Come
richiesto ho usato Nvu, ora sembra un pò meno pesante di
prima XD
spero
vi piaccia ^^
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Si
era già ripetuto almeno un migliaio di volte che in
realtà non stava calpestando un pavimento, che in
realtà i suoi occhi non
stavano davvero vedendo quello che sembrava un cimitero senza croci e
che
quelle pareti non sorreggevano nessun soffitto.
Eppure
l’eco dei suoi passi lo sentiva chiaramente, come
sentiva una superficie solida sotto di se, come riusciva a vedere ogni
singolo
dettaglio di quelle strane tombe.
Per
un attimo pensò stesse immaginando tutto e che in
realtà
stava solo precipitando nel vuoto verso un baratro infinito, buio e
ostile.
Rabbrividì
al pensiero di una cosa tanto spaventosa
profondamente convinto che sarebbe stato meglio concentrarsi su altro.
Ma i
suoi pensieri rimasero concentrati sul mondo che stava calpestando: The
world
that never was.
Non
esisteva come anche i nobody, eppure potevano
ferire,eppure potevano uccidere. Chi non esiste non ha potere di vita o
di
morte su chicchessia, e Sora questo non riusciva a spiegarselo.
“Forse
neanche loro riescono a capire.” Pensò.
“Forse
è per questo che cercano di completarsi…
disperatamente?
No,
non possono disperarsi.”
Era
rimasto imbambolato davanti alla 12° tomba: la
“lapide-porta”
era distrutta e la lastra ai suoi piedi recava due keyblade incrociati
disegnati sopra, ma non era un bagliore cremisi, come tutte le altre
11, ma blu
ad incorniciarli.
Quel
nobody era vivo quindi e Sora non ricordava di aver mai
visto quel 13°.
-Sora!-
Lo chiamò la voce di una ragazza alle sue spalle che
lo riportò alla realtà.
-Dobbiamo
sistemare Xemnas ora che anche Luxord e Saix non
ci ostacoleranno più.- continuò la ragazza.
-Hai
ragione Kairi .E che mi ero incantato- disse sorridendo
a mo di scusa.
-Sei
sempre il solito.- disse ironico Riku, l’uscita venne
accolta dalle risate del gruppetto, salvo per Sora che aveva del tutto
ignorato
la frase dell’amico ritornando ad imbambolarsi davanti a
quella che non era una
tomba. A chi apparteneva?Di chi era il vessillo nero che mancava
all’appello?
Sora
fissò intensamente i due keyblade che non aveva
faticato a riconoscere: ultimamente aveva strani sogni in cui impugnava
due
keyblade identici. E ciò lo preoccupava.
“…Sei un buon
altro…”
Improvvisamente
questa frase si fece spazio tra i suoi
pensieri con la stessa delicatezza e flemma di una spada infilata nello
stomaco,portando con se l’immagine della persona che
l’aveva detta.
Era
lui a mancare dalla lista dei nessuno…chi
era?Perchè
aveva il keyblade?Forse non gli sarebbe importato normalmente ma aveva
più
volte sognato di trovarsi nei suoi panni. Dove l’aveva
già visto?
In
una foto.
In
quella stessa foto che aveva trovato come indizio in una
scatola insieme ad un ghiacciolo turchino.
Nell’immagine
figurava il volto di quell’individuo
sconosciuto insieme a Hayner, Pence e Olette. Fin da subito il nome del
ragazzo
misterioso gli era stato chiaro: Roxas.
Roxas
era il suo nessuno, era stato Riku stesso a dirglielo.
Una
parte di se stesso apparteneva ai suoi nemici? No, ormai
era chiaro che Roxas li aveva traditi, se ne era andato, per sempre,ma non solo
dall’organizazione,
anche da se stesso.
Aveva
forse vissuto troppo a lungo lontano dal suo other, troppo
umanamente e non un singolo ricordo di Roxas faceva capolino tra quelli
riacquisiti di Sora, perché?
