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Capitolo revisionato e corretto.
CAP. 18
DUBBI
E PAURE
BELLA
Aprii
gli occhi e strizzai bene le palpebre.
Allora
non l’avevo sognato!
Lanciai
uno sguardo tutt’intorno alla stanza e percepii una
sensazione di benessere pervadermi i muscoli del corpo. Mi stiracchiai
come una gatta e scostai le lenzuola. Mi accorsi che
sull’estremità del divano c’era il mio
beauty e lo presi alzandomi.
Aprii
piano la porta.
Di
sicuro si erano accorti che ero sveglia, ma nessuno fece capolino. Da
Edward me lo sarei anche aspettato, ma mi stupii di Alice. Quasi mi
immaginavo di trovarla nella stanza al mio risveglio.
Meglio
così.
Feci
una corsetta in punta di piedi fino al bagno, proprio a due porte da
me. Esultai quando la raggiunsi e l’aprii. Stavo
sgattaiolando all’interno, quando una mano gelida mi
toccò la spalla e inarcai schiena e collo come colpita da
una fucilata.
«Io
e te dobbiamo fare quattro chiacchiere.»
Piegai le spalle sotto le parole di Alice, tutt’altro che
comprensiva.
«Dammi
il tempo di vestirmi!» Dissi spazientita e le chiusi la porta
in faccia.
Mi
guardai intorno. Quello era il bagno di Edward.
Era
molto più contenuto di quello della sorella, con le
piastrelle di un delicato color crema e, invece, dell’immensa
vasca da bagno di Alice, c’era solo una spaziosa doccia a
doppio vano. Nel complesso era decisamente più discreto e di
mio gradimento. Mi ci sentivo a mio agio. Con delicatezza sbirciai i
pochi prodotti su un ripiano di fianco ad uno specchio rettangolare.
Qualche doccia schiuma, uno shampoo, un’acqua profumata.
Con un
sospiro rilassato, lasciai scivolare la mise notturna sul
pavimento, mi feci una doccia, mi lavai con cura i capelli e li passai
con la spazzola. Mi lavai i denti due volte e mi spalmai di crema
idratante alla lavanda tutto il corpo con un solerzia da fare invidia
alle migliori massaggiatrici. Ero disposta a tutto pur di non
incontrare Alice nel ritorno in camera di Edward, ma non avevo
considerato di essere senza abiti. Non volevo rimettere quella camicia
da notte, ma se volevo indossare qualcos’altro potevo solo
rivolgermi a lei. Non avrei potuto evitarla comunque.
Mi feci
coraggio e, stretta in un morbido accappatoio bianco, socchiusi la
porta.
Nessuno.
Misi un
po’ fuori una gamba e la testa per guardare meglio
… e mi scontrai con un paio di ridenti occhi color miele.
Sobbalzai.
«Buongiorno!»
Edward era appoggiato al muro appena dietro la porta e mi osservava,
divertito, in una posa rilassata con le braccia incrociate al petto.
Sgranai
gli occhi. Era bello da togliere il fiato. Jeans e maglietta a mezza
manica di una indefinita tonalità di grigio leggermente
aderente al suo torace, sembrava un modello venuto fuori dalle pagine
di una delle riviste di moda di Alice.
«B
… buongiorno» mi uscì la voce roca.
Deglutii
pur avendo la gola completamente asciutta.
«Ti
sei data allo spionaggio industriale?» Sembrava che stesse
per scoppiare a ridere, ma i suoi occhi erano dolci mentre lo fissavo
ancora persa.
«La
megera è di sotto, non preoccuparti. In camera ci sono degli
abiti e la colazione. Fa' con comodo. Carlisle mi ha detto di riferirti
che se te la senti puoi fare una passeggiata in giardino. Lei ti
aspetta da basso.» La sua voce calda mi fece sciogliere le
braccia che mi si abbandonarono lungo il corpo. Mi appoggiai mollemente
allo stipite, delusa e un po’ pallida.
Non mi
avrebbe accompagnato.
Il suo
sguardo seguì ogni mio più piccolo movimento e
ogni variazione della mia espressione, ma fraintese e mi chiese
preoccupato: «Che hai, non ti senti bene?» Si
raddrizzò immediatamente.
Che
potevo dirgli? Che avrei voluto solo lui al mio fianco e nessun altro?
Stavo
cercando una scusa plausibile da fornirgli, ma lui spalancò
la porta del bagno e m'incalzò: «Bella ti prego
parla! Così mi uccidi!».
Nel
movimento mi trovai improvvisamente senza appiglio e mi sbilanciai
pericolosamente in avanti. Sarei rovinata lunga sul pavimento se lui
non mi avesse prontamente afferrata, sostenendomi al suo torace.
L’accappatoio
mi scivolò da una spalla, rivelando la pelle liscia
dell’omero e quella ancora più candida della parte
superiore del petto, e si fermò pericolosamente in bilico
tra la punta del mio seno destro e il suo busto. Se uno dei due si
fosse scostato anche di un solo millimetro, sarebbe scivolato fino al
fianco.
