PROLOGO
“Cosa
abbiamo qui?”
L’uomo
che tirava la barella sospirò e sorrise al dottore al Pronto Soccorso. “Allison
Morgan, è caduta all’aeroporto e si è ferita una mano. Pressione ottima, è
lucida e anche molto simpatica.”
“Grazie
Travis” disse proprio lei guardando poi il dottore. “Mi dispiace per tutto
questo caos, avevo pianificato di prendere un taxi per arrivare qui dopo essere
caduta, ma qualcuno ha chiamato un’ambulanza. Sono… mortificata.”
“Nessun
problema,” le rispose il dottore con un sorriso. “Sono il dottor Miller e…”
Codice
rosso. Codice rosso. In arrivo multipli feriti gravi a seguito di un incidente
stradale.
“E
ha cose più importanti di cui occuparsi” prese la parola Allison dopo che la
voce nell’altoparlante si fermò. “Non si preoccupi per me” continuò alzandosi
in piedi. “Mi metterò qui nella sala d’attesa e aspetterò che qualcuno di voi
abbia tempo.”
Il
dottor Miller annuì, poi afferrò alcune garze su un vassoio e gliele premette
sulla ferita. “Tenga queste e manderò qualcuno il prima possibile. E grazie per
la sua comprensione.”
“Si
figuri” Allison si voltò a guardare Travis e l’altro paramedico. “Mi dispiace
per il disturbo.”
“Dovere”
le rispose Travis con un sorriso prima di andarsene.
****
Joel
era appena uscito dalla sala operatoria quando venne chiamato al Pronto Soccorso.
L’orario di lavoro era, teoricamente, finito da almeno un’ora ma durante
l’intervento aveva sentito che c’era stato un grave incidente stradale quindi
dubitava che sarebbe riuscito a tornare a casa prima di altre tre ore almeno.
Poco male, lui amava il suo lavoro e stare in ospedale era più o meno come
stare al suo appartamento, con la differenza che lì, al lavoro, aveva qualcuno
con cui parlare mentre a casa era… completamente solo.
Di
solito, essendo il capo di chirurgia, a lui spettavano solo le parti
burocratiche e noiose ma in situazioni di emergenza come quelle poteva
finalmente tornare a fare ciò per cui si sentiva portato; curare i traumi, vivere
l’azione. Era lusingato che gli avessero assegnato un compito così importante
come quello di essere il capo ma molto spesso gli mancava poter stare a
contatto con i pazienti. Non era completamente tagliato per stare al comando;
risolvere i conflitti tra i vari medici, prendere decisioni importanti al posto
di qualcuno di loro… era una grossa responsabilità e come ogni cosa di tale
portata era tremendamente difficile.
“Zach”
disse al suo collega avvicinandosi a lui. “Mi hai fatto chiamare?”
“Sì”
confermò l’altro cercando una cartella. “So che sei il capo e che hai cose più
importanti di cui occuparti ma c’è stato un grave incidente e sono a corto di
medici quindi vorrei che ti occupassi di questa paziente.”
Joel
afferrò la documentazione che l’altro le porgeva e la aprì iniziando a leggere.
“Si tratta di una ferita superficiale, non puoi mandare qualcuno degli
specializzandi? Io posso fare qualcosa di più impegnativo soprattutto
considerato che siamo in una situazione di emergenza.”
“La
povera ragazza si è scusata più di una volta di averci disturbato e si è seduta
con delle garze premute sulla ferita in gentile attesa che qualcuno le suturi
la mano. È una brava donna ed è molto gentile, occupatene tu” gli disse. “Oltretutto,
una volta che l’avrai vista mi ringrazierai.”
“Che
vuol dire?” chiese Joel perplesso.
“Che
è molto bella. Decisamente il tuo tipo.”
Zach
si allontanò lasciando Joel confuso.
****
“Allison
Morgan!” esclamò il dottor Goran in piedi nel centro della sala d’attesa piena
di gente.
“Sono
io” rispose qualcuno alzando una mano ma non lo sguardo, non subito almeno.
Quando lo fece però la garza le cadde di mano mentre si scontrava con due occhi
scuri che le erano familiari e che allo stesso tempo non conosceva.
“Incredibile” mormorò scuotendo poco il capo.
“Si
sente bene?” chiese il dottore con un sorriso. “Sembra che abbia appena visto
un fantasma.”
“Sì”
si affrettò a rispondere lei riprendendo il controllo. “È solo che lei somiglia
molto a qualcuno che conosco.”
“Oh”
sussurrò lui. “Spero qualcuno che le è simpatico.”
“Gli
sono molto affezionata” confermò Allison schiarendosi la voce. “È qui… per
sistemare la mia mano?”
“Esatto”
le disse l’uomo invitandola a seguirlo fino ad un lettino. “Sono il dottor Joel
Goran.”
“Lieta
di conoscerla. Senta,” gli disse la donna. “Se ha altre cose di cui occuparsi
faccia pure, ci sono casi più gravi di me e io posso aspettare.”
Joel
rise. “Il dottor Miller aveva ragione, lei è molto gentile.”
“Mi
chiami pure Allison, darsi del lei è…”
“Antico?”
concluse il dottore al suo posto. “Va bene, allora tu chiamami Joel.”
L’uomo
le prese delicatamente la mano per esaminarla e fu allora che Allison vide
qualcosa; era una visione confusa e sfocata ma finiva con il gentile Joel in un
bagno di sangue. Decisamente non le piaceva.
“Dannazione!”
esclamò portandosi l’altra mano al viso, toccando il sangue che le era venuto
giù dal naso per l’intensità della visione.
“Woah”
lui le sollevò piano il mento muovendole una lucina davanti agli occhi. “Hai
sbattuto la testa durante la caduta, Allison?”
Lei
scosse il capo. “No, sono solo molto stanca. Ho fatto un lungo viaggio. Arrivo
dall’Italia.”
“Ah
la bella Italia” sorrise Joel. “Ti manderò comunque a fare una TAC dopo averti
suturato la mano e” appuntò qualcosa sulla cartella medica. “Torno subito con
un bicchiere di acqua per te, okay?”
Si
allontanò e la donna scosse il capo cercando nella sua borsa il cellulare.
“Perché queste cose capitano sempre a me?” mormorò a se stessa mentre componeva
un numero che non componeva da tanto. “Elijah” disse quando partì la segreteria.
“Sono io, Allison. Sono a Toronto e… credo che dovresti raggiungermi. Chiamami
quando arrivi in città” concluse prima di riattaccare mentre Joel tornava con
dell’acqua per lei.