Ormai
i richiami dei compagni arrivavano lontani e ovattati
alle orecchie di Sora, il prescelto del keyblade, colui che per la
seconda
volta avrebbe riportato la pace tra i mondi, colui in grado di aprire
qualsiasi
serratura non era in grado di accedere ad una parte di se stesso. hi
era ad
opporsi?Sora o Roxas?
Una
distinzione inutile dato che erano la stessa persona, ma
il suo nobody rammentava le memorie che Namine aveva rimesso insieme
tempo
prima.
Invece
Sora era rimasto all’oscuro di tutto ciò che
quella
randagia parte di se stesso aveva compiuto in quell’anno in
cui era rimasto
assopito.
Lo
attanagliò il terrore di non essere e di non poter
più
tornare se stesso, una paura tanto grande da schiacciarlo, tanto
insopportabile
da farlo impazzire e pazzo sembrò quando strizzò
le palpebre premendosi le mani
sulle tempie, come a tentare di concentrare tutto se stesso, il suo
universo,
nel cranio, per avere “a portata di mano” quella
parte di se che non conosceva
affatto, voleva trovare Roxas.
Il
suo gesto “la fuori” scatenò il panico
generale e mentre
i compagni in preda alla preoccupazione cercavano di capire cosa gli
stesse
accadendo, dentro di se continuava a chiamare se stesso con un altro
nome, ma, come
era prevedibile,non arrivò a nulla .
Tentò
di calmarsi, riordinando i pensieri, cercando di
riunire tutto ciò che sapeva per creare un filo logico di
eventi: Roxas era
inevitabilmente legato a Twilight Town, aveva avuto a che fare con
l’organizazione e in particolare con Axel, che voleva
riportarlo in dietro e infine
Riku lo aveva sconfitto portandolo da Ansem il saggio. Ma
perché se ne era
andato?
“Roxas
rispondimi!” Gridò nel proprio cervello.
Niente.
Solo silenzio.
Ed
improvvisamente si abbatté come una doccia gelida,nella
sua mente, il ricordo di aver sognato,una notte, la risposta.
Quella
risposta che andò a rispolverare ogni singolo ricordo
del biondino che si era appropriato dei suoi occhi e della sua mente
portandoli
a rendersi complici dell’occultamento di quelle memorie non
sue, ma su cui
aveva diritto di libero accesso.
“Perché il keyblade ha
scelto me? Devo saperlo.”
E’
vero, aveva detto così al ragazzo dai capelli rossi che
aveva cercato di fermarlo.
Questo,
però, non mise la parola fine alla tortura
psicologica del ragazzo, un altro dubbio spingeva insistente e doloroso
nel suo
cuore, un dubbio a cui non avrebbe mai potuto trovar chiarimento,
nemmeno con
la collaborazione del suo nessuno.
L’unica
persona che gli avrebbe potuto rispondere era
scomparsa alcune ore prima.
Quel
dubbio sarebbe rimasto a pungergli la coscienza di
tanto in tanto?No,non poteva sopportarlo.
Forse
perché per la prima volta metteva in discussione la
causa per cui aveva lottato fino a quel momento, o forse
perché non voleva più
provare un incertezza simile.
Fece
l’impossibile per dare una risposta alle sue domande:
una mente ed un cuore perfettamente in sintonia, con una
volontà ferrea ed un
keyblade possono fare miracoli, ed è ciò che
accadde, un autentico,enorme e
sinistro miracolo.
Si
accasciò al suolo, ma quando il corpo pesantemente
toccò
terra, la sua anima era già altrove.
Non
si poteva definire un luogo vero e proprio, lo avvolgeva
il buio, o meglio il nero.
Portò
le mani davanti agli occhi e le vide distintamente,
poteva vedere i suoi piedi e le ciocche di capelli castani che
dondolavano
placidamente davanti alla fronte.
