero trovato il branco di Cora? Anche se si
era aspettato un'accoglienza un po' meno aggressiva, se non proprio
amichevole.
«Tu
sei fuori se pensi che ti lasci qui da solo.»
«E
tu sei fuori se pensi che ti permetta di restare.»
Chiunque
fosse entrato, stava ringhiando e dal rumore che faceva stava
sicuramente buttando all'aria i vari tavoli e sedie del locale.
A
Stiles, al di là della tragica situazione, gli venne quasi
da sorridere. Ora sì che lo riconosceva. «Bene,
allora ce ne andiamo tutte e due.» Prese il polso di Derek e
questi fu tanto sorpreso dal gesto che non oppose nemmeno troppa
resistenza.
Per
fortuna, o forte com'era non sarebbe riuscito a spostarlo.
Giorno 9 (-21)
Stiles
odiava i lupi mannari e principalmente odiava i lupi mannari che
attaccavano solo perch・avevano fatto qualche domanda di troppo.
Il
giorno prima erano riusciti a scappare, il lupo Omega - e non i lupi,
come avevano immaginato inizialmente - che li aveva attaccati non era
potente come avevano immaginato all'inizio, ma solo spaventato e molto
melodrammatico. Una caratteristica che pareva propria a fin troppi lupi
di sua conoscenza.
Il
lupo Omega si chiamava Felipe, come avevano scoperto in seguito, viveva
da solo, aveva perso il suo branco e si era spaventato quando aveva
sentito parlare di stranieri che facevano domande sui lupi.
A
Stiles quella storia faceva pensare a quelle persone che in risposta a
qualcuno spaventato da un animaletto dicevano con tono saccente:
«Guarda che lui ha più paura di te.»
Felipe
sembrava proprio un animaletto spaventato anche fisicamente, vista la
sua altezza inferiore alla media, la costituzione fine, i capelli
brizzolati e i lineamenti irregolari. Aveva anche una strana cicatrice
a forma di c su una guancia. Solo gli occhi era impressionanti,
così marroni e caldi.
E
lui e Derek erano scappati nemmeno avessero il diavolo alle calcagna,
chi l'avrebbe mai detto che avessero sconfitto ben altri mostri.
Derek
suggerì a Felipe di andarsene da lì e dirigersi
verso un branco più a sud, in un posto più
tranquillo che lo avrebbe sicuramente accolto, ma questi
rifiutò.
Era
troppo tempo che era solo, disse con uno sguardo perso nel vuoto.
A
Stiles dispiacque per lui, ma la sua mente era rimasta principalmente
distratta dalle parole di Derek riguardo a quel branco che aveva
suggerito a Felipe.
«C'è un branco
più a sud?» Domandò Stiles
quando rimontarono sulla Camaro.
«Sì.»
«E chi ci vive?»
Derek
scrollò le spalle. «Vecchie conoscenze.»
Stiles
non era soddisfatto della risposta. «E ora dove stiamo
andando?»
«A nord, proviamo a cambiare
posto.»
Rimasero
in silenzio qualche minuto, poi Stiles chiese: «Cosa stavi
cercando di dirmi ieri?»
Derek
rimane in silenzio per un tempo troppo lungo. «Niente d'importante, pensiamo
a trovare Cora.»
Stiles
lasciò correre, ma per l'ultima volta.
Giorno 11 (-19)
«Pronto?»
La voce di Scott era assonnata, ma d'altronde gli stava telefonando in
piena notte.
«Scott,
sono Stiles» bisbigliò Stiles, allontanandosi
ancora di più dalla stanza di motel in cui lui e Derek
avrebbero passato la notte.
«Stiles!» esclamò Scott. «È successo qualcosa?»
«Dimmelo
tu.»
Scott
sbadigliò. «Stiles, è notte, ho sonno,
non puoi semplicemente dirmi cosa vuoi?»
Stiles
fece una smorfia. «Voglio sapere cosa nasconde Derek,
perché se pensate che io sia stupido e non mi sia accorto
che qualcosa non va, vi sbagliate di grosso.»
Erano
trascorsi altri due giorni. Come previsto si erano diretti a nord, ma
l'argomento Cora era stato quasi accantonato. Ufficialmente erano
ancora alla ricerca della sorella di Derek, ma in pratica era Stiles
quello che la nominava più spesso. Addirittura quel giorno
si erano fermati una mezza giornata in spiaggia, con la scusa che dopo
tanti giorni alla guida, Derek aveva bisogno di una pausa. Stiles aveva
suggerito che avrebbe potuto mettersi al volante senza farli schiantare
contro un palo, ma Derek aveva insistito per fermarsi, e in un certo
senso era contento che fosse andata così, visto che aveva
potuto scoprire quanto l'altro adorasse il mare.
