ATTENZIONE:
Sì, okay,
questa cosa è molto strana, insomma, i Fondatori…
chi se li fila di solito? Beh, ecco, io. Mi hanno sempre incuriosito,
spero di non essere l’unico. Questa è
perciò più una sorta di esperimento. Oltretutto
non solo è la prima ff che pubblico dopo… mesi
(shame! shame! shame! –apprezzate la citazione please), ma
è anche la mia prima long in assoluto, quindi vi chiedo
scusa in anticipo per eventuali passaggi poco scorrevoli o poco chiari.
Se dopo questa premessa è rimasto qualcuno, allora buona
lettura! ^.^
Capitolo 1: L'INIZIO
Gryphon’s
Rock, Cornovaglia (Inghilterra sud-occidentale), Anno Domini 885
Mentre sua madre finiva di raccontagli la favola della
buonanotte, Godric decise che quello era stato il giorno più
bello di tutta la sua vita: quel giorno infatti, il primo di Dicembre,
Godric compiva gli anni; per la precisione, quello era il suo decimo
compleanno. Il caso volle che in quello stesso giorno cadesse anche il
decimo anniversario della battaglia di Dungarth, in cui suo padre, Lord
Godfrey Gryffindor, riportò la pace nelle contee
sud-occidentali. Per tale ragione Lord Godfrey ritenne che non
c’era momento più adatto per festeggiare, ed
organizzò la più grande festa mai vista prima
d’allora in Inghilterra: le porte di Gryphon’s Rock
furono aperte ai Chandler del Dartmoor, ai Bradford dello Strathclyde,
agli Slytherin del Norfolk, e a molti altri Lord di contee vicine e
lontane; ma le porte furono aperte anche a molta gente comune,
mercanti, contadini, artigiani, curiosi di vedere da vicino il favoloso
castello dei Gryffindor. La festa non deluse le aspettative: furono
organizzati banchetti, giochi, spettacoli, tutto il castello era in
fermento, pieno di gente, nobili, contadini, poveri, ricchi, inglesi,
stranieri, tutti che pensavano solo al proprio divertimento. E
naturalmente, quello che si era divertito più di tutti era
proprio Godric: per tutto il giorno aveva assistito agli spettacolari
giochi in suo onore, mangiato le deliziose pietanze preparate dai
migliori cuochi della contea, e ricevuto costosissimi doni dai vari
Lord invitati.
Ma il momento più bello era stato quando suo padre gli aveva
mostrato il proprio regalo. Un silenzio calò nella piazza
quando Lord Godfrey porse al figlio una preziosissima spada, con grossi
rubini che tempestavano l’elsa d’argento, sulla
quale era inciso il nome di Godric; quindi, padre e figlio si
abbracciarono, e tra la folla scoppiò un boato.
Già,
pensò Godric mentre il sonno iniziava ad avvolgerlo, oggi è stato senza
dubbio il giorno più bello di tutta la mia vita.
Si accorse vagamente che sua madre aveva abbandonato il letto e stava
uscendo dalla stanza, molto probabilmente per raggiungere il marito e
gli altri Lord al banchetto conclusivo, riservato alle famiglie
più nobili dell’Inghilterra. La donna stava per
aprire la porta, quando una mezza dozzina di uomini armati fecero
irruzione nella stanza. “Lady Roxane Gryffindor?”
chiese uno degli uomini rivolgendosi alla madre di Godric.
“Sì. Voi chi siete? Chi diavolo vi ha mandato
qui?” domandò lei in preda al panico. Per tutta
risposta, l’uomo a capo del gruppo le diede uno spintone,
facendola cadere. Nel frattempo Godric, non appena aveva sentito il
rumore della porta che veniva sfondata, si era risvegliato, ed era
andato a nascondersi al di sotto del grande letto a baldacchino.
“Dov’è tuo figlio?”
gridò l’uomo afferrando la madre di Godric per i
capelli e puntandole un coltello alla gola; dal momento che la donna
non rispondeva, aumentò la pressione della lama.
“Godric, scappa!” urlò Roxane, cercando
di sfuggire alla presa del soldato. “Godfrey! Godfrey,
aiuto!” urlava disperata. L’uomo che la tratteneva
piegò le labbra in un sorriso compiaciuto: “Lord
Godfrey Gryffindor è morto. L’ho ucciso io stesso
prima di venire qui” annunciò
divertito.
