Bella di notte

di Lady Mnemosyne
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Bella di notte
 

La leggenda di un'epoca remota

narra di una fanciulla solitaria

che mai fu vista da un essere umano,

ma solo dalla luna e dalle stelle.

Madre le fu una ninfa, un uomo il padre:

dall'una ereditò bellezza e grazia,

dall'altro l'onestà e bontà di cuore.

Dall'incontro fugace di due mondi

allacciati sotto la bianca luna

sbocciò questo raro, stupendo fiore,

che in seguito crebbe all'ombra dei boschi.

Quale ninfa ritrosa ora rifugge

le città e il consorzio delle genti

sotto le stelle, lucenti sorelle,

lontana dal grande occhio del giorno

e dal calore dei suoi raggi d'oro.

Sorge congiunta agli astri, salutando

l'arïa azzurra di una nuova notte:

visita le civette e, accarezzando

il loro capo soffice di piume,

scuote dal sonno alla alata caccia;

schiude i fiori raccolti in loro stessi

sfiorando con le dita le corolle

e richiama a banchetto le falene;

va poi a cercare i cervi e le cerbiatte

perché le siano compagni nei giochi

e corrano con lei per le radure.

Pare che i suoi capelli come argento

rilucano di liquidi riflessi,

intrecciati di fiori e di farfalle,

gli occhi suoi sono come madreperla,

iridescenti di mille colori,

la pelle è bianca anche più della luna,

che dall'alto, guardandola, sorride.

Talvolta quando nella notte vibra

più dolcemente il canto appassionato

dell'usignolo, anche lei canta

sciogliendo le foreste con il suono

della sua voce dolce come miele.

Danza cantando tra i rami e gli arbusti,

flessuosa e leggera come un giunco,

toccando appena il suolo con i piedi

che non piegano l'erba e i fiori chiusi,

e rivolge alla luna il suo bel viso,

a lei innalzando i suoi ringraziamenti:

la luna la accarezza con l'affetto

di una madre che stringe al petto il figlio

e sorridendo la inonda di luce,

così che brilla al pari di una stella

caduta in terra sotto forma umana.

Quando l'aurora dalle bionde chiome

comincia lenta a stingere la notte,

la fanciulla, curiosa e timorosa,

solleva gli occhi verso l'orizzonte,

là dove il cielo scivola nel rosa,

ma quei suoi occhi, nati per il buio

e per la fredda luce della luna,

non soffrono un bagliore così caldo,

quindi fugge di nuovo nella selva,

nel cavo tasso che le fa da casa

e da rifugio con il suo veleno.

Dicono che creatura più bella

non abbia mai vissuto sulla Terra:

persino tra le dee non c'è una sola

che non sia stata vinta, sorpassata

da questo delicato e intatto fiore;

neppure Elena, che costò a Troia

anni di guerra ed infiniti lutti,

ha resistito al suo dolce aspetto.

Il paradosso è che mai nessuno

potrà vantarsi di averla guardata,

di averla vista danzare nei boschi,

nessuno mai potrà renderla sua:

lei sarà sempre bella, ma di notte

quando nessuno ci sarà a spiarla,

protetta dagli sguardi della gente

e da un mondo che la distruggerebbe,

che non sarà mai in grado di capirla.





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