La leggenda di Camelot.
Rebirthing now
I wanna live forever
Wanna live for You and me
(Breathe for the first time now
I came alive somehow)
Rebirithing now
I wanna live my life
Wanna give You everything
(Breathe for the first time now
I came alive somehow) 1
[Rebirthing – Skillet]
Epilogo
– I Cavalieri della Tavola Rotonda.
«Fortunatamente è finita bene».
Il Ministro Shacklebolt sospirò, sinceramente
sollevato, guardando con soddisfazione la spada contenuta nella grande teca di
vetro. Spostarla dal folto del bosco non era stato semplice, soprattutto perché
avevano dovuto necessariamente portarsi dietro l’intera roccia, ma c’erano
riusciti ed il risultato era stato una splendida esposizione nell’Ufficio
Misteri.
«Bene è
un po’ un eufemismo» si lagnò Draco, con una smorfia, guardando l’Arma con un
cipiglio annoiato. «Abbiamo una centenaria ad Azkaban, che tuttavia non può
restare ad Azkaban perché è troppo
vecchia, Hermione si è completamente distrutta una gamba ed ha zoppicato per
tre giorni, infine abbiamo dovuto obliviare almeno trecento babbani, oltre che una decina
di maghi e streghe. E lei sa quanto
sono difficili da obliviare, soprattutto quando non vogliono dimenticare qualcosa»
elencò, lanciando un’occhiata di traverso al Ministro, che si strinse nelle
spalle.
«Adesso sono tutti a casa loro, nel ventunesimo
secolo, come dovrebbe essere» lo
liquidò, con un gesto vago della mano. Picchiettò con l’indice sul vetro,
osservando i minuscoli Purvincoli2 accorrere per staccargli la mano
se avesse provato a far sparire quella barriera. Era un ottimo sistema di
sicurezza, il Magizoologo che l’aveva suggerito – un certo
Bartholomeow Maine3 - meritava sicuramente un plauso ufficiale. Se
poi si considerava il modo in cui aveva tenuto a bada il povero drago
maltrattato, il plauso doveva necessariamente diventare un Ordine di Merlino di
Seconda Classe. «Si sa nulla di Artù? Che cos’è successo quando avete spezzato
l’Incantesimo?».
Draco accennò un sorriso, evitando lo sguardo del
Ministro. «Questa è un’informazione che non possiamo rivelarle, mi dispiace»
spiegò, tranquillo. «La storia sulla morte di Re Artù è sempre stata avvolta
nel mistero ed è così che deve restare. Abbiamo già provveduto ad obliviare tutti i Fitzroy e, questa sera, sia io che
Hermione praticheremo lo stesso incantesimo l’uno sull’altra».
Era stata una decisione straordinariamente
semplice da prendere: dopo aver assistito all’apertura delle Nebbie di Avalon4, nessuno di
loro aveva avuto dubbi riguardo la necessità di celare quella magia al mondo, anche a costo di dimenticare ore ed ore
delle loro vite. Artù non aveva imposto il silenzio, sapeva che non ce ne fosse
bisogno. Il Re li conosceva meglio di quanto loro conoscessero se stessi.
Il Ministro annuì, con una risatina. «Cercate di
non esagerare, eh? Ho saputo che avete consegnato i documenti per il
matrimonio, fra sei mesi avete un appuntamento importantissimo» convenne,
dandogli una pacca sulla spalla. «Mi sembra ieri che Hermione era solo una
ragazzina molto intraprendente che si appostava dietro le porte per scoprire i
segreti dell’Ordine, invece adesso…».
«Sta per sposare un Mangiamorte pentito» lo
interruppe Draco, senza riuscire ad impedirsi di stringere i denti. Non era la
prima volta che quel pensiero lo fulminava e, nonostante tutto, non riusciva
proprio a digerire quell’inferiorità con cui tutti lo consideravano nel loro
rapporto. Alla fine, lui sarebbe sempre rimasto il pentito e lei l’eroe,
non importavano le già due occasioni
in cui aveva rischiato la morte per salvare tutto il mondo magico. Non sarebbe
mai importato, a causa della cicatrice che ancora svettava sul suo stupido
braccio destro. «Mi scusi, Ministro, ma credo di doverla lasciare. Ho un
impegno importante».