Al
contatto con il gelo del suo corpo, chiaramente percepibile fin da
sopra i suoi abiti, il mio rispose immediatamente. I capezzoli si
indurirono e rabbrividii di eccitazione. Chiusi gli occhi inspirando il
suo odore e poi, li riaprii.
Il suo
sguardo si era fatto d’un tratto serio, comprendendo la
delicatezza della situazione. Gli occhi gli si erano scuriti fino ad
assumere il colore della notte senza stelle e sentii il suo respiro
farsi più veloce. I nostri visi erano vicinissimi, ma non
osavo muovere nemmeno un muscolo. Tutto era sparito intorno a me.
Esistevamo solo noi, solo questo momento … ma dopo?
Dopo
sarei stata disposta a lasciarlo andare come mi ero ripromessa?
«Bella».
Fissai le sue labbra sussurrare il mio nome roco, non avevo la forza di
alzare lo sguardo nei suoi occhi.
«Bella,
se non lo vuoi, fermami ti prego.» Il suo respiro era un
rapido battito d’ali d'usignolo contro le mie labbra.
Chiusi
gli occhi, deglutii e schiusi un po’ la bocca.
«No»
presi fiato e decisi «non ti fermare» conclusi, la
voce ridotta ad un sussurro.
Non
volevo pensare, volevo annullare tutto il mondo, tutti i dubbi,
perdermi in lui, far scomparire tutto il dolore che era stata la mia
vita in questi mesi.
Sentii
le sue labbra gelide posarsi esitanti sulle mie.
Mi
parve che il tempo si fermasse e tutto l’universo si
concentrasse su di noi. Rimasi ferma, immobile, con il cuore che mi
batteva all’impazzata, il suo rimbombo fin nelle orecchie.
La
mente si svuotò, ma il vuoto che
l’occupò mi oppresse l’anima.
C’era
desiderio in questo bacio, dolcezza e brama, ma amore? Io
l’amavo, non avevo mai smesso di farlo, ma lui? Ora mi
voleva, lo sapevo, ma domani?
Per tutto il tempo che mi
vorrà, fosse anche solo adesso. Pensai
frastornata.
Tremai.
Una lacrima bagnò il mio viso e la sua guancia.
Provai
compassione per la ragazza che ero stata, per la sofferenza che avevo
provato e che mi aveva segnato così profondamente. Strinsi
forte gli occhi. Non dovevo pensare a queste cose, non ora.
Lo
sentii staccarsi da me con sforzo e riaprii gli occhi. Lessi nei suoi
un dolore e una contrizione profondi. Non spostava lo sguardo dal mio
viso e con un dito mi raccolse un’altra lacrima che era
strabordata.
«Bella,
perdonami. Per tutto.» Inspirò e si
passò una mano fra i capelli.
Mi
stava chiedendo scusa, ma scusa di che, di desiderarmi, ma di non
riuscire più ad amarmi? Di essersi pentito di avermi baciata?
Lo
guardai confusa, le lacrime ormai sgorgavano copiose.
Lo vidi
scuotere il capo. «Ti prego, ti prego Bella non piangere
più per colpa mia.» Anche i suoi occhi mi parvero
lucidi.
Non
riuscii più a sostenere il suo sguardo e tenendomi stretto
l’accappatoio addosso fuggii nella sua stanza. Non mi
trattenne, e mi lanciai sul divano in preda ai singhiozzi.
Un
attimo dopo, lo sentii parlare dietro la porta con voce sofferente e
rassegnata: «Bella, quando vorrai io ci sarò
sempre. Non ti farò mai più del male, non ti
forzerò mai più a cose che non ti senti di darmi.
Quando ti sentirai pronta, parleremo.»
Non
riuscii a fermare i singhiozzi, ma registrai le sue parole senza
coglierne il vero significato.
EDWARD
«Bella, quando vorrai
io ci sarò sempre. Non ti farò mai più
del male, non ti forzerò mai più a cose che non
ti senti di darmi. Quando ti sentirai pronta, parleremo.»
Questo le avevo detto, con la morte nel cuore, dopo averla
vista fuggire in lacrime via da me. Ero rimasto impotente fuori la
porta della mia camera a sentirla singhiozzare e ad ogni singulto una
lama mi trapassava il petto. Le braccia lungo il corpo, aprivo e
chiudevo i pugni nel tentativo di calmarmi.
Sei
contento adesso?
Cosa
credevi di dimostrare con quella scena di seduzione? Che lei ti
desiderava, che era attratta da te?
E
con ciò?
Il
desiderio da solo non significava nulla, nulla se non c’era
la fiducia, la complicità, il rispetto, in una parola
l’amore.
Amare
Bella per me era stato facile, avevo tutto da prendere e nulla da dare.
Per
questo mi ero imposto di lasciarle vivere la sua vita, per dare pieno
significato al mio amore per lei. Ma da quando avevo rischiato di
perderla, il senso di egoismo aveva preso il sopravvento. Non potevo
fare a meno di lei, starle lontano era una tortura a cui non riuscivo a
sottopormi.
E la volevo.
Volevo tutto di lei: la sua mente, il suo cuore, il suo corpo.
