“Illusion is the
first of all pleasures.”
Mentre precipitava, si accorse che non aveva mai
sperimentato l’affascinante gusto del vuoto in tutta la sua vita. Alm
eno,
non in quel modo. Non premuto addosso come un macigno che fa tendere il corpo e
i muscoli come corde, non come gelo sulle braccia sulla schiena sulla faccia.
Non come il misero ambasciatore di una prossima morte così splendida
e
così drammatica allo stesso tempo. Non come la certezza di aver comp
iuto
una scelta e aver prediletto l’oblio alla salvezza.
Mai così.
Il vuoto che conosceva era quello che sentiva da qualche
parte nel profondo. Quando guardava fuori e c’era la neve e i bambini
del
quartiere saltavano da un angolo all’altro della strada incappottati
come
piccoli eschimesi, con le guance e il naso rosso. Loro ridevano, lui moriva.
Moriva dentro. Dentro sé stesso e dentro quella casa grande e asettica
mentre sentiva il sapore del sale sulle labbra umide e in gola un gusto amaro.
Si era costruito con le sua mani un castello di carte,
alto
e bilanciato. Ma per quanto stabile, per quanto imponente, era rimasto un
castello di carte minacciato da un vento violento che non sembrava volersi
chetare e si avvicinava pericolosamente alle fragili mura. Sempre di
più, ancora di più. Finchè quella mera accozzaglia di
illusioni e di menzogne non gli era crollata addosso e lui aveva iniziato a
soffocarci, intrappolato fra le macerie. Gli era mancata la forza di rimettere
insieme i cocci. Le lacrime e il dolore non erano state capaci di tenerli uniti
e quello che si era ritrovato a stringere fra le mani era solo un orrendo
duplicato di quella che era stata la vecchia struttura, di quella che era stata
la sua vita.
Stava precipitando e a ricordargli di essere solo
c’era un silenzio inverosimile violato unicamente dal fischio sordo che
l’aria calma produce quando viene squarciata. Il fastidioso rumore degli
ultimi brandelli di felicità che vengono sminuzzati fino a diventare
invisibili e poi gettati via. La luna pallida lo fissava, accarezzava la sua
pelle diafana e lo accompagnava nella caduta. Fino all’ultimo, fino in
fondo.
Ed è in momenti come questo che ti fermi a pensare,
quando sai perfettamente che non ne avrai mai più la possibilit&agra=
ve;.
Fissò le stelle. Le guardò dal basso con
gli
occhi lucidi di un bambino davanti ai fuochi artificiali. Un po’
spaventato da tanta bellezza inafferrabile eppure così vicina, a portata
di mano. Le avevano guardate tante volte loro, uno accanto all’altro,
mentre si sfioravano timidamente al sicuro dagli sguardi indiscreti, poco
lontano dalle rovine della città vecchia. Lontano dalle Ombre della
Federazione, dalle sentinelle, nascosti al mondo intero. Sorrise amaramente. Il
loro amore non avrebbe mai conosciuto la luce. Erano costretti ad amarsi
nell’oscurità e a considerare il sole un nemico giurato.
-Non vorrei andarmene. Vorrei che il giorno non arrivasse mai.-
-Abbiamo la nostra notte. Non ci serve altro.-
E la notte se lo stava portando via, a poche ore
dall’apertura delle fabbriche e dagli ultimi turni di guardia. Mentre
nelle case i bambini riposavano ignari e qualche madre rammendava le divise
dei
mariti stanchi. Mentre dietro a un tavolo le sorti del mondo venivano giocate a
dadi da uomini senza volti e con enorme potere, mentre un società corrotta
e sul lastrico era prigioniera di un governo che lei stessa aveva plasmato.
Una nuova condanna per il mondo, una nuova ecatombe. Una
nuova Shoa, più crudele e più terrificante, perché estesa
al mondo, perché era impossibile nascondersi a lungo. Lo sapevano bene
tutti. Lo sapevano le madri che piangevano in silenzio la falsa libertà
dei loro figli e lo sapevano i mariti che si spezzavano la schiena ogni giorno,
senza la forza per ribellarsi e le lacrime per disperarsi.
-Hai mai pensato a come sarebbe non doversi nascondere, Kane? Essere
come tutti loro?-
-Noi siamo più di loro, perché loro sono tutti uguali
.-
Sembrava un angelo. Aveva le braccia aperte e il viso
rilassato e scivolava sempre più in basso. Il buio lo avvolgeva come
una
telo nero, delicatamente e con cura, come si cela un segreto. E lui cadeva,
come un angelo che viene scaraventato verso gli inferi dal regno celeste. Come
un Icaro senza ali e senza speranze che si è ritrovato troppo vicino
al
calore e alla luce di un sole traditore che gli ha strappato la cosa a cui
teneva di più. Il suo peggior peccato, il suo più bel
sogno…
Era giusto che pagasse. Tutto ha un prezzo. E lui avrebbe
risarcito il suo debito, avrebbe dato tutto ciò che aveva, perché
non gli era rimasto più niente. La vita, quella non gli importava
più.
-Dopo di te non viene nulla.-
-Non dire sciocchezze.-
-Davvero. Dopo di te non viene nulla.-
Quasi non se ne rese conto quanto impattò con
violenza contro il suolo dell’immensa via principale, in
quell’angolo malfamato della città dove i puri si potevano contare sulle dita di una mano. Gemette forse, ma
involontariamente ed infine emise il suo ultimo respiro, disteso ed immerso
nella testimonianza del fallimento dell’uomo.
E se davvero esiste un
paradiso, forse lì staremo insieme… Per sempre.
Note:
E' la prima volta che pubblico su Efp e la procedura mi ha causato non pochi problemi. XD Spero sia leggibile e che i troppi spazzi tra un capoverso e l'altro non rendano eccessivamente scomoda la lettura ._.
Ho fatto del mio meglio, giuro! XDXD