Konnichiwa
minna!
Questa è l’ennesima FanFiction che scrivo,
ma è la prima volta che mi cimento in questo fandom.
Mi
sto avventurando in zone per me ancora inesplorate, perciò
siate clementi, ve ne prego! O__O
Ho
tentato di destreggiarmi con una One-Shot, ma tra me e
questo genere ci sono parecchie discrepanze… infatti non ho
la sacra capacità
della sintesi, per cui mi è uscita una One-Shot che di
“shot” non ha proprio
niente… ^___^’’
E’
senza ombra di dubbio una NaruSaku
[+___+
non potrei mai tradire il pairing per eccellenza! xD];
gran parte della
storia è costituita da un Flash-back, ma non lo chiamerei
esattamente così dato
che è narrato sotto il punto di vista di diversi personaggi.
Purtroppo la
faccenda mi è uscita un po’ [tanto…]
OOC, ma sembra che sia la mia specialità
l’incapacità nel mantenere il carattere originale
di un personaggio ù.ù … spero
vada bene comunque!
Doumo
arigatou!
Heaven
& Earth
Era sempre stata una
ragazza davvero intelligente.
Chiunque la conoscesse
la reputava tale, e lei tale si
era dimostrata in qualunque circostanza: negli esami di fine corso, in
qualche
ostica missione, in tutto.
Eppure, a scapito di
ciò, aveva appena commesso la più
grande stupidata di tutta la sua vita.
O almeno,
così gli altri credevano.
“Sakura-chan?”
Qualcuno la
chiamò, ma le sembrava che la voce provenisse
da una considerevole distanza.
Si rese conto di
essersi nuovamente persa fra quel groviglio
formato dai suoi pensieri, presenza costante della sua mente;
alzò gli occhi
verso la soglia della sua camera da letto (la sua nuova camera da letto), sicura di
chi vi avrebbe trovato.
“Naruto…”
Disse serafica, come se quel nome fosse una
reazione automatica al lieve sorriso che si era dipinto sul suo volto.
“Queste dove
le vuoi?” Le chiese il biondo, rispondendo
caldamente al suo sorriso. Alludeva alle tre massicce scatole di
cartone che
reggeva in mano.
Se la fiera
espressione del suo viso sembrava ostentare
una grande resistenza, i suoi occhi cerulei parevano implorare la
ragazza di
sbrigarsi con le indicazioni, altrimenti le sue braccia avrebbero
potuto cedere
all’immane peso che trasportavano.
I grandi occhi verdi
della rosa corsero rapidamente sulle
lettere nere che trionfavano ai lati di ogni scatola: C, C, B.
Si alzò dal
letto su cui si era seduta qualche istante
per riposare, sfiorando con l’indice ognuno degli scatoloni
per indicare ad
Uzumaki la loro corretta ubicazione.
“Cucina, cucina,
bagno.” Disse
eloquente.
Sembrò
riflettere qualche istante, fermando Naruto non
appena aveva compiuto un paio di passi in direzione della cucina.
“Aspetta!”
Quasi urlò, lievemente rossa in volto. Si
avvicinò al biondo, che la fissava perplesso, e
prelevò dalle sue mani l’ultima
scatola, B. “A questa
è meglio se
penso io. Tu porta pure via le altre.”
Uzumaki
poggiò la schiena contro al muro, guardandola con
occhi loquaci. “Non vuoi che maneggi il tuo materiale
intimo?”
Da quella semplice
frase grondava ogni sorta di doppio
senso; almeno, in questo modo essa era suonata alle orecchie di Haruno.
Paonazza, la ragazza
si voltò, lanciando migliaia di
saette da quegli occhi verde giada, ma sapeva che era inutile anche
solo
cercare di intavolare una discussione con lui su
quell’argomento: finivano
sempre per abbandonarsi a scabrosi dettagli sessuali molto imbarazzanti.
Batté un
piede a terra con eccessiva violenza e mostrò la
lingua al ragazzo in un gesto infantile, mentre il biondo si
abbandonava ad una
sonora risata, dandole le spalle ed allontanandosi alla volta della
cucina.
Naruto. Sakura. Cielo.
Terra.
Si conoscevano da un
tempo immemorabile, da quando
avevano cominciato a condividere gioie, dolori, ferite e successi
nell’indimenticabile Team 7; si erano uniti una vita fa, da
quando loro fratello era fuggito dal proprio
passato
senza fare più ritorno.
Ed era stato proprio
il dolore di quella perdita a far
capire al cielo ed alla terra quanto avessero reciprocamente bisogno
l’uno
dell’altra, di quanto due elementi apparentemente
così distanti potessero
essere così complementari.
Una volta varcata la
soglia del bagno, Haruno lasciò
cadere con poca grazia la scatola sul pavimento di piastrelle chiare,
producendo un tonfo secco che rimbombò nel piccolo locale.
Si lasciò scivolare
lungo la parete sedendosi accanto allo scatolone per poi aprirlo, poco
desiderosa di sistemare tutti gli oggetti che esso conteneva.
