Novembre
Il
cielo di quel novembre era
plumbeo e buio, e minacciava Hogwarts come un macigno. Il malumore
serpeggiava
tra gli studenti e il corpo docente come un virus, e il castello non
era mai
parso così opprimente dalla cacciata di Voldemort.
Victoire
Weasley si strinse di
più nel mantello e accelerò il passo mentre
passava davanti ad una finestra che
lasciava passare un sibilo di aria gelida. Stava andando in biblioteca,
dove
avrebbe aiutato una sua amica con i compiti di Aritmanzia.
“Certo
che però mia mamma aveva
ragione, a Beauxbatons non faceva così freddo
l’anno scorso…” pensò la
ragazzina, ripensando a quando, in quanto strega più
brillante del suo corso,
venne invitata ad un periodo di studi all’accademia che aveva
frequentato sua
madre, riportando tra l’altro ottimi voti e valutazioni
eccelse in ogni campo.
Non
stava male ad Hogwarts in
realtà: lì aveva tanti cugini, gli amici, i
compagni della Casa Corvonero, e
anche tanti altri compagni di scuola. Andava d’accordo con
tutti, insomma. Con
tutti, tranne che con lui.
“Ehi,
dove corri?” Manco a farlo
apposta, Teddy Lupin le si affiancò manco avesse sentito i
suoi pensieri, anche
lui con in mano alcuni pesanti volumi della biblioteca. Magnifico,
doveva
sorbirselo fino a là.
“Spero
lontano da te!” sbottò
lei, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.
“Cosa
avrò mai fatto di così
terribile per offendere sua maestà?”
domandò lui, con un sorriso.
“Il
mio vestito. Hai massacrato il mio
abito da sera di haute couture,
ecco cosa” disse lei,
fulminandolo.
“Oh,
quello… Non è colpa mia: mi
è scivolata la borsa piena di boccette di
inchiostro… non l’ho fatto apposta!”
disse lui assumendo una faccetta da cagnolino che commuoveva tutti.
Tutti…
tranne lei, che con una voce gelida commentò con un:
“Ceeerto, come no. E adesso
scusami, ma avrei da fare”
Scosse
la lunga chioma biondo
rossiccia e fece per andarsene, ma qualcosa la trattenne. Si
guardò indietro…
ma era solo un lembo del mantello che si era impigliato in un chiodo.
Lo liberò
scocciata e si guardò attorno, ma Ted era sparito. Cretino.
Con un fruscio di
capelli si diresse in biblioteca, pensosa.
Lei
e Teddy si conoscevano, bene
o male, da sempre. Anche se non si frequentavano tantissimo
personalmente, i
suoi andavano spesso a trovare il padrino di lui, Harry, e molte volte
c’era
anche lui. Quando erano piccoli andavano anche d’accordo, e
lui si divertiva a
farla rincorrere dalle margherite, ma poi era tutto cambiato.
Quando
c’era lui vicino, lei si
sentiva tutta scombussolata, come se non riuscisse a controllarsi, e
lei odiava essere colta alla
sprovvista
così, non riuscire a disciplinare le proprie azioni. E poi
sembrava che Ted lo
facesse apposta a comportarsi da imbranato con lei nei paraggi: i suoi
compagni
di Casa dicevano che era uno dei ragazzi più dolci e
disciplinati che si
potessero ricordare.
“Ehi
Vicky, ci sei? Terra chiama
Weasley!” Lei trasalì solo quando la sua amica,
Dora Wood, cominciò a
schioccare le dita a pochi centimetri dal suo naso. “Cosa
c’è che non va? No,
aspetta, non dirmelo… hai incontrato Ted Lupin mentre venivi
qua”.
“Mm-mh”
mugolò lei in tutta
risposta.
“Oh,
che bello!” commentò l’amica
estasiata, battendo le mani e saltellando sulla sedia tutta giuliva
come una
bimba. “Sai che ho sempre pensato che voi due sareste perfetti insieme?”
“Ma
che dici?” disse Victoire con
un movimento dello mano come per scacciare un insetto molesto.
“Dico
la verità. Voi due vi
rincorrete come due cagnolini innamorati: lui ti piace – non
negarlo, te lo si
legge in faccia –, tu piaci a lui – altrettanto
lampante –, ma nessuno vuole
fare il primo passo. Bene, sai che ti dico? Dato che è un
bel ragazzo, quasi
quasi ci provo io, tié!”
“Non
ci provare nemmeno! Lui è…”
l’ammonì rapida Victoire prima di riuscire a
controllarsi.
“Lui
è… cosa?”
chiese Dora con aria innocente.
“È…
un pasticcione, se tu stessi
con lui non riuscirei a stare con voi… e
poi…” lasciò in sospeso la giovane,
riducendo la voce fino ad un mugolio.
“Vedi?
Vedi che ho ragione?”
esclamò la sua amica, il trionfo sul viso.
“Adesso quindi rimane solo una cosa per aiutare
‘sti due piccioncini…”
“E
cosa?” domandò Victoire
guardando Dora negli occhi, scettica, mentre depositava un libro sullo
scaffale.
“Terapia
d’urto!” ululò lei in
tutta risposta, e le diede uno spintone, spedendola dritta dritta
contro un
assorto Ted Lupin, troppo impegnato a consultare un dizionario di Rune
per
accorgersi di lei.
Si
girò all’urlo di Dora, appena
in tempo per trovarsi a due centimetri dalla faccia porpora di
Victoire. La
cinse alla vita prima che perdesse l’equilibrio, e si
guardarono per alcuni
lunghissimi momenti negli occhi.
“Scusami,
io non…” balbettò lei
imbarazzata, cercando con lo sguardo Dora che, però, era
sparita nel nulla.
“Non…
non importa, ma io,
insomma… è che è da un po’
che vorrei, che cerco di… insomma, è che tu
sei… e
poi… e non volevo, con quel vestito, ma non capivo
più nulla, e così… se solo
avessi saputo… ma cercherò di rimediare, te lo
prometto, e non appena…”
“Zitto
tu” lo bloccò lei. E prima
di dargli il tempo per replicare o ricominciare con quel suo parlare a
vanvera,
lo baciò, e lui non solo rispose con evidente piacere, ma
addirittura la cinse
più stretta, come se temesse che potesse ripensarci e se ne
andasse magari con
un bel ceffone… che però stavolta non
arrivò.
“Ehi,
nevica!” esclamò un primino
indicando con un dito fuori dalla finestra. Tutti corsero alla finestra
a
guardare lo spettacolo della prima neve della stagione.
Tutti
meno Victoire e Ted,
immersi in tutt’altro genere di spettacolo: quello unico e
speciale del primo
amore.
Chi
l’aveva mai detto che
novembre era un mese buio?
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