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La Fine <<<
“Cosa
successe dopo restò ed è tutt’ora un
mistero.
Ma
sotto sotto è meglio così. Di certe cose sarebbe
bene per l’intera specie umana non farne mai parte.
I
poteri del Frutto scatenatosi quella notte si votò
perché restassero nascosti, occulti da un velo tessuto di
segreti e dedito solo alle saggezze supreme. I testimoni
dell’accaduto sono proprio davanti a me, in questo luogo.
Rhami sta mettendo le mani sul bendaggio che gli ho applicato ieri
notte, quando rientrato alla Dimora soprafatto di tagli e sangue
ovunque, era scampato in uno stato raccapricciante alla morte certa. Lo
scontro con Bonifacio, come mi ha raccontato, l’ha tenuto
impegnato per più del tempo necessario, e raggiungere la
sede è stata un’impresa particolarmente
ardua… ma ancora adesso si domanda come abbia fatto a
trovarsi improvvisamente qui, quando aveva chiaro ricordo di trovarsi
parecchio in difficoltà durante il duello. Eh, io non posso
certo rispondere a questa sua domanda. Piuttosto, spero che qualcuno
non lo faccia mai…
Il
ragazzo è in piedi vicino al tavolo, alla luce di una fioca
candela che gli ho messo a disposizione. La luce dell’alba
è quella che è e sopra di Acri si staglia ora un
cielo grigio e compatto.
Nonostante
sia presto, molto presto, qui nella Dimora sono tutti già
svegli.
Fredrik
è nella stanza adiacente, sta risistemando alcune delle sue
armi e stringendosi le varie cinghie della sua uniforme. Sono certo che
Tharidl sarà fiero del suo operato, nonostante il piano
messo appunto la mattina precedente sia andato a rotoli.
C’è
Hani seduto tra i cuscini; gesticola svelto con i lacci degli stivali
stringendoli al meglio. Si sistema il cappuccio a coprirsi il volto e,
sollevandosi lentamente, si avvicina al banco sedendo su uno degli
sgabelli. Gli sorrido, e lui ricambia con altrettanta gioia.
I
miei occhi si spostando svelti su un tavolo poco distante dalla mia
posizione. Sopra di questo vi sono i due Frutti dell’Eden
l’uno adagiato affianco all’altro e brillano di una
luce tenue e minuziosamente debole, più di quanto
immaginassi… come fossero… scarichi. Ma chi sono
io per giudicare? Solo un Rafik che non può permettersi
neppure di simulare in sé pensieri troppo complessi
perché rischierebbe di confondere prima se stesso e poi gli
assassini cui deve rivolgere consigli.
Kalel
è seduto a quel tavolo, coi gomiti poggiati sulla superficie
lignea e le mani giunte. Lo sguardo basso, assorto e pensoso, diritto
verso le due sfere che fissa con insistenza, quasi tentasse invano di
sprigionare il loro potere, ma questa volta senza l’utilizzo
di mistiche parole latine.
A
proposito di ciò, è stata una sua richiesta
conferire in privato dell’accaduto solo con il Gran Maestro,
ed io non posso far altro che accontentarlo.
In
fine, la mia attenzione cade sulla giovane Elena, rannicchiata sul
soppalco che percorre due delle mura della Dimora. La ragazza, noto con
stupore, è distaccata sia con la mente che con il corpo. Si
tiene in disparte da quando si è svegliata ad adesso, e
nessuno ha provato a rivolgerle la parola, neppure suo padre.
Forse
è stato un suo espresso desiderio quello di tacere, ma
conoscendola, Elena non è certo tipo da tenersi tutto
dentro. Qualcosa la turba, e quel qualcosa è dorato, tondo e
ha un’esatta identica copia. Potrei pure sbagliarmi, penso.
In lei potrebbe dimorare persino la straziante angoscia dei malanni del
suo maestro, senza contare l’irrefrenabile desiderio di
rientrare al più presto a Masyaf, riappacificando il suo
spirito e tornando circondata dalla sua famiglia che, da quanto ho
saputo, è riuscita a ricostruire.
