Breve racconto di fantascienza assolutamente demenziale
scritto per il concorso nazionale “Il Sentiero dei Draghi”, il cui tema
quest'anno erano utopie e distopie. Una storia sul quello che Caparezza
definisce “il tunnel del divertimento”, in pratica XD. Attendo le vostre
recensioni – leggete e commentate!
Vivere con Stile
di Gan_HOPE326
-
Sono qui per lavoro.
Alla parola “lavoro” una crisi di
panico attraversò come un’onda l’intero locale. Qualche donna lanciò gridolini
striduli; da qualche parte un bicchiere si ruppe. Persino le luci laser
strabuzzoscopiche parvero stupirsi e restarono fisse un istante. Subito, però,
ripresero a lampeggiare tredicimila volte al secondo come loro solito, per la
gioia delle retine di tutti gli avventori.
L’uomo che aveva parlato sorrise
leggermente, con superiorità, e prese un sorso del suo Psicotropical, un
cocktail che donava brevissime visioni di un paradiso caraibico senza lasciare
effetti a lungo termine.
-
Ma tesoro – gli disse la donna alla sua destra, una
Cleopatra dagli occhi bistrati – da quando è entrato in funzione il Fighissimo,
nessuno lavora più.
-
In! Fatti! C’è il Fighissimo! – confermò confusamente
una Ravanata seduta anche lei al banco.
Il Fighissimo altro non era che
il Supercomputer FG 32 Xtreme, costruito dalla G.O.D. Corporation qualche
secolo prima. Interfacciando in un’unica rete neurale tutte le macchine e i
robot del pianeta, aveva realizzato il sistema produttivo perfetto. Le
fabbriche lavoravano da sole, i veicoli trasportavano e distribuivano le merci
senza che nessuno li guidasse. I governi erano spariti, perché le decisioni di
FG 32 si erano sempre dimostrate più giuste di quelle che qualunque umano
avesse mai preso. Così, gli uomini avevano smesso di lavorare. Di giorno
dormivano, mentre le macchine mandavano avanti il mondo con efficienza e
precisione; di notte, semplicemente, si divertivano. Il pianeta era ormai
ricoperto di un uniforme tessuto di locali, pub, discoteche, bar, night club e
ritrovi di vario genere. Vista dallo spazio, la Terra riluceva come una gemma
fosforescente al neon. Dimenticate religioni e partiti politici, gli uomini non
avevano però potuto cancellare la propria atavica tendenza a dividersi in
fazioni. Innumerevoli Stili erano nati e morti dopo l’avvento del Fighissimo,
caratterizzati ciascuno da un diverso modo di vestire, da diverse abitudini di
vita e, ovviamente, dai diversi locali frequentati. Il posto in cui era stata
pronunciata l’abominata parola che comincia per “L”, ad esempio, era pieno di
Ravanati, strafatti di droga e musica spaccatimpani, di Cleopatre, donne dalle
abitudini lascive e dall’abbigliamento (opzionale) in stile vagamente egizio, e
di Illuministi. Non erano fan di Voltaire: giravano con una corona di lampadine
da cento watt in testa.
Intanto, la Cleopatra aveva messo
un braccio sulle spalle del suo nuovo amico e gli stuzzicava i capelli con
l’indice.
-
Sei un tipo originale. Mi piaci. – sussurrò – Mi dici
come ti chiami?
-
Il mio nome è Bond. – rispose l’altro.
Un secondo di pausa.
-
Tutto qui? – chiese la donna.
-
Sì. Che ti aspettavi?
-
Non so. E’ come se mancasse qualcosa.
Si stiracchiò languida e avvicinò
ancora di più il viso a quello di Bond, guardandolo dritto negli occhi.
-
E che… “lavoro”… fai, Bond?
-
Un lavoro che nessuna macchina potrebbe fare. Un lavoro
che richiede esperienza ed astuzia, freddezza e precisione chirurgica. Un
lavoro sporco che qualcuno deve pur fare. Il lavoro più antico del mondo.
