Occhi
neri
Stava controllando gli ultimi
preparativi prima del ciak, quando l’aveva vista. No, non era
esatto, non aveva visto lei, solo i suoi occhi. Due pozze scure,
profonde ed ardenti. Occhi neri, intensi, che ti
osservavano, ti
scrutavano, scavando fino in fondo alla tua anima. Illuminandola.
Il richiamo di uno dei sui subalterni lo
riscosse. Si affrettò a ultimare i controlli e raggiunse il
suo posto presso la ‘giraffa’. Era aiuto regista
nella seconda unità di ripresa di uno dei più
attesi blockbuster dell’anno. Un’ottima occasione
per dimostrare il proprio talento, talento che possedeva e che, a tre
settimane dall’inizio delle riprese, era stato notato. Il
regista, e creatore, del film gli aveva proposto, un paio di giorni
prima, di dirigere la terza unità di ripresa, quando la
troupe al completo si sarebbe trasferita in Italia, sede di una delle
location prescelte. Se tutto fosse andato bene, entro un paio
d’anni avrebbe diretto il suo primo film. Un sogno che
diventava realtà. Diventare regista era sempre stato il suo
più profondo desiderio, l’unica cosa che gli
interessasse. Fino a quel momento…
Lei non si era accorta della sua
presenza fino ad un attimo prima di scomparire. Non che avesse fatto
qualcosa per passare inosservato, neppure per essere notato,
d’altro canto. Semplicemente era stata distratta dal
movimento sulla scena dove gli attori stavano provando la sequenza che
sarebbe stata girata di li a poco. Quando la radio che lui portava
sempre aveva emesso una scarica statica, un istante prima che un
tecnico gli parlasse, lei aveva guardato dalla sua parte ed i loro
occhi, per un attimo, si erano incontrati. Un attimo lungo
un’eternità.
Ma lui aveva dovuto rispondere alla
radio e, quando era tornato a guardare verso il punto dove si trovava
la ragazza, lei era scomparsa. Aveva dato un’occhiata veloce
in giro, cercandola, ma non l’aveva più vista.
Era dovuto tornare al lavoro, ma il
ricordo di quegli occhi non lo aveva più abbandonato. Gli
sembrava di vederli ovunque: confusi nel gruppo di curiosi,
prevalentemente turisti stranieri, che sostava in prossimità
dell’area delle riprese, riflessi nei vetri della telecamera,
ammiccare nel miraggio che il sole ardente creava sulla sabbia delle
dune… Ebbe un moto di sorpresa nell’incrociare lo
sguardo dell’attrice protagonista perché, anche
lei, aveva gli occhi scuri. Ma non erano quelli che cercava…
Quando, finalmente, il sole
calò dietro la curva dell’orizzonte e le riprese,
per quel giorno, ebbero termine, si ritirò nella sua tenda
desideroso di stare un po’ per conto suo. Nella solitudine
del suo alloggio si riaffacciò alla sua mente il ricordo
della ragazza dagli occhi neri.
Chi era? Da dove veniva? Queste domande
gli turbinavano nella mente, ma non aveva risposte. Non conosceva
neppure il suo nome… Ma esisteva poi, quella ragazza? Nelle
ultime ore era arrivato a pensare che, forse, si era trattato solo di
un miraggio. Dopo tutto stava lavorando nel deserto… Ma il
cuore lo contraddisse: non poteva trattarsi del frutto della sua
fantasia. Non lei e, soprattutto, non i suoi occhi, poiché
mai nella vita aveva immaginato che, al mondo, potessero esistere occhi
come quelli: in grado di farti sentire vivo ed importante, capaci di
mozzarti il respiro in gola, accelerare il battito del cuore. Perfino
sentire freddo sotto il cocente sole del deserto tunisino. Lei
esisteva, di questo era sicuro, ma le domande ed i dubbi rimanevano
insoluti…
Dopo una notte di sonno inquieto, prima
dell’alba, uscì dal suo alloggio e prese ad
aggirarsi per la tendopoli che era stata allestita a poche decine di
metri dai set, finchè giunse nei pressi del luogo delle
riprese del giorno prima. Incontrò uno dei tecnici, un
ragazzo del posto più o meno della sua età di
nome Jamal, e si fermò a parlare un po’ con lui.
Improvvisamente, spinto più da un inconscio desiderio di
sentirsi confermare che l’incontro del pomeriggio precedente
non era frutto della sua fantasia che da un impulso razionale, gli
chiese se, per caso, avesse visto la ragazza dagli occhi neri.
E, sì, Jamal
l’aveva vista. Faceva parte, gli disse, di un piccolo gruppo
di turisti impegnati in un Tour Adventure attraverso il sud della
Tunisia. Avevano fatto una deviazione dalla pista consueta per
assistere a qualche ripresa, si erano fermati appena un paio
d’ore poi erano ripartiti per raggiungere la tappa
successiva: l’accampamento berbero nei pressi
dell’oasi di Kasar Ghilane. A poco più di venti
chilometri da li.
Senza fermarsi a riflettere, salutato
Jamal, salì a bordo della sua jeep e partì
puntando verso sud alla volta dell’oasi. C’era
abbastanza tempo per andare, trovarla e tornare prima
dell’inizio delle riprese. Guidò il più
velocemente possibile stando attento a seguire la pista segnata nel
deserto per non rischiare di perdersi.
