Bagliore
Bagliore
-
Inevitabilità della schiavitù -
Secondo
le leggi correnti, avrò accumulato abbastanza contributi per
la pensione alla veneranda età di ottantasette anni.
Suppongo
che per una segretaria sia un’età troppo avanzata per i
tailleur a spacco posteriore, e, particolare non irrilevante, per
allora il mio capo sarà con una probabilità del 96%
deceduto
(il restante 4% lascia nel dubbio l’eventualità che sia
immortale).
Mi
chiedo chi me l’abbia fatto fare.
Sono una povera disgraziata con un diploma schifoso, sì, ma
potevo trovarmi una scuola per hostess
e lavorare una decina di anni. Oppure una scuola alberghiera e darmi
alle crociere. Volendo, potevo frequentare un istituto tecnico e
infilarmi nelle tutine dei meccanici all’angolo; probabilmente
guadagnano un po’ più di me.
Invece
sono finita alla ‘Die
Hause von Odin’,
gloriosa casa d’aste con tradizione centenaria, reputazione alle
stelle e contributi, nonché salari, meschini.
Forse
il problema sono io; che, in effetti, non ho ancora capito come sono
stata assunta.
Sto
meditando sul retro di uno scontrino di Blockbuster, annotando e
sottraendo anni lavorativi come un ragioniere invasato, quando sento
in lontananza l’eco dei tacchi del capo. Accartoccio il foglietto,
lo lancio nel cestino, accavallo le gambe e prendo in mano una matita
perfettamente appuntita. Mezzo nanosecondo dopo che ho finito di
sistemare gli occhiali sul naso, la porta dell’ufficio si spalanca,
e lei
fa il suo ingresso trionfale, in equilibrio su un paio di Prada tacco
dodici da capogiro.
«Ci sono messaggi?» mi chiede per prima
cosa, facendo ondeggiare la chioma bionda e perfettamente curata.
«Nove,
frau
Odin» rispondo frugando tra i post-it.
«Meno del previsto. Portameli alla scrivania tra
una mezz’ora»
«Sicuro,
frau
Odin»
Così com’è arrivata scompare,
lasciandosi alle spalle una scia di bagnoschiuma che probabilmente è
solo la sua fragranza naturale. Mi rilasso sulla sedia.
Beata Maddalena, quando lei è nei paraggi divento
più scema del solito.
Sfilo gli occhiali con uno sbuffo, tirando fuori i piedi
dalle décolleté di vernice, e senza farmi vedere
scivolo veloce nelle pantofole. Nove messaggi. Devo ordinarli per
importanza, impilarli in ordine su nuovi foglietti, copiarli al pc e
stamparli in bella copia. Sembra facile, eh? In realtà mi
servirebbe almeno un’ora per non combinare un pasticcio, dato che
già per accendere il monitor traffico la bellezza di quattro
minuti.
Non so esattamente come, ma dopo un quarto d’ora di
lavoro matto e disperatissimo il mio foglio di Excel sembra persino
comprensibile, e l’orologio segna le nove e diciassette; il che
significa che ho ancora tredici minuti per capire come salvare e
stampare senza fulminare il pc. Con dita leggermente tremanti premo
invio e trattengo il fiato. La stampante sulla scrivania sussulta,
ronza, infine inizia a vibrare e si mangia un foglio. Solo allora mi
rilasso: sembra che la giornata sia iniziata nel migliore dei modi...
Potrebbe essere un segno?
Alle
8.59, puntuale come un orologio, sono ferma davanti alla porta
dell’ufficio di frau
Odin, e osservo vigile lo Swatch finto-elegante al mio polso. Conto i
secondi, attendo il penultimo, e alzo il pugno. Il primo battito è
sulle 9.00 precise, e non riesco ad evitare di compiacermene.
La
voce roca di frau
Odin
mi invita a entrare con un misto di comando, lusinga e noia, mix che
è in grado di stendere ben più di un uomo, e io,
nonostante il doppio cromosoma X, non posso fare a meno di
sciogliermi come tutti.
«Buongiorno,
frau
Odin. Le ho portato la lista dei messaggi della mattinata»
esordisco quasi timidamente, nonostante i miei disperati tentativi di
apparire efficiente e professionale.