«Malfoy, lo sai che io non intendevo offenderti»
lo fermò Shacklebolt, mettendogli una mano sulla spalla, per impedirgli di
andarsene. «Siamo tutti perfettamente consapevoli del sacrificio che tu ed
Hermione avete fatto insieme, nessuno
si azzarderebbe mai di metterlo in dubbio. Non con la proposta di riconoscervi
un Ordine di Merlino».
Draco, naturalmente, era consapevole di quel
titolo che in tanti, al Winzegamot, avevano deciso di
concedere a lui ed alla sua fidanzata. Tuttavia sapeva anche che, fra questi,
ce n’erano stati molti che avevano messo in dubbio il suo ruolo.
Malfoy,
sempre bravi ad approfittare delle situazioni di vantaggio.
«Abbiamo avuto una pessima esperienza con Merlino,
Ministro, ma saremo lieti di accettare tutto ciò che vorrete conferirci» si
limitò a dire, allora, sfuggendo a quella presa d’acciaio – quell’uomo era
stato un Auror, dopotutto – e facendo un paio di
passi indietro. «Adesso, se vuole scusarmi, io ho cose urgenti da sbrigare».
Prima di uscire dalla stanza in cui erano
conservati tutti i grandi manufatti magici ritrovati, si voltò a lanciare
un’occhiata alla spada che riluceva, perfetta, grazie alle fiamme perenni che
la circondavano.
Quando l’avevano trasportata, aveva provato a
rimuoverla dalla sua prigione, naturalmente senza successo. Lui non era degno.
Con un verso sprezzante – non sapeva neppure a chi
fosse rivolto – diede le spalle al suo Capo ed al simbolo di tutti i suoi
problemi, deciso più che mai ad uccidere il Mangiamorte pentito.
***
«Per l’amor di Circe, non umili se stesso e si
alzi da quel coso».
Aveva usato il tono più disgustato di cui fosse in
possesso, sfiorando livelli d’impertinenza che ai tempi della scuola gli
sarebbero costati almeno sei mesi di punizione con Gazza per ripulire la
lettiera della sua stupidissima gatta. Tuttavia, l’uomo palesemente ubriaco e
stravaccato sul divano non diede cenno di averlo sentito, girandosi dall’altra
parte e continuando a russare.
Da sei mesi, la vita di Newton Crave5
aveva completamente perso il proprio significato, riducendosi ad un costante e
disperato susseguirsi di giorni e notti.
Giorni,
notti e whisky.
«Ah, maledizione» sibilò allora Draco, palesemente
irritato, tirando fuori la bacchetta. «Aguamenti» disse,
godendosi un attimo dopo le imprecazioni dell’uomo ed i suoi colpi di tosse da
soffocamento. C’era un vago piacere perverso nel sentirlo quasi morire, forse
come reazione a tutte le volte in cui quello stesso uomo aveva provato ad
avvelenarlo5. Tuttavia non indugiò in futile divertimento e, dopo
avergli allungato un fazzolettino, ricominciò subito a parlare. «Sei mesi sono
un tempo sufficiente per il suo lutto, Dottore. Adesso lei viene con me».
Un paio d’occhi scuri ed arrossati lo guardarono
come se fosse stato il male incarnato e se avesse appena strangolato un
cucciolo d’unicorno senza la minima pietà. Il dottor Crave
aveva ripreso conoscenza ma sembrava comunque più ubriaco che cosciente,
soprattutto perché, diversamente da quanto avrebbe fatto un po’ di tempo prima,
non tirò fuori la bacchetta per fulminarlo sul posto. Il suo gatto, rimasto
svenuto in un angolo da quando Draco era entrato, si svegliò all’improvviso ed
iniziò a miagolare insistentemente, avvicinandosi al suo padrone ed iniziando a
leccargli la mano che aveva abbandonato oltre il bracciolo del divano.
Probabilmente fu il suo devastante e fastidioso
miagolio a convincere lo psicologo a riemergere dal suo terrificante stato
comatoso, tirandosi lentamente a sedere e prendendo la bestiola in braccio,
accarezzandogli il pelo bluastro. «Sei l’uomo più fastidioso della terra,
Malfoy, ed io ne ho conosciuti parecchi»
gli disse, con voce roca ed evidentemente appesantita dagli alcolici. C’era una
puzza asfissiante, in quello stanzino, e l’aria doveva essere così satura di
alcol da rischiare di farli saltare in aria se uno di loro avesse deciso di
accendersi una sigaretta. «Cosa diavolo vuoi da me?».