Ovviamente
sono immensamente contento per lei. Anzi per tutti, che hanno lottato
al fine di raggiungere questa grande vittoria in questo grande giorno.
Sono
fiero di annunciare la riuscita della missione, conclusasi con un
ennesimo perfetto compimento.
Fredrik,
Rhami, Elena e il traditore Kalel saranno da voi, Maestro, in trentasei
ore di viaggio.
Acri,
2 maggio 1192”
-Elena…
Elena, svegliati- le sussurrò una voce soave
all’orecchio.
La
ragazza riaprì gli occhi lentamente, accorgendosi
gradualmente di trovarsi ancora in sella al suo cavallo in viaggio su
una stradina sterrata. Sbatté più volte le
palpebre raddrizzando la testa, si volse appena cogliendo il volto di
Kalel che le passeggiava affianco.
I
quattro incappucciati percorrevano al passo la via in pietra
costeggiata da alti cipressi e antichi ulivi. Era notte fonda, le
fronde degli alberi venivano scosse da una leggera brezza estiva che
profumava l’aria del sapore della natura e di erba bagnata.
Un
cielo limpidissimo e punteggiato di milioni di stelle si stagliava
sopra le loro teste, volgendo infinito e inarrestabile il suo velo
luminoso sino all’orizzonte, dove i colori
dell’alba andavano disegnarsi i colori dell’alba.
-Che
c’è?- domandò ella con voce roca,
voltandosi e guardandosi attorno confusa. –Mi sono
addormentata solo un attimo, mi spiace…- borbottò
sbadigliando.
Il
vecchio allungò le labbra in un mesto sorriso. –No
sciocchina- rise –siamo arrivati-.
La
ragazza sgranò gli occhi d’un tratto, allungando
lo sguardo a nord e cogliendo solo in quel momento il margine della
strada, che finiva dove s’innalzava una torre in pietra di
dominio degli assassini. Gli splendidi stendardi ornavano le facciate
della costruzione quadrata e altri simboli della setta svolazzavano al
vento appesi alla pietra del crepaccio d’ingresso ai
territori della sua amata Masyaf.
Riconobbe
i cappucci grigi delle guardie di ronda e il viale stretto tra la crepa
della montagna che conduceva fino ai piedi della città.
La
ragazza si riscosse balzando nel vero senso della parola sulla sella.
–Arrivati?- balbettò.
Kalel
si voltò a guardare dietro di loro, dove a sorvegliare il
cammino c’erano Rhami, Hani e Fredrik.
Quest’ultimo
si avvicinò ai due in testa portando il cavallo al trotto.
-Pochi
chilometri. Saremo a Masyaf per questa mattina- annunciò
l’assassino. I suoi occhini verdi erano celati dietro
l’ombra scura del cappuccio.
-Tharidl
ci riceverà appena arrivati- aggiunse Rhami affiancandosi al
gruppo.
Hani
recuperò terreno infilandosi tra il cavallo di Elena e
quello di suo padre. –Non vedo l’ora. Questa
lampadina conta almeno dieci chili in più!-
borbottò alludendo alle bisacce legate strette alla sella.
-E
che stiamo aspettando?- domandò lei.
Rhami
si strinse nelle spalle. –Che ci sia un po’
più di luce e un po’ più di gente ad
assistere alla nostra entrata trionfale!- levò gli occhi al
cielo così da assumere una posa da totale deficiente.
Hani
soffocò una risata.
-Forza,
dunque- ribadì Fredrik avanzando e stanziandosi dal gruppo.
–Andiamo- chiamò partendo al trotto.
Elena
e suo padre restarono in coda con Rhami che chiudeva la fila.
-Ho
paura- disse lei d’un tratto.
Kalel
girò la testa rilassando i muscoli del collo. –A
cosa ti riferisci?-.
-Cosa
ne sarà dai Frutti, ora?- domandò flebile.
–Insomma…- abbassò lo sguardo.
–Tharidl voleva portarli al sicuro in altri luoghi lontani,
mentre alcuni dei saggi erano favorevoli a…-.
