"Ho
una frase, è sopra il muro
quando
l'ho scritta non lo so:
'Posso
resistere a tutto, ma alle tentazioni no'."
Luana
varcò la soglia del locale con discrezione, studiandolo: era
piuttosto buio, con un bancone adornato da numerosi sottobicchieri
firmati dagli avventori, semplici tavoli in legno, panche e qualche
sgabello alto di fronte al bancone; al soffitto erano attaccate
alcune bandiere che raffiguravano loghi o nomi che lei non conosceva;
in sottofondo tuonava una chitarra distorta, mentre un uomo
all'apparenza già alticcio e una ragazzetta sui quindici anni
agitavano la testa in maniera convulsa fingendo di suonare il brano.
Luana
fu sul punto di voltarsi e andare via, non abituata ad una situazione
di quel tipo, ma l'occhio le cadde sulla ragione per cui si trovava
lì e ci ripensò, sedendosi al tavolo più vicino all'uscita e
osservando l'oggetto delle sue mire di nascosto.
"Fa
quasi strano vederlo davanti ad un bancone del bar e non dietro ad
una cattedra" si ritrovò a pensare, senza riuscire a
distogliere lo sguardo dall'uomo che stava chiacchierando con il
barista e reggeva un bicchiere colmo di liquido ambrato "Così
come fa strano che io mi sia innamorata di un uomo di trent'anni più
vecchio di me e che insegna storia e filosofia."
A
differenza di Luana, ritenuta una delle ragazze più belle della
scuola, il professor Davide Rodari non era certo una bellezza: di
circa cinquant'anni, era piuttosto basso, col corpo tozzo e il viso
con una leggera asimmetria, compensati però da un carisma naturale e
dall'innata capacità di relazionarsi ai ragazzi; mosso da un amore
sincero per il proprio lavoro, gli studenti si affezionavano
facilmente a lui e ai suoi modi educativi non convenzionali ma
efficaci. Aveva già accompagnato la classe l'anno prima in gita,
dando prova di essere un buon responsabile come un valido alleato: si
batteva per l'estensione del coprifuoco serale, sosteneva che le
visite guidate fossero realizzate in maniera troppo noiosa e, fatto
che colpì molto i discenti, non vietava l'utilizzo di alcolici
all'interno delle feste improvvisate in albergo.
«È
inutile essere ipocriti e far finta che siate dei bambini o che so
io» aveva dicharato alla classe di cui si occupava, avendo cura di
non essere sentito dai colleghi «Una volta io e i miei compagni per
non farci beccare abbiamo nascosto una bottiglia di vodka nella bocca
di un leone di marmo, ed ero più giovane di voi. Se qualcuno di voi
esagera e sta male preferisco essere avvisato e aiutarvi, va bene?»
«Prof»
aveva esordito una ragazza con aria timorosa «Non è che poi tornati
in classe ci cazzia tutti?»
In
risposta lui aveva assunto uno sguardo solenne:
«Quello
che succede in gita rimane in gita.»
Nonostante
i ragazzi fossero perplessi da un tale atteggiamento libertino, il
professore mantenne la parola data, soccorrendo uno studente ubriaco
e non facendone più menzione rientrati a scuola, neppure con i
genitori, conquistando in maniera definitiva l'apprezzamento di tutti
e il ruolo di accompagnatore per la gita di quinta superiore a
Barcellona.
In
quel periodo Luana lo trovava un buon professore e nulla più, senza
percepire alcun tipo di attrazione verso di lui: gli uomini più
grandi non l'attiravano e stava frequentando un compagno di scuola da
qualche tempo, vivendo una relazione tranquilla ma soddisfacente.
Una
mattina però, dopo essere stata distratta a lungo dal cellulare,
aveva alzato per caso gli occhi e aveva incrociato subito quelli di
Rodari.
«Bentornata
tra noi» l'aveva salutata con gentile derisione «Sapresti dirmi di
cosa stiamo parlando?»
«No»
aveva ammesso con candore «Ero concentrata su altro.»
Il
volto di Rodari si era indurito leggermente: «Copia lo schema che
c'è alla lavagna, va'.» aveva minimizzato con tono severo «E
veloce.»
«Sì»
aveva obbedito, riscrivendo in maniera meccanica le istruzioni sulla
lavagna, col cervello ancora focalizzato su quanto accaduto poco
prima: non aveva mai prestato attenzione al modo languido di parlare
dell'uomo, alla sua voce profonda tanto quanto i suoi occhi scuri.
