vikings
You promised me.
Ragnar amava il modo in cui Athelstan
si lasciava andare e quel giorno, si era veramente lasciato andare.
Ormai il monaco, stava nella sua angusta dimora da anni, ed erano
migliori amici, fratelli, amanti. Quel giorno Athelstan, entrò
contento nella solita sala, in cui quasi tutti i giorni si recavano
duchi dal resto della Scandinavia, creando scompiglio e banchetti,
seguiti da alcol e sesso.
Athelstan si avvicinò con fare veloce,
sorrise a Ragnar in una maniera intensa e gli sussurrò «Sono
rinato, sono di nuovo cristiano.» Ragnar si stupì alle sue
parole e successivamente da quelle che uscirono dalla propria bocca,
«Athelstan non puoi lasciarmi, io
ti amo.» i due si guardarono intensamente e si giurarono
semplicemente lealtà e fedeltà. Ragnar aveva sentimenti
contrastanti per l'uomo davanti a sé, che stringeva tra le braccia.
Lo amava, ne era consapevole. Lo amava come un genitore ama un
figlio, ma anche come un marito ama la propria moglie. Ragnar lo
voleva, in quel momento non voleva altro. In quei semplici secondi,
si dimenticò di Aslaug, di Lagherta, Bjorn, Ivarr, Ubbe, Sigurd e di
Hvitserk e soprattutto, in quel momento voleva ritornare quel
semplice contadino che era un tempo, voleva dimenticarsi, per un po'
della responsabilità che lentamente lo stava sciupando, dell'enorme
paese che aveva nelle sue mani.
Probabilmente, Athelstan capì ciò che
passava lentamente per la mente contorta del vichingo, perchè il suo
sguardo divenne più dolce del solito. Quel ragazzo era dolce, lo era
pure quando brandiva un'ascia ed era ricoperto di sangue, gli
sembrava quel martire che lui amava tanto, mh come si chiamava...ah
si Gesù Cristo. Athelstan non faceva altro che parlare di questo
essere in grado di fare cose impossibili. Da come gliel'aveva
descritto, gli ricordava Athelstan, ovviamente per tutto, tranne per
come brandiva l'ascia. Nonostante tutto, per essere ancora un
verginello come vichingo, ci metteva anima e corpo nei suoi
obiettivi. Voleva essere un bravo vichingo, capace e lo divenne. Ma
dopo quel suo “sono rinato, Dio mi ha mandato un segnale” Ragnar
non sapeva più che pensare.
Ragnar fece scorrere lentamente la sua
mano sul braccio di Athelstan, coperto da tessuto chiaro e grezzo e
intrecciò le dita con quelle più sottili del monaco.
Non dissero nulla, Athelstan uscì
dalla sala, trascinandosi Ragnar per le strade di Kattegat. Percepì
lo sguardo degli abitanti su di loro, ma poco gli importò, continuò
a camminare a testa alta. Il vichingo cercò di rimanere serio nel
vedere in lontananza la sua vecchia casa e che si stava dirigendo
proprio in quel luogo pieno di ricordi, insieme al suo migliore
amico. Entrarono e Ragnar come al solito non si disturbò minimamente
di non fare rumore. Athelstan si sedette in una delle sedie
sgangherate dove solitamente si accomodava sempre Ragnar, mentre il
vichingo si sedette ai piedi del basso materasso fatto di paglia. Si
guardarono per alcuni secondi che parvero eterni, fino a quando
Athelstan parlò «Ragnar, ti
prometto che non ti abbandonerò. Siamo fratelli. Non importa se il
nostro dio è differente. Ma chi lo sa, magari sono la stessa persona
e ci incontreremo nel Valhalla o in Paradiso.» Ragnar notò
Athelstan fare spallucce. «Athelstan, amico mio. Il Valhalla o il
Paradiso, quello che diamine è, lo voglio assaporare ora, con te.»
furono parole di cui Ragnar stesso si stupì e fece un veloce
movimento di mano, quasi per congedare questo discorso, ma il
vichingo rise visibilmente nel vedere Athelstan arrossire in quel
modo.
Tutto fu molto
veloce, Ragnar si accorse solo in quel momento di come anche
Athelstan voleva lo stesso. Percepì tutto da quel suo bacio così
passionale e poco casto. Ragnar tirò il corpo del ragazzo contro il
letto, bloccandogli i polsi poco sopra la testa con una mano, mentre
quella libera, arrivava quasi al punto di strappargli i vestiti, in
quel momento ingombranti, di dosso. Il bacio venne prolungato, dando
l'impressione al vichingo di essere sul punto di perdere il fiato, ma
poco gli importava, in quel momento il suo interesse era tutto sul
quel meraviglioso monaco sotto di sé.
Le gambe di
Athelstan furono velocemente attorno al bacino massiccio di Ragnar e
il suo modo così lento e passionale in cui lo possedette, fece fremere
d'eccitazione il monaco. Ragnar in quel momento non era lo stesso.
Non era rude, rozzo e sarcastico come il suo solito. Era passionale,
sensuale e dannatamente bello, che Athelstan si lasciò sfuggire un
gemito di piacere, così intenso che Ragnar gli sussurrò con voce
roca, contro il suo orecchio un semplice «Athelstan.»
Sentire Ragnar
sussurrare in quel modo così diverso il nome del monaco, lo fece
fremere nuovamente.
Le spinte del
ragazzo erano forti, ma lente, quasi per fare impazzire il povero
cristiano e Ragnar era visibilmente divertito nel vedere Athelstan in
quel modo.
