Questa flash fiction partecipa alla Corsa delle 48 ore, indetto dal
forum “Torre di Carta” con il prompt pennarello.
Per
colpa di un pennarello;
Era
stata una nottata indaffarata.
I
Lightwood, Simon e Clary erano appena rincasati dall’ultima carneficina di
demoni Shax. Avevano avuto da poco una seconda allerta demoni e si erano
concessi un’oretta per riposare, prima di riprendere la caccia.
Jace
fu uno dei primi a svegliarsi; Clary dormiva con la testa sulla sua spalla, la
pelle chiara ancora cosparsa di rune. I marchi di Isabelle, che era
rannicchiata di fianco a Simon, erano in parte sbiaditi.
Jace
si scoprì le maniche, esaminandosi la pelle: anche le sue rune stavano
svanendo.
Si
diresse verso Alec per farsene fare delle altre. Il suo parabatai riposava
tranquillo, il capo abbandonato sul petto di Magnus, che si era curiosamente
offerto di accompagnarli.
Lo
stregone era l’unico sveglio oltre a lui e lo stava fissando con uno scintillio
insolito nello sguardo. Una mano era intenta ad accarezzare i capelli di Alec,
ma l’altra stava giocherellando con un pennarello indelebile.
Mezzora
prima Jace l’aveva usato per cercare di disegnargli un paio di baffi e non ci
era riuscito per un soffio. Per un attimo temette che lo stregone si fosse
vendicato mentre dormiva, ma si rilassò quando la finestra gli restituì il
riflesso di un viso pulito.
Sorrise,
mentre svegliava i compagni addormentati.
“È
l’ora della caccia!” esclamò, prima di accovacciarsi di fianco al fratello.
“Alec,
svegliati…” lo chiamò, scuotendogli delicatamente una spalla. “… Dobbiamo
rifarci le rune.”
Alec
sbatté le palpebre più volte, prima di guardarsi attorno con sguardo
insonnolito.
“Va
bene” mormorò infine, stropicciandosi gli occhi. Sorrise a Magnus, che gli
stava ancora accarezzando i capelli, e si mise a sedere, ancora intontito.
Non
si accorse dello scintillio compiaciuto negli occhi del fidanzato, né
dell’espressione perplessa che assunse Jace mentre gli scopriva gli avambracci.
Incominciò
a nutrire qualche sospetto quando il parabatai prese a esaminargli le
braccia da ogni angolazione, come se fosse alla ricerca di qualcosa.
“Cosa
c’è?”
Jace
sbuffò e lo sospinse all’indietro. Quando, senza troppe cerimonie, gli sollevò
la maglietta, Alec incominciò ad agitarsi.
“Jace,
ma che diavolo…”
“Non
posso farti le rune” dichiarò il fratello, lasciandolo andare. “Non hai spazio
da nessuna parte.”
Alec
era sempre più confuso.
“Come
sarebbe a dire che non ho…”
Si
zittì di colpo, esaminandosi le braccia: erano piene di scritte a pennarello.
La maggior parte recitava frasi come ‘Non toccare’ o ‘Proprietà privata’, ma
Alec notò anche un ‘Divieto d’accesso agli stilo’ e un brutto scarabocchio
sopra la runa parabatai. Non osò sollevare la maglietta, per paura di
quello che avrebbe trovato.
“Che
rune artistiche!” commentò con un ghigno Isabelle, raggiungendoli.
Alec
si sentì avvampare.
“Chi
è stato?” sbottò, sfregandosi la pelle scarabocchiata.
Jace
si strinse nelle spalle.
“Fossi
in te chiederei al tuo fidanzato.”
Magnus,
che fino a quel momento era rimasto in silenzio, sorrise sardonico.
“Jace
aveva cercato di disegnarmi dei baffi” si giustificò, agganciandosi ai passanti
dei suoi jeans. “Lo sanno tutti che mi sta meglio la barba.”
“E
allora perché diamine non hai pasticciato lui?” esplose Alec. “Come faccio
senza marchi?”
“Suvvia,
fiorellino” cinguettò Magnus, accarezzandogli il collo. “Le rune non ti
servono: posso occuparmi io della tua incolumità.”
“Oppure
possiamo spogliarlo e trovare qualche centimetro di pelle pulita” commentò
Jace, con l’intento di stuzzicare Magnus.
Gli
occhi dello stregone si ridussero a due fessure.
“Belli
i tuoi capelli, oggi” osservò, indicandogli la nuca. “Hai fatto la tinta?”
L’orrore
si dipinse nel volto di Jace: si toccò i capelli, ritrovandosi le dita sporche
d’inchiostro.
Le
sue urla svegliarono Simon e Clary, che si guardarono attorno confusi.
“Nephilim”
commentò allegro Magnus, godendosi la sua scenata. “È sufficiente un pennarello
per fargli venire una crisi di nervi.”