La Cleopatra squittì di gioia e
si gettò sull’uomo a pesce. Tenendolo contro il pavimento gli accostò la bocca
all’orecchio:
-
Dimmi, cosa vuoi in cambio di una notte?
-
Non quel lavoro.
– rispose l’altro, levandosi la donna di dosso – Diciamo il secondo più antico.
Con un versetto deluso, la
Cleopatra si allontanò e andò a schiaffarsi su un sofà vicino assieme a due sue
simili. Si scolò all’istante un Aspides, cocktail verde marcio a base di menta
molto in voga per il suo Stile.
La Ravanata fissò stralunata
Bond, si passò una mano rinsecchita tra i capelli tinti di fucsia con
ricrescita blu e balbettò:
-
Ma io mica ho capito cioè che lavoro è.
Silenzioso, l’uomo rispose
sollevando un lembo della sua giacca e scoprendo ciò che portava allacciato
alla cintola. La pistola, grossa, di metallo lucido, era una Sbrindellabudella
Protonica di Classe 2. Potente, precisa e indolore. Almeno per chi la usava:
chi veniva colpito, invece, in genere urlava come un pazzo.
La Ravanata spalancò gli occhi,
meravigliata.
-
Cioè – disse – troppo professionale un parrucchiere che
gira portandosi dietro il fon.
Bond ridacchiò e abbassò la
giacca. Ravanati: si erano giocati il cervello a tal punto che anche per capire
come funziona un apriscatole avrebbero dovuto leggere il libretto di
istruzioni. E in genere non sapevano leggere. Perciò non mangiavano mai cibi in
scatola.
L’uomo finì di bere il suo
cocktail, assaporando un’ultima, fulminante immagine di palme e bellissime
donne brune con collane di fiori. Poi, esauritosi l’effetto, rivolse il
pensiero al suo bersaglio, al lavoro, e si concentrò solo su quello. Mister
Mix, si chiamava. L’avevano visto aggirarsi in un seminterrato da quelle parti,
cosa alquanto sospetta, dal momento che Mister Mix era un Fanattico: un folle
adoratore dei piani alti. Lui e la sua gente vivevano solo nei superattici dei
grattacieli più audaci e avevano intrapreso una furibonda crociata contro i
piani terra. Molte volte avevano compiuto attentati dinamitardi contro di essi.
Il fatto che, quando le loro bombe esplodevano, a crollare erano gli interi
palazzi, compresi i loro amati attici, non li scoraggiava più di tanto. La
classificavano più che altro come una conseguenza della congiura della lobby
pianoterrista. A Bond, comunque, non importava fermarli. Solo il lavoro
contava. Solo l’obiettivo era importante.
Bene, ora che aveva fatto un
comodo riassunto della situazione a uso dei lettori, poteva anche andarsene. Si
rialzò, senza pagare. Nessuno pagava, il denaro non esisteva nemmeno più, dal
momento che il Fighissimo dava a ciascuno ciò che desiderava esattamente nella
quantità in cui lo desiderava.
La Ravanata fece un gesto verso
di lui, provò a dirgli qualcosa, ma poi fu distratta dalle luci
strabuzzoscopiche, che cominciò a fissare estasiata, battendo le mani. Bond si
avviò verso l’uscita. Vide, su un divano, la Cleopatra di prima che assieme
alle sue due amiche si era gettata su un Illuminista e aveva cominciato a
lavorarselo. Le urla del poveretto erano strazianti. Bond scosse la testa. Dopo
un’esperienza così traumatica, quel disgraziato non sarebbe mai più riuscito a
fare niente di più erotico di una partita a scacchi.
Ignorando quel piccolo pezzo di
mondo, Bond aprì la porta, uscì nella notte, nell’aria della città spendente di
luce artificiale.
