Di nuovo
buonasera a tutti!
Sono tornata,
purtroppo... ahahah. Già -.-
Stavolta ho
provato a cimentarmi con qualcosa di più soft rispetto alla
mia
ultima one shot e, nel mentre, mi sto dedicando all'ambizioso
progetto di una long fiction in questo fandom... stiamo procedendo
talmente piano che persino i pensionati sono stufi di venire a vedere
il cantiere della storia, indi... non sono in alto mare, de
più! Nel
frattempo, però, ho scritto questo ciccio-pasticcio a cui
non so
assolutamente come introdurvi... c'è tanta di quella demenza
che
aleggia nella mia testa, ultimamente, che da qualche parte devo pur
sfogarla.
Proprio qui?
Eh, sì... purtroppo sì.
Di
capre, kimono e zuppe
Una lunga giornata.
Era stata davvero una lunghissima
giornata.
Il bonzo aveva raggirato un altro capo
villaggio facendosi pagare profumatamente un semplice esorcismo che
anche quella mezzasega di Shippou sarebbe riuscito a portare a
termine (nonostante il piccolo youkai non sapesse nulla di esorcismi,
sia chiaro).
Un viaggio interminabile sulle note del
monotono cicaleccio di Miroku che non se n'era stato zitto mezzo
secondo, nonostante le laconiche risposte seccate di Inuyasha
avrebbero dovuto dargli ad intendere che il mezzodemone avrebbe
preferito un po' di silenzio.
Sulla via del ritorno, carico di
parecchia mercanzia, Inuyasha sospirò pesantemente, seccato.
<< Che hai, Inuyasha? >>,
gli domandò allora Miroku, curioso.
<< Keh! E me lo chiedi, bonzo
maledetto? >>, rispose piccato l'altro, <<
Con questi
prezzi da strozzino quasi più nessuno ci chiede aiuto con
demoni ed
esorcismi e raramente vediamo l'ombra di un quattrino. Mi stai
rovinando, baka! >>
E lì il monaco dovette ammettere che
il suo amico aveva ragione: da quando avevano cominciato quella
carriera in due, quell'insolita coppia di esorcisti, gli affari si
erano decisamente lanciati in un disastroso climax discendente.
All'inizio le cose andavano piuttosto
bene: nei dintorni, l'unica in grado di occuparsi di
spiritualità ed
affini era Kaede che ormai, sotto il peso degli anni, rifiutava
spesso gli incarichi che le venivano proposti indirizzando le persone
bisognose verso i due amici di sempre. Inuyasha era soddisfatto: ogni
giorno un impegno diverso che, oltre a garantirgli il necessario per
vivere, teneva anche occupata la sua mente che spesso andava a zonzo
verso epoche lontane e buffe furie dai capelli d'ebano. L'hanyou,
però, non aveva fatto i conti con l'avarizia del bonzo
maledetto,
cupidigia che aumentava in modo direttamente proporzionale
all'aumento dei membri della sua famiglia.
Fu così che,
considerati i loro oneri troppo costosi per povera gente di
villaggio, i contadini ripiegavano spesso su qualche alternativa
contattandoli sempre meno spesso in caso di necessità.
Da quando Kagome
era tornata, poi, gli affari di quel buffo duo avevano subito una
brusca picchiata in discesa dato che la giovane, onorando i suoi
doveri di miko, si occupava delle loro faccende praticamente gratis,
accettando con riluttanza solo qualche tributo qua e là.
Venivano
chiamati, dunque, solo quando Kagome rifiutava per pietà nei
loro
confronti o quando si trovava impegnata in qualche altra mansione.
Miroku ridacchiò
dando una pacca affettuosa ad uno dei sacchi di riso che l'hanyou
portava sulle spalle.
<< Forza,
Inuyasha, lo sai che ho molte spese. Sfamare cinque bocche non
è
così semplice. >>
<< Allora
datti una calmata, pervertito di un monaco! >>,
abbaiò l'altro
risentito.
Quel giorno, poi,
era più avvelenato che mai.
Aveva sperato,
almeno quella volta, di ricevere soldi invece dei soliti tributi. Ed
invece eccolo lì: caricato come un mulo di sacchi di riso e
di
selvaggina mentre con una mano teneva salda la corda che teneva
legata una capra molto ostinata.
Si girò a
guardarla per un secondo e la bestia, di rimando, lo fissò
emettendo
un leggero belato.
Avesse avuto una
mano libera, se la sarebbe spalmata sul volto in segno di
incredulità.