Gettò
accanto a sé quello spesso pezzo di scotch
trasparente che teneva ben salde le estremità superiori
della scatola ed aprì
meglio i lembi di cartone, infilandovi dentro la testa quel tanto che
bastava
per appurare quante
e quali cose avrebbero impegnato il
suo
pomeriggio.
Era sul punto di
ghermire il suo delicato bagnoschiuma
dall’inebriante aroma di fragola, quando uno schianto ed un
urlo strozzato
attirarono la sua attenzione e la spinsero a voltare il capo di scatto
verso la
porta.
“Tutto
bene?” Domandò premurosa, mentre nella sua mente
pregava in quattro lingue differenti che quel baka non avesse rotto
nulla di
importante.
“Sì,
tutto ok.” Disse Uzumaki da un’altra stanza con
voce
incrinata sovrastando il triste tintinnio dei cocci che stava
raccogliendo. “Ma
temo che tua madre mi ucciderà…”
Sakura
deglutì, diventando pallida come un lenzuolo
appena lavato.
“Naruto, ti
prego, ti
prego, non
dirmi che hai rotto uno dei piatti del servizio di porcellana
che apparteneva alla mia bisnonna…” Lo
implorò disperata, sperando che non
fosse tutto inutile.
Silenzio. Un silenzio
più che eloquente.
“…
Perdono!” Frignò infantilmente il ragazzo dopo una
manciata di secondi spesi alla ricerca di un modo per far
scemare l’ira della rosa.
Ma quel giorno, grazie
alla buona stella del biondo,
Sakura non aveva la benché minima voglia di arrabbiarsi con
lui, non in un
giorno che per loro avrebbe dovuto essere così importante.
L’unica
reazione di Haruno fu un sonoro sbuffo di
disapprovazione (che Naruto sentì fino in cucina), poco
prima di riprendere la
sua interessante attività.
“Sei il
solito baka, dovrei prenderti a sberle.”
Sentenziò la ragazza con poca enfasi mentre prendeva fra le
mani quattro tipi
diversi di doccia schiuma con l’intenzione di posarli
nell’armadietto bianco
accanto alla vasca.
Si ricordò
di quando, circa un paio di anni prima,
Uzumaki le aveva fatto notare che forse possedeva troppi tipi di
shampoo e
sapone, quasi come se li collezionasse. Sorrise a quel pensiero,
sedendosi sul
bordo bianco della vasca mentre cercava di tirare a sé la
pesante scatola e
malediceva le altre quattro che l’attendevano nel salotto, ai
piedi del divano.
Chissà come
Naruto era riuscito a convincerla ad andare a
vivere con lui in quel tugurio che, sicuramente, le sarebbe toccato
pulire da
cima a fondo il giorno seguente?
Più cercava
risposte e meno queste erano intenzionate a
venire; ma, se c’era una cosa che sapeva per certo, questa
era che il desiderio
di sorbirsi il suo adorabile baka
ventiquattr’ore su ventiquattro era forte e nitido, chiaro
come la luce del
sole.
Si era resa conto di
ciò col passare del tempo, con le
missioni che impegnavano Uzumaki lontano da Konoha per giorni e con la
sua
mancanza che si faceva sentire ogni volta più forte, sempre
più graffiante.
Il limite della
sopportazione Sakura lo aveva raggiunto
con quell’ultimo, fatidico incarico a Suna, che aveva
costretto il ninja ad
allontanarsi da lei per più di due settimane, e doveva aver
percepito la
medesima sensazione anche il ragazzo dato che lo stesso giorno del suo
rientro
si era presentato da lei con un mazzo di fiori ed una proposta davvero
dolce.
“Sakura-chan,
ti va
se io… se te… se noi, insomma…
dovremmo… che ne dici se… ?”
Rise di gusto a quel
ricordo, che le tornò alla mente
quasi all’improvviso.
“Quindici
giorni, eh?”
La voce le era uscita
più bassa e rauca di quanto non
volesse darlo ad intendere. Dissimulò il suo profondo
rammarico scostando gli
occhi giada da quelli cerulei di lui, mentre arrotolava con insistenza
snervante una ciocca di capelli rosa attorno all’indice.
“Ti sembrano
tanti?”
Che domanda scema le
aveva posto. Era ovvio: erano tanti,
un’infinità.
Quindici
giorni… trecentosessanta ore… ventunmilaseicento
minuti, tutti da trascorrere senza di lui. Visti così, nero
su bianco, erano
quasi in grado di terrorizzarla.
“No…
non così tanti, in fondo…”
Bugiarda.
Perché non
era in grado di dirgli che non era per niente
allettata dalla prospettiva di passare senza di lui mezzo mese?
Mezzo mese…
detto così, il tempo che avrebbero dovuto
trascorrere separati le sembrava ancora più immane, sempre
più insopportabile.
“Te la
caverai senza di me?”
Le domandò
apprensivo, posandole entrambe le mani sulle
guance.
Il sangue
impiegò meno tempo del previsto ad affluire
alle sue gote, rendendole improvvisamente rosse come invitanti ciliegie
mature.
Tentò di
scostare dal suo viso i palmi di lui, così
roventi al contatto con la sua pelle, ma fu come se il cervello si
rifiutasse
di mandare al suo corpo gli impulsi corretti.
