Accipicchia !
Ma che ci faccio qui? Non ricordo niente. Come mai sono arrivato fin
qui? Per quanto tempo ho caminato? Nemmeno so se ho caminato per
venire qui. Di solito mi stanca quasi subito, ma non è
esattamente come se lo fossi. Mi sento piuttosto smarrito, un po'
come se avessi preso una sostanza illegale, una specie di droga che
mi ha fatto dimenticare tutto. Perché fa tanto caldo? Sto
scegliendo, e queste goccie sulla mia fronte ne testimoniano. Perché
fuori c' è il sole? Dove sono le nuvole? Perché non si
vede neanche un po' d' ombra? Maledetto palla di fuoco gigante. Ho
bisogno di sedermi per un po'.
“Ehi
tu!”, mi apostrofa qualcuno che sembra più grande e più
muscoloso di me, molto più muscoloso, “Che ci fai qui in
mezzo al cortile? Torna al lavoro. Hanno bisogno d' aiuto in
palestra.”
“Che
ci faccio qui” ripettei tra me e me. Anch' io ci vorrei tanto
rispondere a questa domando. Credo sia la prima che mi sia mai posto
quando mi sono reso conto che razza di posto era. Ero a scuola, una
scuola che conosco benissimo perché la frequento da svariati
anni. Stavo in piedi in mezzo al cortile poco affollato con la mente
sconessa, stavolta gli occhi erano il riflesso dell' animo invece
dell' anima. Mi avrebbe piaciuto poter dargli una riposta, e non
sapeva quanto. Comunque, esiguì gli ordini e mi incamminò
verso la palestra.
Ritrovò
un ricordo che spiegherebbe perché mi trovo qui. Il liceo
organizza un festa e aveva bisogno di mani. Ma perché sono
venuto io a dare una mano. Odio questo genere di raduno. E poi a che
mi serve? I miei amici hanno i loro propri gruppi. Li vedo sempre in
quantro o cinque, a qualqiasi momento e in qualsiasi posto. Non
vogliono più di me ma non hanno di coraggio di dirmelo? Mica
sarà alla festa che avrò una risposta, non ci vado. Già
che non capisco per mezzo di che tipo di miracolo mi trovo ad aiutare
per questa cretinata.
Ma
cos' è questo? Per raggiungere la palestra attraverso lo
stadio scolastico si deve passare davanti alle stanzine staccate in
cui avevo studiato l' italiano anni fa. Loro ci sono ancora ma sotto
di esse si è forato un enorme buco. Mi meraviglio di questo e
poi, per curiosità, mi avvicino ad esso per verificare cosa c'
era all' interno. È una cosa assai strana. Come mai un baratro
tale si è potuto formare? Un piccolo terremoto? La pioggia?
Operai dell' edilizia? O cos' altro? Arrivando sull' orlo rallento.
Mi affacciò cautamente per vedere se era profondo oppure se c'
era qualcosa in fondo. O anche qualcuno. Chissà mai? Gli è
capitato a Michele, quindi perché non a me? Ma quando inclinai
legermente la testa in avanti non vidi niente oggetto prezioso o
morte impazzito. Vidi una scala automatica, comme di quelle che si
usano nei grandi magazzini che si stendono su più piani.
Ma
come mai? Non regge. Una scala che porta sotto la scuola? E poi cosa?
Non preferisco mica immaginarmi quello che scoprirei se scendessi,
sento troppo timore per questo. Ma allora, se davvero ho paura di
saperlo, perché sono in mezzo ad essa, portato veloce dal
mecanismo che fa avanzare i gradi ad una velocità costante. Ma
a quale specie di gioco bizzarro mi sto provando? Sono paurosissimo e
mi sto addentrando alla cieca in uno stretto tunnel illuminato con
lampadine rozze accipiccate sui pareti sporchi.