Quando sei un terrorista
affermato, con ottime referenze, diversi attentati di successo all’attivo e un
Master in Demolizione Forzata superato con ottimi voti, c’è una sola cosa che
ti può infastidire di più di vedere il tuo nascondiglio che tanto accuratamente
hai tenuto segreto scoperto da qualcuno che ti stava cercando.
E cioè vedere il tuo nascondiglio
che tanto accuratamente hai tenuto segreto scoperto da qualcuno che non ti stava nemmeno cercando.
-
Chi sarebbe questa testa di cazzo? – domandò Mister
Mix, furibondo, alla vista del tipetto minuto e tremante che gli stava
inginocchiato davanti.
-
Non è una Testadicazzo, capo. – gli rispose uno dei
suoi tirapiedi – Quelli portano sempre un cappello a forma di profilattico.
Direi piuttosto un Idolatra.
Il prigioniero annuì,
terrorizzato.
-
Stavo cercando il mio Dio. – balbettò – Gli avevo
appena dato la mia offerta votiva di croccantini quando mi è scappato via.
Gli Idolatri erano l’ultimo
residuo di spiritualità rimasto sulla Terra. Conducevano tristi esistenze alla
ricerca di qualcosa da venerare e a cui rivolgere le proprie preghiere. Dopo
che tutti gli dei, i santi e le rock star erano stati dimenticati, per un lungo
periodo avevano adorato il Vitello d’Oro. Ma poi i vitelli si erano estinti in
seguito al Grande Avvento degli Hamburgofagi, e l’oro era stato tutto estratto
e fuso in pesantissime catene e gioielli che procuravano grandi gioie e ancor
più grandi dolori cervicali agli Hippoppettari. Adesso gli Idolatri si accontentavano
di adorare qualunque cosa, previa spruzzatina di una mano di vernice spray
dorata.
-
Cercava questo, cioè, capo! – gridò un Ravanato,
tirando fuori da dietro una cassa un gattino dal pelo metallizzato che
miagolava miseramente.
-
Che problema. – brontolò Mister Mix – Mancava solo
questo ficcanaso. Come se già non ci fosse da essere abbastanza preoccupati con
Havana che prepara la bomba.
-
Io faccio del mio meglio, capo! – protestò Havana, lì
accanto.
Havana era uno dei migliori
esperti di esplosivi nei dintorni ma era anche, sfortunatamente, un Tabagista.
In qualunque momento della giornata teneva un minimo di tre sigarette in bocca.
Vederlo armeggiare tra nitroglicerina e plastico con quei fiammiferi tra le
labbra aveva un che di inquietante.
-
Vi prego, ridatemelo e lasciatemi andare. – biascicò
l’Idolatra – Non dirò niente a nessuno.
-
Dipende, ragazzo. Prima devi rispondere a una mia
domanda.
Mister Mix fissò il suo
prigioniero con sguardo penetrante.
-
A che piano abiti? – chiese.
-
Al piano rialzato. – rispose l’altro, cadendo dalle
nuvole – Perché?
-
SEI UNA SPIA PIANOTERRISTA! – gridò il Fanattico,
invasato – Nessuna punizione è abbastanza per quelli come te! DATEMI IL
GATTINO!
Mentre l’Idolatra era preda di un
terrore crescente, Mister Mix si fece consegnare il gatto dorato e lo prese tra
le mani. Le sue dita, forti, si strinsero sul collo dell’animale.
-
Dio! No! – gridò l’Idolatra, disperato – Lasciatelo
stare!
Le dita continuarono a stringere.
-
No! Prendetevela con me! Lasciate il mio Dio!
La morsa si fece ancor più dura.
Le vertebre scricchiolarono.
-
NO! BLASFEMI! MISCREDENTI! DEICIDI!
Il gattino non soffrì più di
tanto. Il suo collo si spezzò con uno schianto secco. Tra le lacrime disperate
dell’Idolatra e le risate sguaiate di Mister Mix e dei suoi scagnozzi, il corpo
del felino venne gettato a terra. Il suo povero fedele lo raccolse e lo strinse
tra le mani, continuando a piangere come una fontana.
