Trouble
Questa
storia partecipa alla sfida "A box full of prompts" del gruppo Facebook
"EFP famiglia: recensioni, consigli, discussioni" con il prompt di apollo41
Fandom:
Avengers/Agents of SHIELD
Coppia: Clint/Phil
Avvertimenti vari:
AU, fluff, crack, violenza (poca)
Rating: almeno
giallo.
Prompt: Au in cui
Phil è poliziotto e Clint è un delinquente. "You're just the
kinda trouble I'd get myself
into, officer Coulson.”
Trouble
L’agente
Coulson picchiettò con il retro della penna sul fascicolo che
aveva davanti, ignorando deliberatamente la donna seduta di fronte a
lui e
rivolgendosi invece alla propria assistente, Melinda.
«Siamo
sicuri che non ci sia nient’altro su quest’uomo?» le chiese.
L’asiatica
annuì e gli ripeté che era la prima volta da anni che qualcuno
si interessava alle azioni di quel criminale e la maggior parte delle
informazioni arrivavano dalle indagini che avevano svolto loro due.
L’agente
Coulson sapeva già tutto ciò che Melinda stava dicendo, ma aveva voluto
che lo
ripetesse affinché anche la donna che avevano fermato potesse sentire.
«Puoi
far finta di non capire una parola di ciò che stiamo dicendo e
continuare a rispondere solo in russo» disse infine l’agente, dopo aver
congedato Melinda, continuando a evitare lo sguardo dell’altra donna
«Oppure
puoi collaborare e darci qualche informazione sul tuo compare. Potremmo
chiudere un occhio sul suo caso, se tu ci dessi una mano a prendere
lui, Natasha»
«Queste
proposte non mi scuotono» rispose la donna. Dentro di sé, Phil
Coulson si complimentò con se stesso per essere riuscito a farla
parlare in
inglese.
«Non
so che cosa possiate volere da lui» continuò la russa «ma di sicuro
non vi aiuterò. Devo la vita a quell’uomo»
Coulson
fu colpito da quell’affermazione così netta, quasi da film. Non
c’erano sentimenti, solo un debito, come se avesse detto che lui le
aveva
pagato la cena. «Cosa è successo?» domandò.
«Non
sono affari tuoi» disse la donna, aggiungendo qualcosa in russo che
suonava fortemente come un insulto.
«Come
preferisci» concesse Coulson sospirando. Si alzò e andò via, certo
di aver ottenuto ciò che voleva. Natasha avrebbe anche potuto mantenere
il più
totale silenzio, ma dalle informazioni che aveva ricevuto l’agente
sapeva che
non sarebbe trascorso molto prima che il suo compagno cercasse di
liberarla.
Melinda
May era assistente dell’agente Coulson da parecchi anni ormai e
dalla lunga esperienza aveva imparato diverse lezioni. Una era, ad
esempio, che
Phil non aveva una famiglia, o se l’aveva questa non si preoccupava in
caso
l’agente restasse tutta la notte alla stazione di polizia. Un secondo
fatto era
che Coulson era uno stacanovista, il genere di persona che si ammazza
di lavoro
senza pretendere che gli altri seguano il suo esempio.
La
somma di queste due informazioni faceva sì che Melinda avesse smesso
da tempo di preoccuparsi quando Coulson non alzava neanche lo sguardo
dalla
scrivania dopo che lei lo aveva salutato perché stava andando a casa.
Eppure
quella sera provò un brivido di inquietudine, guardando l’agente che
fissava
immobile lo schermo del computer.
«Faccia
attenzione, Phil» gli disse.
«Buonanotte»
rispose l’agente. Con ogni probabilità non aveva neanche
sentito cosa avesse detto.
«Agente
Coulson» disse una voce alle sue spalle, diverse ore dopo «Mi
hanno detto che voleva incontrarmi»
Phil
Coulson sollevò lentamente le mani, perfettamente conscio della
pistola che si trovava a circa mezzo centimetro dalla sua nuca: «Tra te
e la
tua amica avete una passione per le frasi da film, eh?»
«Lei
dov’è?» chiese l’altro.
«Credo
sia andata a ordinare una pizza» rispose con tranquillità Coulson
«Dopo ciò che ci ha detto l’abbiamo lasciata andare»
L’agente
sentì la canna della pistola sfiorargli la pelle e seppe che
all’altro aveva tremato la mano.
«Sta
mentendo» disse il criminale, ma la sua voce non era così ferma
quanto avrebbe voluto.
«Ti
chiami Clint Barton» rispose l’agente Coulson.
