Di arancione, rane e altre cose ridicole

di rekichan
(/viewuser.php?uid=7144)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


N/A: Questa cosa totalmente senza pretese è stata scritta per il compleanno del gruppo: “Perché ti importa così tanto di me?”, a cui mi hanno infilato a forza, sotto costrizione e senza regalarmi neanche una caramella per il disturbo.

Però mi diverto a leggere i loro deliri su fb, quindi se la meritano, anche se postano talmente tanta roba che ogni tanto mi sembra di essere alla sagra della salsiccia.

Quindi, questa fanfiction è un regalo per gli utenti di quel gruppo e anche – sì, anche – per il SasuNaru.

Perché nonostante io ormai abbia un rapporto di amore-odio per questa coppia è stata l’origine di tante cose belle nella mia vita, di cui raccolgo i frutti ancora oggi.

Beh, leggetevi questo delirio notturno, commentate, non fatelo, vedete voi. Io tra poco vado a dormire anche se sono le cinque e mezza di mattina.

Ah, non ho tenuto conto del manga (manga? Quale manga?), questo è uno slice of lifes del mio mondo utopico di quando avevo sedici anni, quindi consideratelo un piccolo ritorno alle origini.

L’immagine allegata è stata fatta dalla mia dolce metà (?), in omaggio al fatto che ci siamo conosciuti proprio grazie a questi due beceri.

 

Di arancione, rane e cose ridicole

 

Non ci poteva credere. Davvero, più Sasuke Uchiha ci pensava, più non comprendeva come avesse fatto a ridursi in quel modo.

L’ultimo membro del grande clan Uchiha che si abbassava a… quello!

Storse il naso, fissando quel… quel coso!, che sonnecchiava rumorosamente.

Sonnecchiava rumorosamente nel suo letto.

Sonnecchiava rumorosamente nel suo letto e completamente nudo.

Sonnecchiava rumorosamente nel suo letto, completamente nudo e vicino a lui!

Sbuffò e si alzò per andare a prendersi un bicchiere d’acqua. Rifletté per un secondo che, forse, sarebbe stato più adeguato un sorso di cicuta, mettendo fine a quella dannata vicenda una volta per tutte.

Lui e Uzumaki. Lui e Uzumaki! Più ci pensava più lo spigolo appuntito del muro sembrava un posto attraente per sbattervi la testa con violenza.

Mentre accarezzava quella dolce idea e prospettiva di riposo eterno, una vocina maligna – che assomigliava in maniera inquietante a quella di Itachi – gli sussurrò all’orecchio uno spietato: «Chi è causa del suo mal, pianga se stesso».

Di certo, Sasuke era sempre stato bravo a negare, ma faticò alquanto nel non ammettere a se stesso di aver avuto un ruolo in quella vicenda. Soprattutto a causa delle varie tipologie di fluido non meglio determinato che macchiavano le lenzuola.

Con suo sommo rammarico, la sua autoindulgenza fece cilecca e dovette ammettere con se stesso che: sì, era anche colpa sua.

Ora non aveva altra scelta che comportarsi da uomo e affrontare la situazione. Sarebbe andato in camera, avrebbe chiarito con Naruto che qualsiasi cosa fosse successa in quella stanza sarebbe rimasta chiusa in quella stanza (a doppia mandata, con serratura blindata e poi gettata nel fiume più profondo del paese della Nebbia) e, soprattutto, non si sarebbe mai – mai! – ripetuta.

Forte di quella decisione, Sasuke Uchiha si armò della sua migliore espressione da: “Non me ne frega un cazzo di nessuno” e “Io sono un vendicatore”; entrò in camera e…

…e tutti i suoi buoni propositi furono smorzati dall’immagine di un Uzumaki appena sveglio che cercava goffamente di rimettersi i suoi boxer.

Arancioni.

Con le rane.

Kami, quanto era caduto in basso.

«Usuratonkachi…», sibilò sconcertato.

A quel suono, Naruto riuscì, in ordine, a:

1)      Arrotolarsi le caviglie nei boxer;

2)      Balbettare un «Sa-Sasuke…» imbarazzato, neanche fosse stato colto a rubare ramen;

3)      Caracollare faccia a terra nudo come mamma lo aveva fatto (eccezion fatta per i famosi boxer annodati attorno alle caviglie);

4)      Urlare un: «Teme è colpa tua!», che Sasuke giudicò alquanto fuori contesto.

Tutto questo fu troppo per la fragile mente di Uchiha che optò per uscire dalla camera nel modo più dignitoso possibile concesso dalla propria nudità.

Si chiuse la porta alle spalle, in silenzio, e si chiese cosa avesse fatto di male nella sua vita precedente per meritarsi un Naruto Uzumaki in quella attuale.

Doveva essere stato davvero una persona orribile, visto che aveva fatto di tutto – TUTTO! – per evitare quel dobe soggetto a un’inopportuna dipendenza da ramen.

Oltretutto, anche la sera prima aveva preso quello al miso. E lui odiava il miso. Anche la prima volta che si erano baciati Naruto sapeva di mis…

Altro ricordo sgradevole. Possibile che nella sua esistenza, gli unici barlumi di vita sessuale li avesse avuti proprio con Uzumaki? Cosa aveva fatto di male? Cosa?

Lui voleva solo uccidere suo fratello, vendicare il suo clan, radere al suolo un villaggio, sterminare un po’ di persone… niente di così grave! Anzi! Era un benefattore dell’umanità, visti i soggetti che si era prodigato a far passare a miglior vita!