Si
guardò un po’ intorno perplesso ma il panorama non
mutava
di una virgola.
-Non
mi aspettavo che
ci saremo, “rivisti”!-
Esclamò
una voce alle sue spalle che lo bloccò. Non si
girò,
aveva riconosciuto il timbro roco del suo inaspettato interlocutore.
Sul
volto di Sora si dipinse un espressione triste e
spaventata, le sue pupille che non avevano nessun particolare a cui
aggrapparsi
galleggiavano in quei piccoli mari blu.
Degli
strani brividi correvano lungo la sua schiena ed un
misto di vergogna e timore lo portarono a sudare freddo o almeno
così credette.
-Axel?-
chiese incerto
-Suppongo
di si…- rispose ironico l’altro
–Convenevoli a
parte. Dove siamo?- continuò.
-Non…
non lo so.- Sora non si girò.
-Io
stavo scomparendo.- naturalmente non era una domanda.
-Si.-
-Perché
sono qui?- Il suo tono si era improvvisamente
indurito, e ciò fece spaventare ancor di più
Sora. Abbassò il capo mortificato
-Capisco…
sei tu che mi stai trattenendo.- dedusse calmo
Axel.
-Io
devo farti una domanda.- lo disse più per scusarsi che
per spiegare la situazione, l’altro non disse nulla.
-Sei
sicuro di non provare sentimenti?-
Alcuni
secondi di silenzio che sembrarono eterni; la domanda
fluttuò incerta tra i due e più il tempo passava
più Sora aveva paura di essere
stato inopportuno.
-Assolutamente.-
Una risposta che non lasciava spazio a
repliche, ma per Sora non era abbastanza, il dubbio di essere un
assassino
anziché un salvatore gli stritolava il petto impedendogli
quasi di respirare.
-Allora
perché hai cercato di fermare Roxas quando tradì
l’organizazione? Non eri forse dispiaciuto ? E Roxas?
Perché aveva amici a cui
era affezionato? Come è possibile?
Tu…Lui…-
Stava
urlando, sbraitava all’oscurità infinita senza
trovare
il coraggio di guardare il nessuno alle sue spalle.
Dal
canto suo, Axel, sfoderò un’inaspettata pazienza,
o
forse la sua era rassegnazione?
-Roxas
non è un nobody
comune. Per ogni nessuno
esiste un Heartless e viceversa, ma in questo
caso l’other di Roxas era umano, un umano con un cuore.
E’ possibile che questo
rendesse più vicini lui e il vostro cuore.
In
quanto a me e agli altri… recitiamo, inevitabilmente
siamo costretti a farlo, non parlerei nemmeno se non fossi spinto a
farlo da
una volontà dettata da un qualunque sentimento. Ma noi non
abbiamo cuore. Facciamo
finta di averlo. Ognuno di noi è la maschera di un
personaggio ben
prestabilito, ma sotto l’abito di scena non
c’è l’attore, siamo poco più
che
fantasmi. Scriviamo il copione mentre lo recitiamo, man mano.
Ciò
che mi rende apparentemente diverso e che ho scelto di
non scrivermi più il copione da solo, era Roxas a suggerirmi
in ogni modo, con
un gesto o con una parola, come mandare avanti lo spettacolo.- La mano
del
rosso guantata di pelle nera si appoggiò amichevolmente
sulla spalla di Sora.
-E’
meglio così…- continuò il
nessuno-… fidati.-
Lentamente
Sora portò lo sguardo su quella mano, da essa
potè farsi un idea di come potesse essere ridotto il corpo
del nessuno: era
poco più di un alone da cui si staccavano frammenti di
oscurità e pochissimi di
luce.
Chiuse
gli occhi e si voltò dall’altra parte
spaventato,avevano ancora poco tempo.
-Perché
vuoi consolarmi?- Sussurrò abbastanza forte da farsi
sentire dal ragazzo.
La
mano si ritirò scivolando lentamente.
-Perché?