-
Lasciatelo andare, ragazzi. Ormai è un uomo finito.
L’Idolatra venne cacciato fuori
dal seminterrato. Iniziò a vagare, sperduto, tra i vicoli, sotto la luce dei
lampioni. Si rannicchiò accanto a un bidone della spazzatura, gridando il suo
dolore al cielo. Lo sguardo gli cadde su un mucchio di immondizia.
C’era un bellissimo scatolone
vuoto.
Per molti minuti l’Idolatra lo
rimirò, osservandone gli splendidi angoli perfettamente retti e la meravigliosa
rotondità dei caratteri che componevano la scritta “Carta Igienica Softy”.
La vita è così, dopotutto:
bisogna saper andare avanti.
Facendo spallucce gettò di lato
il gattino, raccolse lo scatolone ed estrasse da una tasca dei pantaloni una
bomboletta spray di vernice dorata.
Il metodo più veloce per trovare
qualcuno, Bond l’aveva imparato in anni di lavori e di esperienze accumulate,
non era infiltrarsi nel database del Fighissimo, o usare cose come segugi,
microcamere volanti o pendolini magici. Il metodo più veloce per trovare
qualcuno era, semplicemente, chiedere in giro. Il vero problema era a chi chiedere. Bond non aveva
familiarità con tutti gli Stili in circolazione – nessun essere umano avrebbe
potuto averla: era stato calcolato che nel mondo emergevano tre nuovi Stili
ogni secondo. Alcuni avevano membri particolarmente diffidenti e difficili da
approcciare. Bond ricordava ancora quando, qualche tempo prima, per
conquistarsi la fiducia di un gruppo di folli Messigatti a cui estorcere
informazioni era stato costretto a indossare un sombrero, attaccarsi una finta
coda pelosa e fare le fusa al loro capo lappando del piccantissimo chili da una
scodella. Mai più, si era detto dopo quell’episodio. Adesso avvicinava solo
persone appartenenti a Stili relativamente innocui.
Bond entrò in un locale che gli
parve adatto. La sala era semivuota. C’era un pavimento diviso in variopinte
piastrelle luminose e pareti spoglie decorate solo da raggi laser dai colori
smorti. In un angolo, stretti a capannello, c’erano due tizi con curiosi
vestiti appariscenti e i capelli neri ingellati in una posizione assurda che
tenevano per la vita due ragazze molto discinte e molto poppute. Non c’era da
sbagliarsi: quelli erano Mangaccia. Scoppiati dipendenti dai cartoni
pseudo-giapponesi che il Fighissimo produceva automaticamente con un
procedimento basato sulla mescolanza casuale di elementi predefiniti. Di solito
erano amichevoli: avevano solo strane manie. Sarebbe stato facile entrare nelle
loro grazie.
-
Yo, ragazzi! – esclamò Bond, salutandoli – Come ve la
passate?
-
MOSSA FINALE! RISPOSTA IMMEDIATA! – gridò improvvisamente
uno dei due ragazzi, muovendo le braccia in gesti ampi e veloci, per poi
calmarsi e dire, con tono normale – Non benissimo. Questo televisore riceve
“Koko Densetsu”, e noi invece volevamo vedere “Raimo Gaiden”.
-
Fa’ vedere.
Bond si fece consegnare il
televisorino portatile che i Mangaccia stavano guardando e ci armeggiò per
qualche secondo. Al momento trasmetteva “Koko Densetsu”: la storia di un
insignificante ragazzino di nome Koko che aspira a diventare il più grande
atleta di arti marziali di tutti i tempi, ma per riuscirci dovrà prima
sconfiggere il suo eterno rivale e salvare il mondo. Bond ruotò un po’ la
manopola della sintonia, diede un colpetto allo schermo e apparve la frequenza
giusta.
-
Ecco qui. – fece, porgendo nuovamente il televisore al
Mangaccia.
