Era Arte

di jimmybloodhand
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Il mare era calmo, placido. La giornata era quasi al termine; era il momento in cui l'arancione del tramonto trasforma tutti i colori in sfumature di se stesso.
Le onde si accasciavano sulla sabbia calda per poi ritirarsi, all'infinito. Senza che il moderatamente caldo mare estivo si stancasse mai di coprire quel soffice materasso naturale, e poi scoprirlo nuovamente.
E proprio su quella sabbia scaldata dal sole pomeridiano e sorprendentemente confortevole, passeggiava Sarah; quasi levitando, in punta di piedi, leggiadra come una farfalla che va a posarsi su di un fiore.
E proprio come un fiore lei era vestita: un candido abito bianco le ricopriva le delicate quanto perfette curve, non lasciando trasparire in alcun modo cosa ci fosse sotto di esso.
Nella mano destra un archetto in legno di ciliegio dal forte colore rossastro e dall'aspetto molto curato, che gli donava le sembianze di un oggetto di grande valore, di sicuro quello sentimentale non gli mancava.
Del violino invece nessuna traccia; non ne aveva alcun bisogno, per un semplice quanto significativo dettaglio che contraddistingueva lei da ogni altro musicista mai esistito su questo nostro, meraviglioso, pianeta: 
Sarah stessa era il violino, violino senza corde ma ugualmente violino, soave e dal suono celestiale, anzi di più; proprio perché esso faceva parte del suo violinista.
Il suo avambraccio era strumento, musicante, traghettatore di incredibili viaggi tra le emozioni che esso era capace di generare e coltivare, facendole crescere fino al loro massimo.
Quando suonava Sarah danzava, danzava sulla sabbia trasportata da quelle dolci melodie mentre il suo vestito l'accompagnava, danzava anch'esso, insieme a lei.
Il suo violino non era origine solo di note, emozioni e bellezza; esso era anche supplizio per la musicista stessa. Ogni movimento eseguito dall'archetto era infatti fonte di dolore, sofferenza e sangue.
Questa sua danza era quindi accompagnata da note e suoni volatili ma eterni, ma anche dal sangue che bagnava la sabbia ai suoi piedi prima di diventare parte delle onde del mare che, ciclicamente, tornavano ad alleviare le pene di questa giovane, che gioiva, soffrendo.
Nessuno spartito era necessario, nessun maestro o insegnante, solo la sua innata capacità di essere lei stessa musica.
Alla fine di quella splendida melodia e di quella farfallina danza; un sorriso le decorava il volto chiaro, la musica colava dall'archetto e dalla 
mano-violino, per cadere e toccare terra. 
Come ogni opera d'arte, che ha un inizio, ma poi termina; ed essendo lei stessa arte. Terminò.
Abbandonando il corpo alla bianca spuma marittima, che avrebbe dato a quest'umana opera,
Il giusto epilogo.




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