Per lei fu come osservarlo, e non vederlo come sempre, per la prima
volta, rimanendone affascinata.
Impiegò
un po' di tempo per metabolizzare le sue sensazioni, non
capacitandosi di come potesse sentirsi attratta da lui: nonappena ne
fu consapevole troncò la sua relazione con trasparenza e decise di
mettersi in gioco, ormai determinata ad ottenere ciò che voleva.
Aveva
studiato i gusti del professore attraverso i vari profili social,
scoprendo che non era raro incontrarlo in giro per locali di
motociclisti o dove suonavano gruppi locali e, pazientemente, aveva
aspettato di compiere la maggiore età per non rischiare di ricevere
un rifiuto legato a un senso di rigore del professore: il caso (anche
se lei sosteneva che si trattasse di destino) aveva voluto che la
data di partenza per Barcellona cadesse il giorno successivo al suo
diciottesimo compleanno, infondendole un senso di spavalderia e
sicurezza.
Quella
prima giornata, passata soprattutto all'interno del pullman, era
stata fiacca e improduttiva: Rodari aveva permesso agli studenti di
riposarsi e concesso loro la serata libera dove soggiornavano, nella
vicina, giovanile e decisamente economica Lloret De Mar, ammettendo
che lui stesso sarebbe uscito fino all'orario del coprifuoco.
Luana
si era preparata, rimanendo evasiva con le compagne di stanza che le
domandavano dove si sarebbe diretta, l'aveva pedinato con discrezione
ed era giunta al Pub Highwayman, iniziando ad avvertire i primi
sintomi dell'ansia mentre il professore continuava a bere e a
chiacchierare al bancone.
«Sie
wünschen?»
Luana alzò lo sguardo,
come ridestata, mentre un ragazzo la fissava con aria interrogativa e
un blocchetto in mano: a causa della sua pelle diafana e i suoi
capelli platino, non era raro che venisse scambiata per nordica.
«Sorry,
I'm not German»
si giustificò, preferendo non azzardare l'italiano e ordinando un
succo di frutta, volendo restare sobria e augurandosi che il
professore reggesse poco l'alcol.
«My
treat» si
intromise l'uomo
che prima fingeva di suonare, esibendo un sorriso ubriaco e
dipingendo sul volto di Luana una smorfia di orrore, che il cameriere
notò subito e che lo spinse a invitare l'uomo a ritirare la propria
offerta, senza però ottenere assenso.
I due iniziarono a
discutere: i toni si accesero e, da un tono perentorio ma pacato, le
voci si alzarono, fino a che non si intromise un altro.
«Stop»
annunciò
fermo il terzo, alzandosi dal bancone e gettando un'occhiata al
tavolo, dissimulando al volo un'espressione di sorpresa «She's
with me».
Luana sentì un leggero
brivido percorrerle la schiena, riconoscendo subito la voce del suo
professore e godendoselo mentre la difendeva: alzò le spalle, si
sistemò i capelli con un gesto fluido e, appena il professore le
rivolse lo sguardo, gli sorrise.
«Che ci fai qui?»
indagò lui stupito «Non fraintendermi, è solo che credevo che non
ti piacesse un posto così.»
«Sono una donna piena
di sorprese, prof» spiegò lei, ammorbidendo la voce rispetto al
solito «E poi di discoteche è già pieno in Italia, mi andava di
provare qualcosa di diverso» si giustificò.
«Ci sono anche alcuni
locali alternativi» le fece presente lui.
«Sì, ma mi organizzo
sempre con gli amici e non ci andiamo mai» si giustificò «Sono
tipi da discoteche, loro.»
Vennero interrotti dal
cameriere che posò una coppia di bicchieri sul tavolo, facendo
l'occhiolino al professore con aria complice e rimanendo ignorato.
«Scusa» si affrettò
lui in imbarazzo «È che vengo qui da tanto tempo, ormai mi
conoscono e chissà cos'hanno pensato vedendomi con te, poi sembri
più grande...»
«Non si preoccupi, a
me la cosa non disturba» ammise lei «Anzi...» azzardò.
«Ah, spero non ti
sconvolga il fatto che sto bevendo alcolici» la interruppe lui
rapido «L'ho sempre fatto, anche se di solito non vengo beccato dai
miei studenti.»