«Grazie. Avvicinati»
Obbedisco
e appoggio il foglio sul ripiano lucido della scrivania. Frau
Odin distoglie l’attenzione da me e si concentra sulla tabella che
le ho stampato con tanta cura – due volte, perché la prima
copia era sbavata. Mentre lei legge, io mi prendo qualche istante per
osservarla.
Il suo nome da sposata è Freya Odin. Non so come
si chiamasse prima, ma si può dire che l’impero degli Odin
ormai si regga di diritto su di lei.
Il marito è una figura oscura e misteriosa che
non ho mai incontrato; pare che sia un uomo burbero e imponente, una
specie di divinità terrificante ma poco visibile. Il suo
bisnonno è stato il fondatore della casa, sa farsi rispettare,
di fatto è il capo... ma per ragioni oscure è la moglie
a farsi avanti.
Probabilmente
è tutta una mossa pubblicitaria: checché se ne dica,
una bella donna ha sempre la marcia in più negli affari.
L’uomo è fondamentalmente stupido, quando vede un paio di
gambe smette di ragionare, e le gambe di frau
Odin fanno tranquillamente concorrenza a quelle di una modella di
Golden Lady.
Adire
il vero, frau
Odin è
stata
una modella. Una Top Model, per la precisione, non so quando né
per chi; il suo è stato il tipico matrimonio d’interesse tra
la bionda intelligente e il ricco credulone – che poi scemo non è
stato mica tanto – e inaspettatamente è durato più di
sei mesi. Dopo la firma in comune frau
Odin ha subito preso in mano l’azienda, e da quel momento gli
affari hanno subito un’impennata.
Io
sono diventata la sua segretaria grazie alle dimissioni del ragazzo
che mi ha preceduta – sospetto che si fosse preso una sbandata per
il capo, in effetti – ma ancora mi sfuggono le ragioni della mia
assunzione: certe volte credo di essere qui perché le facevo
compassione, perché pensava che nessun altro mi avrebbe mai
presa, o che so io. Sarebbe nel suo carattere, dopotutto... Frau
Odin è una donna dal cuore grande, che comprende i meno
fortunati: nata e cresciuta nella bidonville
di Rio de Janeiro, attualmente devolve almeno il 30% del ricavato
della casa d’aste in progetti di beneficenza sparsi per tutto il
mondo; si occupa di combattere la fame, distribuire medicinali,
edificare scuole e migliorare le condizioni di vita dei bambini.
Avrebbe voluto adottare qualcuno dei piccoli di cui si occupa, ma ha
riconosciuto che il lavoro la terrebbe troppo distante da loro; così
preferisce distribuire equamente il suo amore su tutti quanti,
impiegando ogni mese non so quanto denaro – in realtà lo so,
sono pur sempre la sua segretaria – per raggiungerli e accudirli.
Oltre
che bella e intelligente, è anche buona; ed è
incredibile pensare che sia cresciuta così in un ambiente
degradato e meschino come quello delle bidonville.
Mi
accorgo che frau
Odin mi sta chiamando solo quando le sue labbra perfette articolano
il mio nome per la quarta volta. Allora trasalisco e arrossisco,
balbettando delle scuse.
«Mi stai ascoltando?» domanda, aggrottando
graziosamente le sopracciglia – naturalmente perfette, senza il
minimo intervento estetico.
«Sì, certo. Mi dispiace»
«Va bene. Avvisa Sieg, voglio il jet pronto a
partire in un paio d’ore»
«Dove andiamo?» chiedo stupita, perché
ovviamente ho perso il filo del discorso.
Frau
Odin mi scocca un’occhiataccia, subito mitigata da un sorriso che
conosco fin troppo bene; quando parla di nuovo, la sua voce è
bassa, roca, eccetera eccetera.
«Destinazione Olanda: i fratelli Bakes ci
attendono con ansia»
Ora, parliamoci chiaro.
Io
stimo profondamente frau
Odin. Per certi versi la venero, si può dire.