Sentendo queste parole, Godric avrebbe voluto gridare tutta la propria
disperazione, ma non poteva, perché altrimenti quegli uomini
l’avrebbero scoperto; nonostante tutto, non tardarono a
farlo: pesanti mani afferrarono il ragazzo per i piedi e lo
trascinarono fuori dal suo nascondiglio improvvisato. Non appena lo
vide, l’uomo che bloccava Roxane ordinò
“Portatelo da Ulrich”. Uno degli armati che
trattenevano Godric tirò fuori delle catene per legarlo, e a
quel punto scoppiò il caos. Mentre Roxane gridava disperata
e il soldato faceva per incatenare il ragazzo, Godric chiuse gli occhi
e alzò le mani, come vano tentativo di protezione;
all’improvviso, uno strano bagliore percorse la stanza, e
quando Godric riaprì gli occhi, i soldati che lo
trattenevano erano morti; la stanza sembrava essere stata colpita da
un’esplosione. L’uomo che teneva sua madre era
ancora vivo, ma era a terra, sanguinante. E sanguinava anche la... “Mamma!” urlò Godric disperato
“mamma, cosa… stai morendo! Bisogna chiamare
qualcuno!”
“No!” rispose lei con un filo di voce
“no, Godric, tu ora devi scappare. Corri, hai capito? E non
fermarti, esci dalla città, vattene via, subito! Temo che
finchè starai qui, sarai in pericolo…”
Il figlio la ascoltava a malapena, troppo sconvolto dallo stato in cui
era la madre: “Mamma, chi è stato a farti
questo?”; poi un sospetto si fece strada nella sua testa:
“sono stato io? Ma come ho fatto? Perdonami, mamma, ti prego!
Scusami, io non volevo…” ma la madre lo interruppe
sorridendo debolmente: “No, no, no, Godric, tu sei stato
bravissimo! Ma ora devi andartene di qui, o ti prenderanno”
la donna sorrise nuovamente accarezzando il figlio, che piangeva
affondando il volto nel suo petto, finchè non si rese conto
che la madre non respirava più. Inutili furono i suoi
tentativi disperati di rianimarla, di riscuoterla, di risvegliarla; il
cuore della donna aveva smesso di battere.
Per alcuni istanti Godric stette immobile, incapace di
comprendere come tutto ciò fosse potuto succedere. Neanche
un’ora prima, sua madre gli stava raccontando le favole e si
era sentito la persona più felice del mondo, pieno di gente
che gli voleva bene e con davanti un futuro sereno e radioso. Ora sia
suo padre sia sua madre erano morti, e lui doveva fuggire da quella che
fino ad ora era stata la sua
casa.
A riscuoterlo dai propri pensieri fu la voce rabbiosa del soldato
ferito: “Maledetto! Stupido piccolo… mostro!
Dovevo saperlo che eri un… non importa!”
esclamò mettendosi faticosamente in piedi “ora ti
ucciderò io stesso!”. Detto questo,
iniziò ad avvicinarsi a Godric, vibrando la spada a caso.
Era infatti gravemente ferito, e il sangue che gli colava per il volto
gli impediva una vista completa. Godric sospettò inoltre che
l’occhio sinistro fosse effettivamente accecato; ancor
più evidente era la ferita alla gamba destra, che gli
rendeva estremamente difficile anche solo camminare. Però sono spacciato
comunque, osservò amaramente il ragazzo, lui è armato, io no.
Poi si ricordò: la
spada donatagli da suo padre… Sapeva
perfettamente dove si trovava la spada. Era appesa al muro, di fronte
al letto sul quale Godric era nel frattempo risalito per sfuggire al
soldato. Per andarla a prendere perciò doveva
necessariamente andare incontro all’uomo che puntava la lama
verso di lui. Armandosi di tutto il proprio coraggio, Godric corse
verso il soldato, quindi, giunto al bordo del letto, tentò
di oltrepassarlo con un salto; l’uomo però
tentò di colpirlo con la spada, e ci riuscì,
procurando al ragazzo una profonda ferita alla coscia. Godric
rotolò a terra, le lacrime che gli rigavano il volto per il
dolore. Riuscì a strisciare verso la spada, ma il soldato lo
seguiva passo passo, divertito dal suo tentativo di resistenza: se
avesse saputo le sue intenzioni, lo avrebbe ucciso
all’istante, ma tutto ciò che vedeva in quel
momento era un ragazzino strisciante che cercava di scappare.