-Conosco
la storia- la interruppe suo padre. –Sono discussioni che si
ripetono e si ripeteranno. Il nostro arrivo segnerà forse la
rovina di questo luogo, credimi- sospirò.
Ella
s’irrigidì. –Come mai dici questo,
papà?-.
Gli
occhi azzurri, cristallini del vecchio si scontrarono coi suoi ed Elena
ebbe un tuffo nel cuore nell’ammirare la sua espressione
afflitta ed estremamente contrariata. –Ci accomuna il timore
che neppure la setta possa farne un buon uso. Ma in che modo potremmo
intervenire se non sta a noi decidere? Elena, ho saputo controllare i
poteri del Frutto per il semplice fatto che non era la prima volta che
li usavo…- fece il vago, sottraendosi con sveltezza a
quell’argomento. –Devi sapere che Corrado ha
trovato i modi più spregevoli perché collaborassi
con lui, e ti assicuro che non ci sono prove a testimoniare la mia
innocenza-.
-Non
capisco- mormorò confusa.
Kalel
guardò alcuni istanti di fronte a sé, dove le
figure indistinte e ombrose di Hani e Fredrik li guidavano mostrando la
strada da percorrere a quelli dietro.
-E’
esattamente ciò che stai pensando, piccola- disse poi,
serio. –Fin dove sarà disposto ad arrivare
l’uomo pur di raggiungere i propri desideri?-
formulò profetico, e ciò la rese ancor
più inebetita dinnanzi alle tematiche che stava toccando
tale discorso.
Elena
distolse lo sguardo pensando ad altro.
E
c’era molto altro a cui pensare.
Quando
il sole fu alto in cielo, trovarono ad attenderli i cancelli aperti di
Masyaf.
La
gente scorrazzava per il villaggio nel solito caos cittadino, tra vari
trambusti di carri e pentole ai diversificati versi degli animali al
mercato. Stormi di piccioni si appollaiavano sulla salita sterrata che
conduceva alla roccaforte sbarrando loro il passo, e i cinque profughi
erano entrati in città ancora a cavallo, attirando di
conseguenza maggiormente l’attenzione dei popolani.
Questi
non attesero molto prima di spostarsi verso la fortezza in grande masse
confusionarie e chiassose. Una lunga scia di gente li seguì
fin dentro il cortile interno del palazzo, esattamente come quella
volta durante la quale Elena fece ritorno in città assieme
al suo maestro.
Egli,
dopotutto, era al centro dei suoi pensieri ancor più di
quanto non lo fosse Marhim o chiunque altro.
I
cinque a cavallo sostarono accanto all’arena vuota degli
addestramenti, e non appena smontarono dalle rispettive selle, per
tutta la fortezza si diffuse il suono scandito, ritmato e maestoso di
applausi.
Molti
assassini si affacciarono dalle finestre che davano sul cortile, mentre
altri si disponevano attorno a loro cinque mostrando
anch’essi l’immenso rispetto e gratitudine.
-Dannato…-
digrignò Rhami nascondendosi al meglio sotto il cappuccio.
Fredrik
scoppiò in una fragorosa risata, ma gli applausi non
cessavano sovrastando ogni altro rumore. –Ah! Guarda che non
puoi prendertela col Refik se ora l’intera Siria sa che i
Frutti sono qui! E non era la fama ciò che volevi? Eccotela
servita su un piatto d’argento!- scherzò.
Il
ragazzo si strinse nelle spalle. –Lo so…-
sibilò. –Lo so…- ripeté.
Elena
si avvicinò a suo padre tentando invano di nascondersi
dietro di lui, ma Kalel si spostò di lato sistemandosi in
disparte assieme agli altri tre assassini. Questi, notò
Elena una volta rimasta al centro dell’attenzione, avevano un
buffo ghigno in volto: divertiti e maliziosi, tutti quanti (Hani,
Rhami, Fredrik e suo padre).
Nel
frattempo gli applausi andavano ad affievolirsi sempre più,
e il silenzio piombò nel cortile nell’arco di
pochi secondi.
