Salve a tutti e benvenuti a
chi è nuovo, mentre un caloroso ben ritrovati ai miei vecchi amici lettori di
lunga data. Ve l’avevo annunciata ed eccola qui, fresca e profumata, la
raccolta di Missing Moments
tutta dedicata ai vostri personaggi del cuore. Rigorosamente in ordine
cronologico, dal passato più passato fino alle tribolazioni post Il Tesoro di Ulmo, un mix di generi e personaggi, Alatariel
e Aeglos, certo, ma non solo, vecchi e nuovi,
originali e tolkeniani, tutti insieme
appassionatamente solo per voi. Naturalmente si comincia con Aeglos, perché lo so che è il vostro preferito, e si fala
conoscenza della sua allegra famigliola felice e soprattutto ancora viva. Lindir forse lo ricorderete da “Gocce di Luce”, ma gli
altri? Scopriteli con me! Buona lettura!
Musica
Il bello della musica è che quando ti colpisce non senti dolore.
(Bob Dylan)
Meldon sollevò leggermente lo
strumento, portandoselo all’altezza degli occhi, osservandolo più da vicino. Il
flauto era sempre incredibilmente difficile da intagliare, la più piccola
sbavatura ne avrebbe compromesso il suono irrimediabilmente e la sua reputazione
ne avrebbe risentito. Costruiva strumenti musicali fin da prima di
intraprendere il lungo cammino verso Ovest, quando non conosceva che la luce
delle stelle e gli Alberi di Aman non erano che
storie incredibili sulla bocca del suo signore Olwё.
Meldon si rigirò lo strumento fra
le mani, con la delicatezza di un amante, saggiandone l’equilibratura, poi se
lo portò alle labbra e ne trasse una nota.
Perfetto.
< Potrei persino essere gelosa! >
La voce di Calimё era come sempre sottile e fresca, lo
faceva sentire come rigenerato.
Sua moglie se ne stava poco distante, con i capelli dorati e
una veste bianchissima, guardandolo lavorare chissà da quanto tempo senza che
lui se ne accorgesse.
Accanto a lei, quasi un suo riflesso in miniatura, con i
capelli biondi spettinati e le guance ancora paffute dell’infanzia, Aeglos osservava rapito il lavoro di suo padre.
< Vorresti essere toccata così, mia signora? > la
provocò scherzosamente, tendendole una mano che lei afferrò. La trasse a sé, e
lei gli si sedette sulle ginocchia, ridendo.
Aeglos si avvicinò e prese il
flauto, soffiandoci dentro come aveva visto fare a suo padre, ma non ne uscì
che un suono stridulo e il bambino si ritrasse, infastidito.
I due elfi risero piano e Calimё scompigliò
affettuosamente i capelli del figlio.
< Non basta soffiarci dentro per poterlo suonare, figlio
mio. Devi imparare la tecnica, sapere come lo strumenti ti parla, solo allora
sarai in grado di parlargli a tua volta e creare musica. >
Aeglos fissò lo strumento creato
da suo padre con ardore, affascinato dai segreti in esso celati. Era solo un
bambino, ma Meldon riusciva a scorgerne distintamente
lo spirito che ardeva in lui, lo stesso amore per la musica che albergava anche
nel suo cuore.
Suo figlio lo fissò negli occhi e improvvisamente gli sembrò
più grande, come se attraverso lo sguardo del bambino riuscisse a scorgere
l’elfo giunto già a piena maturità.
< Insegnami, padre, insegnami come creare musica. >
Nonostante tutto, la sua era ancora la preghiera
dell’infanzia.
Calimё sorrise e attrasse a sé suo figlio,
mentre Meldon annuiva.
La musica era il mio rifugio. Ho potuto strisciare nello spazio tra le
note e dare la schiena alla solitudine.
(Maya Angelou)
Aeglos se ne stava seduto contro
una roccia, mentre la scogliera andava a picco davanti a lui. Sua madre era in
piedi poco distante e teneva in braccio suo fratello Anaròn,
poco più che un fagottino rosa. Cantava per lui, accompagnata dalle note che Aeglos traeva con grazia da una piccola lira dorata.
Era bello guardarli, era bello sapere che quella musica
proveniva da lui, che sua madre poteva cantare su qualcosa che era lui a
comporre, lo faceva sentire utile, in qualche modo vicino alla parte più
nascosta di se stesso.
Suonava e la malinconia che troppo spesso lo attanagliava
lasciava il posto a un sommesso senso di pace.
Calimё alzò lo sguardo verso di lui e sorrise
dolcemente, poi indicò il mare sotto di loro.
< Tuo padre e Lindir stanno
tornando in porto > disse, < andiamogli incontro. >
L’elfa si allontanò, continuando a
cullare il bambino tra le braccia e a cantare tra sé e sé, ma Aeglos non la seguì subito.
Guardò giù: la piccola nave a forma di cigno si avvicinava
alla costa, verso il porto, e lui riusciva a distinguere distintamente
l’argento dei capelli di suo padre e l’oro di quelli di Lindir,
nonostante la distanza fosse molta.
Erano stati via più del solito, ma da Tìrion
avevano sicuramente portato molti oggetti e anche notizie. Era ansioso di
ascoltarli e poi, chissà, di sapere se suo padre gli aveva portato qualche
altro strumento musicale da quel viaggio.
Non si stancava mai di suonare, di imparare nuovi tipi di
musica, non se ne era mai staccato fin da quando, ancora bambino, aveva preso
in mano il flauto che suo padre stava costruendo. Non era riuscito a trarne
nemmeno una nota, eppure il solo averlo tra le dita gli aveva dato un senso di
pace come non ne aveva mai provato prima. In quel momento aveva capito che
qualsiasi cosa fosse accaduta, la musica sarebbe stata sempre il suo rifugio.
Sorrise a quel ricordo. Non era ancora adulto, anche se si
stava lasciando l’infanzia alle spalle, ma era già consapevole che ci sarebbe
stato, per lui, sempre un posto fra le note, quando non sapeva dove andare.