Stiles
era anche abbastanza sicuro di averlo visto sorridere una volta, e non
il solito sorrisetto sardonico, che evento!
Però
ora la giornata era finita e Stiles era stufo di essere preso in giro.
«Forza, Scott, sputa il rospo.»
Scott
gli raccontò tutto, quello che Derek aveva fatto e ogni
parola fece sentire Stiles sempre più stupido e arrabbiato,
ora tutto aveva un senso.
«Io
lo ammazzo quello» proruppe al termine del racconto,
interrompendo bruscamente la telefonata.
Giorno 12 (-18)
«Sei
completamente uscito di testa?!» Stiles entrò
nella stanza del motel sbattendo la porta, qualcuno nella camera di
fianco si lamentò del rumore.
Derek
si svegliò di soprassalto e lo fissò.
«Cos'è,
un modo nuovo di farti compatire?» continuò Stiles
con cattiveria.
«Stiles, non capisci.» Derek scostò le
coperte e si alzò in piedi.
Stiles
desiderò di scuoterlo fino a che non gli fosse tornato il
senno. Lo raggiunse in pochi rapidi passi, ora erano faccia a
faccia. «Non capisco? Non capisco?!
Capisco solo che hai venduto l'anima ad un demone, qualcosa che nemmeno
sapevo fosse possibile fare.»
«Stavi
morendo. Tuo padre, i tuoi amici... erano tutti disperati.»
«I nostri amici, non
parlare come se a loro non gliene fregherebbe niente se tu morissi.» Ricordò le parole
di Scott al telefono. «Quando...» Stiles si passò
una mano sul viso.
«Stiles,
sei importante per il branco e tuo padre sarebbe distrutto senza di te,
mentre a me non è rimasto niente.»
Perfetto,
non aveva mai voluto altro che un po' di considerazione per le sue
capacità e le aveva ottenute in cambio dell'anima di una
persona. «Che cos'hai ottenuto? Oltre al mia guarigione, che
cosa ti hanno dato?»
«Stiles...»
«Rispondi.»
«Un
mese.»
Un
mese. Trenta giorni e lui sarebbe morto. Anzi, nemmeno, erano trascorsi
dodici giorni dal patto, perciò restavano solo diciotto
giorni. «È questo che valeva per te, la
tua anima? La mia sopravvivenza e un mese di vita? Ti eri bevuto il
cervello, quando hai fatto quel patto? Come ti è venuto in
mente di accettare?!»
«Era
l'unico modo per salvarti, ho dovuto farlo.»
Non
si rendeva conto che ora Stiles avrebbe dovuto vivere il resto della
vita sapendo che Derek si era sacrificato per lui? Più ci
pensava, più la testa gli scoppiava. «Per me puoi
andare al diavolo anche subito.» Gli voltò le
spalle e lasciò la stanza, nessuno dei due avrebbe
più dormito per quella notte.
Poi
Stiles corse, corse e corse, senza meta.
Giorno 13 (-17)
«Stiles?
Ti riporto a casa.»
Era
ancora mattina presto quando Derek lo ritrovò sdraiato su
quella spiaggia che aveva assistito al loro ultimo giorno spensierato.
Fissava il cielo ancora un po' scuro, mentre cercava di rimettere
ordine fra i pensieri che gli vorticavano in testa. «Scusa
per quello che ho detto.»
«Non
importa.»
Stiles
prese un respiro, si mise a sedere e si voltò a guardare
Derek. Una lieve brezza rendeva più sopportabile l'afa
opprimente anche a quell'ora del mattino. «Troverò
un modo.»
«Stiles...
non c'è alcun modo.»
Stiles
sbatté il pugno sul terreno, sporcandosi con qualche
granello di sabbia. «Sta zitto. Solo perché ti sei
arreso, non vuol dire che farò la stessa cosa.» Si
alzò in piedi. «Conosciamo un sacco di persone nel
soprannaturale, potremmo chiedere anche a... tuo zio. Peter ne conosce
fin troppi di modi su come sopravvivere. E poi sono sicuro che gli
altri, a Beacon Hills, stanno cercando anche loro un modo per aiutarti.
