A Madre
Scesi dall'autobus. Avevo una strana
sensazione, come quella di un pericolo imminente e interpretai ciò
come un simbolo di infinita stanchezza. Avevo lavorato senza sosta
per una settimana e pensai che davvero meritavo un bel riposo: forse
avrei fatto un salto alle terme. Improvvisamente il cellulare che
avevo in mano mi scivolò e, nel raccoglierlo, mi voltai. Il
marciapiede era pieno di persone che tornavano a casa dando a quella
parte della città il suo naturale aspetto caotico.
Fu allora che lo vidi. Osservando le
persone intorno a me il mio sguardo cadde su due occhi blu cobalto
puntati su di me. Rividi dopo cinque anni il mio dolce incubo. Ranma,
il mio ex fidanzato mi fissava con uno sguardo indecifrabile, forse
simbolo di tutta la confusione che quell'incontro fortuito gli aveva
provocato nel cuore. Sorrisi per un attimo, voltandomi e imboccando
la via che mi avrebbe condotto a casa. “Speriamo che mi segua”
sussurrò una vocina proveniente del mio cuore, ma scossi
subito la testa, come a scacciare quell'assurdo pensiero. In meno di
dieci minuti mi ritrovai distesa sul mio divano con un peso sul cuore
che non riuscivo ad interpretare. Pensavo e ripensavo in
continuazione a quell'attimo. I nostri occhi si erano incrociati e la
pelle mi si era accapponata. Perchè il passato era venuto a
trovarmi quando lo credevo morto e sepolto? Che strano il destino!
Rivissi i cinque anni trascorsi e una lacrima scese giù per la
mia guancia.
Era iniziato tutto dopo la cerimonia
del diploma. Eravamo entrambi felicissimi: avevamo raggiunto un
importante traguardo. I nostri genitori, però, avevano
stabilito che avremmo dovuto sposarci non appena avessimo finito le
scuole. Ma non volevo che la mia vita scolastica si fermasse lì:
-Voglio andare all'Università-
dissi un giorno durante il pranzo.
Inutile dire che mio padre iniziò
a frignare, Ranma stava per strozzarsi , mentre Nabiki esclamava
impassibile:- Ve l'avevo detto!-
Dopo tre giorni di inferno in cui mio
padre ri rifiutava di parlarmi, acconsentì alla mia richiesta,
a patto che fossi rimasta nei paraggi e che non avessi cambiato nulla
nei miei rapporti con Ranma. Accettai senza obbiettare: faceva comodo
anche a me. Non volevo stare lontana dal mio fidanzato e lasciarlo
nelle mani di quelle arpie di Ukyo, Shampoo e Kodachi: in fondo ne
ero innamorata.
L'estate passò in fretta ed io
ero felice per due motivi: stavo per iniziare l'Università e
Ranma si era avvicinato a me come mai aveva fatto prima. Credevo che
finalmente avessimo stabilito un rapporto serio e e che stesse per
accadere qualcosa che avrebbe cambiato le nostre vite. Ma mi
sbagliavo. Una sera tornavo a casa dopo aver trascorso la giornata in
piscina con la mia amica Yuka. La mia pelle aveva assunto una bella
colorazione dorata: chissà cosa mi avrebbe detto Ranma!
L'avrebbe notato? Persa in pensieri di questo genere, mi ritrovai a
passare nel parco-giochi a pochi passi da casa.
Lì tutti i miei sogni
naufragarono come una barchetta di carta nel mare burrascoso.
Vidi Ranma e Shampoo.
Avvinghiati.
La baciava con trasporto stringendola a
sé possessivamente.
Rimasi immobile, mentre sentivo il mio
cuore andare in frantumi. Non ricordo cosa accadde dopo, ma credo di
essere tornata a casa in fretta a preparare le valige: non volevo
vivere in un luogo dove chiunque mi prendeva in giro. Il giorno
successivo all'alba partii per Osaka. In quella grande città
sconosciuta trascorsi i successivi cinque anni. All'inizio fu molto
difficile, ma poi incontrai Guill, un ragazzo che frequentava i miei
stessi corsi. Era bravo in tutto ciò che facesse. Mi presentò
ai suoi amici ed iniziai ad avere una vita sociale. Dimenticai Ranma.