Una capra? Davvero,
grazie a Miroku, si stava trascinando una capra lungo il sentiero?
In quel momento,
sotto il peso della merce e con quella creatura strabica assicurata
alla sua mano, pensò di dover avere un aspetto decisamente
idiota.
Non dilaniò Miroku
solo perchè voleva bene a Sango ed ai loro tre bambini,
poteva
giurarlo su qualsiasi cosa.
Arrivarono al
villaggio Musashi sull'imbrunire.
Inuyasha lanciò
con poca grazia gran parte della merce davanti all'ingresso della
casa del monaco. Fissò ancora la capretta, pensando se
potesse
essergli o meno di qualche utilità, ma lo sguardo svanito
della
bestia ignara gli faceva gelare il sangue nelle vene.
<< Tieniti
anche questo... coso. >>, disse incerto l'hanyou, e
lasciò che
Miroku se la sbrigasse da solo con quella bestiaccia che, fra le
varie cose, emanava anche un puzzo di selvatico tremendo.
Prese la via di
casa in tutta tranquillità, ma non prima di udire la voce di
Sango
farsi stridula mentre chiedeva a quell'uomo che aveva avuto la
caparbietà di sposare dove avesse rimediato quella capra e,
soprattutto, che cosa avesse intenzione di farsene. Allungò
il
passo, dunque, prima che il bonzo potesse uscire per scaricargli quel
fardello che assolutamente non voleva portare.
Avvicinandosi
sempre più alla sua capanna cominciò a sentire un
buon profumo di
zuppa di miso.
Sorrise senza
accorgersene e varcò la soglia di casa in religioso silenzio.
Kagome, accanto al
braciere al centro della stanza, stava soffiando su un mestolo colmo
di zuppa per poterla assaggiare. E lì, per Inuyasha, il
tempo
avrebbe potuto fermarsi per sempre.
Erano ormai due
anni che condividevano lo stesso tetto, ma mai e poi mai si sarebbe
abituato a quelle visioni, al vedere quella bellissima donna che lo
aspettava a casa tutte le sere premurandosi di fargli trovare
qualcosa di caldo con cui sfamare le fatiche della giornata. Forse
perchè era memore di quei tre anni in cui di lei non gli
restava che
un ricordo, un'immagine sorridente, una zazzera bruna, due occhi
luminosi, una risata cristallina.
A volte, mentre la
guardava, doveva sincerarsi con le sue stesse mani che lei fosse
fisicamente lì e che non si trattasse di un balordo scherzo
della
sua mente, del suo immane desiderio di averla accanto a sé.
In quei
momenti la accarezzava o le depositava un leggero bacio fra i capelli
e lì la figura eterea tornava carnale: Kagome c'era, in
carne ed
ossa, col suo profumo, le sue parole di conforto, i suoi “A
cuccia!”.
La miko si accorse
della sua presenza e lo guardò felice. Felice che fosse
tornato,
felice che lo avrebbe fatto anche il giorno dopo, felice che fosse
lì
con lei.
<< Inuyasha,
bentornato. >>, trillò serena.
L'hanyou slegò
Tessaiga dalla sua veste e la poggiò in un angolo,
là dove rimaneva
molto spesso ultimamente.
<< Com'è
andato l'esorcismo? >>, gli chiese poi Kagome,
l'attenzione
posata sulla scodella di zuppa di miso che stava attentamente
riempiendo.
<< Come
sempre. Ormai ci ho perso gusto. Non ci sono più avversari
degni di
questo nome. >>, sbuffò amareggiato lui
gustandosi il pasto.
<< Dovresti
esserne contento, in verità. >>, gli rispose
la corvina
incredula, << Vorresti avere ancora a che fare con demoni
sulla
scia di Naraku? Io credo sia un bene così: giornate serene e
tranquille a cui dedicarsi, ecco tutto. >>
Già. Alla fine
Kagome aveva ragione, come sempre.
Quella tranquillità
lo stava pian piano assimilando, distendendo i tratti del suo volto e
rilassando i suoi muscoli tesi un giorno dopo l'altro. Era
soprattutto il sapere la ragazza al sicuro che lo faceva stare in
pace con sé stesso: non aveva timore di lasciarla la mattina
perchè
sapeva che nulla di male poteva accaderle ora che trascorreva le sue
giornate in compagnia di Kaede-baba di di Jinenji.
Inuyasha sorrise
mentre la fissava di sottecchi soffiare sulla zuppa bollente
guardandosi attorno assorta in chissà quali pensieri.