Barton
trattenne il respiro per un attimo, poi ritrovò la voce: «Che
cos’altro sapete di me?»
«Non
te lo dirò certo qui e ora, con una pistola puntata contro la nuca»
Coulson
lo sentì riporre la pistola e si concesse un sospiro.
«Non
faccia movimenti avventati» lo avvertì Barton con una voce di nuovo
minacciosa «Coraggio, parli»
«Ripeto,
né qui, né ora»
«Che
cosa mi impedisce di spararle in questo preciso istante?» Barton non
sapeva se lo stesse chiedendo a se stesso o all’agente.
«Questa
è una domanda interessante a cui non so rispondere» il criminale
lo odiò per ciò che aveva appena detto, ma non aggiunse altro in merito.
«Domani
notte, all’una» disse, invece «Sulla trentaduesima est, tra la
terza e la Lexington. Da solo e disarmato»
«Ci
sarò» rispose Coulson. Barton si allontanò da lui di un passo e
l’agente ne approfittò per alzarsi in piedi e voltarsi verso di lui.
Ebbe solo
una fugace visione di due occhi del colore del ghiaccio, prima che il
criminale
si avventasse su di lui e lo colpisse alla testa per stordirlo.
«Gli
avevo detto di stare attento» sospirò Melinda,
trovando l’agente Coulson steso a terra nella stazione di polizia
ancora
deserta. Non era riuscita a dormire tranquilla ed era tornata in
ufficio prima
del solito. Suo marito Andrew aveva protestato, ancora mezzo
addormentato, ma
aveva acconsentito a portare la piccola Daisy a scuola
al posto suo, borbottando che lei lavorava troppo.
«Che
cosa gli hai detto?» urlò Clint all’indirizzo di Natasha, dopo
averla portata al sicuro dalla polizia. Aveva scoperto che non era
stata
davvero rilasciata, l’agente gli aveva mentito, ma c’erano ancora dei
punti che
gli sfuggivano.
«Non
ho detto nulla» rispose lei con voce sommessa «Sai che non lo farei
mai»
«E
allora come faceva quell’agente a sapere il mio nome?»
La
russa scosse la testa, senza capire: «Certo che conosce il tuo nome,
quando
compari sui giornali lo usano»
«Il
mio vero nome» precisò Clint. Natasha sgranò gli occhi e il suo
compagno fu certo che non fosse stata lei a rivelarlo. Il suo stupore
era
troppo genuino.
«Quell’uomo
è pericoloso» disse la donna «Cosa intendi fare?»
«Non
lo so» rispose Clint «Voglio prima capire quanto sa di me e te»
«E
se lo facessimo fuori?»
Barton
ci pensò per un po’, poi scosse la testa: «È il genere di persona
che stila quattro rapporti e li tiene al sicuro. Poi c’è quella sua
assistente
di cui mi hai parlato. Il caso non morirebbe con lui, anzi, attireremmo
l’attenzione. No, bisogna che sia lui a smettere di ficcare il naso»
«E
come vuoi fare?» Natasha non capiva perché Clint
non trovasse
una soluzione
rapida:
di solito lo faceva con facilità.
«Ci
penserò»
«Le
mani sul muro e non faccia scherzi» ordinò Natasha, la mano stretta e
immobile intorno alla pistola puntata alla testa dell’agente Coulson.
Il
poliziotto si mosse lentamente per non rischiare di farla innervosire:
«Ribadisco, voi due parlate come se foste usciti da un film. E
lasciatevi
andare ogni tanto!» Non ottenne risposta e tacque. Nel frattempo aveva
poggiato
le mani sul muro e aspettava, fermo.
Clint
si avvicinò a lui a passi lenti, come per aumentare quell’attesa e
la suspense. Era tutto così maledettamente cinematografico che Phil si
chiese
se non fosse capitato a propria insaputa su un set di Hollywood.
Il
criminale lo perquisì con lentezza e scrupolo,
partendo dalle scarpe fino alle tasche interne della giacca. In altre
occasioni, l’agente Coulson avrebbe portato con sé un’arma,
anche piccola, ma in quel caso non aveva voluto
rischiare: quei due sembravano piuttosto nervosi.
Quando
Barton si chinò in avanti per controllare le tasche della giacca,
fu investito dal profumo di un’acqua di colonia maschile. Non era
fastidiosa o
eccessiva: semplicemente c’era ed era anche alquanto piacevole.
Quell’odore lo
distrasse per poco meno di un attimo, un tempo abbastanza breve perché
Natasha
non si accorgesse di nulla, ma troppo lungo per passare inosservato
anche da
Coulson.