Sentivo di rado la mia famiglia, tranne che per Kasumi, che rimaneva
il mio filo conduttore con il passato. Guill diventò il mio
ragazzo e tutto ciò che avevo sognato accadesse con Ranma,
avvenne con lui. Lì frequentai l'Università e mi
laureai a pieni voti, iniziando subito a lavorare in un'azienda in
cui ero pagata profumatamente. Sapevo che i Saotome avevano lasciato
casa Tendo tre giorni dopo la mia partenza, ma che continuavano a
rimanere in contatto sperando che un giorno tutto cambiasse. Invano.
Squillò il cellulare,
interrompendo quel doloroso viaggio nel mio passato. Guill mi
chiedeva se fossi pronta per andare a cena. Accidenti! L'avevo
completamente dimenticato! Corsi a prepararmi e in men che non si
dica seppellii di nuovo Ranma, Nerima e il mio passato doloroso.
Guill si alzò un attimo per
andare alla toilette e, dopo aver osservato per un po' la sua figura
aitante allontanarsi iniziai a guardarmi intorno. Il ristorante era
molto carino: poche coppiette stavano largamente distribuite in
un'ampia sala illuminata da molte candele. Sistemai il tubino nero,
facendolo aderire perfettamente al mio corpo. Sentii il campanello
della porta e vidi entrare due persone. Non distinguevo bene le due
figure, data la scarsa luminosità, ma nel momento in cui il
cameriere li fece accomodare al tavolo più vicino al nostro,
raggelai. Di nuovo lui! Ranma e una bionda prorompente stavano per
consumare la cena a tre passi da me! Presi il cellulare ed iniziai ad
armeggiare con esso fingendomi indaffarata, sperando di non attirare
attenzione e che quindi non si accorgesse di me. Quando una mano si
posò sulla mia spalla, però, spaventata, feci cadere il
cellulare facendo girare tutta la sala nella mia direzione, Ranma
compreso.
Mi sentii andare a fuoco e percepivo il
suo sguardo posato prepotentemente su di me.
-Cara, tutto bene?- Disse Guill
premuroso prendendomi una mano -Mi dispiace per averti spaventata!-
-Il caso non esiste!- dissi a
voce troppo alta, arrossendo maggiormente.
-Cosa?- domandò ancora Guill
-Vengo subito. Devo correre alla
toilette. Sai, Kasumi mi sta telefonando...- dissi abbassando di
nuovo il tono di voce.
Corsi in bagno e rimasi lì a
riflettere sul da farsi. Come agire? Decisi per la via più
sicura: avrei indossato di nuovo la mia maschera di freddezza ed
impassibilità, consumando in fretta la cena e chiudendo di
nuovo la porta in faccia a quella parte della mia vita. Presi il
cellulare ed iniziai a scrivere un messaggio a Kasumi in cui le
raccontavo tutti gli avvenimenti della giornata, tralasciando
accuratamente Ranma. Feci un ultimo sospiro e rientrai in scena,
recitando perfettamente la mia parte. La cena proseguì in
fretta, evitando i nostri vicini di tavolo e prestando tutta la mia
attenzione al mio Guill. Dopo circa un'ora ci allontanammo dal
ristorante, confessai al mio fidanzato di essere molto stanca e me ne
tornai nel mio appartamento. Dopo aver fatto una doccia, aprii la
finestra della mia stanza e, al buio iniziai a fumare una sigaretta,
immersa nei miei pensieri.
-Non sapevo che fumassi!- esclamò
una voce. Sobbalzai. Ranma era seduto comodamente sul davanzale della
mia finestra. Rimasi a bocca aperta, troppo sorpresa per proferire
parola.
-Tranquilla, non lo dirò a tuo
padre! Non dà fastidio al tuo ragazzo?- domandò ancora.
Feci un grosso respiro e mi preparai a rispondere come se nulla
fosse.