Elena
lanciò un’occhiata spaurita
tutt’attorno, guardandosi dai mille presenti che, a loro
volta, parevano attendere che lei facesse o dicesse
qualcosa… o semplicemente attendevano che succedesse
qualcosa… o ancor più semplicemente, attendevano
qualcuno.
Solo
allora ella capì, sollevando il viso e ingoiando a fatica il
groppo che aveva in gola. Il nodo allo stomaco dei giorni trascorsi
nella speranza si sciolse del tutto in quell’istante; i
ricordi delle notti trascorse a fare incubi l’uno dopo
l’altro sparirono, dissolvendosi come cenere, spazzati via da
un’improvvisa folata di vento che traversò le
sabbie del cortile interno, sollevando tanta di quella polvere.
Elena
si stropicciò gli occhi non potendo semplicemente credere
che fosse vero.
Trattenne
il fiato nello scorgere la figura dritta e composta di un uomo emergere
con passo lento dalla folla e posizionarsi di fronte a lei. Addosso,
egli non aveva altro se non parte della sua uniforme di assassino
d’alto rango qual’era, le braccia prive di guanti,
una sobria cintura legata alla vita senza il fardello di nessun arma,
il cappuccio abbassato sulle spalle. Il sorriso festoso sulle labbra
traversate, nell’angolo, da una stretta e leggendaria
cicatrice. I nerissimi occhi che guardavano lei e che
l’avevano sempre guardata con attenzione, premura e, da una
parte, amore.
Elena
restò traballante sulle sue stesse gambe
all’incirca una decina di secondi, circondata dal silenzio
emozionante di cento e passa persone che serravano la bocca in un
profondo rispetto.
Le
luccicarono gli occhi, mentre stringeva i pugni serrando la mascella,
trattenendo il pianto.
Altair
le sorrise piano, tranquillo più che altro. Non lo aveva mai
visto così colmo di gioia e fierezza allo stesso modo, mai
visto così pieno d’affetto per lei. Ma
ciò che più contava, era soltanto poterlo vedere,
sapere che stava bene, e che era sfuggito alla morte.
C’era
un solo modo per accertarsi che non fosse frutto della sua
immaginazione. Poteva trattarsi di un sogno, e lei di davvero
verosimili sapeva inventarsene a bizzeffe.
Perciò… fu inevitabile.
Scattò
di corsa verso il suo maestro e si gettò ad abbracciarlo,
avvinghiandosi al suo collo e soffocando i singhiozzi nel tessuto
candido e pulito della veste bianca.
Nel
momento in cui le braccia di Altair la strinsero a sé con
maggior vigore ricambiando quell’abbraccio e sfiorandole la
schiena con le mani, ella percepì il calore del suo corpo e
la rigidezza dei suoi muscoli, assaporò il suo profumo
inebriandosene i polmoni.
Intanto,
la gente tutt’attorno taceva ammutolita, ostinata in un
commosso silenzio che purificava e rendeva l’aria ancor
più tersa ed emotiva.
-Siete
qui…- mormorò.
-Ti
è così difficile crederlo?- domandò
spensierato accarezzandole i capelli.
-Adesso
non più- gemé chiudendo gli occhi, restando
accollata a lui così da non poterlo lasciare andare mai
più via. Non avrebbe permesso a niente e nessuno di
contrapporsi a loro, e neppure il veleno era riuscito
nell’intento. Perciò, perché non
sperare che sarebbe potuto rimanere tutto per sempre così?
In questo meraviglioso clima di pace, gioia, amore…
Qualcuno
si schiarì la voce, attirando l’attenzione dei
presenti che si voltarono a guardare chi avesse osato interrompere un
tale gesto.
Elena
allontanò appena il viso dal suo petto, e Altair la tenne
stretta a sé nel mentre si girava alle sue spalle.
Vi
era Tharidl, nel centro del semicerchio che si era creato.
L’uomo vestiva della sua lunga casacca scura tirata a lucido,
la folta barba bianca e i capelli grigi che ai raggi del sole alto nel
cielo rilucevano fasci argentati. Era arduo decifrare le emozioni che
andavano disegnarsi sul suo volto solcato dagli anni: forse gioia,
forse rancore. Fatto sta che al suo fianco vi erano due differenti
assassini che Elena conosceva bene.