«Non metto in dubbio
che fare il professore sia difficile» ne convenne lei «Un bicchiere
ogni tanto ci sta.»
«Non fraintendermi,
amo il mio lavoro.»
«Si vede, prof» lo
rassicurò lei «L'amore sincero lascia segnali chiari, se capisce
cosa intendo.»
Nonostante la poca luce
notò il professore arrossire. Luana sorrise, sperando di poter
affrettare i tempi senza problemi.
«Avanti, prof»
azzardò ad allungare piano la mano verso di lui «Non mi dica che
non ha ancora capito la verità.»
«Quale verità?»
Era in palese
imbarazzo. Luana sorrise ancora di più, mentre una nuova idea le
balenava nella testa, dipingendosi rapida e vivida.
«Vado un momento a
rinfrescarmi» annunciò alzandosi, senza smettere di sorridergli
«Lei rifletta, sono sicura che sa a cosa mi riferisco.»
Lui deglutì
rumorosamente mentre Luana si allontanava, ancheggiando leggermente e
avviandosi verso il bancone con aria decisa: si voltò di scatto,
notando compiaciuta che il professore aveva distolto al volo lo
sguardo dal suo fondoschiena e, certa di non essere vista, cercò di
prendere parola e venendo anticipata dal barista.
«State insieme?»
«Vorrei» ammise lei,
stupita di trovare qualcuno che parlasse italiano «E vorrei un
aiuto» si affrettò a dire «Dagli qualcosa di forte.»
«No» la bloccò il
barista. Luana assunse un'espressione imbronciata.
«Perché?»
«Non voglio.»
Battibeccarono un poco,
ma a spuntarla fu Luana, che si gustò la scena del professore che si
scolava un bicchierino colmo di un liquido verde dall'odore intenso.
«Tutto bene, prof?»
si ripresentò poi, reprimendo l'impulso di ghignare: il professore
era paonazzo, con la fronte imperlata di sudore e gli occhi lucidi.
«Vai via» la voce si
era fatta leggermente impastata «Devono avermi dato dell'assenzio,
io non mi sento bene e...»
«Prof, prof, quante
storie che fa» lo interruppe lei agitando la mano come a voler
scacciare quel discorso «Quante volte ci ha detto che è normale
stordirsi un po'? E poi non ne farò parola con nessuno: quello che
succede in gita resta in gita.» Concluse con aria complice,
facendogli l'occhiolino e protendendo ancora di più la mano verso di
lui.
«Prof...» lo chiamò
«È dall'anno scorso che le mando dei segnali inequivocabili. Non
faccia finta di niente.»
Lui si portò le mani
al viso, coprendosi.
«Senti» annunciò
risoluto «Tu sei bellissima, non posso essere ipocrita. Ma sei una
mia alunna.»
«Quindi?»
«Quindi no!» proseguì
lui ostinato.
«Tra un mese non lo
sarò più» gli ricordò lei, agguantandogli la mano e constatando
che non opponeva resistenza «Sono maggiorenne, adulta e
consenziente. Dov'è il problema?»
La musica in sottofondo
si era fatta più lenta rispetto ai brani precedenti, come a voler
coronare il momento, mentre il volto del professore sembrava mutare.
«Allora, prof?»
«Chiamami Davide»
cedette lui all'improvviso «Del resto tra poco non sarai più una
mia alunna, giusto?»
«Giusto» confermò
lei, alzandosi e avvicinandosi a lui.
«"Sets me on
fire, she sets me on fire"...» prese a cantare lui,
seguendo il brano in filodiffusione, accarezzando i capelli della
ragazza e avvicinandosi sempre più a lei, che sorrise un'ultima
volta prima di baciarlo: sentì il basso ventre animarsi, assaporando
le labbra grandi dell'uomo, il gusto di alcol, saggiando con la mano
la ruvidezza della barba...
«Però» si allontanò
lui, incatenando gli occhi ai suoi «Non facciamoci sgamare.»
«Non si preoccupi,
prof» lo rasserenò lei «Sarò una tomba.»
I giorni della gita
scivolarono rapidi, tra gite a musei, chiese e ore libere trascorse
tra negozi di souvenir e locali: nonostante tentasse di mantenere il
massimo riserbo a riguardo, Luana aveva cambiato atteggiamento in
maniera palese e non era raro che lanciasse frecciate verso il
professore o gli ammiccasse. Il più delle volte lui sembrava non
coglierli, ma Luana non si perdeva d'animo, certa che celasse le sue
reali intenzioni per non alimentare voci: la sera, infatti, lei
trovava sempre una scusa per non uscire in attesa di un SMS che
arrivava con regolarità, per recarsi nella stanza del docente fino
all'arrivo degli altri ragazzi.