Adesso trasmetteva “Raimo
Gaiden”: la storia di un insignificante ragazzino di nome Raimo che aspira a
diventare il più grande campione di Monopoli di tutti i tempi, ma per riuscirci
dovrà prima sconfiggere il suo eterno rivale e salvare il mondo.
Particolarmente emozionante era la scena conclusiva in cui il cattivo, finito
su Parco delle Vittorie con albergo, si dissolveva in un mare di banconote
facsimile tra urla raccapriccianti.
-
Favoloso. – mormorò il ragazzo, e gli si illuminarono gli
occhi. Gli si illuminarono letteralmente
gli occhi: i Mangaccia si facevano spesso impiantare dei LED sottocutanei per
potersi accendere di aure colorate, proprio come i loro eroi.
-
Sei dei nostri! – esclamò l’altro ragazzo – Sei un
maestro! Un sensei!
Bond ringraziò con un cortese
inchino, mentre tutti e quattro i Mangaccia ripetevano a voce bassa “Sensei,
sensei!”.
-
Ci presentiamo, sensei. Io sono Tite-kun. Lui è
Akira-kun. Loro sono Hiromu-chan e Rumiko-chan.
Le due ragazze salutarono con un
sorriso grazioso e sbatterono le palpebre velocemente. Avevano gli occhi
dilatati chirurgicamente per occupare quasi metà del viso.
-
Io avrei bisogno del vostro aiuto, ragazzi. – cominciò
Bond – Ho già chiesto un po’ in giro, ma nessuno me l’ha saputo dire. Sapete
per caso se da queste parti gira un Fanattico di nome Mister Mix?
-
ATTACCO DEFINITIVO! RISPOSTA TOTALE! – urlò Tite-kun,
con i soliti gesti – Mi dispiace, sensei, non ne sappiamo nulla.
Bond annuì, senza mostrare segni
di particolare disappunto.
-
Capisco. Allora ci vediamo, ragazzi.
-
Addio, sensei! – gridò Rumiko-chan – Spero che troverai
questo Mister Mix che stai cercando.
-
Grazie. Lo spero anch’io.
-
Ma guarda che coincidenza! – esclamò una voce cupa alle
sue spalle – Anche Mister Mix sta cercando te!
Intuendo all’istante cosa fosse
successo, Bond si voltò di scatto cercando di colpire con un pugno il nuovo
arrivato, ma si trovò immediatamente stretto e sollevato da braccia di un
diametro paradossale. L’energumeno che l’aveva afferrato era un Mistermuscolo,
purtroppo. Grazie a una tecnica medica che consentiva di estrarre cellule
cerebrali e trasformarle in un ormone steroide di incredibile potenza, i
Mistermuscolo erano degli imbecilli dotati di un corpo gigantesco e di una
forza sovrumana. Erano un banale stereotipo, certo: ma questo era meglio non
dirglielo, a meno di non amare la particolare sensazione che solo una frattura
multipla esposta al costato può dare.
-
Mister Mix ti vuole. – bofonchiò il ceffo – Io ti porto
da lui.
-
Puoi mettermi giù. – disse Bond – So camminare.
Prometto che non scapperò.
Il Mistermuscolo, che già troppe volte era
stato ingannato da trucchetti simili, non volle correre rischi. Uscì a larghi
passi dal locale, del tutto inosservato, nonostante stesse portando un uomo di
una settantina di chili sottobraccio come fosse una baguette. I Mangaccia non
gli prestarono attenzione: fissavano concentrati il televisore, col fiato
sospeso, perché Raimo stava per pescare una carta delle Probabilità che avrebbe
potuto rovesciare le sorti della partita che stava giocando.
-
Bene, bene, bene. Cosa abbiamo qui?
-
Un Fanattico che per organizzare un attentato ha dovuto
radunare un gruppo di sbandati e rifugiarsi in uno scantinato puzzolente,
direi. Cos’è? Gli altri tuoi amici non erano disposti a scendere tanto in basso per la causa?