-In effetti non lo sa. Piuttosto, tu
non dovresti essere con quella ragazza?- Lui mi sorrise e rispose
-Avevo di meglio da fare. Lei è
una delle tante sgualdrinelle che pagherebbero pur di passare
mezz'ora con me. Tante... eppure nessuna che si avvicini alla mia
lei...- disse sospirando e rivolgendomi un'occhiata eloquente.
Rimasi fredda e finsi di non cogliere
l'allusione. Dunque feci la domanda strategica:
-Cosa ci fai qui?- Ranma tornò
serio e, fissandomi con uno sguardo penetrante sussurrò:
-Il caso non esiste...-Scese dal
davanzale e si fiondò su di me, baciandomi con tanta passione
che non potei fare a meno di mandare tutte le mie facoltà
razionali a quel paese e di rispondergli, dando sfogo a tutto ciò
che per tanto tempo avevo soppresso.
Aprii gli occhi: avevo bisogno
urgentemente di una sigaretta. Mi accorsi di non potermi muovere e,
girando il capo, notai quale fosse l'ostacolo: il braccio di Ranma
che continuava a stringermi possessivamente, nonostante fosse
beatamente addormentato. Tutti gli avvenimenti delle ultime ore mi
tornarono in mente in un flash. Ero. Andata. A. Letto. Con. Ranma.
Soffocai a malapena un grido e scansai il braccio di Ranma, mentre
questi mugugnava nel sonno il mio nome. Mi rivestii in fretta e corsi
in cucina dove fumai tre sigarette di fila. Lì la mia
coscienza venne finalmente a trovarmi dopo un breve periodo di
vacanza, torturandomi. Cosa diavolo mi era accaduto? Non mi ero mai
abbadonata a simili frivolezze, né potevo essere considerata
una ragazza dai “facili costumi”. E allora perchè
avevo fatto una cosa del genere?
Mi stavo facendo del male.
Avevo tradito Guill.
Cosa avrei dovuto fare? Cosa comandava
il mio povero cuore?
Una mano passata dolcemente lungo la
mia schiena mi riscosse dai miei funesti pensieri.
-Vattene...- sussurrai
-Cosa?- mi disse Ranma stiracchiandosi.
Mi diede un veloce bacio sulla guancia e si sedette accanto a me.
Feci un bel respiro profondo e dissi:
-Ho detto di andartene. Sparisci dalla
mia vita.-
-Stai scherzando, vero? Simpatica!-
rispose ridendo.
-No. Hai avuto quello che volevi. Ora
vai via.- rimase in silenzio, poi mi disse:
-Non sembrava che tu fossi tanto
contrariata... Credevo lo volessi anche tu.-
-Beh, non so cosa mi sia preso, ma ne
sono pentita. Sei stato un errore! Vuoi capire che io ho una vita qui
? Ho lavorato sodo per costruirmela e ora arrivi tu e vuoi
distruggerla? Non ti permetterò di farlo ancora!- urlai
infervorandomi. Alzai lo sguardo e l'ira che lessi nei suoi occhi mi
lasciò senza fiato. Poi, tentando di calmarsi, scandì
piano:
-Mi piacerebbe capire cosa diavolo ti
ho fatto per meritare di essere scaricato due volte. Certo, ne è
passato di tempo, ma tu sei sempre la stessa. Non sei davvero
innamorata di quel damerino so-tutto-io: te lo si legge negli
occhi...-
-E tu cosa diavolo ne sai di quello che
provo? Ti sei mai preoccupato dei miei sentimenti? No. Cinque anni fa
credevo che qualcosa stesse cambiando tra di noi e che fossimo
arrivati al punto di rendere seria la nostra storia o qualunque cosa
fosse. Ma quando ti ho visto fare la sanguisuga con quella stupida
oca cinese ho capito finalmente di essermi immaginata tutto. Mi hai
presa in giro! Sono scappata: mi vergognavo dell'Akane che ero e ne
ho costruita una nuova. Ma quando tutto sembrava essersi sistemato
ecco che torni come un ciclone nella mia vita per scombussolarla come
se nulla fosse! Chi ti credi di essere? Un dio, forse? Ma certo!