Ma tante volte, davvero, non capisco perché mi
sia toccata la sfortuna di averla come capo: non credo che le altre
segretarie si trovino sbalzate improvvisamente su un volo per
l’Olanda con cadenza bimestrale, maledizione. Solo io! Sempre e
solo io! Pensavo che quella di oggi sarebbe stata una grande
giornata, e invece è il solito schifo. Senza contare che
questa settimana cade anche il compleanno di mia madre.
«Elsa?»
mi chiama frau
Odin, mentre cerco di salire la scaletta dell’aereo senza rotolare
a terra con il trolley.
«Sì?» ansimo, invidiando ferocemente
la sua piega perfetta e pensando che per i miei capelli oggi vorrei
un lanciafiamme.
«So
che giovedì è il compleanno di tua madre» Frau
Odin
si ferma e mi guarda sorridendo.
Normalmente la insulterei – mentalmente – per
essersi bloccata a metà strada, ma questa volta mi limito a
sfoderare la mia espressione più stupita. Oddio, se lo ricorda
pure?
«Vorrei
farti sapere che intendo recapitare a frau
Neil un regalo da parte della ditta, e che mi impegnerò
strenuamente affinché le trattative con i fratelli Bakes si
concludano entro mercoledì al più tardi. Così
potrete festeggiare insieme»
Sento
gli occhi che mi si riempiono di lacrime, e d’istinto ritratto ogni
cosa: non è vero che non capisco la sfortuna di averla come
capo. Non capisco la fortuna
di averla.
Evitare di piangere mentre siamo in volo è
sorprendentemente difficile.
Continuo
a guardare il profilo di frau
Odin
e penso che sia splendida, in tutti i sensi. Così splendida
che mi chiedo perché io non la odi. Poi mi ricordo che odiarla
è impossibile, a meno di avere un animo nero e corrotto, e mi
rassereno.
Il sole al di sopra delle nubi scotta la mia guancia e
un braccio, mentre asciugo gli occhi con un fazzolettino di carta;
ora sono contenta di essere in viaggio. Mi sento un’eroina della
Austin verso fine romanzo, ma sono contenta.
Il
volo è breve, abbastanza da finire non appena mi appisolo.
Sieg atterra con un leggero sussulto, io trasalisco, frau
Odin mi lancia un’occhiata interrogativa. Solo allora la mia
straordinaria professionalità mi ricorda che ancora non so
perché siamo qui.
«Frau
Odin» la chiamo, mentre cerco di nuovo di non farmi del male
lungo la scaletta. «Cos’hanno di tanto prezioso i fratelli
Bakes oggi?»
«Una collana» risponde lei, in equilibrio
perfetto sugli ennesimi tacchi a spillo. «Oro 725 millesimi,
purezza assoluta. E’ la loro ultima opera, e sono convinta che sia
la migliore»
«Solo oro?» mi stupisco, un po’ delusa.
I
fratelli Bakes sono orafi rinomati soprattutto per la loro fantasia:
hanno realizzato gioielli in nickel, pietra grezza, diamanti opachi;
sono artisti dei materiali più disparati, ma anche perfetti
artigiani di pietre preziose. A giudicare dalla fretta di frau
Odin
mi aspettavo una parure in platino, diamanti e pietre del fuoco della
papuasia, o qualcosa di simile.
«La
vedrai» è l’unico commento che lei si lascia scappare.
«E quando vedrai, capirai»
Io
mi fido, naturalmente. Nei due anni che ho passato con lei ho visto
alcuni degli affari migliori del mondo: opere d’arte acquistate a
prezzo perfetto, compravendite da milioni di euro, meraviglie che il
mondo non conosceva riportate alla luce in pochi giorni. Frau
Odin è una donna e una modella, ma ha anche l’anulare più
lungo dell’indice, il che è collegato al testosterone, che
denota talento naturale per gli affari. I broker in borsa li scelgono
anche in base a quel dito, o qualcosa di simile.
Fuori
dall’aeroporto ci attende un’auto mandata dai fratelli Bakes, una
grossa berlina americana dai finestrini oscurati. Salendo, la gonna
di frau Odin
fa girare la testa all’autista. La mia
testa, invece, sbatte contro il bordo superiore della portiera.