“Come
sempre…”
Perché gli
occhi le pungevano? Perché la stuzzicava più
che mai l’idea di piangere davanti a lui, impietosirlo e
convincerlo a farsi
sostituire da Hyuga o da Lee?
“Non ne
sembri tanto convinta.”
Le sfiorò
le labbra con un semplice movimento del pollice
ed a lei parve di svenire.
Fu come se una scossa
l’attraversasse da capo a piedi,
stordendo ogni suo centro nervoso e, così, ogni sua
capacità di intendere e di
volere.
Perché questa volta
sento che non riuscirò a tollerare la tua assenza?
“Sì
invece, non preoccuparti per me. Piuttosto, faresti
meglio ad andare… stai facendo aspettare Nara ed
Akimichi.”
Si morse la lingua; si
stramaledì. Lo stava cacciando
quando tutto ciò che aveva il desiderio di fare era
stringerlo e baciarlo,
impedendogli di lasciarla da sola per l’ennesima volta.
Fece un cenno poco
convinto verso Shikamaru e Chouji che,
pazienti, attendevano il loro terzo compagno accanto alla grande porta
del
villaggio di Konoha, definendo alcuni dettagli della missione che si
accingevano
a cominciare.
“Allora
è meglio che vada.”
Sistemò
alla bell’e meglio lo zaino su una spalla.
La guardò.
Esitò.
“Sicura di
stare bene?”
Probabilmente avrebbe
fatto meglio a darsi un paio di schiaffi
in faccia per riprendersi; l’aveva osservata ed aveva
indugiato, come se sul
suo viso dal colorito chiaro fosse scritto a caratteri cubitali che non
voleva
vederlo partire, non più.
Gettò le
braccia al collo di lui, catturandolo in un
abbraccio soffocante mentre nascondeva quel volto traditore
all’altezza della
sua clavicola.
Si inumidì
le labbra, sentendosi stupida.
“…
Mi ami?”
Gli
domandò, a tradimento.
Non ne sapeva bene il
motivo, ma aveva un disperato
bisogno di sentirselo dire.
Sentì le
calde, rassicuranti braccia di lui stringerla
con maggior vigore, mentre una sua mano faceva capolino fra i suoi
profumati
capelli di seta.
“Ti amo. Da morire.”
Chissà
perché la sua voce diventava la melodia più bella
del mondo quando pronunciava quelle parole?
Ma lui non le
lasciò il tempo di cercare una risposta a
quella domanda. La costrinse a levarsi in punta di piedi e le
serrò le labbra
in un profondo bacio, di quelli che la lasciavano sempre senza respiro.
“Ci vediamo,
Sakura-chan.”
Aveva interrotto
l’abbraccio, lasciandola con quelle
parole ed un’ultima, meravigliosa carezza per poi sparire
assieme a parte del
Team 10 in una nuvola di fumo.
Era stesa su quel
bancone da almeno un’oretta,
spettacolino che le riproponeva ciclicamente da almeno una settimana.
Non aveva mai alzato
la testa, nemmeno un cenno od anche
un solo brontolio che le facesse intendere che la sua amica fosse
ancora viva. Se
ne stava semplicemente lì, sdraiata (anche se il pittoresco
termine stravaccata
avrebbe reso
meglio l’idea
che in quel momento le dava).
Fu verso
l’inizio della seconda ora di coma che si decise ad avvicinarsi
a lei,
stuzzicandola con il gambo di una calendula fin troppo arancione,
esattamente
come la vecchia tuta di Uzumaki prima che Tsunade, saggiamente, lo
promuovesse
jounin.
“Sakura?”
Haruno
grugnì e lei sospirò sollevata: almeno viva lo
era
ancora.
Le si parò
davanti, tormentandola con quel fiore
al’altezza della testa.
“Fronte
spaziosa, devo chiudere il negozio. È ora di
pranzo.” La informò, leggermente irritata dal
menefreghismo della sua migliore
amica.
Al suo ennesimo
mugugno optò per un approccio decisamente
meno soft, picchiandola sul capo con la corolla color tramonto con
malcelata
violenza.
L’azione
sortì l’effetto sperato; Sakura levò di
scatto
la testa portandosi una mano all’altezza del copri fronte
rosso.
“Ma sei
scema, Ino-pig?!” Inveì, esagerando la situazione
probabilmente più per noia che per altro. “Fa
male, sai?!”
La bionda la
fissò scettica, portandosi entrambe le mani
sui fianchi mentre cercava di assumere una posa che avesse un che di
minaccioso.
“Quanto
tempo hai ancora intenzione di stare a vegetare
sul bancone del mio negozio?” Sbottò gonfiando le
guance, nonostante la rosa le
avesse più volte ricordato che, così facendo,
assumeva davvero un’espressione
da porcellino. “Io vorrei chiudere ed andare a
pranzare.”
Yamanaka
fissò Haruno con un’insistenza esasperante fino
a quando l’altra, nervosa, non nascose nuovamente il viso fra
le braccia,
fuggendo i suoi occhi color ghiaccio.