Il tempo a disposizione
era poco, e i due tentavano di sfruttarlo al meglio secondo il loro
gusto: non era raro che si accendessero delle brevi discussioni
dovute a una divergenza di vedute, ma il più delle volte si
concludevano con Luana che cedeva, desiderosa di non farsi rovinare
quelle poche ore o di mettere a rischio quanto stava costruendo.
Passavano il tempo a
parlare: Luana aveva bandito gli argomenti di studio, ma la vocazione
pedagogica di Davide (che aveva ceduto al far decadere la forma di
cortesia da parte della ragazza) emergeva in maniera ciclica, colma
di domande sul futuro, i desideri e le aspirazioni di Luana. Benché
lei fosse abituata a relazioni ben diverse si era scoperta
affascinata da quella maniera per lei adulta di concepire un
rapporto, nonostante reprimesse un forte desiderio di consumare
quell'unione; Davide aveva però chiesto di non affrettare i tempi,
concedendole solo qualche bacio furtivo e abbracci quasi paterni,
fatto che Luana non trovava problematico giustificare.
«Quando torneremo in
Italia che facciamo?» gli domandò l'ultima sera, intrecciando con
aria distratta le dita intorno ai riccioli brizzolati.
«Innanzitutto dovrai
smettere di darmi del tu» le fece presente lui con aria autoritaria.
«Sì, be', lo davo per
scontato» lo zittì lei secca «Ma ci vedremo comunque, no?»
«Mi pare ovvio»
sorrise lui.
«Anche d'estate,
vero?»
Gli scivolò un piccolo
sbuffo: «Ne parleremo quando saremo tornati, dai» tagliò corto
«L'importante è sempre mantenere discrezione, d'accordo? Anzi, ora
è meglio che tu vada, sta per scattare il coprifuoco e io devo
scendere a controllare che arrivino i tuoi compagni. Finiremo di
parlare appena possibile, ok?»
«Domani in pullman?»
«Meglio di no,
vedendoci troppo spesso insieme chissà che idea si fanno gli altri.»
Luana alzò gli occhi:
«Mi sembra di stare con una spia sotto copertura, con tutti questi
segreti.»
Davide le sorrise,
cingendola con dolcezza.
«Dai, cerca di capire,
è abbastanza normale. Ora vai, sennò son problemi. Sai com'è, per
me quello che succede in gita rimane in gita, ma con voi ragazzi non
si sa mai...» si giustificò, stampando un bacio schioccante sulla
fronte di Luana.
«Dammi un bacio vero»
si lamentò lei con aria infantile.
«Lo sai che non mi
piace quando fai così» le ricordò lui, senza durezza ma fermo
«Vai, che viene tardi.»
«Così come?»
insistette lei.
«Che hai da ridire, da
lamentarti, da fare i capricci. Dici tu stessa di essere un'adulta,
ma ciononostante non ti comporti come tale. Non sai ancora cosa farai
dopo il liceo, non hai ancora idee precise sul tuo futuro...»
«Cosa c'entra, neanche
tu le hai sul nostro futuro, scusa» lo interruppe lei.
«Ne parleremo, dai,
adesso vai che è tardi» concluse Davide aprendo la porta della
stanza e, dopo aver controllato che il corridoio fosse deserto,
dandole comunque un furtivo bacio a fior di labbra.
«Alla fine la spunto
sempre» annunciò Luana vittoriosa uscendo dalla camera «Buonanotte
prof!»
Corse in camera senza
riuscire a smettere di sorridere, infilandosi a letto in fretta e
pregustando il futuro: un mese sarebbe passato di corsa e magari
Davide avrebbe potuto aiutarla a preparare l'esame di maturità
dandole ripetizioni a casa, in modo da familiarizzare con l'ambiente
e con la sua famiglia senza una cattedra di mezzo e colloqui.
"Forse ha ragione
lui" pensò tra sé, ritrovandosi presto insonnolita "Non è
il caso di correre, abbiamo tutto il tempo del mondo."
Si addormentò in
fretta, con il cuore colmo di aspettative.