Forse il tragitto in auto è più lungo di
quello in aereo. La pianura si stende attorno a noi ininterrotta,
dando l’impressione che il cielo, sfinito, si accasci
sull’orizzonte. La Selva Nera è lontana anni luce, il verde
cupo dei pini è sostituito da quello brillante dei campi, e i
mulini punteggiano il paesaggio come manciate di nubi nel cielo. Ogni
tanto, un campo di tulipani brillanti.
«Questa
è la stagione migliore per visitare l’Olanda» commenta
frau Odin,
godendosi l’aria che entra dal finestrino. «Mi piacerebbe
quasi restare un paio di giorni in più...»
Io ricordo il compleanno di mia madre, e spero che lei
non abbia scordato la sua promessa riguardo a mercoledì;
naturalmente non oso parlare.
L’auto dei fratelli Bakes procede lentamente
attraverso i vicoli di Amsterdam, costeggiando i canali e rallentando
ad ogni bicicletta. I ciclisti sembrano completamente padroni della
strada, in un modo quasi inquietante: viaggiano su mezzi
incredibilmente alti e lanciati a velocità per me pazzesca.
Come fanno a non finire periodicamente in un canale?
Dopo
un giro tortuoso e infinito, coronato dalle spiegazioni cortesi di
frau
Odin – che naturalmente sa tutto della città, e potrebbe
essere il cicerone perfetto – raggiungiamo un palazzo scuro che dà
sulla foce di un canale. L’auto si ferma davanti al portone
d’ingresso, e l’autista ci fa scendere sperando in un’altra
concessione di frau
Odin; ma lei è abbastanza rapida da non lasciar intravedere
nulla delle gambe, e nel momento esatto in cui la signora scende, un
usciere si fa avanti, infagottato nella livrea più scomoda
d’Olanda.
«Mrs
Odin?» domanda in inglese, con la bocca evidentemente asciutta
e un leggero accento. «Venga, i signori Bakes la attendono.
Lasci che dei suoi bagagli si occupi l’autista, e la ragazza può
seguirlo»
«Vuoi
riposarti, Elsa?» chiede frau
Odin, rivolgendosi a me in tedesco.
«No!» esclamo, arrossendo indignata. «Posso
starle accanto per tutto il tempo necessario»
L’usciere
mi guarda stranito, ma frau
Odin si limita a sorridere come se capisse alla perfezione.
«La signorina è la mia assistente: la sua
presenza mi è necessaria. Procediamo» spiega in inglese,
il suo inglese perfetto e senza inflessioni.
Insieme
ci fanno entrare nel palazzo, che ho già visitato, certo, ma
che ogni volta mi stupisce di più: ovunque mi giri vedo solo
marmi, marmi, e ancora marmi. Verdi, rossi, bianchi, neri, pietre
solide e pressoché eterne occhieggiano da ogni angolo della
stanza, quasi intente a schiacciarci. I tacchi di frau
Odin risuonano nell’atrio maestoso, mentre io mi sforzo di
camminare in punta di piedi, e ci fermiamo solo davanti a un
ascensore in cui i tasti dei piani – opali naturali dal fondo scuro
– sono decorati da tralci di vite in ferro battuto. L’usciere
entra con noi, preme l’ultimo pulsante, poi si diletta di
soffocarci con il suo silenzio e sbirciare le gambe del capo
attraverso il riflesso delle porte.
Arriviamo con un tintinnio melodioso, senza scossoni, e
davanti a noi si apre un lungo corridoio in marmo verde, percorso da
colonne di basalto nero e teche di gioielli dal valore immenso. Per
fortuna non è la prima volta che percorro questi metri,
altrimenti mi sentirei schiacciata dai milioni di euro che saturano
l’aria, trasudando dalle teche infrangibili accostate alle pareti –
anche se, ripensandoci, forse sono solo riproduzioni.
L’usciere arriva con noi fino alla porta in fondo,
bussa e si fa da parte. Dall’interno, la voce corposa di due uomini
ci invita ad entrare.
Esiste
una contraddizione di fondo nei fratelli Bakes: sono ricchi sfondati,
geniali, creativi, hanno un modo di fare accattivante e una voce
profonda e piacevole... ma sono anche nani.