Il
poliziotto voltò appena il viso verso l’uomo dietro di lui, cercando
di capire perché si fosse fermato per quell’istante. Per la seconda
volta, i
suoi occhi si incontrarono con quelli azzurro ghiaccio di Barton e
provò dentro
di sé qualcosa che in un certo senso lo faceva sentire a disagio, ma
non era
fastidioso, soltanto nuovo.
Completata
la perquisizione senza aver trovato nulla, Barton mandò
Natasha a controllare che nelle strade vicine non ci fosse nessuno a
tendere
un’imboscata e rimase da solo con l’agente.
Continuando
a tenergli una pistola puntata contro, gli disse di girarsi
lentamente verso di lui. Per la prima volta da quando aveva iniziato a
indagare
su di lui, Phil Coulson poté finalmente vedere Clint Barton senza
passamontagna
o altri travestimenti. Per quanto una parte della sua mente fosse
occupata a
prendere nota di tutti i dettagli possibili, tutto ciò che l’agente
riusciva a
vedere in quel momento erano gli occhi di Barton che sembravano
scavargli
dentro.
«Io
non ti capisco» disse Coulson «Avresti potuto liberare Natasha e
basta, senza tanto clamore. Io avrei continuato le mie indagini, ma
probabilmente a un certo punto si sarebbero arenate e il capo mi
avrebbe
ordinato di occuparmi di altro. Invece hai voluto incontrarmi ben due
volte e
parlarmi di persona, andando a cacciarti in un bel problema»
«Lei
è proprio il genere di problema in cui tendo a cacciarmi, agente
Coulson»
rispose enigmaticamente Barton, accennando un sorriso.
«Clint»
cominciò Coulson facendo un passo in avanti «Che cosa ti ha
portato a questa vita? Non ne vale la pena»
«Stia
fermo» rispose seccamente Barton.
L’agente
si immobilizzò, ma non tacque: «Potresti avere una vita
migliore, potresti essere addirittura un poliziotto» per tutta
risposta, il
criminale sputò per terra.
«So
che ti sembra impossibile» continuò Coulson «Ma sento che questa non
è la vita che vuoi»
Barton
abbassò lentamente la pistola, mentre ragionava sulle affermazioni
di Coulson. La fece cadere per terra, poi alzò di scatto lo sguardo
sull’agente
e si sentì prendere dall’ira. Afferrò Phil per le spalle e lo spinse
contro il
muro: «Che cosa ne sa lei di cosa voglio? Che cosa ne sa lei se vale la
pena
oppure no?»
Erano
vicinissimi, Phil poteva sentire il suo respiro sul viso mentre
rispondeva «Io so soltanto ciò che tu mi lasci scoprire»
Si
fissarono per qualche istante, mentre Clint sentiva l’ira dentro di sé
svanire poco per volta, sostituita da qualcosa che non sapeva ben
definire ma
era certo fosse situata da qualche parte vicino allo stomaco.
«Che
cosa vuole da me?» domandò a bassa voce.
«Tu
che dici?» rispose Coulson, sapendo che poteva essere molto
rischioso.
E
Barton capì. Senza pensarci due volte, perché sapeva che avrebbe
iniziato a farsi domande, aggredì le labbra dell’altro con le proprie.
Si
aspettava quasi che Coulson lo spingesse via, invece rispose al suo
bacio con
quasi altrettanta foga.
Poi
il momento finì e i dubbi iniziarono. Che cos’era successo? si
chiesero entrambi. Guardando il ghiaccio negli occhi di Barton, Phil
lesse una
specie di rabbia, come se l’altro lo avesse accusato di averlo portato
a quel
bacio. Phil non si sentiva in colpa.
Clint
si allontanò dal poliziotto, ancora confuso, e lasciò la presa
sulle sue spalle.
«Noi
non ci siamo mai incontrati» disse Coulson, come per rassicurarlo,
mentre andava via lentamente, senza voltargli le spalle.
«E
capiterà mai che ci incontriamo?» chiese Clint, senza sapere bene che
cosa sentisse al riguardo.
Coulson
accennò un sorriso che Barton distinse a malapena nella penombra:
«Assolutamente no»
N.d.A:
Più vado avanti a scrivere su questi due e più mi viene voglia di
dedicare la mia intera esistenza a fare solo questo. Non è un'idea così
cattiva...
Grazie ad apollo41 per entrambi i suoi prompt Clint/Coulson e a tutti
voi che avete letto e magari mi lascerete un commento ^^
Grazie anche a Christine e Charlotte per aver organizzato la sfida :)
Che gli dèi siano con voi!
-Magic
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