SULLA STESSA BARCA
(Lotta contro il capitolo 22)
Angolino
dell’autrice
Ciao a tutti!
Vorrei fare una piccola premessa prima di lasciarvi leggere in pace...
In questa brevissima one-shot ho deciso di riprendere una parte del
ventiduesimo capitolo di “Harry Potter e l’Ordine
della fenice”: "L'ospedale San Mungo per Malattie e Ferite
Magiche". Si tratta di quasi due paginette che, ogni volta che decido
di rileggere il libro, sono solita saltare. Qualche anno fa ho passato
una nottata infinita ad aspettare notizie riguardo a mio padre, dopo
averlo trovato a terra in preda a un ictus... Da quel giorno rileggere
quel capitolo mi fa stare male, perché la paura dei fratelli
Weasley la sento ancora forte. Di recente sono sorti altri problemi di
salute in casa, ed ho passato un’altra nottata infinita ad
aspettare terrorizzata. Ho pensato a questa fanfiction come a una sorta
di sfida al capitolo 22, alle mie paure che ora più che mai
non mi lasciano proprio andare.
Nella mia vita, così come nel libro,
c’è una famiglia straordinaria, dei fratelli
meravigliosi, che hanno sempre saputo sorreggermi in ogni momento. Sono
la mia ancora e li rivedo parecchio nei Weasley, per questo
si è creata un sorta di parallelismo mentre scrivevo. So che
non è granché, né per il contenuto che
per il modo in cui è scritta, ma prendetela come un mio
sfogo personale :)
Spero comunque che vi piaccia almeno un po’ :)
Vi abbraccio forte... E ricordatevi di cercare le cose belle e di
crederci anche quando va tutto male.
Buona lettura :)
Dal capitolo
22: L'ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche
Posò la bottiglia più forte di quanto volesse, e
un po’ di Burrobirra traboccò sul tavolo. Nessuno
ci badò. Poi una lingua di fuoco a mezz’aria
illuminò i piatti sporchi di fronte a loro, e tra
esclamazioni di sorpresa un rotolo di pergamena cadde sul tavolo,
insieme a una piuma dorata di fenice.
«Fanny!» esclamò Sirius, afferrando la
pergamena. «Non è la scrittura di
Silente… dev’essere un messaggio di vostra
madre… tieni…»
Lanciò la lettera tra le mani di George, che la
aprì e lesse ad alta voce: «Papà
è ancora vivo. Sto andando al San Mungo. Restate dove siete.
Vi darò notizie appena posso. Mamma».
George guardò gli altri.
«Ancora vivo…» ripeté
lentamente. «Ma se dice
così…»
Non finì la frase. Anche a Harry parve che il signor Weasley
fosse sospeso tra la vita e la morte. Sempre straordinariamente
pallido, Ron fissava il retro della lettera come se gli potesse
sussurrare parole di conforto. Fred sfilò la pergamena dalle
mani di George e la rilesse da solo, poi guardò Harry, che
sentì la mano tremare di nuovo e la strinse più
forte attorno alla bottiglia.
Se Harry aveva mai passato una notte più lunga di quella,
non lo ricordava. Sirius a un certo punto suggerì, senza la
minima convinzione, che andassero tutti a letto, ma gli sguardi
disgustati dei Weasley furono una risposta sufficiente. Rimasero seduti
attorno al tavolo in silenzio, a guardare lo stoppino della candela
affondare sempre più nella cera liquida, avvicinando di
tanto in tanto le bottiglie alle labbra, parlando solo per chiedere
l’ora, per chiedersi ad alta voce che cosa stava succedendo,
e per rassicurarsi a vicenda che se ci fossero state brutte notizie le
avrebbero sapute, perché la signora Weasley doveva essere
già arrivata al San Mungo da un pezzo.
Fred si appisolò, con la testa che ciondolava sulla spalla.
Ginny era acciambellata sulla sedia come un gatto, ma non dormiva;
Harry vedeva il fuoco riflesso nei suoi occhi. Ron era seduto con il
capo fra le mani; impossibile dire se fosse sveglio o no. Harry e
Sirius si guardavano di tanto in tanto, sentendosi degli intrusi nel
dolore della famiglia… e aspettavano, aspettavano…
Era trascorsa solo
un’ora dall’arrivo del messaggio della signora
Weasley e sembrava essere passata un’eternità.
Ginny alzò la testa e diede una rapida occhiata ai suoi
fratelli. Cercò in particolare lo sguardo di George,
sperando facesse una delle sue battute stupide, ma lui si
limitò a rivolgerle uno stanco, debole, striminzito sorriso.
