La
casa è immersa in un silenzio angosciante. Jud e Prudie sono
al
mercato, Jeremy sta facendo il suo riposino pomeridiano e io me ne
sto sola quì, in cucina, a rattoppare una vecchia camicia.
Non vola
una mosca e se una volta questo mi sembrava strano, angosciante, da
un mese a questa parte sono i momenti come questo che preferisco.
Niente può toccarmi, non c'è in giro nessuno che
possa ferirmi.
Sono sola, completamente, ed è una realtà a cui
mi sto abituando e
che trovo piacevole. O forse sono solo apatia e stanchezza a farmela
apprezzare, la consapevolezza che ogni forza, ogni entusiasmo mi ha
abbandonata da tanti giorni ormai.
Improvvisamente
la porta si spalanca e la quiete finisce di colpo. Ross entra in
casa, trafelato, con talmente tanta foga addosso che per un attimo
abbandono lo strano torpore che mi ha catturata e lo guardo
incuriosita.
"Demelza,
devo dirti una cosa".
Resto
in silenzio e lo guardo. Sembra eccitato come un bambino, è
da molto
che non lo vedo così. Comincia a parlare a raffica della
miniera, di
quello che han trovato, dell'immenso giacimento venuto allo scoperto
dopo il crollo. Per un attimo lui sembra non ricordare cosa stiamo
passando, cosa stiamo vivendo e quanto siamo distanti ormai l'uno
dall'altra. Riabbasso lo sguardo e riprendo a cucire, mentre lui
continua a raccontarmi, eccitato.
"Demelza,
capisci cosa vuol dire?" - mi chiede, sedendosi accanto a me.
"Potrò saldare gli interessi del nostro prestito,
potrò
estinguere anche il debito molto presto. E finalmente potremo vivere
nella ricchezza".
Alzo
brevemente lo sguardo su di lui, gli sorriso forzatamente. "Sono
contenta per te, Ross". La mia voce è sottile come un alito
di
vento ma a dispetto di tutto sono felice per lui, so quanto ci tiene,
quanto ha inseguito questo momento, quanta sofferenza e fatica lui e
i suoi uomini ci hanno messo nella miniera. E' la sua vittoria. Un
volta sarebbe stata la NOSTRA vittoria, il coronamento di tanti sogni
e fatiche che abbiamo vissuto e condiviso assieme. Ma ora è
diverso,
io sono lontana, apatica, non riesco ad entusiasmarmi per nulla. E'
come se fossi caduta in un sonno profondo da cui non riesco a
svegliarmi.
Ross
mi si avvicina. "Per noi Demelza. Sono contento per noi".
Amaramente,
sorrido. "Lo abbiamo aspettato per tanto tempo, vero? E...
ora... il momento è arrivato".
Non
c'è traccia di gioia nella mia voce ma solo rimpianto e
apatia.
Ross
mi guarda per un attimo e capisce cosa voglio dire. Ogni traccia di
gioia gli sparisce dal viso e di colpo anche lui si ricorda cosa
stiamo vivendo. Allunga la mano, stringe la mia appoggiata sul tavolo
e le nostre dita si intrecciano come non succedeva da tanto. Per un
breve attimo provo piacere, la sua mano è calda e gentile
come la
ricordavo, una mano che mi ha accarezzata, amata, sostenuta tante
volte. Una mano che, ora lo so, non è mai stata realmente
mia. Lui
non è mai stato davvero mio! E questa consapevolezza mi fa
diventare
fredda come ghiaccio, morta, impremeabile a ogni reazione o
sentimento. Eppure non riesco ad allontanarmi da lui, a sciogliere
quella stretta che cattura le mie dita e la mia coscienza. E' l'uomo
che amo ancora, nonostante tutto, un uomo che mi sta uccidendo a
colpi di parole e sofferenze, bugie ed umiliazioni. Eppure,
dannazione a lui, lo amo. E per questo odio me stessa.
"E
troppo tardi per noi?" - mi chiede, con voce rotta. La sua mano
continua a stringere la mia, la accarezza come alla ricerca di
qualcosa che non c'è più. Sembra smarrito anche
lui ora, sperso
come me. La me stessa che lo ama vorrebbe alzarsi, abbracciarlo,
consolarlo. Ma la me stessa che sono ora non glielo permette, la me
stessa di adesso è fredda, rifugge i sentimenti e ha eretto
muri
attorno a se per non soffrire.
E'
troppo tardi per noi, mi chiedi... Non lo so Ross, non so
risponderti. E non so nemmeno garantirti se un giorno
riuscirò a
farlo...
L'unica
cosa che non mi spiego ora è perché, nonostante
questo, non riesca
a staccare la mia mano dalla tua...
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