In questi giorni non saranno stati con le mani in mano.» Lo
raggiunse e gli appoggiò una mano sulla spalla.
«Non devi perdere la speranza.»
«Non
lo faccio.»
«Aspetta,
se non per Cora... il viaggio è per questo? Siamo in
spedizione per salvarti l'anima?» Era l'unico pezzo di quella
storia che non era riuscito ancora a capire. Derek si era inventato che
Cora era sparita e fosse in pericolo pur di convincerlo a partire
insieme, come gli aveva spiegato Scott per telefono, ma Stiles non era
riuscito ad afferrare il vero motivo.
«No.
Se questo è il mio ultimo mese, voglio passarne il meno
possibile a Beacon Hills.»
Stiles
rimase confuso dalla risposta. «Sì,
ma...»
Derek
lo fissò intensamente negli occhi e gli rispose
sinceramente: «Stiles, non ho fatto quel patto solo per tuo
padre o il branco, ma perché volevo farlo. E anche questo
viaggio... non mi è stato imposto niente, è stata
una mia decisione.»
«Volevi...» Stiles deglutì
sentendosi la gola chiusa in una morsa. «Volevi che ci fossi anch'io,
proprio io?»
«Sì.»
Giorno 15 (-15)
Su
suggerimento di Peter, Stiles e Derek andarono a trovare una strega
esperta in magia oscura, e cose c'era di più oscuro di un
patto con un demone?
La
donna si chiamava Lanna, aveva i capelli rosso scuro con striature
violacee, la pelle quasi bianca, gli occhi scuri ed era davvero bella.
Statuaria e regale, faceva desiderare di inchinarsi al suo cospetto.
Le
spiegarono di cosa avevano bisogno e lei di tutta risposta
affidò loro una missione: «Ad un miglio da qui, in
direzione nord-est, dimora una volpe. Essa è maledetta, non
può abbandonare il capanno in cui vive. Ogni giorno, al
mattino, compare la pozione che potrebbe liberarla; perché
funzioni dev'essere bevuta al tramonto, ma la volpe non riesce mai a
trattenersi fino ad allora. Se riuscirete nella missione,
risponderò alle vostre domande.»
«Sono
finito in un libro di fiabe? Dobbiamo superare una prova prima di
ottenere le risposte che cerchiamo?» domandò
Stiles.
Derek
gli intimò di tacere. «Se facciamo quello che ci
ha chiesto, avremo le risposte che cerchiamo?»
«So
qualcosa riguardo il problema che vi affligge» rispose la
strega Lanna, sibillina. «Avete tempo fino al tramonto di
domani.»
«Ci
basterà» affermò Stiles. Era
preoccupato, sembrava troppo semplice come compito, però la
soluzione gli sembrava così vicina che era quasi tangibile.
«Andiamo» disse a Derek, in piedi al suo fianco, il
quale annuì con il capo.
Quando
entrarono nella capanna, la volpe di cui aveva parlato Lanna dormiva in
un piccola brandina, accostata all'angolo sinistro dell'unico locale.
La pozione di colore azzurro era sul lato opposto, inserita in una
boccetta a forma di goccia, e posizionata al centro di un tavolo, che
era vecchio e consumato.
Il
piano era semplice: avrebbero preso la boccetta e sarebbero usciti
dalla capanna, per rientrare solo al tramonto per versare nella gola
della volpe la pozione.
Con
sicurezza, Stiles si avvicinò al tavolo e allungò
un braccio per prendere la pozione, ma non riuscì a
spostarla perché troppo pesante. «Cos-?»
«Che
succede?» chiese Derek, a bassa voce per non svegliare la
volpe.
«È pesantissima, non
si sposta.»
Provò
anche Derek, ma nemmeno la sua forza lupesca bastò per
spostare la malefica boccetta. «Non ci resta che proteggerla
fino al tramonto. Impediremo alla volpe di avvicinarsi.»
«Oh,
fantastico!» esclamò Stiles con sarcasmo.
Giorno 16 (-14)
Avevano
fallito.
Per
Stiles era spiacevole rammentarlo, ma quella volpe era riuscita ad
atterrarli entrambi e trangugiarsi la boccetta, che improvvisamente era
diventata leggera come l'aria.
Il
giorno successivo, poi, era stato anche peggio. Avevano provato a
legare la volpe, ma essa si era ribellata come una furia. Ancora una
volta era riuscita a bere la pozione prima che fosse il tramonto e
subito dopo aveva attaccato Derek. La sedia che le aveva frantumato
sulla testa rappresentava tutta la frustrazione che aveva accumulato in
quei due giorni, in cui quel dannato animale aveva fatto il possibile
per intralciarli.