Infine
il tragito si conclude. Il segreto della scala sotterranea del liceo
Henry DAMIER sta per svelarsi davanti a me. Però, realizzando
che non avrei azzeccato quanto sia macabre capivo che avevo sbagliato
a azzardarmi fin qui. Non avevo mai visto un posto così cupo,
terrificante e, invece, luminoso di questo. In realtà questo
luogo lo conosco. È una stazione della metro molto vicina a
dove abito. Di solito è straffollata, ragiante per via dei
suoi pareti arancioni e bianchi e dai negozi aperti nel seminterro
proviene un odore di panino caldo e di croissant che ti spinge a
spendere solti. Ora, i muri sono interamente bianchi come se fosse in
un laboratorio sterile. Non si odorava niente e si crederebbe quasi i
muri producessero la propria luce.
Io
non faccio neppure un passo avanti. Tutto questo incute troppa paura.
Ma una volta di più mi muovo senza rendermene conto e
soprattutto senza neanche volerlo fare. In fin dei conto, mi aventuro
con una manciata di passi. Ma tutto ad un tratto un' altra cosa
strana avviene. Sento un rumore, una voce umana. Una voce che ride, e
che ride follemente, come se mi avesse teso una trappola e che ci
fossi caduto dentro. Era una voce indescrivibile, poteva appartenere
a qualunque persona. Ma in fondo non mi importa, io taglio la corda,
scappo, lontano da qui. E di consequenza salgo indietro la scala
automatica e esco fuori dalla metro divenuta il covo di un scenzato
cacciatore pazzo.
Ecco,
sono tornato vivo da questo postaccio. L' entrata non si è
chiusa dietro di me come in un film dell' orrore o in un videogioco
per maggiorenni. Questo non ci voleva. Suppongo cha sia meglio
scordarmi subito di quest' episodio traumatizzante. Che facevo prima
di scendere quaggiù? Ah sì! Mi stavo dirigendo verso la
palestra.
Varco
la soglia del terreno di pallamano all' interno. Non l' avevo mai
visto sotto questo punto di vista. Somigliava soprattutto a un grande
magazzino talmente mobili erano si ammucchiavano. Come era possibile
che tutto questo legno si ritrovi qui? E in modo così svelto?
Tavole fino al soffitto. Mi stupisce che si possa deambulare in
questa stanzaccia. Già che non mi piaceva affatto visto che
ogni volta che ci sono devo giocare a pallamano, e a volte a
pallacanestro, a pallavolo e a calcio nel peggiore dei casi, ma
adesso farò di tutto per non ritornare qua.
“Ehi
tu!”, mi apostrofa qualcuno che non mi è del tutto
sconosciuto, “Datti una mossa! Bisogna portare queste tavole in
cortile. Dai, sbrigati!”
“Ma
lasciami in pace!”, gli volevo gridare dentro di me, “E
poi mica so a che servono le tue tavole! Non ti puoi trovare qualcun'
altro per portarle le tue tavole?”. Perché sono tanto
gentile? Il che collego ad una domanda di prima : “ma che ci
faccio qui?”. Sul serio, tutta questa faccenda comincia a farmi
incazzare. Dare una mano lo faccio volentieri, ma sapendone la meta
ma dava voglia di andarmene senza dire nulla, senza neppure un
sentimento di rispetto. Non so perché ci sono, non so perché
continuo ad aiutare ma lo faccio lo stesso. Strano. E parto della
palestra con le tavole sotto il braccio.
Passo
indietro per la stessa via che avevo imboccato. A questo punto mi
accorgo di un fatto stupefacente che quasi mi implica a lasciar
cadere le tavole di legno di mi prendo cura per alcuni metri. Il
baratro non c' è più. È sparito. È stato
ricoperto di terra. Sembra quasi che non sia mai stato lì. Io
lo so, lo visto e pure ci sono entrato, ma se provassi a spegare
questo ad un amico...