Cioè, non proprio nani. Diciamo che non superano il metro e
cinquanta, ecco. Che per un ricco gioielliere olandese potrebbe anche
non essere un problema, ma rovina decisamente l’immagine creata
dalle aspettative.
«Benvenute,
benvenute!» ci salutano, sforzandosi di parlare un tedesco che
sa tanto di olandese. «Accomodatevi, prego, abbiamo preparato
del tè. Earl Grey raffinato a Ramapurthy, prima scelta, come
piace a frau
Odin»
«E’
molto gentile da parte vostra» sorride lei, accomodandosi con
grazia felina sulle scomode poltroncine dell’ufficio. Io cerco di
imitarla, ma mi sento una balenottera arenata a Miami
Beach.
Insieme
al tè ha inizio una lunga serie di noiosi preamboli, conditi
di complimenti, lusinghe, accenni a piacevoli incontri passati,
qualche battuta. Inutile dire che tutti
i clienti adorano frau
Odin, e che fosse per loro si limiterebbero anche solo a prendere il
tè insieme, senza parlare di affari. I Bakes, poi, sono
particolarmente infatuati del mio avvenente capo; sì, tutti e
due. Peccato solo che arrivino più o meno all’altezza del
suo gomito.
Mentre
cerco inutilmente di sembrare professionale – o anche solo
dignitosa – scruto con una certa ansia le lancette dell’orologio
alla parete, stupendomi che non sia digitale. Le vedo compiere un
giro completo, e sto quasi per disperarmi sul secondo, quando frau
Odin
si schiarisce la gola in un modo tutto particolare.
«Sono davvero rammaricata di dover interrompere il
nostro piacevole colloquio» sorride, la schiena perfettamente
dritta e le palpebre che sbattono al momento giusto. «Ma temo
che sia giunto il momento di discutere di affari»
Beata
Maddalena, è mai stanca?,
mi chiedo con ammirazione.
«Oh...
Noi pensavamo che avrebbe avuto piacere a intrattenersi qualche
giorno, frau
Odin»
constata con rammarico uno dei gemelli – non so quale, non sono mai
riuscita a distinguerli. «Volevamo iniziare a discutere delle
trattative solo domani...»
«Certo, comprendo. E vi ringrazio per la vostra
solerzia, immagino lo diciate per permettere a me e alla mia
assistente di riposarci. Tuttavia ci sono affari importanti che
richiedono la nostra presenza a Francoforte entro mercoledì, e
non possiamo davvero permetterci di sprecare nemmeno un’ora»
La signora mi lancia un’occhiata d’intesa, e io
sento la stanchezza sciogliersi come neve al sole: non si è
dimenticata del compleanno, allora!
«Capisco, capisco...» si affretta a
mormorare l’altro gemello, accarezzandosi il pizzetto curato.
«Immagino che a questo punto sarà bene far portare la
merce»
Raggiunge
l’interfono sulla scrivania, biascica qualcosa in olandese; poi
torna a sorridere a frau
Odin.
«Credetemi»
assicura con sussiego. «E’ qualcosa che non avete mai, mai
visto»
Mentre attendiamo vedo la signora leggermente nervosa:
sorride come sempre, risponde cortese a ogni commento, ma continua a
cambiare la gamba accavallata, e non per provocare i gemelli Bakes –
anche se quello è un effetto collaterale purtroppo
inevitabile; sembra che si trattenga a malapena dal mangiarsi con gli
occhi la porta che dà sul corridoio.
Quando sentiamo bussare, quasi trasalisce.
«Ecco
la nostra bambina» sorride uno dei gioiellieri, mentre frau
Odin
balza in piedi e io con lei.
A questo punto della faccenda mi sento emozionata come a
tutti, anche se i gioielli rivestono un’attrattiva pari solo al
ciclo riproduttivo dei moscerini del grano, per me – ovvero nulla.
Mi trovo a tendere il collo come un camaleonte per sbirciare dietro
le spalle piccole ma larghe dei gemelli, e quando li sento mormorare
in olandese vorrei capirli disperatamente, se non altro per informare
la signora di cosa stanno dicendo.