Qualcosa non andava,
se n’era accorta da un pezzo, ma ciò
che le sfuggiva era il motivo per il quale Sakura non aveva intenzione
di
rivelarle le sue preoccupazioni. Roteò gli occhi fingendosi
seccata mentre si
avvicinava alla ragazza e le si sedeva accanto, carezzandole quei buffi
capelli
color corallo.
Non ricevendo da parte
di Sakura nessuna reazione
particolare, la bionda si coricò ad una manciata di
centimetri di distanza da
lei, soffiando lievemente per richiamare la sua attenzione.
“Me lo dici
cosa c’è che non va?”
La vide sollevare
leggermente il capo, tentando di
guardarla con la coda dell’occhio.
“C’è
che mi manca da morire, Ino-pig.” Sospirò la rosa,
allungando una mano verso la calendula che Yamanaka aveva posato in
mezzo a
loro. “Non mi era mai mancato così tanto e questo
mi spaventa.”
La bionda sorrise,
tendendo le braccia al cielo nel
tentativo di risvegliare quei muscoli indolenziti.
“Brutta cosa
l’amore, eh?” Domandò ironicamente
mentre,
con la coda dell’occhio, osservava divertita il vago rossore
che imporporava le
guance della sua migliore amica.
Gioì per la
sua tenera fronte
spaziosa, mentre
in cuor suo sperava con tutta sé stessa di
poter provare qualcosa di vagamente simile al sentimento che legava
Haruno ad
Uzumaki.
… Avrebbe
proprio dovuto invitare quell’Anbu del
cavolo a
bere qualcosa con lei una sera di quelle, senza dubbio.
Un’occhiataccia.
Un’altra.
Ora aveva serrato le
labbra e ridotto quelle iridi
castane a due buie fessure mentre, con mani tremanti per la rabbia,
stringeva
con forza eccessiva un libro di anatomia e la guardava in malo modo.
Oh, se la guardava
male!
Si rese conto che era
davvero al limite della
sopportazione quando vide spuntare al centro della sua fronte una
grossa vena,
segno che sarebbe esplosa in tutta la sua ira di lì a pochi
istanti.
Eppure…
cosa mai aveva fatto per ridurla in un simile
stato?
Perplessa chiuse il
tanto antico quanto polveroso tomo
sul chakra che aveva sfogliato per quasi l’intera mattinata,
inumidendosi le
labbra e prendendo fiato per poter parlare.
“Tsunade-sa…
?”
Con un gridolino
sommesso ed un’ottima risposta da parte
dei suoi riflessi, Haruno riuscì ad evitare
l’affilato tagliacarte che, d’improvviso,
si era librato a mezz’aria con la tacita promessa di colpirla
in piena fronte.
A carponi sul
pavimento, osservava incredula l’Hokage,
ferma in una posizione che faceva chiaramente intendere che la fautrice
del
misterioso lancio del tagliacarte fosse proprio lei.
“S-sensei?!”
Boccheggiò ansante, sgranando gli occhi
color smeraldo. “Ma cosa le è saltato in
men… ?!”
Osservò
allibita Godaime portarsi le mani nei folti
capelli biondi, immancabilmente legati in due piccole code, mentre
lanciava un
urlo agghiacciante che dava l’idea di essere un compendio tra
angoscia ed
esasperazione.
“Basta,
Sakura!” Esclamò la donna. “Non ti
sopporto più!”
La rosa si
guardò intorno confusa. No… non c’erano
altre Sakura
nei paraggi;
che si stesse
riferendo precisamente a lei?
“Ma…
ma… che ho fatto?!” Domandò la ragazza,
levandosi in
piedi con un’agilità invidiabile. Il suo tono di
voce ricordava vagamente le
lagne di un bambino che viene ripreso ingiustamente per qualcosa che
non ha
commesso.
Il quinto Hogake
battè il pugno destro sul palmo
dell’altra mano con violenza, producendo uno schiocco sordo e
poco
rassicurante. “Che hai fatto… ?! Ti ho invitata
qui in ufficio a studiare
perché credevo ti potesse interessare fare qualche altra
lezione con me, dato
che ultimamente non abbiamo avuto molte occasioni…”
“Ed infatti
mi interessa, Tsunade-sama!”
“…
Ma da quando hai messo piede qui dentro non hai fatto
altro che agitarti su quella seggiola, entrare ed uscire dalla stanza
perché il
libro che avevi prelevato dalla biblioteca non ti soddisfaceva appieno,
hai
camminato su e giù per il mio ufficio con
un’insistenza snervante… ed ora ti
metti addirittura a canticchiare mentre io cerco di leggermi in santa
pace il
mio libro di anatomia?!”
Haruno la
fissò frastornata, portandosi una mano
all’altezza della guancia. “Ca-canticchiare? Ma io
non ho canticchiato,
sensei!”
Tsunade
inarcò una delle sue rade sopracciglia fissandola
in modo più che eloquente, ma la rosa ancora non capiva a
cosa lei si stesse
riferendo. Non si era mai presa la libertà di canterellare
in pubblico, non ne
sarebbe mai stata in grado, tanto si sarebbe imbarazzata; certo, Naruto
l’aveva
più volta ascoltata mentre cantava qualcosa sotto la doccia,
ma quelle erano
altre circostanze.