Quando arrivò
all’oasi, però, comprese che era troppo tardi: le
tende dell’accampamento erano troppo poche perché
tra esse fosse ospitato un folto gruppo di turisti. Scese comunque dal
fuoristrada e raggiunse alcuni uomini seduti al centro
dell’accampamento. Aiutandosi col suo fluente italiano, che
aveva imparato tempo prima durante un soggiorno di un paio
d’anni a Cinecittà, venne a sapere che coloro che
cercava erano partiti da meno di un’ora. Erano diretti a
Kairouan, città santa dell’Islam e famosa per la
manifattura di pregiati tappeti.
Sedette nuovamente al posto di guida
della jeep e guardò il deserto verso nord.
L’orologio sul cruscotto, e la parte razionale della sua
mente, gli dicevano che doveva tornare al lavoro, il cuore gli imponeva
di mettere in moto ed inseguire la sua Chimera…
Fu il buon senso a prevalere. In fondo
non sapeva nulla di lei, non poteva mandare all’aria la sua
grande occasione per correre dietro ad una ragazza che non conosceva:
poteva anche essere già felicemente sposata, per quello che
ne sapeva. Girò la chiavetta avviando il motore e
ripartì verso la location del film.
Due settimane dopo, finite le riprese nel deserto, la troupe al
completo si trasferì in Italia, sul lago di Como: il Lario.
Li, in una splendida villa d’epoca i cui giardini digradavano
dolcemente fino all’acqua, sarebbero state girate alcune
delle scene più importanti del film. La durata della
lavorazione nella location italiana sarebbe stata, secondo le
previsioni, di quattro, massimo cinque settimane.
La supervisione della terza
unità, affidatagli dal regista, assorbì tutto il
suo tempo: era il suo primo incarico da
‘protagonista’ e voleva che ogni cosa fosse
perfetta. Il più possibile, per lo meno…
In un momento di pausa tra due riprese
scese fino alla terrazza in riva al lago per controllare le macchine da
presa che sarebbero servite di li a mezz’ora. Il posto era
splendido, magico, un piccolo angolo di Paradiso. Nuovamente
ammirò l’occhio del regista che era riuscito a
scoprire quel sito incantato tra i tanti possibili.
Osservò per qualche istante
il riverbero del sole sulle acque blu, le rive collinose coperte dai
boschi, i paesini arroccati sui pendii che si specchiavano nel
lago…
Davvero un luogo magnifico.
D’altro canto era stato scelto proprio per profondo
romanticismo che, quella vista, trasmetteva. Era la cornice perfetta
per le scene che stavano girando.
La poesia di quel panorama
richiamò alla sua mente gli occhi meravigliosi intravisti in
Tunisia, quegli occhi la cui memoria, da allora, lo accompagnava giorno
dopo giorno. L’emozione che ancora adesso gli suscitava il
ricordo della loro intensità risvegliava in lui passione e
rimpianto. Chissà dov’era adesso quella
ragazza…
Il lavoro riprese. I due attori
protagonisti nonostante la giovane età, avevano appena una
ventina d’anni, erano molto bravi, perfettamente calati nei
ruoli e capaci di trasmettere sentimenti ed emozioni a chi osservava le
scene. Il casting era stato lungo, soprattutto la ricerca del ragazzo
era stata difficile, ma i risultati non si erano fatti attendere.
Soddisfatto del lavoro svolto fino a
quel giorno, il regista, concesse un fine settimana di riposo per tutti.
Il mattino seguente, era sabato,
l’abitudine lo svegliò come sempre alle sette. Un
po’ irritato con se stesso riuscì a costringersi a
rimanere a letto per un’altra mezz’ora poi,
sconfitto, si alzò e si vestì deciso a visitare
Como di cui non aveva visto che poche porzioni.
Passeggiò pigramente per le
stradine ammirando la deliziosa architettura delle case antiche a due,
massimo tre piani. Abituato ai grattacieli di Los Angeles, quella
città gli sembrava uscita da un’altra epoca.
Giunse infine nei pressi di un mercato e, spinto dall’impulso
del momento, vi si addentrò. Si accorse subito della quasi
totale assenza di turisti, era chiaro che quel mercato non era
‘dedicato’ a loro.
Un po’ più avanti
il passaggio tra le bancarelle si fece più affollato e,
senza volere, scontrò qualcuno.
- Scusi.- disse, in italiano, voltandosi.
Rimase pietrificato. Lei era li, davanti a lui. I suoi occhi
incontrarono quelli scuri della ragazza ed un moto di piacere lo
pervase vedendoli spalancarsi nella sorpresa e nel riconoscimento. Si
ricordava di lui!
Si guardarono qualche istante senza
proferire parola, entrambi increduli di essersi incontrati nuovamente a
chilometri di distanza. Addirittura in un altro continente…
Poi lui sorrise e le porse la mano.
- Jordan Scott.- si presentò un po’ emozionato.
- Beatrice Foscari…- rispose lei arrossendo.
La sua voce, soave quanto il suo viso ed intensa quanto i suoi
magnifici occhi neri, tremò appena. Lui trattene dolcemente
la sua mano e sospirò.
L’aveva trovata…
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