Anzi! Tu credi di essere meglio di un Dio! E poi non dovrei farmi
schifo? Mi faccio schifo perchè sono stata debole di nuovo: mi
sono concessa ad uno stupido mezz'uomo come te!- strillai prendendo
finalmente fiato.
Silenzio. Senza fiatare Ranma si alzò.
I suoi occhi esprimevano tutto il tumulto e la rabbia che stavano
avendo luogo nel suo cuore e, prima di ammettere a me stessa di
essermi pentita di ciò che avevo detto, si era già
rivestito ed era andato via sbattendo la porta. Confusa tornai nella
mia stanza, ancora impregnata del dolce profumo della pelle di Ranma.
Come se fossi stata proiettata in una dimensione onirica iniziai a
piangere calde lacrime. Cosa avrei dovuto fare? Per ore rimasi a
rimuginare, fino a quando il trillo del telefono mi riscosse dai miei
pensieri.
-Ciao dolcezza, sono Guill. Come va?
Stai meglio?-
-Si, certo. Sto bene! Mi sono appena
svegliata...- Mentii.
-E allora preparati: sto venendo a
prenderti.- Riattaccò. Avevo già fatto la mia scelta:
avrei continuato tranquillamente a vivere la mia vita e dimenticando
Ranma.
Ancora.
Passò un mese e avevo trovato un
ottimo rimedio per combattere le mie paure: gettarmi a capofitto nel
lavoro. E funzionava! Tuttavia, quando mi ritrovavo sola, nella mia
stanza i vecchi fantasmi tornavano a prendermi e mi ritrovavo vittima
di me stessa. Una mattina mi svegliai con un brutto mal di testa:
proprio non ce la facevo ad andare a lavoro e per la prima volta
nella mia carriera mi presi un giorno di vacanza. Mi preparai un
supercaffè e, mentre lo gustavo con piacere sentii un rumore
provenire dalla mia stanza: qualcuno si stava intrufolando in casa!
Mi armai di un oggetto contundente qualsiasi e mi fiondai in camera
mia. Non c'era nessuno: forse era stato il vento, visto che la
finesra era rimasta aperta. Poi notai un foglio di carta sul cuscino
e capii. Chi altri, se non Ranma, entrava ed usciva a proprio
piacimento dalle finestre delle case altrui? Sorrisi mestamente e
presi in mano la lettera, indecisa sul da farsi. Immaginai tutti i
possibili insulti che potesse contenere e iniziai ad aprirla
lentamente, mentre avevo il cuore che batteva a mille e le mani mi
tremavano convulsamente. Ciò che vi lessi mi lasciò
senza fiato.
Akane,
probabilmente avrai strappato la
lettera non appena avrai riconosciuto la mia pessima grafia. Voglio
comunque pregare la sorte e sperare che tu sappia cosa ho da dirti.
Sei la mia ossessione.
Il tuo ricordo non vuole
abbandonarmi: mi tiene legato e mi tortura come se fossi un
prigioniero di guerra. Forse sto impazzendo. Forse no. O forse sei
tu.
Sai bene come sono impacciato con le
parole, quindi è stata dura farmi coraggio.
La nostra non è stata una
stupida avventura. Il destino ci ha fatto incontrare per ben due
volte nello stesso pomeriggio e quando ti ho vista andare via da quel
ristorante evitando il mio sguardo, ho capito che dovevo fare
qualcosa. Sono letteralmente fuggito dietro di te. Non sapevo cosa
sarebbe successo, quindi sono rimasto ad osservarti fuori dalla tua
finestra, facendo in modo che tu non ti accorgessi di me. Poi...poi
ho perso la testa. Quando ti ho vista chiudere gli occhi per il
piacere momentaneo che il fumo di quella sigaretta ti provocava, ho
dimenticato persino il mio nome e mi sono ritrovato a essere una
marionetta nelle mani del mio istinto.