Non seppe dare alcuna
spiegazione alla donna, ed ella
sembrò irritarsi ancora di più.
“Vuoi dirmi
che non te ne sei nemmeno accorta?!”
Ironizzò, incrociando le braccia al petto. “Allora
la situazione è grave!”
“Se davvero
l’ho fatto mi scuso, sensei!”
S’affrettò a
rispondere Sakura. “E’ che… oggi torna
Naruto ed io devo essere un po’ su di
giri… !”
Godaime
rilassò le spalle, lasciandosi fiaccamente cadere
contro lo schienale della sua massiccia sedia.
“Per oggi
vai a casa, se non sei concentrata non mi servi
nemmeno in ospedale.” Sentenziò la donna,
rassegnata a quello stato iperattivo
in cui la sua allieva prediletta era ridotta. “Per quanto
riguarda la missione
di Naruto col Team 10, stando all’ultimo comunicato arrivato,
dovrebbero essere
di ritorno per il tardo pomeriggio. Tu, nel frattempo, cerca di darti
una
calmata, intesi?”
Sakura
assentì con enfasi, giocherellando con le proprie
dita per sfogare in qualche modo la sua immane agitazione, derivante
dalla
sempre più crescente felicità che provava al solo
pensiero di rivedere il suo
baka.
Ancora qualche altro
istante ferma davanti alla scrivania
dell’Hokage e si sarebbe messa a saltellare, questo doveva
averlo capito anche
Tsunade. “Che fai ancora qui? Vai!”
Haruno non se lo fece
ripetere due volte; imboccò la via
per la porta e sparì, lesta come una gazzella che fugge il
predatore.
Aveva così
tante cose da fare, quel pomeriggio.
Rassettare la casa di Uzumaki, fargli la spesa, cucinare il ramen al
miso per
lui… da cosa avrebbe potuto cominciare?
Correva
come un forsennato, facendosi spazio tra le alte
fronde degli alberi ed il fitto fogliame che le ricopriva.
Più volte
Nara lo aveva ripreso, intimandogli di decelerare
il passo dato che, a missione felicemente conclusa, avevano tutto il
diritto di
prendersela comoda sulla strada del ritorno, ma il biondo pareva molto
restio
dal concordare con la sua idea.
La verità
era che ormai, con così poco a separarlo da
Konoha, non aveva la benché minima intenzione di andarci
piano ed aumentare
ulteriormente il nefasto tempo che avrebbe passato diviso da Sakura.
Infatti,
contrariamente a quello che aveva sperato, solo i primi giorni della
missione
erano trascorsi piuttosto serenamente; già a metà
della prima settimana aveva
cominciato a sentirsi tremendamente vuoto, con l’atroce senso
di mancanza della
sua ragazza a tartassargli l’anima.
Durante il giorno non
aveva fatto altro che sospirare, la
notte il sonno tardava sempre a venire ed aveva esasperato i suoi
compagni ogni
volta che gli era possibile, lagnandosi di quanto Haruno gli mancasse
… chissà
se Sakura, a differenza di lui, se l’era cavata da sola?
Certo, con tutti quei
prestanti ninja di Konoha pronti a
ronzarle intorno in assenza del suo ragazzo, sicuramente non si era
sentita abbandonata;
come mai avrebbe potuto?
“Ma che vado a
pensare?!”
Scosse la testa un paio di volte, cercando di non perdere la
concentrazione; anche il ninja più esperto, se privo di
attenzione verso le
proprie azioni, può cadere in fallo in un esercizio semplice
come la corsa. “Sakura
non si farebbe mai fare il filo da
qualcun altro! Naruto Uzumaki, stai diventando paranoico!”
Sorrise, ripensando al
fatto che no, non c’era
nessun’altra ragazza sul pianeta giusta per lui quanto
Haruno. Quando, di lì a
poco, sarebbe stata davanti a lui, in primo luogo l’avrebbe
stretta in uno
stritolante abbraccio senza via di fuga, riempiendola di quei baci che,
in quei
giorni di missione, gli erano tremendamente mancati; in secondo
luogo…
“Naruto!”
Il ragazzo biondo si
fermò all’istante, sussultando,
mentre Nara ed Akimichi, ad una manciata di passi da lui, dovettero
bruscamente
frenare per non scontrarvisi contro.
“Ha ragione
Sakura, sei proprio un baka…” Borbottò
risentito Shikamaru, grattandosi svogliatamente il retro della nuca e
mettendo
a repentaglio la situazione del suo già precario ciuffo
color pece.
I cerulei occhi di
Uzumaki si soffermarono dapprima sul
compagno indolente, che ora lo fissava con le braccia incrociate al
petto,
infine su Chouji, che si era appoggiato al tronco dell’alto
abete sul quale si
erano fermati mentre tentava di riprendere un po’ di fiato,
sfinito dalla
scapestrata corsa di Naruto.
“Che
succede? Perché mi hai fatto fermare? Non vorrai
mica fare un’altra pausa!”
Nara roteò
gli occhi, indicando con braccio rigido un
punto ben definito davanti a sé. “Guarda un
po’ dove siamo, testa di cavolo.”