«Bene, avete due
settimane, quindi cercate di prepararvi decentemente» intimò Rodari
«Già abbiamo dovuto spostare la gita a maggio e non l'abbiamo fatta
a ottobre come le quinte normali, quindi è meglio recuperare. Siamo
tornati da tre giorni e voglio disciplina, va bene?»
«Prof» lo interruppe
Luana, più per il desiderio di parlargli che per interesse «Non può
dirci almeno quali saranno gli argomenti sicuri?» chiese con aria
compassionevole. Il professore sospirò.
«No» disse
«Focalizzatevi su tutto il programma del secondo quadrimestre di
entrambe le materie, in modo da avere una preparazione il più
completa possibile. Voglio che facciate bella figura alla maturità.»
La campanella
interruppe il discorso, facendo scattare in piedi la maggior parte
della classe e rendendo presto l'aula quasi deserta. Luana si
avvicinò alla cattedra a grandi passi decisi.
«Prof, avrei bisogno
di chiarimenti...» annunciò, sperando che recepisse le sue
intenzioni.
«Ecco, brava, seguimi
un attimo.»
Si alzò senza
aspettarla, correndo verso la saletta che ospitava i cassetti degli
insegnanti e chiudendosi la porta alle spalle: a quel punto Luana si
avventò su di lui, che la scansò con un gesto secco, lasciandola
spiazzata.
«Ehi! Non sei mai
stato così...»
«Adesso ascoltami» la
bloccò con tono aggressivo, ricomponendosi però in fretta «È
stato divertente quello che c'è stato in Spagna, ma ora è meglio
riprendere i nostri ruoli.»
Luana sbiancò.
«Davide, ma...»
«Professor Rodari»
specificò calmo, senza dare segni di fastidio o di cedimento
«Confido nella tua maturità e sono abbastanza sicuro che tu capisca
le mie motivazioni.»
«Ma...» balbettò
lei, confusa «Allora perché...»
«So già dove vuoi
arrivare: la prima sera, non so per quale dannata ragione, mi hanno
portato quella che credevo fosse vodka alla menta e mi hanno convinto
a berla in un sorso, e solo allora ho scoperto che si trattava di
assenzio. Non ero in me e ne hai approfittato. Non ho intenzione di
colpevolizzarti» specificò, mettendo letteralmente le mani avanti
«Ma non mi stupirei se dietro quel bicchiere improvviso ci fossi
tu.»
«Sì, però...»
La ignorò.
«Ho sbagliato anch'io»
spiegò ancora, mostrando una parte fragile sotto la scorza
autorevole «Avrei dovuto bloccarti sul nascere, fingere di non
ricordare nulla, ma ho voluto assecondarti. Il che è eticamente
sbagliato, ne convengo...»
«In culo l'etica!»
urlò Luana in risposta, esasperata «Ti sembra etico lasciarmi
allora?»
«Abbassa la voce e
lasciami parlare. Ho sbagliato. Sono rimasto spiazzato, come ti ho
già detto tu sei davvero bellissima e ricevere tutte queste
attenzioni da una diciottenne mi lusinga molto.»
«Ah, ecco» continuò
lei, senza abbassare i toni «Mi hai usata per...»
«Dammi del lei»
continuava ad essere calmo «E abbassa la voce. Avrai notato tu
stessa che cercavo di mantenere una relazione tra spirito e spirito.
È stato interessante conoscerti meglio, è stato carino condividere
del tempo, ma adesso è necessario essere realisti. Quello che
succede in gita rimane in gita.» Concluse solenne, mentre il trillo
di una campanella insistente irrompeva.
«Ti conviene andare,
so che avete una verifica e ti conviene ripassare.»
Nella gola di Luana si
formò un nodo serrato.
«Ma prof...» cedette
con voce sottile, iniziando a piangere contro la propria volontà.
«Vai» le consigliò
di nuovo con aria affettuosa «Capirai presto le mie motivazioni.»
La porta della sala
insegnanti si spalancò di soprassalto, rivelando il professore di
italiano della classe di Luana.
«Bordoni, come mai non
sei in classe? E perché stai piangendo?»
Rodari fu pronto.
«Tranquillo, è solo
lo stress pre maturità che gioca brutti scherzi, stava andando via.»
Colta alla sprovvista
dalla situazione, Luana si asciugò celere il viso, ringraziò il
professore con cortesia e si chiuse la porta alle spalle, ripassando
a mezza voce gli argomenti del compito che l'aspettava per distrarsi.