Si era sorpreso di
quante volte si ritrovava a fissarla senza farsi scoprire, nella sua
muta ammirazione quasi stesse adorando un idolo di epoche lontano
sceso in terra per esaudire le sue continue preghiere.
La guardava e
sorrideva, ma questo a lei non l'avrebbe mai confessato. Gli piaceva
avere quei piccoli segreti che la riguardavano ma di cui Kagome non
sapeva nulla, come il rimboccarle le coperte del futon tutte le notti
mentre dormiva o il vegliare su di lei da lontano quando, per varie
esigenze, doveva allontanarsi dal villaggio.
Erano piccoli
segreti fra Inuyasha ed un'ignara Kagome.
<< Nee,
Inuyasha? >>, lo chiamò lei, scuotendolo dal
torpore dei suoi
pensieri.
<< Mh? >>
<< Domani
saranno passati due anni da che ho attraversato il pozzo mangiaossa
per l'ultima volta... te lo ricordi? >>
E come scordarselo?
Per lui quel giorno avrebbe potuto tranquillamente essere dichiarato
festa nazionale.
All'improvviso,
però, qualcosa si ruppe nel mezzodemone. Ripensò
all'esorcismo di
quella giornata, a come si era sentito deluso nel vedersi consegnare
le solite offerte imposte da Miroku ed il pensiero corse
immediatamente al mercato di quel grande villaggio appena dopo il
bosco, alla bancarella di quella vecchia signora che aveva esposto le
sue stoffe più pregiate quel giorno sul banco. E, fra
queste,
svettava un meraviglioso kimono turchese, bello come ricordava
fossero quelli di sua madre Izayoi. Ricordò anche come la
sua mente
fosse corsa subito a Kagome, di come le sarebbe caduto gentile sulle
piccole spalle e sui fianchi snelli, della sua intenzione di
regalarglielo proprio per la ricorrenza del suo ritorno così
da
poterlo indossare, magari, per la festa delle lanterne che il
villaggio Musashi organizzava in estate.
Ma Inuyasha non se
lo sarebbe potuto permettere. Non in questa vita, quando ogni
occasione era buona per fare economia.
Sbuffò seccato a
quel pensiero, ma non volle dare ad intendere nulla alla ragazza che
ora lo stava fissando confusa.
<< Inuyasha?
>>, sussurrò Kagome leggermente svanita.
Il mezzodemone la
guardò, uno sguardo imbarazzato che proprio stonava con la
sua
natura si stava facendo prepotentemente largo sul suo volto.
<<
Kagome, avrei voluto poterti omaggiare con qualcosa almeno
quest'anno, ma... >>
<< Ma
smettila, baka! >>, esclamò lei in tutta
risposta, gli occhi
sottili a guardarlo con cipiglio severo, << Cos'altro
potrei
desiderare che già non ho? >>
Inuyasha digrignò
i denti, visibilmente alterato.
<< Sei tu la
stupida! Proprio non capisci. Io... Io... >>
La guardò ancora,
rammaricato di essere solo un povero mezzo demone con le tasche vuote
senza niente in più da offrirle tranne i suoi profondi
sentimenti.
<< Io non
posso competere con quello che ti dava il tuo mondo, questo lo
capisco. >>, gli uscì detto in un soffio, lo
sguardo basso, <<
Ma ogni tanto vorrei poterti dare qualcosa di più di quello
che
condividiamo ogni giorno. >>
Kagome alzò gli
occhi al cielo. Ancora non capiva come Inuyasha non riuscisse a
comprendere quanto, esistendo soltanto, stesse facendo per lei.
Gli prese una mano
ed indugiò su ogni singola piccola cicatrice o
rugosità che la
segnava mentre il suo volto si apriva in un caldo sorriso.
<< Tu mi hai
dato una ragione per lottare ogni giorno, un senso di completezza
totale, la sicurezza di appartenere ad un luogo piuttosto che a
qualsiasi altro. >>, gli disse, uno sguardo rassicurante
così
ricco d'affetto da farlo rabbrividire. <<
Fintantoché ci
apparterremo, non desidererò più nient'altro al
mondo. >>
Il mezzo demone la
guardò, visibilmente imbarazzato. Abbozzò un
sorriso, ma
velocemente ritrasse la mano e si girò verso l'uscio di casa
dandole
la schiena.
<< Tsk!
Sempre esagerate, voi femmine! >>, tagliò
corto dunque,
sfarfallando una mano per aria come per dissimulare il discorso,
scacciare via quella pesante sensazione di disagio che aveva preso
possesso di lui.