E allora perché gli dei avevano messo sulla sua strada lui? E che non gli venissero a raccontare tutte quelle puttanate sul destino, sui legami d’amicizia e su inesistenti tensioni sessuali derivanti dalla rivalità di cui Sakura aveva cominciato a ciarlare da quando era ritornato a Konoha!

Stava ancora meditando sul problema, quando Naruto, con la sua solita grazia elefantiaca, lo raggiunse caracollando.

«Sasuke…»

«No.»

«Ma…»

«Qualunque cosa tu stia per dire, la risposta è “no”, Uzumaki. No. ENNE-O!»

«Ma io…»

«Naruto… - Sasuke fece appello ai suoi ultimi barlumi di pazienza. Si ricordò di avere a che fare con un potenziale troglodita ritardato con tendenze stalker, che lo aveva inseguito per anni con tenacia pari solo a quella di un completo deficiente, e impostò il tono più calmo che riuscì a trovare - …vai a casa. Dimentica quanto successo ed evitiamo di pensarci, ok?»

«No!»

Sasuke assottigliò minacciosamente lo sguardo, lanciando un’occhiata di sfida a Naruto. A lui e ai suoi ridicoli boxer arancioni con fantasia a rane che, perlomeno, erano riusciti a tornare nella giusta collocazione. Al contrario, ma almeno si era rivestito.

«Ripetilo», minacciò.

«No! Non dimenticherò quello che è successo e non lo farai neanche tu! Ho passato anni a correrti appresso come un disgraziato, prima per diventare bravo quanto te, poi per riportarti a Konoha…»

«…maledetto quel giorno in cui non ti ho ammazzato…», commentò tagliente Sasuke, ma Naruto non sembrò sentirlo e continuò.

«…e poi per tenerti lontano da quello stuolo di galline arrapate che volevano “ricreare con te il clan Uchiha”. Finalmente succede quanto succede e ho il barlume di speranza che forse, forse!, hai qualche interesse nei miei confronti e tu mi dici di far finta di nulla?»

Sasuke ci mise qualche secondo ad afferrare le implicazioni di quello sproloquio. Sì, suo malgrado era stato costretto ad ammettere che Naruto non gli era proprio così indifferente, ma da qui a pensare che Uzumaki fosse così partito di cervello da parlare di… di cosa stava parlando in effetti?

«Dobe… - sospirò – questo è un tentativo di dichiarazione, o è solo un delirio allucinogeno dato dai fumi del ramen?»

Naruto avvampò; scostò lo sguardo, mentre Sasuke provava un sadico piacere nell’averlo zittito almeno per il momento.

«Beh… ti aspettavi rose e cioccolatini?», bofonchiò infine Uzumaki. Uchiha storse il naso, schifato anche solo dalla prospettiva.

«Ti sembro una cazzo di ragazzina di tredici anni, dobe?»

«Se preferisci mi metto in ginocchio e ti declamo il mio eterno amore», ghignò Naruto. Sasuke si trattenne dal tirargli un calcio proprio sulla faccia della ranocchia sorridente al centro dei boxer. Tanto quello che aveva in mezzo alle gambe non gli serviva.

«Se ti metti in ginocchio potresti declamarlo in un altro modo», commentò Uchiha. Restò perplesso pure lui dalla sua stessa risposta, ma si giustificò con una scrollata di spalle. In quel momento non aveva molta voglia di pensare alle implicazioni della sua stessa affermazione. Era uno schifo, era la cosa più sbagliata possibile nel fantastico mondo mentale di Sasuke Uchiha, ma ci avrebbe pensato il giorno dopo e, forse, quello dopo ancora e ancora.

«È un modo per dirmi che…»

«No. – rispose Sasuke – Non è per dirti niente, se non un: mi hai rotto i coglioni per anni, con una costanza e stupidità tali pari solo a quella del salmone che combatte le correnti delle cascate per diventare sushi. Ho cercato in ogni modo di evitarti, di toglierti dalla mia vita, ma non ci sono riuscito. E ho imparato una cosa: non mi lascerai in pace, finché non avrai una risposta seria che io ora non so darti. Quindi… vediamo come va, Uzumaki. Ma ad un patto…»

Naruto annuì, con gli occhi azzurri che brillavano e un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. Sasuke notò per la prima volta che le cicatrici sul volto accentuavano i suoi zigomi, poi scosse il capo.

«…rimettiti una volta, una volta sola!, quei ridicoli boxer e giuro che ti prendo a calci finché non cominci a gracidare.»

«Ma sono…»

«…orribili», decretò impietoso Sasuke. Naruto gonfiò le guance, indispettito.

A quel gesto, nella mente di Uchiha si sovrappose l’immagine di un Naruto più giovane, con la stessa irritazione, la stessa espressione buffa e una ridicola felpa arancione e blu. Rivide se stesso a dodici anni, mentre gli passava l’obento disubbidendo al loro maestro, le missioni che avevano svolto assieme, la rabbia, le risate che aveva fatto tra sé e sé, nascondendole dietro al broncio, guardando le scemenze di Uzumaki…

Sì, forse non sarebbe andata così male, pensò.

E sorrise, ma solo dopo aver bruciato quei maledetti, ridicoli boxer con un katon.

Image and video hosting by TinyPic




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3495239