-
Quanto sei spiritoso, intruso. Ma la voglia di
scherzare ti passerà presto.
Mister Mix fece un cenno e i due
Ravanati che tenevano fermo Bond avanzarono di qualche passo, portando il
sicario di fronte alla sedia del loro capo. L’uomo non si scomponeva: esibiva
un sorriso sicuro e beffardo.
-
Quanto mi fa arrabbiare quel sorriso sicuro e beffardo!
– esclamò Mister Mix – Ma te lo cancellerò presto dalla faccia! Tu sei stato
mandato qui a farmi fuori da qualche sporco pianoterrista. E io cancellerò te e
questo schifosissimo… seminterrato… –
sputò quella parola con un disprezzo spaventoso – dalla faccia della Terra.
Credevi davvero di poter chiedere di me in giro come niente fosse senza che la
notizia giungesse alle mie orecchie?
-
In effetti, no. – rispose Bond – Anzi, speravo proprio
che ti arrivasse. Così non ho dovuto nemmeno fare fatica: è stato quel tuo
Mistermuscolo a portarmi qui.
-
Di nuovo quel sorriso sicuro e beffardo! Ma non hai
capito che sei spacciato? Sei mio prigioniero e sei disarmato! Hai perso! GAME
OVER!
-
Può darsi. – fece Bond.
Aveva ancora il suo sorriso
sicuro e beffardo.
Mister Mix fu preso da un
terribile dubbio.
-
Ehi, tu. – chiese, rivolgendosi a uno dei due Ravanati
– L’hai perquisito, prima di portarlo qui, vero?
-
Certo che sì, cioè, capo! – rispose quello – Ma è
pulito. C’ha solo un fon messo alla cintura.
Finì tutto in un attimo. Bond
estrasse rapidamente la Sbrindellabudella, i raggi protonici sibilarono,
diversi tirapiedi caddero all’istante, il Mistermuscolo venne forato e schizzò
via sgonfiandosi come un palloncino e Mister Mix ebbe solo il tempo di pensare
che assumere due Ravanati come guardie era stata una vera idiozia prima di
ritrovarsi con un buco in fronte.
Bond raccolse una sigaretta dalla
bocca del cadavere di Havana e cominciò a fumare. C’era di che essere
soddisfatti: grazie a quel lavoro avrebbe guadagnato un bel po’ di punti.
Sarebbe schizzato in cima alla classifica dei Killeroni! Primo in classifica.
Il migliore. Suonava bene.
Quando si voltò a osservare i
corpi vide che le nanomacchine si erano già messe al lavoro. Robot piccoli come
batteri erano giunti invisibili attraverso l’aria e adesso stavano riparando i
tessuti e rattoppando i buchi; Mister Mix e gli altri sarebbero resuscitati nel
giro di una decina di minuti. Perché ovviamente nel mondo del Fighissimo
nemmeno la morte esisteva più. Le nanomacchine arrestavano l’invecchiamento,
guarivano le ferite, prevenivano le malattie. E tutto quell’inseguirsi e quel
combattere, fare i terroristi o i sicari incaricati di eliminarli, Fanattici o
Killeroni o che so io, non era altro che un gioco di ruolo a cui alcuni Stili
amavano partecipare, un modo non per ammazzarsi l’un l’altro: tutt’al più per
ammazzare il tempo.
Spalancando il portellone
metallico che chiudeva il seminterrato, Bond tornò finalmente all’aria aperta.
Era euforico. Sparò in aria. Poi gettò via la pistola e andò a mescolarsi alla
gente, agli Scavezzacollo che sfrecciavano con le volauto, ai Graffitari che
facevano graffiti, ai Puliziotti che li cancellavano, agli Edonisti che
facevano sesso senza amore e ne andavano orgogliosi, ai Romantici che facevano
sesso senza amore ma non lo ammettevano, giù, nella città infinita in cui gli
uomini si erano divertiti per secoli, si divertivano ancora, si sarebbero
divertiti per tutta l’eternità.