Gabriel,
alla destra del Gran Maestro, mostrò la dentature bianca
sorridendo come poche volte Elena l’aveva visto fare, dato le
rare occasioni durante le quali si erano incontrati. Egli indossava una
tunica bianca, corta, gli stivali e il guanto d’acciaio,
assieme al cappuccio calato sul volto a risaltare l’azzurro
luminescente degli occhi e alcune delle ciocche color miele che
spuntavano fuori da questo.
Il
ragazzo fece un passo avanti al vecchio Tharidl e chinò la
testa. –So tutto- disse tranquillo.
Elena,
ancora stretta al suo maestro annuì.
–Sì, ecco…-.
Gabriel
fu evasivo. –Ne parleremo più tardi, noi-
dichiarò sorpassandola e andando a confondersi tra la folla
alle sue spalle, raggiungendo Kalel sistemato distante al resto della
gente.
Marhim,
alla sinistra di Tharidl, piuttosto che avanzare,
indietreggiò.
Elena
a quel punto capì e, sorridendo mesta, si scansò
di propria volontà dal suo maestro. Prese un gran respiro e
si avvicinò a lui.
Marhim
rimase silenzioso irrigidendo i muscoli.
La
ragazza accorciò ancora la distanza e si sollevò
sulle punte per baciarlo inaspettatamente sulle labbra, di fronte a
tutta quella gente che aggravò oltremodo il silenzio.
Elena
lo avvicinò a sé afferrandolo per la veste, senza
interrompere il bacio che proseguiva immobile l’uno con le
labbra premute delicatamente su quelle dell’altra. Non appena
si separarono per riprendere fiato, la ragazza lo strinse con vigore
allacciandosi a lui e nascondendo il viso nell’incavo del suo
collo.
-Mi
sei mancato troppo- gli sussurrò all’orecchio.
Marhim
poggiò una guancia sui suoi capelli e parve rilassarsi del
tutto. –Anche tu- mormorò commosso avvolgendole le
braccia attorno ai fianchi.
Tharidl
sorrise compiaciuto. –Bene- ridacchiò guardandosi
attorno.
Nel
frattempo quello della folla era diventato un chiacchiericcio allegro e
compiaciuto.
Andò
ad affiancarsi ad Altair che osservava ammutolito.
-Suvvia-
rise il Gran Maestro. –Credevi con tutto te stesso che non lo
sapessi?- domandò adocchiando divertito i due giovani.
L’assassino
si riscosse ed incrociò le braccia al petto. –Come
facevate a saperlo? Non immaginavo che poteste esserne a conoscenza-
borbottò.
-Ah,
Altair- sospirò il vecchio. -Ed io non immaginavo di
sembrare così cieco e stupido. Non sono nato mica ieri-
Tharidl annuì beffardo e gli strinse una spalla
amichevolmente, poi si allontanò da lui andando incontro
agli assassini reduci della missione.
Kalel
si avvicinò a lui e i due si scambiarono un fragoroso
abbraccio fraterno.
-Sono
contento di riaverti qui tra noi- disse il Maestro.
Kalel
si massaggiò il collo. –Tu sì, ma come
la mettiamo coi tuoi saggi?- rise. –Sono loro che hanno
ordinato la mia morte ai tuoi sicari, neppure io sono nato ieri-.
-Ed
io sono contento di sapere che non dubiti di me ma bensì di
altri- sorrise Tharidl.
-Dopo
quello che hai fatto per lei- gioì Kalel guardando sua
figlia tra le braccia di quel giovane assassino dal cappuccio grigio.
–Dopo quello che hai fatto per Elena, dopo esserti preso cura
di lei così… come potrei dubitare di te?-.
Tharidl
giunse le mani dietro la schiena. –Ebbene, ora rimane poco e
niente da fare- dichiarò serio.
Fredrik,
Rhami ed Hani chinarono la testa in segno di saluto e rispetto.
-Ben
tornati- proferì guardandoli.