La
violenza dei miei stessi sentimenti mi terrorizzò. Fin dove
mi sarei spinto pur di averla?
Ero
disposto ad assumermene le conseguenze?
Ma,
soprattutto, ero disposto ad accettare le sue scelte, quali che fossero?
E se
non avesse scelto me? Se avesse deciso di affidarsi all’amore
di Jacob, più rassicurante, più umano?
Sentii
attraverso la porta che il respiro di Bella si era fatto più
tranquillo. Si era appisolata.
Scesi
le scale, diretto alla portafinestra. Dovevo cacciare se volevo essere
padrone di me in sua presenza, non volevo rischiare di spaventarla
anche in questo modo.
Attraversai
la portafinestra e guardai il cielo. Era nuvoloso, ma non molto. Non mi
sarei potuto allontanare troppo.
L’hai
fatta piangere. Di nuovo.
Non
ebbi bisogno di girarmi per sentire la rabbia di Alice. Mi sarebbe
giunta anche senza poterle leggere nel pensiero.
«Non
ti immischiare, Alice.» Mormorai senza voltarmi, continuando
a camminare.
«Oh,
sì, invece, mio caro fratellino. Io le voglio bene e non ho
intenzione di vederla soffrire ancora a causa tua.» Era
passata alle parole per dare più vigore ai suoi sentimenti e
mi seguiva imperterrita. Non mi avrebbe mollato se prima non mi avesse
estorto una qualche confessione. Mi bloccai, eravamo ad un centinaio di
metri da casa, e la guardai con occhi fiammeggianti.
«D’accordo,
cosa vuoi da me, Alice?» le domandai battagliero.
Soppesò
con calma le mie parole, poi, puntandomi il dito indice al petto, disse
:«Voglio sapere se hai intenzione di dare a Bella una
possibilità.»
Una
possibilità IO A LEI? Ma era impazzita?
Parve
riflettere un attimo e, senza darmi il tempo di frugare nella sua
testolina malata, continuò: «Avete entrambi la
mente confusa, mi state facendo impazzire con la velocità
con cui mi arrivano le visioni più contrastanti. Prendete un
DECISIONE, maledizione. Siete in attesa delle mosse
dell’altro, e, intanto, continuate a farvi del
male.»
Ascoltavo le sue parole a bocca chiusa, constatando che quando perdeva
le staffe la sua voce diventava tagliante come una lama.
Sapevo
che aveva ragione, ma ammetterlo mi costava.
«Io
… io non voglio farla soffrire, non l’ho mai
voluto. Ma è che … è che non so cosa
pensa e ho paura di spaventarla se le dico cosa provo per lei, dopo
tutto quello che le ho fatto passare» sospirai affranto.
«Alice io non so più dove sbattere la testa, so
solo che la voglio e basta. Ma so che non posso obbligarla ad amarmi, e
adesso non sono più sicuro che mi voglia ancora
…» Mi ero appoggiato al tronco di un albero come a
cercare un appiglio e non annegare nelle mie stesse parole.
La vidi
scuotere il capo dapprima esterrefatta, poi, passò alla
circospezione ed, infine, allo scetticismo. «Ma
cos’hai nella testa? Segatura? Paura di spaventarla? Non sai
SE TI AMA ANCORA?» Il suo tono era stato un crescendo di
acuti e, detto questo, prendendo un profondo respiro come quando si sta
per ripetere ad un bambino testardo l’ennesima spiegazione,
continuò più pacata: «No, Edward. La
devi smettere. Così tu
la stai uccidendo. Devi piantarla di avere paura e di non voler
rischiare niente. Amare significa anche mettersi in gioco, esporsi. E
tu devi dare a Bella queste possibilità. Anche se questo
implicherà la sua trasformazione.» Un lampo di
timore passò nei suoi occhi, ma terminò decisa:
«Tu sai che è così, devi solo
accettarlo».
La
guardai per un po’. Sentivo il mio autocontrollo vacillare
sotto i colpi della determinazione di mia sorella. «Rischio?
Tu mi stai dicendo che devo mettere a rischio
l’incolumità di Bella, tutta la sua vita per
soddisfare i miei capricci?» Ero sbalordito da quello che
udivo, ma anche arrabbiato con me stesso perché tentato
dalle sue parole.
Lei mi
fissò comprensiva. «Se tu hai deciso di non poter
vivere senza di lei, se è lei tutta la tua vita, devi dare
anche a Bella la possibilità di fare altrettanto,
consapevole dei pro
e dei contro.
Lei deve avere libertà di scelta e tu devi accettarlo. Non
l’amerai mai davvero se le camminerai sempre davanti per
impedirle di inciampare, ma solo se sarai al suo fianco per sostenerla
se deciderà di saltarlo il fosso, piuttosto che
aggirarlo».
Quando
terminò, il silenzio intorno a noi divenne assordante, ma le
sue parole mi rimbombarono per molto tempo ancora nelle orecchie.
Non mi
ero accorto che se n’era andata, a passo di danza, verso
casa, lasciandomi solo e pieno di più dubbi di prima.
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