E
se solo c' era solo questo di insolito. Pare che la festa sia già
iniziata. Sento rumore, grida di gioia e musica rap che non riesco a
sopportare. Il mio spirito mette già molto tempo soltanto per
riflettere per via di tutta questa stranezza, ma con questo frastuono
felice credo che stia per svanire.
Un
attimo! Cosa? In una specie di largo vicolo, dove anche qui l'
ambienta è stato contaminato, sopra un tavolino bottigli di
vetri reggono. Non so coso contengono ma non è il punto.
Quello che mi importa sono le due ragazze sedute intorno ad essa su
grandi secchi per la vernice dell' edilizia. Quella a mia destra è
vestita in modo molto elegante e carino. I suoi capelli corrono lungo
la sua schiena e un vestito verde che scende fino alle sue ginocchia
se adegua con le sue scarpette da ragazzine, separate dal top da
lunghe calze nere, quasi mi parono collant. Questa ragazza la
conosco, fa parte della mia classe. Quella a mia sinistra, invece, la
conosco da molto più tempo. Porta addosso vertiti da ragazzi,
non sono d' accordo con questa prima descrizione ma occore qualcosa,
ossia scarpe da tennis, jeans, maglietta e berretto. E di fronte a me
confirma quello che mi aveva dichiarato l' anno scorso ; che a lei
piacciono le ragazze.
In
effetti, il loro capo, le loro bocce, le loro labbra si stano
incontrando. I loro occhi sono chiusi mentre si bacciano. Non ho mai
visto quest' espressione di innoncenza dai propri occhi. Ho come l'
impressione che finalmente l' amore non è un tipo d'
idealizzazione del legame che unisce l' uomo alla donna, oltra a
questa cavolata che chiamiamo matrimonio. Quando si sono incontrate?
Si conoscono da molto tempo? È l' alcol a farle comportarsi in
questo modo? Che differenza fa. È talmente bello vederle così,
mi sconvolge fino al cuore. Questo mi mette in subbuglio. Mi fa
venire la rabbia quando vedere gli altri che le circondano, maschi o
femmine. Penso di sapere benissimo a cosa stano fantasticando gli
ragazzi qui attorno e le loro menti perverse mi da voglia di
ucciderli. Dovrebbe essere considerato un crimine convertire quest'
atto che lauda un sentimento tanto profondo!
C'
è una terza ragazza vicina alla tavoletta. Aspetta... La
conosco quella... Oh! Dio, no! Quella ha frequentato la mia stessa
classe l' anno scorso. Era carinissima, e lo è tutt' ora. Per
dire il vero, mi sono inamorato di lei. Non ho tenuto a mente il
numero di volte in cui ho sognato che tornava al liceo. Ogni volta
qaundo mi svegliavo e mi rendevo conto che tutto fosse un sogno
piangevo amaramente. Eh sì, si è trasferita e non ho
mai avuto più alcuna notizia, fino ad allora.
Sono
talmente felice di rivederle entrambe. Ho atteso questo giorno per
una vita. Ne ho le lacrime alle code degli occhi. Ma che cosa fanno
lì? Non frequentano più DAMIER. Aspetto che lo stano
misto di stili, la raffinatezza del classico e l' appariscente della
gente comune, si scolga per rischiarmi a parlare loro. Non sento
quantita madornale gioia come quella che trabocca dai miei orifizi,
ma c' è queste briciole di piacere che presento in fondo alle
loro iride. Parliamo un po' di tutto ciò che ci passano per
mente e poi mi dicono che devono andare. Non cerco a capire perché
partono così presto e così reprendo a lavorare.
Afferro
le tavolette con cui ora ho stretto amicizia e mi avvio verso il
cortile. Pure una persona che riconosco ha imboccato questa strada.
Estio a salutarlo oppure a continuare ad avanzare per compiere la mia
missione assegnate per un motivo ancora invalido.
Bam!
Oddio!