Pagò questa leggerezza con la vita: arrivato al muro, Godric
si mise faticosamente in piedi, afferrò la spada regalatagli
dal padre e, prima che l’altro potesse reagire, gli
piantò la lama nello stomaco, uccidendolo. Stava per
accasciarsi a terra quando sentì le voci di altri soldati
che arrivavano, e quindi si mise all'opera.
In pochi sapevano che oltre alla porta principale quella stanza aveva
anche un ingresso secondario; nello specifico, questi pochi erano
Godric, sua madre e suo padre. L’ingresso secondario era
nascosto dietro al grande specchio che si trovava nella parete est
della camera. Godric quindi spostò lo specchio di quel poco
che bastava per passare, aprì la porta ed entrò
nel passaggio che ormai era noto soltanto a lui. Naturalmente gli
uomini che erano ormai quasi arrivati l’avrebbero scoperto,
ma a quel punto Godric sarebbe stato molto lontano.
Il passaggio era stato progettato proprio nel caso in cui la vita del
piccolo Lord fosse stata in pericolo, ma nessuno si sarebbe aspettato
che quel momento sarebbe giunto così presto. E invece ora
Godric arrancava attraverso la stretta galleria, sanguinando
copiosamente dalla coscia destra, pregando che mancasse poco
all’uscita. L’uscita si trovava in un vicolo molto
stretto, talmente nascosto agli occhi della gente che per notarlo
bisognava osservare attentamente. Ed è proprio in quel
vicolo che Godric spuntò qualche minuto più
tardi, aspettandosi di trovare una Gryphon’s Rock avvolta nel
silenzio della notte, con qualche cane che abbaiava sporadicamente e i
lupi che ululavano, lontani, alla luna. Ma fu ingenuo da parte sua:
doveva aspettarsi che gli uomini che avevano ucciso i suoi genitori non
avevano agito da soli. Sin dal vicolo appartato si sentivano le urla
degli uomini, il nitrito dei cavalli, il rumore delle spade, il pianto
dei bambini… il suono di una battaglia. Godric
uscì dal vicolo e corse verso la piazza, da dove proveniva
il rumore, nascondendosi dietro ad un carro rovesciato ai margini del
grande spiazzo, per vedere cosa stesse accadendo. E quello che vide non
gli piacque affatto. Decine e decine di uomini a cavallo stavano
facendo strage di donne e bambini; i pochi che avevano provato a
contrastarli giacevano per terra senza vita. Vide inoltre che le case
venivano date alle fiamme, le mura del castello abbattute, gli uomini
incatenati, pronti per essere resi schiavi… chi aveva fatto tutto questo?
Godric giurò a se stesso che chiunque fosse stato avrebbe
pagato, l’avrebbe ucciso lui stesso; desiderava soltanto che
il responsabile di tutte quelle morti, l’assassino dei suoi
genitori, si mostrasse in modo che lui, Godric Gryffindor, potesse
imprimersi in testa il suo nome e il suo volto, e appena se ne fosse
presentata l’occasione, avesse potuto ucciderlo con la spada
di suo padre. L’uomo che Godric desiderava tanto uccidere non
tardò a farsi vedere. Una volta che la città
tornò in uno stato di relativa calma, con i cavalieri che
avevano piegato ogni resistenza, emerse
dall’oscurità una figura imponente e solitaria,
che attraversava la piazza a cavallo. L’uomo a cavallo fu
quello che Godric riconobbe come Lord Bradford… Lord Ulrich Bradford
dello Strathclyde… “Portatelo
da Ulrich” aveva detto il soldato rivolgendosi
agli altri che lo trattenevano. Quindi era lui l’uomo che
aveva organizzato tutto… quando l’aveva visto la
prima volta, Godric non ci aveva fatto molto caso: era uno dei tanti
Lord invitati al suo compleanno. Ora invece si prese tutto il tempo per
squadrarlo: era già piuttosto in avanti con gli anni,
profonde rughe gli solcavano la fronte, ma i capelli erano ancora scuri
e folti; in quel momento aveva dipinta sul volto
un’espressione di estrema soddisfazione. Mentre passava in
mezzo ai corpi stesi a terra, i suoi uomini si inginocchiavano, in
attesa che lui dicesse qualcosa. Dopo un silenzio innaturale, Lord
Bradford parlò; disse soltanto:
"Gryffindor?" "Morto, mio Signore".