Derek
lo ringraziò per il suo aiuto, ma Stiles non si sentiva in
vena. Deluso, uscì dal capanno, con Derek al seguito. Appena
fuori trovarono Lanna ad attenderli.
«Per
favore, ci dia lo stesso la risposta che cerchiamo»
implorò Stiles.
Lanna
lo guardò, fredda e implacabile. «Ve l'ho
già data. Per alcune cose, semplicemente, non c'è
soluzione.» Una nuvola di fumo la avvolse e lei
sparì.
Qualcosa
dentro Stiles si ruppe.
Giorno 17 (-13)
«Dove stiamo andando?» chiese Stiles, per l'ennesima
volta da ore.
«In
un bel posto.»
«Ma...»
«Basta,
Stiles.»
Basta?
Era così che sarebbe finita? Le loro speranze si erano
appena volatizzate come Lanna? Voltò il viso per il
finestrino e rimase in silenzio.
Giorno 20 (-10)
«Io
e Scott abbiamo partecipato ad un sacco di campeggi, con annessi canti
intorno al fuoco e scottature di lingua per i marshmallow
bollenti» ricordò Stiles con nostalgia, lo sguardo
perso sul fuoco che sfrigolava di fronte a loro.
«Dev'essere
stato divertente» commentò Derek con un sorriso.
«E
tu? Mai mangiato intorno ad un fuoco?»
Derek
annuì. «Sì, ricordo le litigate con
Laura per l'ultima salsiccia, le risate con Cora, le sgridate di mia
madre. Sono stati bei momenti.»
Stiles
lo capiva perché anche a lui mancava immensamente sua
madre. «Anche questo lo è.» E avrebbe voluto che ce ne
fossero molti altri così, ma probabilmente quella sarebbe
stata la prima e ultima volta. Il pensiero lo intristì e il
tempo che trascorreva sempre più velocemente non aiutava.
Si
voltarono l'uno verso l'altro nello stesso momento e i loro sguardi si
incrociarono.
«Grazie»
disse Stiles.
Derek
inarcò le sopracciglia, sorpreso dal brusco cambio del
discorso. «Per cosa?»
«Per
avermi salvato la vita.»
«Lo
rifarei.»
Senza
che lo avesse programmato, Stiles si sporse in avanti e le loro labbra
si incontrarono per un secondo. Non era nemmeno sicuro su chi dei due
fosse stato più sorpreso da quel gesto.
Derek
si tirò indietro di colpo. «Non farlo.»
Stiles
si sentì in imbarazzo per il rifiuto. Aveva frainteso i
segnali? «Pensavo che...»
Derek
si alzò di scatto e si allontanò, cosa che spinse
Stiles ad imitarlo. «Non sei costretto a farlo, non mi devi
niente.»
«Eh?»
«Se
hai pensato che dovessi... ringraziarmi per averti salva-»
Stiles
fece una smorfia. Quello stupido! «Fermo, fermo, fermo.
Quello che stai implicando è terribile.» Stiles
gli avvolse il braccio intorno al collo e lo coinvolse in un bacio
passionale. «Volevo farlo e basta.»
Derek
sorrise, fino a scoprire i denti. Accidenti, era abbagliante!
«Ah, sì?» chiese con un tono lusingato
che gli diede sui nervi.
«Sì,
e ora sta zitto.»
Si
ritrovarono a corto di fiato molte volte, quella sera.
Giorno 22 (-8)
«Ci
sono novità?» chiese Stiles a Scott per telefono,
tenendo il cellulare incastrato tra l'orecchio e la spalla. Derek era
sdraiato al suo fianco sul prato fresco, al riparo dal sole, e
riposava, con un libro aperto sul petto. Stiles era seduto, con una
mano che stringeva quella dell'altro, mentre con l'altra faceva
pigramente scorrere le dita sulla pelle di Derek.
«Niente
di buono.»
Le
dita si fermarono. L'aveva immaginato, ma rimase lo stesso deluso che
Scott e gli altri non avessero trovato nulla che potesse aiutare Derek.
«Deaton cosa dice?»
«Secondo
lui...» Scott si fermò, sembrava trovasse
difficile proseguire.
«Cosa?»
«Non
si può tornare indietro da un patto, quello che è
fatto è fatto.»