Accidenti, Akane, anche se fa male
ripensare a tutto ciò, io non sono pentito. Credo sinceramente
che sia stata la notte più bella della mia esistenza e che
porterò il tuo ricordo per sempre per tutta la mia vita, anche
quando avremo due famiglie diverse e sapremo che non ci incontreremo
mai più. Io, Ranma Saotome, l'artista marziale numero uno di
tutto il Giappone sono schiavo di te.
Ma le parole fanno male. Quando ti
sei sfogata, quella mattina, ho capito che l'odio mi ha dipinto ai
tuoi occhi come una femminuccia indecisa e senza onore. È
così che mi ricordi? O è come sono veramente? Mi
sono fatto questa domanda per tutto questo tempo mentre ti osservavo
di nascosto. Ti ho seguita, sai e non ho perso neanche un momento
delle tue giornate da quel giorno. Ti sembrerò un maniaco, lo
so, ma non posso farci nulla. Non riesco a credere che ancora una
volta uno stupido equivoco abbia rovinato ciò che di più
bello c'è stato tra di noi. Proprio come quando non eravamo
altro che stupidi ragazzini...
Dici di essere cambiata, o
semplicemente cerchi di imporlo a te stessa, ma sai bene che non è
così: sei sempre la solita, forse ferita, ma sempre la mia
Akane Tendo, così fiera, orgogliosa e gelosa. Vedi, quel
giorno di cinque anni fa era un giorno speciale: avevo parlato con
Shampoo e l'avevo lasciata una volta per tutte. Volevo dichiararmi a
te. Tuttavia, lei mi chiese con il cuore spezzato un ricordo e la
baciai. Era uno stupido bacio di addio. Tu probabilmente avrai
assistito solo a quest'ultima parte e, come al solito, avrai
frainteso tutto. Fuggisti. Da me, da te e dai tuoi sentimenti.
All'inizio, lo ammetto, avevo paura di venirti a cercare, perchè
ancora non avevo capito cosa avesse scatenato la tua collera.
Inizialmente pensavo, infatti, che avessi capito che volevo
dichiararmi e che fossi scappata perchè non sapessi come
rifiutarmi. Poi grazie a Kasumi ho compreso. Mi sono sentito il Re
degli Sciocchi. Ho iniziato a cercarti, ma nessuno sapeva dove fossi,
tranne che Kasumi, ma non ha mai voluto dirmelo, confidandomi
soltanto che ti aveva promesso di non aiutarmi. Volevi stare sola.
Sono passati anni e avevo perso la speranza di ritrovarti. Circa un
mese fa ebbi un'idea. Entrai di soppiatto nella stanza di tua sorella
e le sottrassi il cellulare. Era acceso. Potevo avere liberamente
accesso a tutti i messaggi che vi scambiavate e da cui era facilmente
carpire i segreti della tua nuova vita. Finalmente i Kami mi stavano
aiutando! Partii immediatamente. Non appena uscii dalla fermata della
metropolitana di Osaka ti vidi.
Non è questo il segno più
palese dell'esistenza del destino? Tu ci credi al destino, Akane? Io
credo di si. E allora perchè continui a sottrarti a esso? Il
mio cuore mi sussurra che se leggerai questa lettera ti troverai ad
un bivio che sancirà il corso della tua vita: rimanere lì
ad Osaka con quel tipo o tornare a Nerima per stare insieme a me. Se
sceglierai di nuovo la tua nuova vita sappi che ti lascerò
vivere in pace e non ti disturberò mai più. Spero tanto
che il nostro non sarà un addio, ma un arrivederci.
Che i Kami ti assistano sempre.
Ranma
Rilessi la lettera
decine di volte fino a quando non ne memorizzai ogni parola. Quando
la richiusi, mi accorsi di aver pianto a lungo. Cosa fare? Mi
affacciai alla finestra dove su un grosso cartellone pubblicitario
c'era scritto: “Segui il tuo cuore”.
Il mio cuore mancò
un battito. Il destino, certo. Dovevo seguire il mio cuore. In quel
momento tutto mi fu chiaro. Riposi la lettera in un cassetto.
Guardai ancora una
volta quel portone, incerta. Poi contai mentalmente fino a tre e
suonai il campanello. Una piccola figura venne ad aprirmi.
