Gli attimi
successivi alla gara sono un turbinio di colori e suoni, per Yuuri.
Si ricorda vagamente di aver ricevuto una telefonata da parte di sua
madre, ma non ricorda una sola parola di quello che si sono detti, a
parte un vago accenno a Viktor che, questo invece è
assolutamente chiaro nella sua memoria annebbiata, l'ha fatto
avvampare.
Ha nel naso ancora
il profumo dei fiori e la sensazione calda della mano di Viktor
addosso. Non l'ha lasciato un momento, una presenza costante sulla
spalla o al centro della schiena, capace di articolare ancora qualche
parola sensata.
È solo
oltrepassando la soglia della camera d'albergo che le ginocchia di
Yuuri cedono. La stanchezza, il dolore alle gambe e ai piedi,
l'emozione, pesano improvvisamente come macigni sulle sue spalle.
È la
prontezza di spirito di Viktor che gli impedisce di rovinare a terra.
Sente le lacrime
scivolargli sulle guance e debolmente pensa che ha cantato vittoria
troppo presto, che ha finito per farlo anche questa volta, per di più
davanti al suo coach. Il suo coach. Viktor. Il corpo è
scosso da singhiozzi e non può fare altro che aggrapparsi alle
sue spalle quando l'uomo lo solleva da terra, percorrendo la poca
strada che li separa dai letti.
È esausto,
fisicamente sente di non poter più muovere un altro muscolo,
l'adrenalina ormai completamente esaurita. L'unica cosa a tenerlo
sveglio sono i propri singhiozzi.
Ha galleggiato sopra
ad una nuvola di felicità così intensa da sentirsi
ubriaco, fin'ora, ma non poteva durare per sempre.
Ha baciato Viktor.
Viktor che si alza
appena per togliersi la giacca, facendolo annaspare per l'improvvisa
distanza, fermando i singhiozzi, rendendolo lucido.
“Che cosa...?”
non riesce a finire la frase, incredulo, sì, scosso, anche, ma
mettere in dubbio le loro azioni, un bacio davanti ad un pubblico
così vasto, una dichiarazione d'amore che Yuuri ha provato a
trasmettere dal ghiaccio, troppo a lungo rimandata, troppo a lungo
imbottigliata e nascosta, significherebbe mettere in dubbio un
sentimento di cui è così sicuro da volerlo gridare al
mondo.
Ed è quello
che ha fatto. Nella propria dichiarazione d'intenti, sul ghiaccio,
nel modo in cui ha accolto il bacio senza proteste, con un sospiro
che diceva soltanto “finalmente te ne sei accorto, finalmente
ho una conferma, grazie!”.
Gli basta
un'occhiata a Viktor per interrompere il dubbio, l'insinuazione di
aver fatto qualcosa di terribile, di aver oltrepassato un limite.
Perché se non vede dubbio, nei suoi occhi chiari, vi legge
comunque una paura che non c'entra nulla con i titoli dei giornali
dell'indomani.
Viktor teme il suo
pentimento e Yuuri, di rimando, scuote la testa.
Si asciuga le
lacrime e, con una forza che non pensava di possedere, afferra il
russo per la camicia, trascinandolo sul letto e sobbalzando per il
modo in cui il materasso cede pericolosamente.
Vorrebbe dire così
tante cose, eppure affonda il viso nell'incavo della sua spalla e
prova a respirare.
Espira ed inspira,
il tremore che lo scuote tra uno e l'altro, la paura che gli gela il
sangue.
Troppe emozioni
tutte insieme, troppe preoccupazioni, troppe gioie. Non è
abituato, Yuuri e le braccia di Viktor intorno al corpo fanno male.
Gli sembra che il
cuore stia per scoppiare, pugnalato ad ogni battito, un nuovo
singhiozzo intrappolato in fondo al petto che minaccia di esplodere e
mandare tutto in pezzi.
È solo
raccogliendo tutto il proprio coraggio che riesce ad allontanarsi
abbastanza da percepire davvero la vicinanza dei loro corpi, il
calore di quello di Viktor a pochi centimetri dal proprio, le sue
mani che gli percorrono la schiena in un movimento costante che
dovrebbe calmarlo e invece lo confonde, aumenta il suo senso di
colpa.
Gli occhi di Viktor
sembrano diversi, nella luce giallastra di quella camera d'albergo,
ma nella penombra che solo l'abat-jour riesce a dissipare -e a
fatica- gli sembra più facile studiarne i tratti.
Sono vicini. Si
rende conto di aver infilato una gamba in mezzo alle sue, allacciando
la caviglia con la sua, nel tentativo disperato di stargli attaccato.
Si rende conto di avergli artigliato la camicia, nella schiena, così
forte da sentire la stoffa nei pugni tesa all'inverosimile, pronta a
strapparsi.
Sono vicini. E il
respiro di Viktor non è che una delicata carezza sulle labbra,
come se temesse di disturbarlo, come se non osasse fare nemmeno
quello.