Stiles
ignorò la frase. «Magari qualcun
altro...»
«Non
c'è nessun altro, abbiamo chiesto a tutti. Continueremo a
cercare, però, forse...»
«Non
è ancora finita!» esclamò Stiles
interrompendolo, arrabbiato, chiudendo la comunicazione. Se ne
pentì subito, non era colpa di Scott e non meritava che gli
attaccasse il telefono in faccia.
Si
sdraiò anche lui, accucciandosi più vicino a
Derek. «Non te ne andare» sussurrò e
chiuse gli occhi.
Giorno 27 (-3)
Il
loro viaggio, partito come una missione, si stava avviando alla
conclusione, quel giorno sarebbero partiti per tornare a Beacon Hills.
Avevano visitato molti posti, incontrato gente e il loro rapporto era
cambiato.
La
Camaro partì per quello che avrebbe potuto essere il suo
ultimo viaggio, con Stiles che fece di tutto per distrarsi e non
pensare, parlando di cose di poco conto. Derek lo ascoltò
per un po', intervenendo con moderazione alla conversazione.
«Ci
sono un paio di cose che vorrei dirti» disse Derek un'ora
dopo che erano saltati in macchina.
«Ti
ascolto.»
«Queste
quattro settimane sono state le migliori che ho avuto da lungo
tempo...»
Stiles
sorrise. «Anche quando ci ha attaccato l'orso? O siamo
fuggiti dall'Omega? Anzi, quello è meglio non ricordarlo,
non raccontiamo nemmeno a Scott e gli altri.»
Anche
i lati della bocca di Derek si sollevarono. «Abbiamo
affrontato di peggio.»
«Certo.
Tuo zio, per esempio. L'espressione “parenti
serpenti” dev'essere stata coniata per lui.
“Parenti lupi” sarebbe suonata meglio, ma forse era
un po' troppo discriminante verso la tua famiglia»
scherzò Stiles. «Ma non è solo questo
che vorrei dirmi, vero?» aggiunse, mentre il sorriso sul suo
volto andava a scemare.
«No.»
Derek lo guardò per un attimo prima di tornare a prestare
attenzione alla strada. «Qualsiasi cosa accada tra tre
giorni, tu non c'entri nulla.»
Oh,
Stiles non poteva proprio credere alle proprie orecchie!
«Ipocrita, da parte tua.»
«Stiles!»
lo riprese Derek. «Vorrei solo che tu...»
Lo
interruppe subito. «Ho capito, ma ricordati che tu sono anni
che t'incolpi per l'incendio e ora pretendere di dirmi come dovrei
sentirmi quando te ne sarai andato... sai cosa? Lascia
perdere.»
«Volevo
solo...»
«Non
è necessario e non cambia nulla.»
Derek
prese un respiro profondo. «Mi dispiace.»
«Lo
so.»
«Ma
non ti dirò che se potessi tornare indietro non lo rifarei,
perché non sarebbe vero.»
«Lo
so.» Deglutì e strinse con la mano la spalla di
Derek, per fargli capire che andava tutto bene.
Però
non era vero, niente andava bene e il peggio doveva ancora arrivare.
Giorno 29 (-1)
«Abbiamo
ancora un giorno, si possono fare molte cose in un giorno»
disse Stiles, mentre andava avanti e indietro nell'appartamento di
Derek. Era disperato, aveva esaurito le opzioni e non sapeva come
spezzare il patto. Il giorno dopo i cerberi avrebbero reclamato l'anima
di Derek e lui non avrebbe potuto fare nulla oltre che stare a
guardare. Il solo pensiero lo stava facendo impazzire.
Aveva
consultato tutti i testi su cui aveva messo le mani, chiesto a chiunque
e promesso favori pur di venire a capo del problema, eppure ad appena
ventiquattro ore dal giorno fatidico non aveva nulla in mano, nemmeno
una speranza.
«Sì.»
Derek si alzò dal divano su cui era seduto fino ad un attimo
prima, da dove aveva osservato la sua finta sicurezza. Gli strinse il
polso con la mano, dando un leggero strattone, e i loro petti entrarono
in contatto.
Stiles
appoggiò la testa sulla spalla di Derek e strinse la
maglietta dell'altro fino a stropicciarla malamente. «Non
avresti dovuto.» Era tornato molte volte su quel punto, ma la
verità era questa, non l'avrebbe mai perdonato per la sua
scelta e allo stesso tempo gli era grato.