Come è possibile?! Ha inciampato, è caduto ed è
morto, davanti a me, a noi tutti. Niente sangue colava da alcuna
parte del suo corpo, ma una voce nel mio stomaco mi esplicita che lui
adesso non c' è più, che è finita per lui. La
musica mica si spegne, la gente continua a divertirsi tranne alcuni
che hanno assistito alla stessa orrenda scena di me. Non si muoveva
più, è davvero morto. Per fortuna non verdo il suo
viso. Compato i sfortunati che lo guardano in faccia. Sono amici
suoi? Ah! Neanche provo ad immaginarlo! È un pensiero troppo
triste!
Ed
ecco che piombia la mia professoressa d' italiano con i suoi tacchi
alti e il suo vestito nero e pronuncia questa frase pari a quella che
scrivo : “è stato un incidente, intesi?”. Ma che
diavolo? Ma come mai? Perché queste parole con un tono di
minaccia nella voce? Non c' è niente di collegato! L' ho visto
mentre si è schiantato il cranio contro il suolo, che è
soltanto terra, niente asfalto o materia durissima. Anzi l' abbiamo
visto tutti. Quindi perché, in nome a cosa, tutto indica che è
stato lei ad averlo ammazzato? Sembra purtroppo che questo
presentimento abbiamo sconvolto solo me. Gli altri si stano
allontanando dal cadavere del giovane studente di diciassette anni,
pure l' insegnante. Non ci capisco più niente.
E
cos' è la prossima tappa della scala della stranezza? Ma...
Che ci faccio fuori dal liceo davanti al portale? Perché ora
fa buoi? E perché non ho chiuso il becco? Maledico me stesso.
Non c' è più nessuno. Sono rimasto da solo, la scuola è
vuota e tutto ciò che era sevito alla “festa” a
cui mi sono reccato senza volerlo era stato sistemato, come se nulla
fosse successo. Suppongo che non mi resta più nient' altro da
fare che tornare a casa. Là almeno non c' è niente di
compicato, a parte forse il videogioco che di certo mi farà
inervosire. Già, un gioco il cui principio consiste nel
premere i pulsanti a tempo. No, neppure questo è facile!
“Ehi
amico!” ,apostrofa un timbro che non scambierei mai tra
migliardi. Mi giro e vedo un mio collega a cui sono molto
affezionato. Che ci fa qui? Dico sul serio, perché si trova
qui? Non è che non mi piace vederlo, gli voglio tanto bene, ma
pur sapendo che di solito i suoi genitori sono lontano da esser
menofreghisti, intendo dire che finché vivrà da loro
non ha alcuna chance di poter andare in giro di notte da solo, e
anche se è accompagnato sono davvero raluttanti a quest' idea.
Mi sono sempre chiesto se fosse perché è una frana
nello studio che lo impedisco di uscire o perché temono tutto
ciò che c' è fuori casa. Come potrei fare a saperlo?
“Guarda
lassù!” Mi esclama puntando un dito nella direzione a
cui do le spalle verso in cielo scuro e senza nuppure una bilia di
luce. Mi volto e assisto ad uno spettacolo favoloso. Nel grande
oceano aereo e leggero del cielo, due piccoli pesci stanno nuotando.
Questi pesci sono entrembi di color rosso, un cremesi vivace come il
lieve contenuto di una ciotola di sangue. Strizzo gli occhi per
vederci meglio. Non sembrano più pesci, ma spermatozoi. Già,
due spermatozoi carmini di cui i loro percorsi intrecciati lasciano
strisce di nubi sfavillanti dietro a loro. D' un tratto diventano
sempre più stretto fino a quando...
Boom!
Hanno
esploso e la sorpresa di una tale raffica sonora mi ha scaravento a
terra. Non capisco un granché di questo. Che genere di
spettacolo è questo? Da quando il liceo ha abbastanza soldi
per organizzare un fuoco d' artificio? Perché tutto questo
visto che quasi c' è nessuno per guardarlo? Pensandoci bene,
mi viene in mente una fecondazione tra due cellule maschili e quello
che diviene il prossimo umano risulta di quest' esplosione. Ma dai!