Il biondo
seguì con lo sguardo quell’invisibile linea
d’aria tracciata dal dito indice del moro, scoprendo con
grande stupore di
essere già nei pressi della massiccia porta di Konoha.
“Almeno
adesso credi che potremmo camminare o dobbiamo
continuare a sfasciarci le gambe?” Continuò
Shikamaru, con tono ironico.
Uzumaki
sbatté le palpebre un paio di volte, attonito;
possibile che non si fosse minimamente reso conto di essere
già arrivato al
villaggio?
Si portò
una mano al mento, pensoso, fissando l’altro con
sguardo interrogativo.
Il moro, in risposta,
infilò entrambe le mani nelle
tasche del giubbotto da jounin, incassando la testa tra le spalle
mentre
riduceva i suoi occhi color notte a due piccole fessure piene di
risentimento.
“Eri tanto ansioso di raggiungere Konoha che ti sei messo a
correre come un
disgraziato. È già un miracolo se hai imboccato
la strada corretta, secondo
me.”
“Oh…”
Uscì detto al biondo mentre, vagamente imbarazzato,
inarcava le sopracciglia in un gesto perplesso.
Entrambi i loro occhi
si posarono poi su Akimichi, che
ancora affannava mentre cercava un appiglio sicuro contro la dura
corteccia
centenaria dell’albero.
“Yo, Chouji.
Spera che non ti venga un attacco di cuore
perché io in spalla non ti porto.”
Brontolò Nara, ancora seccato per la folle
(inutile) corsa nella quale era stato trascinato dal suo irruento
compagno.
“…
on… ne… rà…
ogno… !” Boccheggiò il ragazzo castano,
in
balia tra la vita e la morte. Non aveva mai corso tanto velocemente in
tutta la
sua vita, nemmeno ai tempi d’oro degli allenamenti con
l’adorato Asuma-sensei.
Shikamaru
strabuzzò gli occhi, perplesso. “Che cosa hai
detto??”
“Non ce ne
sarà bisogno!” Sbraitò allora Akimichi
a pieni
polmoni; ma quel gesto azzardato gli costò caro.
Dovette sedersi sul
possente ramo per non cadere a terra
stecchito, lasciato senza fiato da quell’urlo poderoso.
“Devo… devo riposare un
attimo…”
“Che
seccatura…” Sbuffò il moro, guardando
titubante
Naruto. “Che vuoi fare?”
Uzumaki
fissò Chouji, fissò Shikamaru, fissò
la porta di
Konoha, che distanziava giusto poche centinaia di metri.
Prese la sua decisione.
Saltando
dall’alto ramo con un’agilità
invidiabile
raggiunse il suolo, rivolgendo ai suoi compagni di missione un ultimo
saluto.
“Io vado avanti, devo fare una cosa importante. Quando Chouji
riacquista un
colorito che si possa definire umano, fallo alzare e portalo al
villaggio. È
tutto!”
Detto questo
svanì, prendendo a correre così velocemente
da non sembrare nemmeno stanco per l’onere che aveva dovuto
sopportare in
quegli ultimi giorni.
Correva verso la
grande porta del villaggio e pregava che
Sakura non fosse al negozio di Yamanaka.
Aveva pulito la casa
del ragazzo da cima a fondo, fatto
la spesa per il suo perennemente vuoto frigorifero e cucinato
un’abbondante
cena a base di ramen al miso, il piatto preferito da Naruto.
L’unica cosa che
le restava da fare era, però, quella più ostica:
starsene tranquilla ed
attendere paziente il suo ritorno.
Aspettò
zelante, lasciando in caldo la cena mentre, per
distrarsi, aveva preso a sfogliare un pesante tomo di tecniche ninja
che
sicuramente le sarebbe tornato utile un giorno o l’altro.
Era quasi riuscita ad
immergersi totalmente nella sua
lettura quando, verso la fine del capitolo sesto, un sommesso rumore di
passi
al di là della porta dell’appartamento del biondo
attirò la sua attenzione.
Soddisfatta, sorrise
sommessamente: finalmente era
tornato.
Non riuscì
nemmeno ad attendere paziente che Naruto
aprisse la porta; lanciò poco garbatamente il libro sul
cuscino del divano e
schizzò in piedi, scattando fulmineamente verso
l’uscio. Lo aprì di slancio,
cogliendo di sorpresa il ragazzo (che per poco non lanciò un
urlo) e si gettò
fra le sue braccia con una tale veemenza da far rovinare al suolo
entrambi.
Frastornato, il ninja
levò di poco il capo reclinato
all’indietro, giusto quel tanto che bastava per rendersi
conto di chi aveva
avuto l’accortezza di fargli battere la testa sul pavimento;
Sakura era lì,
stesa su di lui in una posizione alquanto compromettente che lo fissava
con
occhi brillanti ed un’espressioni di puro giubilo dipinta sul
volto.
“S-sono a
casa…” Disse Uzumaki grattandosi una guancia in
un gesto imbarazzato mentre, con viso arrossato e sguardo altrove,
cercava di
non pensare a nulla di equivoco. Dopo due settimane passate senza
Haruno era
pressochè impossibile per lui resistere ad una tale
provocazione.