"La moglie?" "Morta anche lei, mio Signore".
"Il figlio?"
A questa domanda, il cavaliere che aveva parlato deglutì, si
guardò intorno in cerca di sostegno dagli altri suoi
compagni, e non trovandolo fissò con insistenza il terreno:
“Non… non è stato trovato il corpo, mio
Signore…” Bradford emise una smorfia di disappunto
“…ma pensiamo che sia morto nello
scontro” si affrettò ad aggiungere.
“Nello…
scontro?” “Sì, mio Signore.
Gli uomini che avete mandato sono stati trovati morti. Pensiamo che
alcuni soldati di Gryffindor li abbiano affrontati e sconfitti.
E’ stato trovato un passaggio segreto attraverso cui possono
essere fuggiti. C’era molto sangue lungo il percorso.
Crediamo che sia di Godric"
Nel sentir pronunciare il proprio nome, Godric fu scosso da un fremito,
ma poi si ricordò di essere nascosto dietro al carro
rovesciato, dove era improbabile che gli uomini di Bradford potessero
vederlo. Intanto proprio Bradford aveva ricominciato a parlare:
“Ah sì? Voi credete?
E io dovrei basarmi sulla fiducia?”
scoppiò a ridere, divertito dal fatto che ci si potesse fidare di
un’altra persona “Finchè il figlio di
Godfrey Gryffindor sarà vivo, io non sarò il
legittimo Lord della Cornovaglia, e finchè il corpo del
bambino non sarà trovato, per la gente sarà
ancora vivo!” urlò “Perciò,
vedete il modo di trovare il corpo!” Fu in quel momento che
Godric capì che doveva assolutamente scappare.
Pensò ad un modo per allontanarsi senza che nessuno lo
notasse; ma prima che potesse fare un passo, sentì la voce
di un soldato, decisamente troppo vicina a lui: “Mio
Signore” gridò “Penso che non
sarà così difficile trovarlo… lui
è già qui” disse ribaltando il carro
dietro il quale Godric era nascosto.
Per qualche istante, Godric restò immobile, incapace di fare
una qualsiasi azione, consapevole che aveva gli occhi di tutti i
presenti puntati addosso. A riscuoterlo fu il grido di Bradford che
ordinò: “PRENDETELO!”
A quel
punto, iniziò a
scappare.
I soldati erano più veloci di lui, che correva a fatica con
il profondo taglio alla coscia, ma avevano le pesanti armature che li
rallentavano; e inoltre perdevano tempo ostacolandosi a vicenda,
perché ognuno voleva la gloria e la riconoscenza di Bradford
solo per sé. Un altro punto a favore di Godric era la sua
conoscenza delle strade della città, che erano invece ignote
ai soldati. Non fu facile, ma riuscì a seminarli, e la
maggior parte si ritrovò a girovagare senza meta per i
più oscuri vicoli di Gryphon’s Rock, ma
c’era ancora un gruppo di armati che lo seguiva da vicino.
Ormai Godric era allo stremo, la sua gamba ferita non gli permetteva
quasi più di muoversi, e infatti inciampò: cadde
per terra sbattendo la testa. Gli uomini che lo inseguivano
l’avevano ormai raggiunto, Godric vide un braccio che si
allungava verso di lui per afferrarlo, sollevò
d’istinto le mani, e come la volta precedente successe
qualcosa di inspiegabile: l’uomo che lo stava afferrando era
volato qualche metro più in là; nella caduta
aveva sbattuto la testa, che ora era fracassata. Gli altri quattro
erano increduli: “E’ un… è
un…” “E’ un mostro, uno
scherzo della natura!” decretò uno:
“Uccidiamolo! ORA!” Godric a questo punto si vide
spacciato: era dubbioso che il trucco avrebbe funzionato
un’altra volta, e inoltre ora erano quattro contro
uno… inutile anche usare la spada… chiuse gli
occhi e si preparò al peggio, pronto per affrontare la
morte. Sarebbe infatti morto, se dall’ombra non fosse sbucata una
piccola figura che si parò davanti ai soldati, che a tale
vista scoppiarono a ridere: “E tu che ci fai qui, ragazzino?"