«Non
me ne pento.»
Nonostante
le molte disgrazie che gli erano capitate, Derek aveva comunque
mantenuto il desiderio di sopravvivenza e l'attaccamento alla vita, ma
si sarebbe lo stesso sacrificato per qualcuno a cui teneva, senza
pensarci due volte. E lo aveva fatto, per lui.
Se
fosse stato un lupo mannaro, in quel momento Stiles avrebbe ringhiato
tutte le emozioni che gli vorticavano nel cuore.
Si
tirò indietro quel tanto che bastava per sollevare la testa
e gettare le braccia al collo di Derek, coinvolgendolo in un bacio
destinato ad esprimere tutto ciò che provava. Non era solo
un incontro di bocche, non era solo passione, era disperazione, rabbia,
terrore e... amore? Non era ancora riuscito a decifrare tutto quello
che provava e ora non avrebbe avuto il tempo di farlo. Lo
baciò con maggior foga, fino a che non gli mancò
il respiro. «Verrò con te, domani»
disse, tirandosi indietro. «Scordati di farmi cambiare
idea.»
Si
preparò ad un secco rifiuto, ma ciò non avvenne,
infatti Derek si limitò a replicare:
«Grazie.»
Stiles
spalancò la bocca per la strana risposta e istintivamente
volle tirarsi indietro, perché sapeva che Derek stava per
giocargli un tiro mancino. I suoi timori vennero confermati quando una
puntura sulla pelle lo fece sussultare.
«Che
cosa?» Gli bastò un secondo per capire.
«Bastardo! Te la farò pagare, mi hai
capito.» Cominciò a sbattere ripetutamente le
palpebre per combattere il sonno, mentre qualsiasi cosa Derek gli
avesse iniettato faceva effetto. «No, no! Come hai potuto?
Derek, ti prego!»
Le
articolazioni cominciarono a cedergli e Derek lo sostenne.
«Mi dispiace.»
Tutto
il corpo di Stiles gli urlava di cedere e anche la lucidità
veniva a mancare. «Anche a me.»
«Addio,
Stiles.»
Stiles
chiuse gli occhi e si addormentò. Addio, Derek.
Giorno 30 (0)
Quando
arrivò il momento, sebbene sapesse che era inutile, Derek
lottò con tutte le sue forze. Lo doveva a Stiles e a se
stesso.
D'altronde
era un predatore, non si sarebbe fatto portare via dai cerberi senza
nemmeno lottare.
Il
primo morso, al fianco, lo sentì appena, tanta era la foga
nello scontrarsi contro i tre cani degli inferi. Il secondo, alla
spalla, lo fece guaire, e mancare il colpo che stava sferrando. Il
terzo, alla gamba, lo fece cadere a terra.
Gli
altri morsi smise di contarli, mentre cominciava a perdere le forze e
rispondere sempre di meno agli attacchi.
Infine,
i cerberi si allontanarono dal suo corpo martoriato. Il buio lo avvolse
e poi ci fu solo fuoco.
Quando
Stiles trovò il corpo di Derek, esso ormai era quasi freddo.
«Svegliati,
svegliati!» urlava Stiles, fuori di sé.
«Non te lo perdonerò, mi senti?
Non-te-lo-perdonerò!» Smise di scuote il corpo
senza vita e sbatté la mano chiusa a pugno contro il
pavimento di legno, sporcandosi di sangue. «Derek, Derek! Non
per me, non per me! Derek!»
Stiles
continuò a chiamare il suo nome ancora a lungo. Non ottenne
risposta.
Fine
Spazio Autrice: Salve a tutti! Dopo lungo
tempo torno su Efp e a scrivere qualcosa. Questa storia è
stata un parto, sostanzialmente perché io a scrivere questa
roba deprimente e angst soffrivo più di Stiles e Derek messi
insieme. Magari la prossima volta torno con qualcosa a lieto fine, eh?
Voglio anche aggiungere che, immagino, abbiate notato che non sono
presenti dichiarazioni d'amore. Non che i due sfortunati innamorati non
provino nulla, ma io sono per gli sviluppi lenti e per arrivare a
tanto, ad un vero "ti amo" o qualcosa di simile, dovrei fare una long
di quaranta capitoli (magari un giorno farò una Sterek
così lunga). Anzi, per i miei standard la relazione in
questa shot si sviluppa molto velocemente. XD
Spero che vi sia piaciuta e che vi abbia fatto provare qualcosa.
Alla prossima volta!
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