Make a change

di Martii_1997
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Pioveva. Il cielo sembrava crollare disperato così che le nuvole piangessero lacrime di sole. Quest'ultimo aveva abbandonato l'orizzonte e si era nascosto dietro la nuvola più scura. Le gocce di pioggia cadevano indifferenti a terra e non facevano altro che creare ulteriore tristezza a chi le fissava dalla finestra. Rimasto a fissare la pioggia e a sentirne l'odore, Eren cadde nella depressione più totale. Dopo ben cent'anni i giganti avevano distrutto le possenti mura e avevano divorato tutti, persino la sua cara madre. Il dolore lo pervase e una lacrime gli rigò il viso. I suoi occhi, invece, erano colmi d'odio e sentiva la necessità di fare assolutamente qualcosa. L'umanità aveva perso troppi uomini e troppi soldati invano avevano solcato le mura alla ricerca della verità ed era dunque giunta l'ora di dare una svolta. Il suo desidero di entrare nel corpo di ricerca si fece impellente ed era ben convinto che Mikasa l'avesse già intuito. In quel momento si voltò verso di lei per trovare una certezza alle sue supposizioni e difatti la ragazza lo stava fissando con uno sguardo fin troppo crucciato. Aveva gran stima di lei e non poteva non ammettere che senza non avrebbe avuto la forza di tirare avanti. Per quanto lui fosse un ragazzo, la corporatura di Mikasa era molto più forte e più adatta ad un combattimento. Ciò che la rendevano debole, agli occhi del ragazzo, era il suo egoismo. Forse era quello il motivo per cui l'umanità fosse sul ciglio di un burrone. La paura di perdere un proprio caro paralizza l'uomo e limita molte delle sue azioni. Mikasa non avrebbe mai voluto che Eren si mettesse in pericolo, sebbene sapesse che la sua determinazione non aveva fine. Si strinse i pugni e tornò a fissare la finestra. Era disperato e provava tanto rancore per quei due gentiluomini che casualmente chiacchieravano tranquilli sotto la pioggia. I loro discorsi era così futili e stupidi che se avesse potuto, Eren li avrebbe rimproverati e screditati davanti al re. Ma in fondo la tranquillità prima o poi si sarebbe spezzata anche in loro, così com'è successo ai suoi concittadini quel fatidico giorno. Si sentiva impotente e lontano dalla natura che ella stessa aveva generato il genere umano, ma che non poneva nessuna resistenza per difendere i figli suoi. Guardò i monti bagnarsi che sembravano soddisfatti ad essere accarezzati dalla dolcezza dell'acqua. Il vento della pioggia partecipava alla danza dei piccoli arbusti che mostravano di esser ballerini provetti sotto le severe direttive dell'orchestra del cielo. Capì che nulla e nessuno avrebbe aiutato l'uomo, se non l'uomo stesso.




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