Era da tanto tempo che
non la vedevo. Era da tanto tempo che non la sognavo. Era da tanto
temo che non la temevo.
Tu che perdi tempo
prezioso per leggere le patetiche lamantele di un disgustoso
ragazzaccio che non sa fare altro che fantasticare sulle ragazze
fighe fino nel suo letto ma senza mai né rivolgerle la parola
né cercare di avvicinarle ti devo almeno la verità come
ricompensa.
Lasci che ricostituisca
lo scenario. Andai in un festival di manga, videogiochi e fumetti
Marvel con alcuni amici vestiti, direi, sobriamente in confronto a
me. Facevo cosplay per la prima volta e per festeggiare questo presi
le sambienze di un eroe di anime per adulti che pochissimi sono
riusciti a sopportare fino alla fine del terzo episodio. Era anche la
prima volta che degli sonosciuti scattavano foto di me, talvolte
insieme a loro. Era anche la prima volta che facevo ribrezzo alla
gente ma questo è un' altra storia che veramente non m'
importa. Perché il posto colpito si trova sotto la pelle,
ricoperto dal petto grasso, nascosto dal reggiseno scuro che presi in
prestito a mia madre.
Eravamo venuti qui
soprattutto per partecipare a una gara d' un videogioco, e iscriversi
fu la prima cosa che facemmo, la primissima prima di sfruttare al
massimo tutto il divertimento che difondevano i diversi articoli qui
presenti.
Il primo scontro era
stato abbastanza facile, mi soddisfeci della performanza. Mi giro in
modo che dessi le spalle allo schermo che annunciava che il mio
personaggio era vincente. Ed non sarei dovuto farlo poiché
quest' atto pose fine al piacere che provavo di trovarmi qui.
La riconobbi. Era là,
davanti ai miei occhi che s' ingrandirono. Ora le palpebre s' erano
rintanate dove trovarono spazio. Sotto la fronte era tutto materia
biancastra assai ribrezzante.
Questa ragazza fu la
prima che amai. Eravamo nella stessa classe durante l' ultimo anno
delle medie. Mi volevo un po' di bene, ma come ad un compagno di
classe che non avrebbe più rivisto perché sarebbe
partita a studiare altrove. Io invece non le volevo solo un po' di
bene, ma un mondo di bene. Non sapevo nemmeno che si poteva sentire
qualcosa di tanto forte, anche per un membro della famiglia non avevo
provato un sentimento simile. Forse quando ero più piccolo, ma
nel frattempo le persone come lei mi fecero capire che quel coso
strano che da l' impressione che qualcuno ti da una coltellata nella
pancia non doveva esistere per una sola ottima ragione : fa un male
insopportabile.
Subito e davanti a tutti
le mie gambe tramarono, pensavo che stessero per abbandonarmi alla
mia sorte senza che potesse scappare per evitare la fucilata del
boia. Pure le mie mani ostantarono il mio stato d' animo. Si mossero
da sole e vennero a coprire la mia bocca che stava per fuoriuscire un
grido che tutti nella città sarebbero potuti origlare. Un
cadavere da cui il sangue usciva tutt' ora non mi avrebba tanto
travolto. Un ragno, perché questo è la cosa che mi può
tormentare di più, sarebbe stato meno terrificante.
Decisi di parlarle. Per
prima la chimai per nome. Un nome che trovo il più bello al
mondo ma che non vi posso rivelare. Scusatemi.
Penso che forse era
sorpresa. Immagino che dev' essere scioccante quando un ragazzo un
po' grosso e che si è vestito con leggerissimi veisti da donna
vi rivolge la parola, prendendovi alla sprovvista.
Ovviamente non mi
riconobbe. Sorridenva stranamente. Un sorriso di preoccupazione s'
era disegnato sulle sue labbra. Le dissi chi ero e capii che non ero
tanto importante per lei all' epoca quanto in seguito per accertarsi
di aver azzeccato l' immagine che la sua mente le proiettava non era
quella sbagliata accennò ad un dettaglio molto particolare su
di me. Almeno era giusto, era qualcosa che era l' unico a fare. E poi
non ricordo cosa aggiunse ma intanto non sono rimasto troppo a lungo
davanti alla sua bellezza raggiante che mi bruciava le pupille, ossia
tagliai la corda.
Un po' più tardi
dessi una sbirciata verso di lei per essere sicuro di non aver
sognato e di aver discusso con una nube di fumo irreale. Ero sveglio
e consciente.
Dopo questo le reazzioni
si moltiplicarono. La coltellata che ricevai al ventre non si placava
e il dolore diventava più acuto. Il mio sguardo fissava il
vuoto. Non riuscivo più a contrarmi su nulla. La musica che
sentivo non aveva effetto. E il peggio era che se non mi ritenessi,
l' urina sarebbe uscita da sola, scendendo lungo i collant in più
rivoli neri.
Scrivo questo foglio l'
indomadi di quest' accaduto. Ne ho assolutamente bisogno. Per me ora
queste righe sono la più potente medicina.
Mentirei se dicessi che
non sono ancora sotto scock. Quella visione ancora mi tormenta. E se
lo svelo a qualcuno sia mi consiglierebbe di dimenticare tutto sia mi
prenderebbe in giro.
Dimenticare
tutto?
MA QUESTO
COME LO FACCIO?!
Sapevo bene
che non avevo voltato pagina. Ancora oggi, due anni dopo la sua
partenza, utilizzo il suo nome come nickname per il gioco su cui ho
lottato la viglia. Mi ha ispirato molti poemi, e per dire il vero
quasi tutti quelli che ho scritto. Ma la vera senzazione di una
pallottola che sarebbe dovuta ficcarsi nella cuore del bersaglio ma
che mancandolo strappò una vena vitale e per mantenere la
vittima viva non si può ritirarla lo senti quando diverse
volte venne a tormentarmi la notte, quando dormivo male, nei sogni di
ferro. A questi momenti, rializzando che non era la realtà,
piangevo amaramente.
Non posso
essermi innamorato. Vi prego, ditemi che questa malattia capita
soltanto agli altri.
Non voglio
percorrere la stessa sorte di mia sorella che s' innamora facilmente
che scarica o viene scaricata facilmente.
Non voglio
essere così debole, questo è la più vergognosa
umiliazione, quest' Amore.
Vorrei non
dover raccontarlo su questi fogli, funzionerà per un tempo, è
il dopo che mi fa realmente paura.
Non voglio
soffrire.
Non voglio
piangere.
Non voglio
essere patetico.
Non voglio che
mi dicano di dimenticare.
Non voglio che
mi prendano in giro.
Non voglio che
mi raccontano cos' è successo loro con le loro ragazze o
ragazzi.
...
Non vorrei più
rivederla mai. Non vorrei mica averla riconosciuta.
Dio! Perché
mi debba giocare questo scherzo crudele?
Un' amica,
anche la sua, mi ha detto che la prima volta che avrei un desilusione
d' amore la dovessi chiamare perché si possa “festeggiare
questo come si deve”.
Non lo farò.
Piuttosto aspetterò che legga questo una volta tradotto.
Semmai dovesse farlo, capirebbe che è giunta l' ora che io
riceva la batosta che mi ha promessa nonché il paio di
schiaffi che mi farebbero tornare alla realtà. Una realtà
fredda, crudele e piatta in cui non potrò mai dedicarmi a
qualcun' altro perché sono soffocato da questo fantasma dai
capelli lunghi che colano sulle spalle.
|