I suoi occhi
continuano a scendere verso di esse, sguardi nervosi seguiti dal
suono umido della punta della lingua che le inumidisce. Viktor
potrebbe annullare quell'ultima distanza con un semplice movimento
del collo, ma sembra restare fermo per lo stesso motivo per cui Yuuri
non osa nemmeno guardargli la bocca.
Vuole baciarlo.
Vuole baciarlo e soffocare in quel bacio il panico e l'imbarazzo,
eppure sa che quello sarebbe un bacio calcolato, cosciente, qualcosa
che non potrebbe più giustificare con la foga del momento.
Vorrebbe illudersi
ancora che Viktor l'abbia fatto solo per sorprenderlo, perché
sarebbe più semplice. Sarebbe meno pericoloso.
Eppure Yuuri ha
promesso una stagione dedicata all'amore, eppure, in cuor proprio, sa
di non potersi tirare indietro. Ballare Eros sul ghiaccio non
avrebbe senso, senza quell'amore.
Lascia andare la
camicia di Viktor, posando i palmi sulla schiena, perché il
russo non andrà da nessuna parte e il suo cuore è
comicamente veloce, almeno quanto il proprio. Ha le mani sudate ed è
imbarazzante, perché più esita, più allontanarsi
davvero diventa difficile.
“Dì
qualcosa.” sussurra, la nota di disperazione fin troppo calcata
che rende quella richiesta un suono strozzato da animaletto morente.
Vorrebbe ridere, perché ridere è quello che farebbe in
un'altra occasione, ma ha la bocca asciutta e gli occhi che ancora
bruciano e sa di dipendere da quel qualcosa che Viktor ancora non ha
detto.
Il russo chiude gli
occhi e lascia scappare un sospiro di nuovo troppo tremante, come se
respirare non fosse più un automatismo, ma lo sforzo più
difficile della sua vita.
“Cosa succede
se dico qualcosa e tu non vuoi che cambi nulla?”
Yuuri scuote la
testa, anche se l'altro non può vederlo, la mano che, senza
che lui debba pensarci, scorre su e giù nella sua schiena, il
panico che gli stringe lo stomaco in una morsa.
Yuuri vuole che
tutto cambi, Yuuri vuole baciarlo, Yuuri vuole altri abbracci, altri
baci, altre dichiarazioni così incomprensibili da risultare
buffe.
Ma esita. Perché
Viktor ancora lascia sfuggire quel sospiro appena accennato e Yuuri
ne percepisce il peso.
“Ah.”
riesce a dire, né deluso, né sollevato, addolorato,
invece, perché tutto il proprio corpo non vuole altro che
cedere, senza pensare, nemmeno a tra cinque minuti, figurarsi
l'indomani.
Se quello fosse un
film, si sarebbero baciati appena varcata la soglia, dimentichi del
mondo. Ma è il mondo a premere sulle pareti della stanza,
soffocandoli. È il mondo a rendere quei cinque centimetri di
distanza tra le loro labbra un continente intero da attraversare a
piedi.
“Voglio.”
soffia finalmente Yuuri, prendendo il primo vero respiro da quando è
stato Viktor a toglierglielo sul ghiaccio. “Voglio.”
ripete, respirando, finalmente, le mani che si fermano sulle spalle
dell'altro e lo attirano a sé con troppa forza.
Scontrano i denti e
i nasi e anche i menti, ma al quarto tentativo il bacio è
sulle labbra e il mondo cessa davvero di esistere.
Yuuri sente gli
occhi riempirsi di lacrime, ma non c'è più dolore al
cuore, non c'è altro oltre alle braccia di Viktor intorno ad
un corpo che chiede solo pietà e dodici ore di sonno, ma che,
all'improvviso, sembra accontentarsi di vivere di baci.
Ed è
imbarazzante quanto pensava, ritrovarsi sopra al russo quando lo
schiocco mette fine al bacio.
Ma lo stesso resta
ad occhi chiusi, appoggia la fronte sulla sua e sorride così
tanto da avere male alle guance.
Imbarazzato, felice,
l'ombra del mondo relegata all'indomani, Yuuri cede ad un nuovo bacio
e ad un terzo, lo schiocco delle labbra che non smette di fargli
avvampare il viso, ma che, allo stesso tempo, non può che
fargli sentire il petto caldo, la sensazione di aver preso la giusta
decisione che allontana ogni dubbio.
Crolla sulla spalla
di Viktor, il corpo, troppo stanco per stare ancora dietro alla sua
mente euforica, buttato accanto al suo come quello di un manichino,
che sicuramente rifiuterà di muoversi il mattino dopo, pieno
di crampi e contratture.
Ma il mattino è
lontano e Yuuri si addormenta senza un pensiero, il battito del russo
sotto l'orecchio e il sorriso ancora sulle labbra.
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