Trust
me, I’m an engineer!
-
Leo Valdez
La Legge di Murphy
o
Come sopravvivere a una convivenza
con un americano fissato col mare e un messicano dipendente dai burritos
Capitolo II
Se
c'è una possibilità che varie cose vadano male, quella che causa il danno
maggiore sarà la prima a farlo.
Ci aveva messo un anno per averne la certezza, ma dopo
dodici mesi di stretta convivenza, Nico di Angelo non aveva più dubbi: quei due
portavano sfiga.
Ma non quella sfortuna divertente, un po’ comica, che
affligge tutti gli universitari… no. Quella di cui Percy Jackson e Leo Valdez
erano portatori cronici era quella sfiga alla Donald Duck, che affligge ogni
momento della giornata, ogni piccolo, microscopico particolare dell’esistenza.
La prima vittima era stata la caldaia. Nico aveva perso il
conto di quante volte, nel giro di un anno, avevano fatto riparare quel
maledetto arnese. E tutto perché Leo, il signor messicano “trust me, I’m an engineer!”,
non sapeva tenere le mani, né i cacciaviti, né i martelli, al proprio posto.
Purtroppo per lui, il ragazzo aveva sviluppato un’insana
mania per la fiamma ossidrica portatile. Sì, quella che aveva comprato
appositamente per fare la crème brulée. Una fiamma ossidrica da cucina, niente di
adatto a fondere metalli o altri materiali differenti dallo zucchero, ma questo
Valdez sembrava non comprenderlo.
Così aveva cominciato a girare per casa
armato di fiamma ossidrica, urlando frasi sconnesse come: «Baby, you can’t
burn me!», puntando la fiamma – ovviamente senza
sicura, ovviamente accesa e ovviamente incandescente – contro i suoi
malcapitati inquilini. Le prime volte, questo Nico doveva ammetterlo, era stato
anche divertente vedere quel nanetto dalla pelle bruna saltellare in giro per
l’abitazione facendo lo scemo, ma alla lunga la sua dipendenza dalla piromania
aveva cominciato a preoccuparlo, soprattutto quando si avvicinava armato di
fiamma ossidrica ai suoi vestiti e improvvisava balletti tra l’osceno,
l’imbarazzante e l’incendiario.
Sua fortuna era intervenuto Percy che,
dall’alto dei suoi fin troppi centimetri in più, aveva sequestrato la fiamma
ossidrica e l’aveva messa al sicuro sul ripiano più alto della libreria del
salotto. Il problema era che, adesso, neanche Nico poteva più accedervi a meno
di non usare una scala, o una sedia, o una qualsivoglia superficie
sopraelevata.
Facile a dirsi, un po’ meno a farsi, visto
che anche la minima altezza gli faceva venire le vertigini ed era costretto,
quando si arrampicava, a farsi prendere in braccio da Jackson per tornare con i
piedi sul suo amato pavimento. Gli veniva voglia di baciare le piastrelle
appena sceso, solo per esprimere la gioia di essere nuovamente su un terreno
stabile; tuttavia, in un modo o nell’altro, era sempre lui che si ritrovava a cambiare
le lampadine fulminate in bilico su una scala.
Perché? Perché Jackson era molto poco
propenso a salire sulle sedie o sulle scale, con la scusa che era il più
pesante dei tre e che temeva si rompessero. In quanto a Valdez… beh, Nico di
sicuro non avrebbe mai fatto avvicinare quel danno umano a un lampadario. Come
minimo si sarebbero ritrovati le ventole del soggiorno che lavavano i piatti.
Il problema più grande, però, restava la
caldaia. Nico aveva contato, nel giro di un anno, circa sette interventi
idraulici che non avevano risolto nulla. Ancora rabbrividiva al pensiero
dell’inverno trascorso a fare docce gelate, lavare i piatti con l’acqua fredda
e congelare in ogni modo possibile.
Durante l’estate, però, quel problema
sembrava essersi finalmente risolto: l’acqua calda usciva e Nico si era potuto
concedere dei lunghi bagni caldi, senza morire assiderato. Peccato che, con il
principio dell’autunno, quel dannato coso aveva ripreso a fare le bizze.
Di nuovo erano privi di acqua calda. Di
nuovo si prospettava, agli occhi di Nico, un inverno a base di cubetti di
ghiaccio, docce brevi e tentativi di scaldarsi con quindici felpe, due paia di
pantaloni in pile e calzini in spugna da sciatore. E no, non stava esagerando,
se perfino Mr. Jackson, conosciuto in quella casa per essere il meno freddoloso
e propenso a girare in inverno con le maniche corte, era uscito dalla doccia
urlando che aveva visto tutti e quattro i pinguini di Madagascar salutarlo dal
rubinetto.