La
porta si richiude. Sbircio frau
Odin e la vedo trattenere il fiato, iniziando a pensare di essere
davanti all’ottava meraviglia del mondo; ecco che i gemelli si
voltano sorridenti, tenendo tra le mani una scatola di una trentina
di centimetri di lato, coperta da un drappo di velluto rosso.
Naturalmente non sorridono a me, anzi sembra proprio che non mi
vedano, ma non importa: nemmeno io presto attenzione a loro, ma solo
a ciò che le manine curate di entrambi stringono come un
neonato, con cura infinita.
«Siamo
lieti di presentarvi la nostra ultima creatura: il Brisingamen»
annunciano orgogliosi.
Uno
dei gemelli sfila il drappo con gesto teatrale, e vedo un lampo di
gioia quasi animalesca negli occhi di frau
Odin.
Per un attimo ne resto turbata, ma mi costringo a osservare con lei
l’ultimo prodigio marca Bakes...
...Scoprendo che è una mezza delusione.
Tutto ciò che vedo, in una teca di vetro neanche
antiproiettile e senza fronzoli, è una collana d’oro. Niente
pietre preziose, niente elaborate lavorazioni a freddo, niente
intrecci di viti e uva, o fili d’oro sottili come capelli,
filigrana, intarsi... E’ solo una catenella che si ispessisce in
corrispondenza di una decorazione piuttosto modesta, con un
bassorilievo di una certa delicatezza, sì, ma che non mi
appare poi tanto... mi blocco a metà pensiero.
Corrugo la fronte.
Mi sporgo leggermente per vedere meglio.
Impallidisco.
Con
un movimento convulso che quasi mi spezza il collo fisso il profilo
trionfante di frau
Odin; poi torno sulla collana. Frau
Odin. Collana. Frau
Odin.
«Beata Maddalena...» mormoro costernata, e i
fratelli Bakes sorridono ampiamente, soddisfatti come non mai.
La
decorazione della collana è il volto
di frau
Odin, immortalata come... come... come la beata Maddalena, mi
verrebbe da dire. No, non è esatto. E’ immortalata come una
delle dee di quelle mitologie nordiche, quelle belle, potenti e
spaventose.
E’
quasi inevitabile che a questo punto, a causa dell’associazione con
le dee spaventose,
mi vengano in mente tutte le voci che corrono alla ‘Die
Hause von Odin’,
i maligni sussurri dei pettegoli che mettono in dubbio il buon cuore
della signora. Non ho mai prestato credito nemmeno a mezza parola,
incapace di sovrapporre l’immagine angelica di frau
Odin
a quella di una spietata donna d’affari, ma all’improvviso, senza
che io possa impedirlo, mi viene incredibilmente facile.
Cura
i bambini in Africa e nel sud-est asiatico,
e mentre è
in viaggio per accudirli, senza la sua fida segretaria, perché
non vorrebbe mai che si stancasse o vedesse quel che fa, mentre è
lì, ecco, contratta il prezzo dei diamanti e dei reperti Ming
con schiavisti e predoni di tombe.
Perché
il bilancio della casa d’aste ha avuto un’impennata dopo il
matrimonio di herr
Odin?
Perché
con il suo sorriso dolce frau
Odin è come una dea; una divinità terribile e
irresistibile, un cataclisma che arriva, impone le sue leggi e se ne
va.
Ma
è solo la sua gentilezza a convincere acquirenti e venditori?
Scuoto
la testa, sconvolta, e mi convinco a cancellare ognuno dei terribili
pensieri che mi hanno attraversato il capo. Non è possibile.
Non frau
Odin, la grande signora che ricorda anche il compleanno della madre
della sua più infima segretaria. Non
lei.
«E’ meravigliosa...» la sento sussurrare,
con quella voce che è in grado di placare le tempeste.
Ha
mai fatto qualcosa di esplicitamente disinteressato?,
mi domando scioccamente.
Certo, ha salvato milioni di bambini.
E
così facendo la sua immagine ne ha beneficiato infinitamente.
«Lo sappiamo» rispondono i gemelli,
accarezzando la collana con occhi languidi. «La modella era
d’incomparabile bellezza»
Colgo
l’occhiata che passa tra loro e frau
Odin, e un brivido scorre lungo la mia schiena.
