Hogwarts, Hogwarts, Hoggy Warty Hogwarts

di 365feelings
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Note: queste 430 parole sono nate per sbaglio. Avevo tutta l'intenzione di fillare un prompt, ma arrivata alla fine della storia mi sono accorta che non lo avevo fillato affatto. L'headcanon di partenza è che Gansey, almeno una volta in sette anni, sia rimasto chiuso fuori dal dormitorio perché invece di rispondere al batacchio ed entrare si sia messo a discuterre su qualcosa di profondamente irrilevante perché affascinato dallo scambio di opinioni. Il resto, l'asssenteismo di Ronan in classe, è canon. Spero di non essere andata OOC.




Gansey guarda prima l’orologio, poi il posto vuoto accanto a sé e infine l’ingresso della biblioteca. Lo fa una volta, lo fa due volte, lo fa tre volte.
Di Ronan, però, continua a non esserci traccia e non serve che Adam, seduto dall’altro lato del tavolo, sottolinei l’ovvio: il Grifondoro non verrà.
Gansey ne è dolorosamente consapevole, come è dolorosamente consapevole del fatto che l’altro non ci stia nemmeno provando – ad ultimare la sua educazione, a costruirsi un futuro.
Sospira ed evita lo sguardo del Serpeverde, sa fin troppo bene come la pensi l’amico a riguardo. Ma Adam non capisce.
Ronan è l’irlandese che alla fine del primo anno, su una banchina affollata di studenti estasiati per le vacanze, si è gettato tra le braccia della madre senza vergogna, il bambino dai riccioli spettinati che sul treno per Hogwarts ha preannunciato con una sicurezza quasi profetica «Sarò un Grifondoro, lo ha detto il mio papà», Ronan è il primo amico che Richard Campbell Gansey III abbia mai avuto, il bastardo che a tradimento gli fa ascoltare musica brutta ma che poi gli tiene compagnia anche tutta la notte se l’insonnia si fa sentire e lo fa spesso.
Quando al primo anno è rimasto chiuso fuori dal suo dormitorio, è stato Ronan a offrirgli un letto, facendolo entrare di nascosto nella sua camerata e prestandogli perfino uno dei suoi pigiami. Schiena contro schiena, la voce ridotta ad un sussurro per non svegliare gli altri, il Grifondoro aveva commentato «Solo tu potevi piantare una discussione sui massimi sistemi con un batacchio a quest’ora». Ricorda di non aver mai diviso il letto con nessuno prima di allora, nemmeno con Helen, e se ripensa a quell’episodio è certo che, se non fosse stato per il Grifondoro, i suoi compagni di casa o uno degli insegnanti lo avrebbero ritrovato il mattino dopo ancora davanti alla porta.
Anche quando la vita ha preso una brutta piega per la famiglia Lynch, Ronan non ha mai smesso, nemmeno per un giorno, di essere suo fratello.
Adam è convinto che non ne valga la pena, che dovrebbe smetterla di inseguirlo e lasciarlo a se stesso, ma Gansey sa che dietro alle porte sbattute, alle risposte insolenti e alle assenze in aula c’è ancora speranza. E lo sa perché c’era, prima, e c’è ora e che Merlino ci provi, davvero ci provi, ad impedirgli di esserci anche domani.
Ronan è molte cose, non tutte belle, non da molto tempo ormai, ma non è fatica sprecata, non è tempo perduto. Ronan è famiglia. Una famiglia che, in quel momento, ha davvero bisogno di mettersi a studiare.
Gansey si alza e lo va a cercare.




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