Sakura si
avvicinò ulteriormente al viso di lui,
sospirando un flebile “…
Bentornato.” sulle
sue labbra sottili.
Stava per serrarle in
uno di quei baci che tanto in quei
giorni le erano mancati, quando i suoi occhi color smeraldo
incrociarono
qualcosa che giaceva sulle fredde piastrelle del pianerottolo, proprio
accanto
a lei.
Si levò a
sedere, appurando che si trattava di un mazzo
dei suoi fiori preferiti, i tulipani rossi; ne prese uno fra le mani,
constatando tristemente che aveva rovinato quei fragili boccioli
facendo cadere
Uzumaki a terra.
Avvicinò
quei petali color sangue al viso e calò le
palpebre, inspirando a pieni polmoni quella sobria fragranza di
primavera, così
perfetta ed armoniosa da sembrare quasi artificiale.
“…
Mi dispiace…” Mormorò, mortificata.
Riaprì gli occhi
e, con sguardo avvilito, ghermì ciò che restava
dell’inaspettato regalo del
ragazzo. “Devono esserti costati una fortuna…
scusa…”
Il biondo si
alzò a sedere, sorridendole premuroso; lambì
le guance chiare di Haruno con entrambe le mani e tese leggermente il
collo,
premendo le proprie labbra contro quelle di lei senza forza, quasi
accarezzandole. Un semplice, casto bacio senza pretesa alcuna.
“Non mi
importa dei fiori…” Disse, gettando lontano
l’ormai rovinato mazzo. “L’unica cosa
importante è che siamo di nuovo insieme.”
Sakura si morse a
sangue il labbro inferiore, ingaggiando
una lotta ad armi impari contro quelle lacrime che premevano a forza ai
lati
degli occhi per poter uscire allo scoperto. Le ricacciò
indietro una volta e
poi una seconda, ma alla terza cedette e lasciò che la
prima, silenziosa
lacrima le lambisse il viso, spianando la strada alle altre che,
copiose,
presero a bagnarle le guance.
Naruto la
guardò allarmato, temendo di essere la causa
(in senso negativo) di quel pianto, mentre Haruno, cercando di
conservare un
minimo della sua dignità, si premurava di asciugare con un
secco colpo di mano
le sue gote non appena esse venivano inumidite da quella sua gioia
esplosa in
modo così contrastante.
Nascose il viso
nell’incavo del collo del ragazzo,
affondando nel caldo maglione blu notte del jounin i suoi singhiozzi.
“Mi sei
mancato così tanto…” Pigolò
lei, cercando di
ricomporsi.
Uzumaki la strinse
forte a sé. “Anche tu…
tanto… troppo…”
Finalmente la rosa
sembrò calmarsi; sollevò il capo
asciugandosi le ultime lacrime mentre cercava di celare il suo
crescente
imbarazzo per aver ceduto a quel modo davanti ai suoi occhi.
Si inumidì
le labbra e si schiarì la voce con
l’intenzione di avvertire il biondo dell’appetitosa
cena che lo attendeva
all’interno, ma qualcosa nello sguardo celeste di lui la
convinse a serrare con
fermezza le labbra, come se avesse dovuto osservare un solenne silenzio
per
dargli il tempo di dire qualcosa di importante.
Naruto continuava a
fissarla, serio come poche volte in
tutta la sua vita, e lei si sentiva tremendamente in soggezione, quasi nuda davanti a quegli occhi
limpidi come
due pozze d’acqua.
“Sakura…”
Sussurrò il suo nome, soppesò con lentezza
snervante le parole da aggiungere. “Voglio chiederti una
cosa.”
“Tutto
quello che vuoi.” Rispose lei sincera, inclinando
il capo di lato con un sorriso.
Il ragazzo si
inumidì le labbra, esitando. “E’ una
cosa
importante… devi riflettere attentamente prima di
rispondere.”
Haruno
raddrizzò il capo, ammutolita. Improvvisamente
l’atmosfera si era fatta particolarmente tesa.
“S-sì…”
Proferì incerta, mentre fissava lo sguardo
altrove. Le sue labbra smisero di sorridere, tendendosi in
un’espressione
irrequieta.
Uzumaki
calò le palpebre sulle sue iridi chiare e trasse
un profondo sospiro, riaprendo gli occhi così
all’improvviso da far sussultare
la rosa.
“Sakura-chan!”
Quasi urlò, e probabilmente se ne rese
conto. Si schiarì la voce e le afferrò una mano,
stringendola in una calda,
dolce presa. “Ti va se io… se te… se
noi, insomma… dovremmo… che ne dici
se… ?”
Intercalari.
Nient’altro.
La rosa lo
guardò frastornata, cercando il filo logico di
quelle parole pronunciate a sproposito. “Naruto, cosa stai
cercando di… ?”
“Vieni a
vivere con me, Sakura-chan!”
Bingo.
Durante tutti e tre i
giorni che aveva impiegato a
tornare dalla missione svolta a Suna, Naruto si era più
volte immaginato in
quale modo chiedere alla sua ragazza una cosa tanto importante.