Solitamente, quando uno di loro si trovava in una situazione difficile,
i fratelli tentavano in qualsiasi modo di tirarlo su; eppure, in questo
caso, erano tutti sulla stessa barca... E non è facile
provare a non lasciare affondare sia gli altri che se stessi.
Cercò di dire qualcosa, avrebbe solo voluto riuscire a
calmarli un pochino, ma c’era quel dannato nodo in gola che
le impediva di parlare e questo le fece venire ancora più
voglia di piangere.
Si alzò lentamente, un po’ indolenzita per la
posizione mantenuta troppo a lungo, e si diresse verso il bagno.
Sentì gli sguardi di Harry e Sirius su di lei e
pregò mentalmente che non la seguissero: aveva bisogno di
stare sola per qualche istante.
Appena entrò in bagno, si intravide nel grande specchio
appeso alla parete: viso tremendamente pallido, occhi stralunati,
capelli spettinati; le venne quasi da ridere davanti a quello
“spettacolo”... Eppure pianse. Pianse come non
faceva da quando era bambina, singhiozzando.
“Papà è ancora
vivo”.
Le parole di sua madre rimbombavano simili a pugni nella testa. Non
aveva mai pensato alla possibilità di perdere un membro
della propria famiglia... E di certo non aveva mai provato una paura
così forte da farle perdere il controllo. Non era lei la
ragazza nello specchio, non quell’esserino
dall’aria intontita, stanca, confusa, persa.
Si dette qualche schiaffetto sulle guance, poi si lasciò
cadere sul pavimento, con la schiena appoggiata alla superficie
ghiacciata della vasca.
Non è assurdo come tutto possa stravolgersi in un secondo?
Un attimo prima si è in un comodo letto a sognare ippogrifi,
mentre quello dopo ci si ritrova in una casa grigia, cupa, estranea, a
pregare che il proprio padre non muoia. Provava un potentissimo bisogno
di correre da lui al S. Mungo, fare qualcosa, qualsiasi cosa, anche
solo accertarsi che i Guaritori stessero prendendo il problema
seriamente... Tuttavia, aveva anche paura di vederlo e rendersi conto
di quanto quell’uomo tanto buffo, pieno di energie e
curiosità, che da piccola la faceva volare in aria e la
riprendeva, fosse fragile e distruttibile proprio come tutti gli altri
esseri umani.
“La verità - pensò Ginny tra
sé - è che certe cose non crediamo mai che
possano accadere a noi... Succedono sempre tutte a qualcun
altro”.
E poi ci si ritrova spiazzati, svuotati, travolti da una paralizzante
sensazione di panico, incapaci di agire.
All’improvviso, sentì una risata rauca dal piano
di sotto e intuì che provenisse da Ron; l’effetto
che questa ebbe su di lei fu simile a una candela accese nel buio
più opprimente. Si alzò di scatto e si
sciacquò abbondantemente il viso, come a voler eliminare
ogni pensiero, poi tornò nella cucina insieme agli altri.
Trovò Fred con addosso un mantello nero vecchio di
chissà quanti anni, che si cimentava in un’egregia
imitazione del professor Piton; era in piedi sul tavolo e sfilava
avanti e indietro, fermandosi solo ogni tanto per guardare male Harry e
maledirlo con la sua petulante parlantina.
George e Sirius gli lanciavano contro i tappi delle burrobirre, mentre
Harry e Ron ridevano divertiti.
Quando quest’ultimo si accorse della presenza della sorella,
le si avvicinò e le avvolse le spalle con un braccio. Lei lo
guardò un po’ smarrita.
“Che fate?” chiese.
“Cose da Weasley” le rispose lui, scompigliandole
ancora di più i capelli con un piccolo sorriso.
“Papà...?”
“Starà bene, ora cerchiamo di tenerci su...
Ok?”
Ginny li guardò mentre ancora facevano gli sciocchi e si
sentì la persona più fortunata
dell’universo. Era vero che si trovavano tutti sulla stessa
barca... E proprio per questo si sarebbero salvati sicuramente. Era
come se il tempo si fosse fermato, come se si fosse creato un universo
parallelo: loro in quella piccola stanza grigia, a combattere la paura
e la rabbia, mentre il resto del mondo, ignaro dell'accaduto, fuori a
vivere.
Fece un lungo sospiro, poi esordì con un : “Ehm
ehm”, che fece voltare tutti di scatto con sguardo
terrorizzato.
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