Smettila di raccontarti stronzate. Due uomini non possono avere figli
soltanto tra loro. È impossibile. Mi domando se il mio amico
ha la stessa opinione di me?
Accidenti!
Ma dove mai è finito?
“Eh.”,
grido io.
Niente
risposta, è partito.
Ma
come avrà fatto per esser così rapido a tagliare la
corda? Vabbene, abitiamo in direzioni diverse ma avrebbe potuto
salutarmi lo stesso. Nevvero?
Subitamente
mi torna un ricordo in mente. Mi sa che... un' altro amico mi ha
questo di fare la strada del ritorno insieme a lui. Sì,
qualcuno con cui ero molto in confidenza qualche anni fa. E pare
strana ma ho come l' impressione che tutt' ora è qui,
vicinissimo.
Vroom!
È
lui. Torna a casa, ma lo fa da sé, e conducendo... un quad?!
Cosa? Che? Ma come mai? Da quando ha la patente? Da quando sa
condurre? Da quando possiede tutto l' equipaggiamaento? Da quando si
è comprato un casco? Da quando... No, questo in realtà
l' ha fatto svariate volte, intendo infrangere promesse. Sento che
sto sull' orlo del baratro della follia. Sono successe troppo cose
illogiche per solo un giorno, oppure qualche ora. Su! Me ne vado da
qui prima che mi capita qualcos' altro che non saprei spiegare.
Per
raggiungere la casa, devo passare per il parcheggio degli insegnati.
Quindi lo faccio, non ho altra scelta.
Ahi!
Sono
inciampato e caduto sul mio ziano. Ma per fortuna sono ancora vivo
almeno credo. È davvero una giornata del cavolo. Non ho
vissuto peggio. Cosa? Perché sono avvinghiato da luce blu? C'
è ne sul suolo, sulla mia cartella e pure sulle mie mani. E
diventa sempre più chiara. E come se... la sua fonte si stesse
avvincinando a me. Rilevo gli occhi per vedere davanti a me. Ah
AAAAAAAAAHHHHHHHH!!!!
Ch...
Come? Ho appena visto una macchina che stava per investirmi... ma è
scomparsa. Non ne sono sicuro ma sembrava una vettura francese. Una
Pegeot 106 se gli occhi non mi fanno brutti scherzi. Ma aveva un
particolare di cui non mi ero mai accorto su nessun esemplare. Non la
so molto lunga sulle macchine anziane, ma questo tipo non ha mai
avuto fari blu! E poi è sparita appena quando ho posto gli
occhi su di essa come se le avessero sparato, rendendomi colpevole
dell' uscisione di un fantasma.
Abbastanza!
Mi rimetto in piedi e... sono in camera mia?! Cosa?Mi sono
teletrasportato forse? Ma senza essere ironico, vorrei comprendere
come mai sono arrivato fin qui? E per di più sono sdraiato sul
letto e in mutande... rosa pallida. No, vabbene, questo è
normale, ne ho di questo colore. Ma sul serio, che cose successo dopo
che sia scappato alle ruote spettrali? Non lo so. Questo è
come cancellato.
L'
unica azione che mi pare utile fare è porgere la mano per
afferrare il mio cellulare. È spento e non si accende. E
stranamente sento il bisogno di svoltarlo. Incomprensibile. Sul
rovescio del telefonino c' è un elenco. Numeri, da uno a
dieci, sistemati in due colonne. Ognuno di essi si associano ad una
parola scritta in russa. Ma mica parlo il russo. Cerco di capire lo
stesso, anche se sono convinto che non serve.
“Dobbiamo
andare”, mi chiama la mamma.
Andare?
Ma dove? Non può essere per mia sorella. Non sta ancora per
partorire.
“Sì,
arrivo”, fingendo di sapere il motivo del disturbo.
Adesso
è tutto chiaro.
Finalmente
capisco tutto quel che è successo...
E
piango amaramente.
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