Aveva pensato ad un
mazzo di fiori (rigorosamente
tulipani rossi), ad una cenetta romantica, a loro due vestiti in modo
elegante
e ad una proposta raffinata, presentata con garbo.
Ma le cose erano
andate diversamente. Quella sua proposta
cortese ed educata, infine, gliel’aveva letteralmente urlata
in faccia.
Il biondo si
coprì il viso con entrambe le mani e reclinò
il capo, sospirando affranto.
“Scusa…”
Borbottò, al culmine dell’imbarazzo.
“Non volevo
dirtelo in questo modo… pensavo a qualcosa di più
tranquillo…”
Ma Sakura non rispose;
era perfettamente immobile, zitta,
e sembrava trattenere anche il respiro.
Naruto si
scostò le mani dal volto senza però guardarla,
a disagio. “Lo so che sono un idiota, non faccio altro che
creare casini e non
posso nemmeno essere ritenuto un gran ninja, ma l’unica cosa
che voglio è
renderti felice e ti prometto che m’impegnerò al
massimo se tu ora me ne darai
l’occasione.”
Udì un
mugolio sommesso, seguito da un altro meno celato
rispetto al precedente.
Quando finalmente
trovò il coraggio di alzare verso Haruno
i suoi occhi chiari si accorse che la ragazza mal tratteneva le proprie
risa,
che sembravano proromperle di getto dal cuore. All’ennesimo
sghignazzo sotto i
baffi la rosa cedette, abbandonandosi ad una risata che
risuonò in tutto il
pianerottolo.
Uzumaki la
fissò alterato, stringendo i pugni. E lui che
si era addirittura premurato di comprarle quel mazzo di fiori che aveva
deciso
di recapitarle a casa Haruno quella sera stessa, dopo un bagno ed un
pasto
veloce, nonostante fosse spossato per la pesante missione appena
portata a
termine.
“Non
c’è bisogno di ridere.”
Sentenziò umiliato mentre,
con un gesto poco garbato, la allontanava da sé.
“Se non ti va di farlo puoi
tranquillamente dirmi di no e tanti saluti!”
Le risa della rosa
scemarono, lasciando che le labbra si
tendessero in un sorriso.
“Ba-ka.” Scandì
attentamente, punzecchiando il petto di Naruto con il dito indice.
“Punto
primo: tu non sei un idiota; punto
secondo: mi piacciono i casini che crei perché è
bello risolverli insieme;
punto terzo: tu sei a dir poco un ottimo ninja; punto
quarto…”
Haruno lo
pungolò con maggior violenza, quasi volesse
forare la carne del ragazzo con la punta del proprio dito.
“Ridevo solo perché
ero felice. Se non te ne sei ancora accorto –cosa che reputo
più che plausibile-
è da tanto tempo che ho il desiderio di vivere con te.
Pensavo te ne fossi già
reso conto… secondo te per quale motivo mi davo tanto
affanno a mostrarti che
ero ben disposta a fare le pulizie a casa tua o cucinare per
te?”
Il ragazzo si
grattò imbarazzato una guancia, incassando
il capo fra le spalle. “Spirito
d’iniziativa?”
Sakura si
portò entrambe le mani sui fianchi, alzando gli
occhi al cielo.
Eh no, gli anni potevano
passare, ma Uzumaki restava comunque lo
stesso.
Lo
ghermì per il collo del maglione, possessiva.
“Zitto e
baciami, scemo!”
Ma, a dirla tutta, era proprio
questo che più le piaceva di lui.
“Hai
finito qui?”
Sussultò,
guardandosi attorno con cautela per
ricollegarsi con l’ambiente circostante. Era seduta sul bordo
di una vasca da
bagno ed in mano teneva un doccia schiuma.
Dirimpetto a lei
c’era Naruto, schiena appoggiata contro
lo stipite della porta e braccia incrociate al petto, tipica posizione
di chi è
in attesa.
“Io…
io…” Balbettò dunque, incerta. Si era
talmente persa
nei suoi ricordi da non riuscire nemmeno a terminare la sua mansione:
sistemare
i suoi effetti personali.
Uzumaki le si
avvicinò sorridente, sedendole accanto e
rubandole dalle mani il doccia schiuma che ripose immediatamente
nell’armadietto bianco.
“Yo,
Sakura!” Esclamò stupito dando una celere occhiata
allo scatolone ancora pieno. “Ma è ancora zeppo di
roba… come mai? Si può
sapere che cosa hai fatto fino ad ora?”
“N-nulla…”
Farfugliò Haruno, arrossendo imbarazzata.
“Pensavo…”
Yes
+____+ sono vagamente
esaltata… è la prima cosa che riesco a terminare
dopo quasi otto mesi di
blocco!
So
che è lunga e che non è poi questo
granchè, ma mi
sento felice comunque >////<
yaiii!
Se
avete avuto la forza di arrivare sino a qui avete la
mia più sincera gratitudine
TT___TT vi ringrazio molto!
Questa
categoria mi piace particolarmente, per cui spero di poter tornare
presto a bazzicare in questa zona +__+
Quindi
a presto, forse! Chi lo sa? XD
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