Così, quando Leo si era proposto di mettere
le mani sulla caldaia, la disperazione aveva portato gli altri due occupanti
della casa ad acconsentire. Insomma, non poteva andare peggio alla fin fine…
…Beh, niente di più sbagliato.
Eppure Nico doveva saperlo. Quella dannata
legge funzionava sempre. Sempre.
«Valdez sei sicuro di quello che stai facendo?», domandò,
osservando Leo armeggiare con i tubi della caldaia.
«Certo! Ricordi? Sono un ingegnere!», replicò il messicano,
con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. Nico si trattenne dal
ricordargli che essere uno studente di ingegneria non faceva ancora
di lui un ingegnere, ma si morse la lingua per non alzare l’ennesima polemica.
Preferì scuotere le spalle e continuare ad osservare i lavori in corso,
sentendosi molto come un vecchietto intento a fissare un cantiere.
«Nico, lascialo lavorare – s’intromise Percy, con un sorriso
pacato. – Lo sai che si agita se lo fissi»
«Lascialo stare, Jackson – ghignò Leo – Come farei a
lavorare senza la mia groupie preferita?», aggiunse, lanciando un’occhiata
maliziosa a Nico. In risposta, il ragazzo tirò un calcio dritto sul sedere di
Valdez. Così, giusto per zittirlo.
«Ahi! Nico, come siamo passionali… Non pensavo ti piacesse
così violento…»
«Idiota – sibilò Nico, scostando lo sguardo, mentre Percy
ridacchiava e cominciava un canzonatorio: “Nico è arrossito” – Vedi di
sistemare quella roba, che voglio farmi un bagno caldo»
«Hai freddo? Perché se vuoi ti scaldo io», fu la risposta
che fece guadagnare a Leo un altro calcio e concesse a Percy altri motivi di
ilarità.
«Ci penserà la caldaia, se riesci a ripararla», replicò di
Angelo, allontanandosi dal balcone. Restare in compagnia di quei due deficienti
era più di quanto riuscisse a tollerare, specie quando cominciavano con i loro
cori di battutine a doppio senso e finte advances. Con un sospiro, si chiuse in
camera propria e si stese sul letto: PC sulle gambe, libro di testo a lato e
cuffie nelle orecchie per isolarsi da qualsiasi richiesta potesse giungere dai
suoi coinquilini. Stava lentamente sprofondando nello studio e nella pace dei
sensi, quando l’urlo di Jackson e un forte rumore di oggetti che sbattevano
contro la porta della sua stanza sovrastò perfino il growl degli Slayer. Per
qualche secondo accarezzò l’idea di ignorare quei preoccupanti segnali, ma la
sua naturale paranoia che qualcosa potesse esplodere impropriamente (d’altronde
Percy era quasi riuscito a dar fuoco alla cucina mettendo in padella dei
semplici piselli surgelati) causando danni all’appartamento ebbe la meglio.
Tolte le cuffie, si affacciò in sala, osservando dalla porta finestra l’accaduto.
La scena che si presentò davanti ai suoi occhi scuri era a
metà tra la catastrofe naturale e il normale svolgimento di un film comico:
Valdez, grondante di acqua e ruggine, cercava di stringere una valvola per far
cessare il flusso dell’acqua, mentre Jackson… Beh, lui armeggiava con una
bacinella arancione cercando di posizionarla sotto il getto, con scarsi
risultati.
«Non credo che quello sia il modo corretto di aggiustare una
caldaia», commentò serafico Nico, trattenendo un sorrisetto.
«Ecco… noi…», cercò di dire Percy, facendo cadere lo scarso
contenuto della bacinella in testa a Leo.
«Risparmia le giustificazioni – sospirò Nico – Chiameremo per
l’ennesima volta l’idraulico».
«Quel tizio dovrebbe farci lo sconto… - bofonchiò Leo,
mentre chiudeva, finalmente con successo, la dannata valvola – Ormai gli
abbiamo dato abbastanza soldi da far studiare all’Università tutti i suoi figli
e farlo vivere di rendita per un anno».
Nico dovette mentalmente concordare con Valdez, mentre si
accingeva verso la cucina. Avevano preso l’abitudine di appendere tutti i
numeri di telefono per le emergenze casalinghe appese al frigo con dei magneti
a forma di Pikachu e l’idraulico era, stranamente, il primo numero della lista.