L’ultimo
di questi slacciò le bisacce dalla sella del suo cavallo e
ne mostrò il contenuto al Gran Maestro che, tendendo le
braccia afferrò le due sfere ammirandole soddisfatto.
-Ottimo-
disse loro, e i tre assassini si scambiarono un’occhiata
complice.
Elena
intrecciò le dita alle sue e Marhim poté
finalmente guardarla negli occhi, anche se per pochi istanti.
Altair
comparve al suo fianco ed ella si volse a scambiare con lui un sorriso
luminoso.
Il
suo maestro le carezzò un’ultima volta la testa,
poi si allontanò dal cortile confondendosi alla folla e
scomparendo dentro la fortezza.
Una
luce abbagliante penetrò le vetrate dello studiolo del Gran
Maestro, alla quale scrivania sedeva pensoso Altair. Erano fuochi
d’artificio che s’innalzavano al cielo per poi
esplodere festivi tra le stelle di quella notte priva di nuvole.
L’assassino
era completamente stravaccato sulla sedia, un gomito poggiato sul
tavolo teneva il cappuccio alzato sul viso che mostrava un incredibile
smarrimento e severità.
Assorto
nei suoi pensieri, guardava fuori dalle finestre la gente applaudire
divertita e godersi a pieno quella notte di festa.
Solo
nello studio, avvolto dal silenzio della vuota fortezza, Altair
sospirò mesto.
Alla
gioia immensa di quella serata avevano preso parte tutti gli assassini
della setta.
Un
nuovo fuoco artificiale partì ed esplose nel cielo,
illuminando la valle di una luce verde smeraldina. Un altro, e un altro
ancora. Questi spruzzarono una marea di scintille che si confusero alle
mille stelle del firmamento, rovesciandosi in fine come coriandoli
sulla piazzetta.
Da
lassù poteva vedere e riconoscere i volti sorridenti della
sua allieva stretta tra le braccia del giovane Marhim, avvolti dalla
gente di Masyaf che cantava e ballava senza freno.
Vi
erano anche Kalel e Tharidl, assieme a molti dei saggi riuniti a
godersi quello spettacolo in un angolo. Buffo, pensò
riconoscendo tra i presenti, molto vicino a Kalel, un uomo che Altair
conosceva bene. Era un informatore che adoperava nel distretto medio di
Gerusalemme, un certo… Akram, se ricordava bene. Egli aveva
il viso scoperto e sorrideva giocoso accanto al padre di Elena. Non si
soffermò oltremodo sulla questione, piuttosto riconobbe i
volti di Fredrik e Adel sorbirsi la meraviglia pirotecnica, e
pensò che avrebbe dovuto trovarsi lì con loro.
Fece
per alzarsi, così da rimediare all’immensa
solitudine che provava, quando una voce acuta, melodiosa e
dall’accento francese lo chiamò per nome.
-Come
mai siete qui?- domandò Isabella.
Altair
alzò lo sguardo incontrando gli occhi scuri della donna che
era in piedi dinnanzi alla scrivania. Vestiva di un
bell’abito beige e un velo azzurrino attorno alle spalle.
-Nulla
più dovrebbe turbarvi, ora che niente vi minaccia- aggiunse
lei con tono profetico.
L’assassino
si sollevò lentamente dallo scranno. –Stavo giusto
dirigendomi… fuori- assentì. –Ma voi?-
chiese lui. –Cosa state facendo qui, e
dov’è vostra figlia Maria?- allungò
un’occhiata alle spalle della donna.
Isabella
allungò le labbra in un sorriso radioso. –Volevo
ringraziarvi-.
Altair
inarcò un sopracciglio. –E di cosa?-
formulò confuso. –Forse mi confondete con qualcun
altro, non sono io l’assassino che vi portò qui
assieme a vostra figlia- disse composto.
-Lo
so bene- mormorò flebile la sovrana. –Ma non
è di ciò per cui vi debbo le mie gratitudini-.
-Illuminatemi-
ghignò l’uomo.
-Ammetto
che fu la vostra allieva a risparmiarci la vita una prima volta-
ridacchiò –nonostante ciò, il suo
immenso rispetto per noi deve derivare per forza dal suo maestro.