Kagome serrò le
palpebre, sospirando rassegnata. Inuyasha era Inuyasha, non c'era
nulla che lei potesse fare per porvi rimedio, nessun modo di smussare
il suo carattere spigoloso.
<< E pensare che questo
discorso sul tavolino ce l'ha messo proprio lui! >>, pensò,
ridacchiando sotto i baffi.
Si
schiarì la voce mentre cancellava qualsiasi segno di
ilarità dal
suo volto. Sapeva che le sue parole non erano rimaste sospese a
mezz'aria, ma avevano trovato dimora nel cuore del mezzo demone.
Riprese
a sorseggiare la zuppa di miso, soddisfatta.
Inuyasha
si voltò e riprese fra le mani la zuppa bollente, facendole
compagnia.
Dopo
un paio di lappate corrugò le sopracciglia, perplesso.
<< Nee,
Kagome? >>
La
ragazza lo guardò serafica, un sentimento caldo a carezzarle
ancora
il cuore. << Dimmi, Inuyasha. >>
<<
Sbaglio o questa zuppa fa più schifo del solito?
>>, gli uscì
detto, ed il tono era talmente candido ed innocente che sembrava
quasi le stesse facendo un complimento.
La
giovane miko ancora sorrideva, ma nel centro della fronte alta e
liscia iniziò a pulsarle una grossa vena. La mano che
stringeva la
scodella si tese, mostrando i tendini al di sotto della pelle
diafana.
Il
mezzo demone, annusando distrattamente la sua cena, continuò
imperterrito. << Forse dovresti farti insegnare qualcosa
da
Sango. Miroku dice che lei è un'ottima cuoca.
>>
Kagome
ancora sorrideva, quasi paralizzata dall'incredulità.
Quegli
angolini spigolosi del suo carattere da smussare li avrebbe
gradevolmente piallati a forza di bastonate in testa in quel momento.
<<
Inuyasha... >>, lo chiamò dunque, il suo nome
soffiato appena,
con gentilezza.
<<
Mh? >>
<<
O-SU-WA-RI. >>
Il
mezzo demone si ribaltò al suolo senza poter fare nulla.
Mai
stuzzicare una miko permalosa.
La
mattina seguente, dopo un lungo sonno senza sogni, Inuyasha si
svegliò.
Era
tardi: lo capiva da come i raggi del sole s'inclinavano mentre si
facevano spazio con prepotenza attraverso la finestra.
Si
voltò mugugnando contrariato e si stupì di non
trovare Kagome
sdraiata nel futon accanto a sè
Interrogandosi
su dove potesse essersi cacciata, si vestì distrattamente e
prese la
porta portando la fidata Tessaiga con sé.
Appena
fuori, notò che la ragazza si trovava poco distante: era in
piedi,
immobile accanto al loro prato mentre concentrava tutte le sue
attenzioni su qualcosa davanti a sé.
Tentò
di chiamarla, ma il suo nome gli morì fra le labbra alla
seconda
sillaba.
La
mora si voltò verso di lui; uno sguardo interdetto velava i
suoi
occhi castani.
<<
Inuyasha... >>, mormorò, indugiando su ogni
sillaba, <<
Cos'è questo affare? >>
Il
mezzo demone le si avvicinò e constatò che,
sì, quella legata ad
un palo della sua
staccionata era la maledetta capra che il maledetto Miroku aveva
ricevuto dal capo villaggio proprio il giorno prima.
La
bestiola, che ruminava allegra, portava un foglio di carta di riso
legato al collo.
Kagome,
che fra i due era l'unica a saper leggere, esternò a voce
alta il
contenuto della missiva.
“Con
i migliori
auguri di anniversario di buon ritorno, divina Kagome, Miroku e
famiglia vi omaggiano di questo presente che, vi assicuro, vi
sarà
gradito.”
Una
capra. La capra.
<<
Maledetto bonzo... >>, fischiò Inuyasha mentre
osservava la
bestiaccia rovistare qua e là fra l'erba curata del suo
giardino.
Questa
gliel'avrebbe pagata cara un giorno o l'altro.
Parola
di mezzo demone.
°°°°
Mah...
poveri noi.
Io vi
ringrazio di cuore per essere arrivati sino a questo punto. Avete
avuto fegato, e questo vi rende onore. Io prendo questa one shot come
la chiara dimostrazione del mio umano bisogno di ferie dal lavoro,
perchè nun ce la fo più ahahah!
Di
nuovo: i miei più sentiti ringraziamenti per averle dato una
letta!
Buona
serata a tutti voi ;)
|