La
signora è perfetta sotto ogni punto di vista. Come Mary
Poppins,
scherzavo un tempo. La
signora è così gentile, così graziosa, così
garbata... La signora ricorda persino il compleanno di mia madre.
Come sono fortunata ad essere al suo servizio!
Come
sono fortunata a non
essere sua nemica.
«Vuole ammirarla meglio?» domanda uno dei
Bakes, dimenticandosi probabilmente della mia presenza. «Prima
di contrattare il prezzo, intendo...»
«Mi farebbe davvero molto piacere» sorride
lei, con un fremito impercettibile nelle labbra vermiglie.
I
gemelli si avvicinano alla scrivania in marmo, e posano delicatamente
la teca. Io resto impietrita a fissarli mentre loro e frau
Odin confabulano, ammirando l’oro da tutte le angolazioni,
sfiorandolo quasi con timore e riverenza.
Forse fino ad oggi ho sempre frainteso qualcosa di
essenziale.
Forse
ho adorato qualcosa che non è mai esistito.
«Credo
che sarebbe perfetta su una donna bionda, dal collo lungo»
suggerisce uno dei gioiellieri, sollevando la collana con gesti
attenti. «I riflessi di una chioma come la sua, frau
Odin, sottolineerebbero alla perfezione le armoniose sfumature
dell’oro»
Continuerò per sempre a chiedermi come i nani
siano riusciti a raggiungere il suo collo per allacciare il
fermaglio. Forse hanno preso una sedia, o hanno fatto una piramide
umana, non so. E’ che la mia signora è alta più di un
metro e novanta con i tacchi, e loro saranno sì e no uno e
cinquantadue – scarpe incluse – quindi la dinamica proprio mi
sfugge.
Comunque,
a un certo punto, frau
Odin è lì, accanto alla scrivania, circondata da marmo
e denaro, con una collana di infimo oro che porta il suo meraviglioso
ritratto, e il pallido sole dell’Olanda le illumina la scollatura;
si porta una mano al petto, sfiora il monile, sorride davanti allo
specchio che le porgono i gemelli.
Ed è veramente splendida... Incomparabilmente
perfetta.
All’improvviso mi sento piccola e insignificante; ma,
senza stupore, mi rendo conto che tutto ciò che vorrei fare è
prostrarmi ai suoi piedi e supplicarla di ricordarsi di me, di non
abbandonarmi mai.
Non
importa quel che ha fatto, quel che fa o che farà, importa
solo che non mi abbandoni. Perché è impossibile non
amarla. Al di là di un cuore puro o corrotto, il suo fascino
non può che stregare anche i morti; è come un bagliore:
accecante, irresistibile, inevitabile; divora ogni ombra e lascia
solo l’immacolato velo della purezza... L’immacolato e letale
velo che ricopre tutto il sudiciume.
«Elsa, fammi una gentilezza» sussurra senza
guardarmi. «Mi sembri provata. Esci e chiedi al ragazzo che ci
ha portate fin qui di scortarti fino all’albergo. Concludo io le
trattative»
Il
modo in cui i gemelli si guardano e la
guardano mi gela il sangue.
Che genere di trattative sta per portare a termine? Con
cosa, precisamente, ha intenzione di pagare quella collana? E a quale
asta vuole farla partecipare?
«Veramente non sono molto stanca...» obietto
con un filo di voce.
«Elsa»
Frau
Odin si volta per guardarmi, e i suoi capelli avvolti dalla luce
sembrano circondarla di splendore. Mi sorride, dolce, irresistibile –
pericolosa.
«Davvero, non mi permetterei mai di riportarti a
tua madre, nel giorno del suo compleanno, ammalata di stanchezza. Sii
buona. Accontenta questo mio sciocco desiderio»
Deglutisco.
Non ha mai usato un tono così accorato, con me.
Come si può resistere a quella voce?
«Va
bene, frau
Odin...» mi trovo a mormorare vergognosa. «Ma per
qualunque cosa, qualunque,
non esiti a chiamarmi» aggiungo dopo un attimo, quasi
angosciata.
I gemelli sorridono blandamente; vedo che sono ansiosi
di liberarsi di me, e provo un moto d’odio violento nei loro
confronti.