È di questo che voglio ringraziarvi-.
-Credo
di non capire- proferì avvicinandosi a lei. –Mi
state porgendo i vostri sentiti ringraziamenti per aver insegnato alla
mia allieva ad essere com’è?- domandò
stupito. –Curioso- borbottò.
Isabella
si portò una mano alla bocca ridendo. –In effetti
può sembrar strano, inizialmente, ma permettetemi di
aggiungere che ho assistito alle agonie dell’uomo che mio
marito Corrado teneva prigioniero. Kalel, se non sbaglio… il
padre della vostra allieva, mi presi cura di lui assicurandomi che
Monferrato non lo ammazzasse prima del tempo. Così ho avuto
modo di sapere quant’egli fosse certo che Tharidl Lhad
scegliesse per Elena qualcuno davvero speciale, e quel qualcuno dovete
essere voi- sussurrò.
Altair
distolse lo sguardo. –Vi sbagliate, si sbagliava anche
Tharidl- sbottò. –Non sono l’uomo
dignitoso che tutti voi pensavate io fossi. A quella ragazza ho fatto
torti che a stento immaginereste!- digrignò.
Isabella
tacque alcuni istanti, e d’un tratto fece un passo verso di
lui, accorciando la distanza che gli separava e salendo due dei bassi
gradini. –Ciò non mi spaventa, se è
questo che credete. Ho conosciuto uomini peggiori di voi-.
-Non
è mai stata mia intenzione spaventarvi- eruppe irritato.
–C’è altro?- aggrottò la
fronte.
-Veramente
no- guardò altrove. –Adesso sono in pace con me
stessa- sorrise soddisfatta.
-Ottimo-
sibilò lui massaggiandosi il volto.
-Ma
voi no, è così?- rise lei.
Altair
alzò gli occhi al cielo, ma dopo poco non riuscì
a trattenersi dal ridere. –In effetti- ribadì
allegro.
Il
sorriso sulle labbra di lei si fece ancor più vero, e
rimasero allungo in silenzio.
Quando
il botto di un nuovo fuoco d’artificio squassò
l’aria immobile della fortezza e una luce rosata a brillante
invase la sala, Altair fece un passo avanti annullando del tutto la
distanza che c’era tra di loro sistemandosi al suo fianco.
Sorridendo
beffardo, l’assassino alzò un gomito e disse:
-Posso avere l’onore di accompagnarvi alla festa, mia
Regina?- domandò.
Isabella
sorrise felice e acconsentì con un gesto del capo, legando
il braccio a quello di lui. –Certamente- mormorò
mentre si avviavano.
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_____ _____ __
The
End
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_____ _____ __
Eccoci.
Alla
fine, l’inevitabile è successo. Ogni storia ha il
suo lieto fine, ed io ho scelto questo.
Arrivata
a l’ultimo capitolo, non so che dire… ci sarebbero
così tanti punti da chiarire, così tanto di cui
discutere, così tanto a cui pensare! Eppure… sono
troppo coinvolta emotivamente e non riesco a dire qualcosa di sensato.
Mi sono emozionata troppissimo scrivendo quest’ultima parte
del capitolo. Sia perché era così vivida nella
mia mente che avevo l’impressione di star guardando un film,
sia perché ormai sono troppo affezionata ai protagonisti di
questa storia. È la prima volta che concludo davvero
qualcosa, di solito non finisco neppure tutti i compiti! Dico sul
serio, e devo dire che ci si sente davvero bene.
Quindi.
Adesso
sta a me dimostrare quanto tutti voi siete stati speciali per me e mi
avete sostenuto nello sviluppo di quest’avventura strampalata
e assurda che solo la mia mente contorta poteva inventarsi!
Come
promesso, ho imparato a mettere i link ai vostri accaunt, ma
è talmente faticoso che posso permettermelo solo alla fine
di ogni storia! Grazie a tutti voi!
Ora
basta. Penso di aver parlato abbastanza. Vi avviso: nelle recensioni
è permesso e ben accetto qualsiasi tipo di scler! XD grazie!
Vi
voglio bene!!!
A presto...
Elik.
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