Epilogo: tre anni dopo.
"Ma
chiamerai il mio nome, lo so che lo farai
non
c'è nessun altro al mondo così vicino a te
e
così uguale a me.
E
un'altra possibilità, be', io la voglio."
«¡Adelante
amigo!»
Luana tentò di
sporgersi per vedere con chi parlasse Adrian, curiosa: negli ultimi
tre mesi aveva imparato a conoscere i clienti fissi del locale,
ancora poco frequentato essendo autunno, e sperava che fosse qualcuno
che tollerava il suo spagnolo ancora incerto. Infilò la maglietta
della divisa, legando i capelli in una coda di cavallo disordinata e
uscendo dal retro del locale, pronta ad iniziare il proprio turno.
«Oh, bene» la accolse
Adrian con un sorriso, tentando di mascherare l'ovvia inflessione
spagnola nel suo italiano «Pulisci il bancone e servi il mio amico.
Poi parliamo di Halloween.»
Luana sorrise e ripulì
un paio di culaccini con un colpo di spugna, si lavò le mani e volse
lo sguardo verso l'unico tavolo occupato, sentendo le viscere
contorcersi per un momento quando riconobbe il professor Davide
Rodari.
"È ovvio" si
disse "È periodo di gite di quinta."
Si morse il labbro,
mentre nella sua mente si susseguivano rapidi frammenti della sua
gita di quinta superiore, la serata passata in quello stesso pub dove
era iniziato tutto e la successiva rottura: sebbene fosse distrutta a
livello emotivo, da allora Luana aveva studiato sodo le materie
insegnate da lui, immaginando di dargli uno smacco morale e capendo
solo dopo di avergli, probabilmente, dato solo soddisfazione.
Perlomeno, però, quel suo modo di ribellarsi le aveva giovato,
scacciando dalla sua mente i momenti passati insieme e facendole
conquistare un buon voto all'esame.
Si avviò a passi ampi
verso il tavolo.
«Desidera un bicchiere
di assenzio?» domandò con aria divertita: il professore si irrigidì
visibilmente, ricevendo in risposta una risata.
«Professore!» lo
salutò con allegria «Come sta?»
«Ciao Luana» non poté
mascherare la propria sorpresa «Che... che ci fai all'Highwayman?»
«L'erasmus» spiegò
lei brillante, senza riuscire però a distogliere lo sguardo dagli
occhi scuri dell'uomo, che ancora la ammaliavano «Solo che, dato che
la quota che danno agli studenti per mantenersi è misera, sono
venuta a lavorare qui. E lei?»
«Io faccio sempre il
professore lì» tagliò corto lui, inibito «Sono... in gita.»
«Immaginavo. Dai, mi
dica cosa desidera, così la servo.»
«Una Fanta Madness»
si sbrigò lui «In Italia non l'ho mai trovata.»
«Arrivo» si congedò
lei, senza smettere di sorridere e portandogli celermente la comanda.
«Sai» svelò lui
all'improvviso dopo averla ringraziata «Ho smesso di bere dopo... va
be', hai capito.»
Sembrava davvero
affranto: Luana sentì un senso di colpa attanagliarla.
«Mi spiace» disse con
semplicità, senza schiodare lo sguardo dal viso del professore e
subendone ancora il fascino.
Prese fiato.
«Prof» azzardò
«Secondo lei questo incontro può significare qualcosa? A livello di destino, dico.»
SPAZIO AUTRICE.
Buonasera!
Devo essere sincera, la
storia di Luana e Davide mi balenava in testa da un po', quindi
quando mi è stato assegnato il cliché della relazione tra studente
e insegnante sono stata davvero felice: avrebbe dovuto intitolarsi
"Il Castello" o giù di lì e avere uno sviluppo diverso
impossibile da condensare in una one shot. C'è un'ottima probabilità
che si trasformi in una long, in modo da approfondire alcune
dinamiche che qui ho lasciato un po' in sospeso.
Sono consapevole di non
aver centrato in pieno la consegna, ma ho preferito scrivere qualcosa
che incontrasse maggiormente il mio gusto: spero anche il vostro!
P.S.:
le citazioni a inizio storia ed epilogo sono tratte da <a">"Io
Confesso" dei La Crus,
mentre
il brano canticchiato da Davide è "Sets
Me On Fire" dei Type O Negative.
Buona serata!
Jesa.
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