“Lasciatelo andare” rispose quello con una calma
irritante, suscitando nuovamente le risa degli uomini armati:
“Senti, ragazzino, o adesso ti togli o…”
“Avada
Kedavra!” un primo soldato morì. Gli
altri si ritrassero spaventati: “Ma che
diavolo…” “Avada
Kedavra!” sibilò nuovamente il
ragazzo, e poi ancora e ancora, finchè tutti e quattro non
giacquero morti per terra.
Godric era senza parole: “Senti,
non so chi tu sia, ma non posso che ringrazia…” “Shhhhhhh!”
lo interruppe quello tendendo l’orecchio verso la direzione
da dove Godric era venuto: “ne stanno arrivando
altri” spiegò. Detto questo, gli diede uno
spintone, facendolo cadere in un mucchio di letame. Godric riemerse
protestando: “Ehi! Ma che fai!” senza notare che
l’altro in qualche modo aveva fatto sparire i cadaveri e
pulito la strada dal sangue; i due si fissarono per un istante, e poi
il ragazzo misterioso si buttò a sua volta nel letame, pochi
istanti prima che un altro gruppo di soldati passasse per il vicolo.
Quando si furono allontanati, Godric dovette scusarsi con il ragazzo,
riconoscendogli il merito di averlo nuovamente salvato. “Oh,
non c’è di che” fece quello con un
sorriso: “senti, hai mai volato su una scopa? Immagino di
no” aggiunse senza attendere risposta “ma per il
momento non vedo altra soluzione, perciò seguimi che ti
porto via di qui”
Godric era troppo confuso e sbigottito per parlare, ma decise che
seguire lo sconosciuto fosse per il momento la decisione più
saggia. “Accio
scopa!” disse lo strano ragazzo, e dopo una breve attesa una
scopa volò nelle sue mani; soddisfatto del risultato,
rivolse a Godric un sorriso compiaciuto. Stava per montare sulla scopa,
quando roteò gli occhi al cielo: “Oh, scusa, quasi
dimenticavo: Politio!”
fu solo in quel momento che Godric notò che il ragazzo
teneva in mano uno strano oggetto affusolato… una bacchetta,
forse? La confusione nella sua testa aumentò quando si
accorse che entrambi erano stati ripuliti dal letame. Il ragazzo
dovette accorgersi di tale confusione, perché disse:
“Senti, in questo momento non abbiamo molto tempo,
perciò… beh, tu sei un mago, così come
me, ecco il perché di tutte queste… cose strane,
per ora le chiameremo “cose strane”. Ma ora
dobbiamo andare, capito?” Godric annuì. Ora che
poteva vedere meglio lo sconosciuto, si prese un momento per studiarlo:
era di qualche anno più grande di lui, e sul viso,
incorniciato da una massa disordinata di lunghi capelli castani, aveva
un’espressione scaltra e sfrontata. Decise che si sarebbe
fidato di quel ragazzo, ad ogni costo, era la sua unica
possibilità di salvezza.
“A proposito” fece quello “non so ancora il tuo nome"
Godric trasse un profondo respiro: “Godric. Godric
Gryffindor”
Il ragazzo sorrise: “Certo. Che idiota. Dovevo aspettarmelo.
Ecco perché quegli uomini ti volevano morto".
Godric chiese a sua volta: “Io invece non so il tuo, di
nome” Per qualche interminabile istante, gli occhi dei due si
incrociarono, senza che nessuno distogliesse lo sguardo,
dopodichè il più grande rispose:
“Io mi chiamo Salazar. Salazar Slytherin”.
Uh, beh,
eccoci qua. Se siete arrivati fino in fondo, vi faccio le mie
condoglianze e i miei complimenti, perché ho molti dubbi sulla
sua scorrevolezza, soprattutto per quanto riguarda
l’inizio… ma questo dovete essere voi a
giudicarlo. Beh, che dire? Spero vi sia piaciuta, perché
questo bambino si è impegnato molto nello scriverla (tra
parentesi: i nomi e la collocazione delle contee sono reali, non me li
sono inventati, e anche le informazioni di base sulla provenienza dei
Quattro Fondatori e l’anno di fondazione di Hogwarts li ho
reperiti con difficoltà, e in base a tali informazioni ho
adeguato tempi e luoghi in cui si svolge la narrazione… mi
merito un
biscottino?)
Dicevo? Ah, sì, questo bambino si è impegnato
molto e gli farebbe piacere sentire la vostra opinione ^.^
-Lord-
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