Ragnar leggeva
dall'espressione di Athelstan come si sentiva. I suoi occhi languidi
erano pieni di voglia, ma anche spaventati, probabilmente aveva paura
di quel suo Dio. Cosa c'era di male, nell'amare una persona che era
del tuo stesso sesso? Odino di sicuro non si sarebbe fatto questo
problema.
Però leggeva pure
come gli piaceva essere posseduto in quel modo, sentiva le sue unghia
graffiare la propria schiena inarcata e questo non faceva altro che
aumentare l'eccitazione del vichingo. Arrivarono al limite quasi
all'unisono, dopo quelle spinte forti e lenti e Athelstan ansimò ad
alta voce un semplice «Padre, perdonami.» Ragnar rise a quelle sue
parole e scompigliò i capelli bruni del ragazzo «Smettila di
chiedere sempre perdono al tuo Dio.»
***
Ora Ragnar è
silenzioso, sul cavallo, mentre con una mano sorregge la corda
dell'altro equino. Non dice nulla, pensa solo alla bellezza e alla
serenità di quel giorno, a come si erano lasciati andare e a come
avevano ammesso il loro amore. In lontananza si percepisce il rumore
scrosciante del torrente, mentre scende dal cavallo per prendere il
corpo senza vita che si trova nell'altro. Con un movimento veloce se
lo carica sulla spalla, sorpassando il torrente e successivamente la
fitta vegetazione del sentiero davanti a sé. «Cosa faccio per te.»
dà una lieve pacca sul sedere del ragazzo, cominciando a camminare
silenziosamente, sorreggendo in una mano una pala dal manico in
legno, fin troppo rozzo e un bastone nodoso e ricurvo trovato durante
il tragitto. «Certo che per essere così piccolo sei davvero
pesante» ansima, continuando a camminare, guardandosi di tanto in
tanto in torno, puntando gli occhi glaciali e pieni di dolore sulla
vegetazione verde. Essa si muove, leggermente, creando lievi rumori,
in grado di far tremare anche il più grande vichingo di tutti i
tempi. Si ricorda quel punto così alto, così bello e pacifico, è
quello in cui Athelstan per la prima volta gli aveva fatto sentire
una preghiera cristiana, era stato Ragnar stesso a proporgli di
fargliela sentire, la sua era ed è ancora tutta curiosità. Posa il
corpo avvolto da un lenzuolo bianco sul terreno, sdraiandosi accanto
e sussurrare «Questo è il posto più alto, vicino al tuo Dio, che
posso darti.» Si alza successivamente, cominciando a spalare
lentamente il terreno umido, appoggiando successivamente il corpo
senza vita, nel momento in cui crea una fossa sul terreno, in grado
di fare entrare il ragazzo. Si siede sul terreno, mantenendo nelle
mani callose i due legni ricurvi e nodosi. Fissa davanti a sé,
sentendo il fiato mancare per qualche secondo, cominciando a parlare
«Non ho mai saputo cos'è un martire» si interrompe, accennando una
risata, per poi riprendere «E continuo a non sapere. Eri un bravo
uomo, Athelstan. Ti ho sempre rispettato per questo.» Comincia a
rigirarsi lentamente il bastone tra le mani, pulendo appena la punta
con le dita e tenendo lo sguardo basso «Mi hai insegnato molto. Ti
sei visto sempre come un debole e in conflitto, ma per me, tu eri
impavido perchè tu hai sempre osato.» trattiene una smorfia di
dolore,mormorando «Perchè sei morto? Avevamo ancora molto di cui
parlare.» Prende nuovamente la pala, cominciando a muovere
velocemente le mani, usando una corda grezza per legare il legno a
quello della pala, creando così una croce fatta di lacrime e
tristezza «Ho sempre creduto che la morte è un destino di gran
lunga migliore rispetto la vita, ti riunirai con i tuoi cari. »
Stringe con forza la corda, sentendo nel mentre un groppo in gola
formarsi «Ma noi non ci incontreremo mai, amico mio.» accenna una
risata amara «Ho la sensazione che il tuo Dio potrebbe obiettare una
mia visita, per te, in Paradiso. Cosa devo fare adesso?» trattiene
un gemito nel sentire la voce incrinarsi e le lacrime bagnare il
proprio viso «Ti odio perchè mi hai lasciato! Io sto soffrendo per
la tua perdita.» Sussurra, percependo il rumore scrosciante
dell'acqua contro le piante e poco dopo il proprio viso bagnato,
dalla pioggia e dalle lacrime amare. «Non c'è nulla che adesso può
consolarmi. Sono cambiato. E anche tu.» sussurra, guardandosi
intorno, alzandosi lentamente. Fissa per un ultima volta il terreno
rialzato nel punto in cui si trovava l'uomo che amava, conficcando
con lieve forza la croce poco sopra la montagnetta di terra ormai
completamente bagnata. S'incammina, dando un'ultima occhiata dietro
di sé, stringendo il ciondolo a forma di croce del cristiano con un
pugno, mentre con la mano libera, si asciuga la tristezza dal suo
volto. Percepisce il vento diventare forte e insistente, dando l'impressione
di sussurrare un semplice «Athelstan.»
Avevi promesso che non mi avresti lasciato.
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E'
la prima volta che scrivo dopo tanto e pubblico, Diciamo che è
per la prima volta per me scrivere pure una One-Shot e giuro che mi
scuso per questa simile porcata, non so cosa ne penserete, ma è
stato più forte di me e non potevo trattenermi dal non
pubblicarla. Per di più dovevo per forza scrivere del mio
personaggio preferito e di Athelstan, perchè ammettiamolo sono
dannatamente belli.
Tanto amore
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