-Akane?- chiese
Nabiki incredula.
-Ciao Nabiki.-
dissi sorridendo. Durante i cinque anni trascorsi non l'avevo mai
contattata direttamente. Troppo pericoloso: avrebbe potuto vendere
informazioni sul mio conto. Tuttavia, tramite Kasumi, le lasciavo
messaggi e mi informavo sulla sua vita. Dopo un abbraccio che durò
un'eternità, mi fece entrare, aiutandomi a portare dentro le
valige.
-Nabiki! Chi era
alla porta?- domandò mio padre dal giardino. Corsi dalla sua
parte e lo trovai insieme al signor Genma, mentre giocavano a Shoji.
Quei due erano inseparabili! Anche se dormivano in case diverse,
passavano gran parte della giornata insieme! Mio padre, non appena mi
vide sgranò gli occhi, si alzò lentamente e, mentre
iniziava a frignare mi abbracciò. Non credeva ai suoi occhi.
Il signor Genma, invece, dopo aver mosso un paio di pedine di mio
padre per assicurarsi la vittoria, venne ad abbracciarmi felice.
-Akaneeee! Mi sei
mancata!- urlava tra i singhiozzi mio padre.
-Akane! Sapevo che
saresti tornata!- disse Kasumi entrando a salutarmi con il suo solito
modo di fare dolce e pacato.
-Ehi Kasumi!-
riuscii solamente a dire mentre mi sottraevo con difficoltà
dalla stretta soffocante di mio padre. Dopo aver salutato tutti e
inventato un po' di bugie dissi di voler andare nella mia stanza.
Mentre mi congedavo la voce del signor Genma disse:
-Ranma sa che sei
qui?- Il sorriso morì sulle mie labbra.
-No. Non deve
assolutamente saperlo. Se qualcuno di voi apre bocca andrò di
nuovo via.-
Tutti promisero
contemporaneamente che sarebbero rimasti muti, ma Nabiki ghignando
disse:
-Tra poco verrà
qui, lo sai?-
-Semplicemente
fingete che io non ci sia...- dissi tranquilla. Kasumi mi fece
l'occhiolino, come segno di intesa e le sorrisi grata.
-Kasumi! Nabiki!
Dove siete?- esclamò una voce nota. Ranma era appena entrato
in salotto.
-In cucina!!!-
rispose Kasumi. Nascosta al buio nella mia stanza, feci un grosso
sospiro per infondermi coraggio: stava per cominciare la farsa.
-Ranma!- disse
Kasumi- Hai detto alla zia Nodoka che è invitata a cena? Non
vorrei che te ne fossi dimenticato!-
-Tranquilla! Sta
quasi per arrivare. A proposito, perchè tanta impazienza per
una normalissima cena? Forse è successo qualcosa?- chiese
sospettoso alzando un sopracciglio.
-Ma cosa vai a
pensare? Ho semplicemente preparato un piatto speciale: una nuova
ricetta.- sorrise convincente.
-Ah... posso
aiutarti?- Disse avvicinandosi.
-Ora che ci
penso... potresti andare nella stanza di Akane? Dovrebbe esserci una
tovaglia da tavola. Sai, l'ho lasciata lì per sbaglio quando è
squillato il telefono. Che sbadata!-
-Nessun problema.-
disse allontanandosi.
Lo sentii salire
piano. Ormai avevo paura che il battito furioso del mio cuore potesse
rovinare i miei piani. Ma mi sbagliavo. Immerso in chissà
quali pensieri, aprì la porta ed accese la luce. Non appena fu
dentro, con uno scatto fulineo uscii dal mio nascondiglio, spensi la
luce prima che potesse vedermi e chiusi a chiave la porta.
-Che diavolo
succede?- disse impreparato. Sorrisi al buio mentre mi avvicinavo a
lui.
-Nabiki! Ti giuro
che se si tratta di un'altra delle tu..-si bloccò non appena
avvertì il contatto delle mie mani sui suoi occhi. Si
irrigidì. Poi sorridendo sussurrò:
-Sei tornata...-
-Si...- riuscii a
dire soltanto, emozionata.
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