Perché sei stato tu a suggerirmelo…era quello che
volevi, no?-
Seguì
il silenzio, interrotto da suono del keyblade che
appariva in mano a Sora, annunciandogli che era ora di andare. Ora
davanti ai
suoi occhi era emersa una serratura.
-Devo
andare.- Durante tutto il colloquio le poche volte che
aveva aperto bocca era stato per scusarsi o per fare domande, e anche
stavolta
Sora stava cercando il perdono.
Protese
il keyblade verso la serratura, dalla sommità della
grossa chiave scaturì un sottile fascio di luce, veloce come
una stella cadente
attraversò il grande foro, la serratura scattò e
una porta bianca a due ante
apparve.
L’arma
scomparve dalle sue mani e dopo qualche istante d’incertezza
si portò davanti al candido uscio, tirò le due
maniglie per creare spazio
sufficiente tra le due porte.
Dopo
la soglia c’era luce, solo luce.
Non
cambiava poi molto da dove Sora già si trovava,
l’unica
differenza era il colore.
Nero
o bianco, luce o oscurità, bene o male. Scegliere da
che parte stare o rimanere tagliati fuori dal mondo intero.
“Qui
non c’è spazio per i nessuno. Spariranno ed
è meglio
così.”
Aveva
già fatto un passo all’interno di quel mondo
luminoso
e anonimo, prese coraggio e si girò a guardare in dietro.
Era pronto a salutare
il nobody con il più smagliante dei sorrisi, per un attimo
si domandò come mai
era stato zitto tutto quel tempo. La risposta arrivò
repentina.
Il
sorriso gli si affievolì, gli angoli della bocca
cedettero, gli occhi si sbarrarono, ogni piccola traccia di allegria
soffocava
e si spegneva. Un relitto, ecco cosa rimaneva di Axel.
La
sua pelle era pallida, morta, grigiastra, i capelli
solitamente dritti si piegavano verso il basso, il rosso brillante che
li
caratterizzava rassomigliava di più al colore di una foglia
morta, il viso era
scarno, privo di qualsiasi vitalità.
Gli
occhi erano l’unica cosa a non essere cambiata, persino
i due segni verticali sotto di essi non sembravano più a
scopo decorativo, ma
ferite aperte.
Sora
non aveva mai visto tanto dolore in un’espressione,
un’espressione
che deformava il volto ormai trasparente del ragazzo.
Il
cuore di Sora batteva irregolarmente, il suo corpo era
rigido, paralizzato, ma fragile come una statua di sale.
La
luce lo stava trascinando dentro la porta, lontano da
quel mondo buio, e mentre scivolava via quello che era ormai il
cadavere di
Axel usò le ultime forze rimastegli per riportare sul
proprio volto quel
sorriso sghembo che tanto lo caratterizzava.
-Prenditi
cura di lui.- solo queste stanche parole uscirono
dalla bocca del fantasma.
Sora
si ritrovò catapultato davanti ad una scena uguale a
quella di un anno prima quando era stato costretto ad abbandonare un
compagno
nell’oscurità.
Ormai
la luce stava invadendo completamente il suo campo
visivo, riuscì però a vedere il nessuno che
chiudeva gli occhi mandando il capo
all’indietro mentre si dissolveva del tutto con un
espressione di sollievo che
gli rilassava ogni piccolo centimetro del viso.
In
quel momento Sora si ridestò, sdraiato su una superficie
dura, gli sguardi dei suoi amici pieni di apprensione inchiodati su di
lui. Si
tirò a sedere.
A
testimonianza del suo incontro era rimasta solo una
lacrima, in parte sua, a solcargli una guancia.
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In questa FF ho semplicemente
messo alcune domande che mi sono posta incaricando Sora come mio
"portavoce"
Ho scelto Axel per le risposte perchè è un
personaggio che mi paice tanto ^^
spero vi sia piaciuto, lasciate pure un commento sincero ma non crudele
U.U
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