Arretro sconcertata, rischiando di inciampare nei miei
piedi.
Ho come l’impressione che il mio mondo si sia
ribaltato all’improvviso.
Come
pagherà frau
Odin?
Perché
non vuole che io resti al suo fianco?
«Grazie, Elsa. Sei molto cara» mi dice con
calore.
A
tentoni cerco la porta alle mie spalle, ruotando la maniglia con
gesti impacciati. Scivolo fuori dalla stanza nel momento esatto in
cui vedo uno dei gemelli sfiorare languidamente il gomito di frau
Odin, e con un urlo di indignazione vorrei scagliarmi dentro e
gridargli di non osare.
Invece mi ritiro.
La mia signora ha dato un ordine, chi sono io per
disobbedire? Evidentemente lei sa quanto vale quella collana e quanto
può rischiare... Lei sa per cosa contrattare.
Oppure
la mia signora si sta sacrificando,
mi dico, colta da una folle illuminazione piena di speranza.
Ma per cosa? Qual è il suo obiettivo questa
volta? A quale asta sarà in vendita il gioiello dei Bakes?
Non riesco a capire, realizzo, tornando a immergermi nel
mio personale torrente di angoscia.
Sono
immobile nel corridoio, sola, persino l’usciere se n’è
andato. Preda della confusione, circondata dal marmo, l’unico
pensiero che mi rintrona nella testa è quello di frau
Odin.
Devo
fidarmi di frau
Odin.
Povera
frau Odin.
Ed
è allora, in un istante di terribile lucidità, che lo
capisco: qualunque cosa accada, qualunque scelta compia, qualunque
errore commetta, abbia commesso o commetterà mai, frau
Odin resterà per sempre la mia unica, perfetta e spaventosa
dea.
E
la cosa mi rende felice.
-
Fine -
Note
dell’autrice: le
case d’aste si occupano della vendita al miglior offerente di
oggetti di varia natura, che spaziano dai risultati di pignoramenti,
a opere d’arte, a donazioni, o anche a vere e proprie novità
– come, in questo caso, il Brisingamen
- proposte per la vendita in pubblica sede. La casa tiene poi una
percentuale sul ricavato, concordata prima dell’asta, oppure riceve
una parcella prefissata.
Naturalmente
esistono migliaia di case d’aste, e la contrattazione per cui si
muove la Die
Hause von Odin
mira ad accaparrarsi il Brisingamen
prima degli altri, e alle condizioni migliori.
* * *
POSTILLA
Questa storia è nata per il contest "Sai creare una Mary Sue?", indetto da ro-chan con la collaborazione di Hime, sul forum, e si è classificata prima.
Allora, le valutazioni sono state stratosferiche (!), e voi potete
ovviamente convenire o dissentire; lasciate soltanto che io ringrazi i
giudici per i giudizi e la pazienza che hanno mostrato verso le
partecipanti.
Per chi non sapesse qual era il tema e quindi si chiedesse come mai
Frau Odin sia così assolutamente insopportabile,
spiegherò in quattro e quattr'otto le richieste del contest.
Ciò che noi partecipanti dovevamo fare era creare il personaggio
più insopportabile, perfettino e irritante che potevamo. Una
Mary Sue, insomma. La fic - purtroppo - non poteva essere comica, e
dunque dovevamo anche andarci serie; inoltre doveva riferirsi a un mito
(di qualunque mitologia). Nel mio caso, io ho rielaborato in chiave
moderna il mito nordico di Freya (moglie di Odino e dea di un po' tutto
ciò che conta, dall'amore alla guerra XD) e il Brisingamen (che,
a quanto dice internet, è il simbolo della sua forza). E questo,
signore e signori, è il risultato!
I giudici avevano anche fatto dei bellissimi bannerini, ma sono
assolutamente impedita e non riesco a metterli qui. U_U Indi per cui,
se siete interessati a vederli vi rimando alla pagina del forum con il
bando del concorso! (I bannerini vantano la presenza di Mary Poppins e
Odette! Che aspettate?)
Grazie per l'attenzione, e se vi va lasciate un commentino!
Ayachan.
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