Certo, ogni tanto il foglio cadeva a terra, vista la scarsa proprietà magnetica
di quelle bizzarre calamite e la presenza imbarazzante di post-it che Valdez
era solito spargere per casa, con su scritte cose inutili, del tipo: “Nico,
love me!”, o “Dammi attenzioni”, o ancora: “Traditori!”, nel caso lui e Percy
avessero avuto la malsana idea di invitare qualcuno che Leo non conosceva all’interno
dell’abitazione, sottraendogli così le attenzioni dovute. Lo spirito da Prima
Donna di Leo si manifestava in modi particolarmente bizzarri in ogni caso, ma
suo malgrado Nico sembrava averci fatto l’abitudine. Quando arrivò al frigo e
lo trovò sommerso di post-it, ma privo del solito foglio con i numeri, non si
preoccupò più di tanto.
«Jackson dove hai messo il foglio con il numero dell’idraulico?»,
domandò. Di solito era Percy quello che raccoglieva e rimetteva a posto le
cose. Se lo avessero lasciato fare a lui, poco ma sicuro, sarebbero finite in
mezzo al caos dei suoi appunti universitari e sarebbero stati dispersi per l’eternità.
«Non è appeso al frigo?», chiese Percy, mentre lo
raggiungeva in cucina. Si era tolto la maglia fradicia, cosa che portò Nico a
balbettare un: “copriti” a mezza voce, un po’ sofferto, un po’ stizzito, perché
– doveva ammetterlo con se stesso – Percy mezzo nudo non era mai una cattiva
visione.
«No», replicò, con tono neutro. Il ragazzo si grattò pensosamente
la testa.
«Fino a ieri era qui…»
«Ora non c’è».
«Lo vedo questo – replicò Percy, seccato – Stavo solo
dicendo che fino a ieri c’era!»
«Sottolinearlo non cambierà la situazione. Dov’è il numero
dell’idraulico?»
Si scambiarono un’occhiata, mentre la stessa, terrificante
prospettiva balenò nelle reciproche menti.
Leo aveva un’altra, malsana e terrificante abitudine, oltre
a quella di riparare gli elettrodomestici di casa con i pezzi di ricambio più
improbabili: le pulizie ossessivo-compulsive.
Forse era dovuto alla sua iperattività, che non lo portava a
stare fermo neanche quando dormiva, o al fatto che facesse talmente tante cose
contemporaneamente da aver bisogno di un ambiente ordinato attorno a sé, in
modo da mantenerle sotto controllo, ma il messicano passava lo straccio almeno
tre volte al giorno e era solito buttare qualsiasi cosa si trovasse a terra al
momento del suo passaggio.
«Leo… - Percy bloccò Nico, prima che potesse staccare la
testa a morsi al messicano. – Hai per caso visto il foglio col numero dell’idraulico,
quando hai spazzato ieri sera?»
Valdez si grattò pensosamente la testa ricciuta, prima di
scuotere il capo.
«No, in cucina c’erano solo cartacce… Comunque guardate cosa
ho trovato! – esclamò, mostrando il tesoro rinvenuto all’interno dell’armadio
degli utensili – Silicone!»
«Valdez se hai buttato il numero dell’idraulico ti faccio
ingoiare l’aspirapolvere», ringhiò Nico, prima di essere fermato nuovamente da
Percy che, rapido, gli tappò la bocca con la mano, lasciandolo sbraitare contro
il suo palmo.
«Ok… - acconsentì Jackson con un sospiro – Andrò di nuovo
a chiederlo alla vicina. Che vuoi farci col silicone?»
«Semplice – Leo regalò loro un sorriso che gli prese quasi
tutta la faccia – Ora posso riparare la perdita del tubo del bagno!»
Fu osservando Valdez andarsene, trotterellando e
fischiettando, nel bagno, che Nico realizzò: se c’è una probabilità che le
cose vadano male, quella che causa il danno più grave sarà la prima a farlo.
La caldaia era solo l’inizio.
N/A: ecco qua il secondo capitolo.
Niente da aggiungere, se non che per i danni a casa dei tre
ragazzi mi sto ispirando pari passo a quelli che subisce la mia povera
abitazione. E che l’idraulico dovrebbe davvero farci un monumento, visto che lo
chiamiamo una volta al mese (se non è la caldaia, è lo sciacquone, il
lavandino, il contatore dell’acqua…).
Beh, sempre dedicata alle due donzelle che continuano ad
assillare amabilmente la mia esistenza, anche se mi fanno il caffè mentre
studio, quindi… niente, tanto amore per loro, ma neanche troppo o le vizio.