A psychotic love story...

di PanStitch
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Era una fredda giornata autunnale; il buio era calato in fretta su Gotham quella sera diffondendo un' atmosfera spettrale nell'aria.
Nuvole nere rattristavano la giornata, coprendo le poche stelle che brillavano ancora nonostante le luci dei neon.
Un uomo giaceva a terra supino, in una pozza di sangue e piscio; indossava una camicia viola, logora ed un orrendo paio di mocassini neri.
Il verde acceso dei suoi capelli faceva contrasto con le foglie secche sparse sull'asfalto. Un calcio sull'addome lo costrinse a riprendere i sensi.
Rotolò su un lato, tenendosi stretto lo stomaco.
Sentì un sapore metallico scendergli giù per la gola ed ebbe l'impulso di sputare.
Gocce di sangue e di saliva colpirono le scarpe dell'uomo mascherato di fronte a lui.
C'era qualcosa di strano nella sua bocca: sentiva qualcosa di freddo ed appuntito raschiargli il palato e chiudergli la gola; mosse la lingua e toccò qualcosa di morbido e caldo, poi vomitò i suoi stessi denti.
In un momento di follia si chiese come avrebbe fatto a mangiare ancora un cookie al cioccolato, poi capì che forse non sarebbe arrivato a vedere il sorgere di un altro giorno...quindi i biscotti erano un problema secondario.
Sentì uno strano, viscido calore alla gamba sinistra, raccolse le forze ed estrasse un proiettile dalla sua coscia, senza neanche una smorfia di dolore.
L'odore di polvere da sparo, misto alla puzza dei liquidi in cui stava sguazzando e della spazzatura di cui il vicolo era invaso, penetrava violentemente nelle sue narici.
Cominciò a ridere, ma nella sua risata non c'era niente di allegro. Era una risata isterica, grottesca, soffocata ma ben udibile nel silenzio di quella serata.
"Hai tanta voglia di ridere, buffone?" gli chiese Batman, irritato da tanta faccia tosta. "Potrei ucciderti anche adesso."
"Oh, no no no. Tu non lo farai..." tossì l'uomo, con quel poco che era rimasto del suo sorriso stampato in faccia. "Tu hai bisogno di me...senza di me, non sei niente."
Ricordava ben poco di quello che era successo dopo: aveva sentito la forza vitale abbandonarlo lentamente e si era ripreso solo il giorno successivo, quando si era svegliato in un letto di ospedale costretto a letto ed impossibilitato a muoversi.
Nella sua memoria erano impressi pochi, brevi flashback: gli interni della macchina del supereroe, un'infermiera dalla faccia sfuocata che cerca di mettergli una flebo, una maschera d'ossigeno bluastra sul viso.
Sentì qualcuno bussare alla porta ed entrare prima di ricevere una risposta. Era un uomo di mezza età, molto alto e robusto; indossava un camice bianco e parlava con voce calma e professionale:
"Signor Napier, vedo che si è ripreso molto velocemente. E' incredibile....davvero incredibile! Dato che non dimostra alcun segno di sofferenza, provvederò a farla internare all'Arkham Asylum entro domani."
Mr J. sbuffò, incredulo.
"Ancora non vi siete stancati di questo giochino?"  chiese, con un ghigno macabro dipinto sul viso.




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