Senza farsi intimidire dal suo tono scontroso,
Draco mosse la bacchetta in direzione delle finestre, tirando le tende e
spalancandole per far entrare un po’ di vento e luce, che il Dottore non
apprezzò. Ancora, la vaga soddisfazione nel vederlo arrancare lo fece sorridere
con malignità. Quante volte lo aveva
quasi avvelenato? «Sono venuto qui perché ho bisogno del suo aiuto e perché
sono più che certo che, aiutando me, lei possa anche aiutare se stesso».
Il sopracciglio di Newton Crave
raggiunse altezze mai viste prima, complici, probabilmente, i capelli
totalmente incolti e spettinati. Il
bastardo era affascinante anche se ridotto peggio di un barbone. «E questa
perla di saggezza arriverebbe da quale ricerca, di grazia?» gli domandò,
sarcastico, tirandosi in piedi per potersi versare un bicchiere di un liquido
ambrato che sicuramente non era succo di mela. «Senti, Malfoy, che diavolo ti
serve? Non cominciare a raccontarmi i tuoi problemi, lo sai che non lavoro più
come psicologo».
Draco sbuffò, annoiato, avvicinandosi per
prendergli il bicchiere dalle mani ed annusarne il contenuto. Fece una smorfia,
dedicando poi uno sguardo esasperato al medico. «Rum? Davvero? Merlino, dottore, è davvero caduto in basso per bere
questa porcheria spacciata per alcolico. La bottiglia di cristallo mi aveva
quasi illuso».
L’uomo si strinse nelle spalle, riprendendo possesso
del suo drink ed avviandosi, barcollante, verso la sua poltrona preferita,
seguito dal gattino apparentemente drogato o ubriaco quanto lui. «Ma come, mi
rimproveri per la poca eleganza di ciò che sto bevendo e non per l’ora in cui
ho deciso di farlo? Dopotutto, sono solo le nove del mattino» gli chiese,
ironico, facendo roteare il liquido ambrato nel bicchiere e fissandolo come se
quello avesse potuto dargli una qualche risposta.
Malfoy si limitò a ghignare, tirando fuori una
fiaschetta dalla tasca interna della giacca. «Un goccino ogni tanto non fa
male, soprattutto se qualcuno non ha dormito. Immagino che i suoi bioritmi
siano totalmente fottuti, non è vero?» gli chiese, divertito, sedendosi sull’altra
poltrona – quella su cui si era stravaccato centinaia e centinaia di volte,
negli anni – ed accavallando le gambe con la grazia di un lord consumato. «E
comunque, io non sono mia moglie, non sono mai stato un bacchettone».
«Moglie?»
chiese Crave, inarcando ancora le sopracciglia. «C’è
qualcosa che devo sapere? Non mi sembrava di aver letto degli annunci sul
giornale».
Draco, annoiato, fece un vago gesto della mano.
«Fidanzata, moglie… la differenza è minima, per quanto mi riguarda. Non è un
anello a fare il rapporto. Le esteriorità sono solo per chi è troppo
superficiale da andare oltre» spiegò, rilassato. «Lei dovrebbe saperlo,
Dottore. Non è sbandierando amore ai quattro venti che si forma il legame…
fidanzati, fratelli, padri e figlie…»
fece volutamente una pausa, lanciandogli un’occhiata da sotto le ciglia e
trovandolo, come prevedibile, con la stessa rilassatezza di una statua di
marmo. «Non si comanda al cuore».
Crave, senza
rispondergli, si scolò l’intero contenuto del bicchiere, continuando tuttavia
ad osservarlo come se avesse avuto tutte le risposte del mondo. Quando parlò,
Draco sentì il tremore delle lacrime scuotere il suo tono altrimenti sempre
fermo. Come il giorno del funerale. «Cosa
vuoi, Malfoy? Non farmelo chiedere unaltra volta».
Con lentezza, il giovane si tolse la giacca e
slacciò il polsino del braccio martoriato dal marchio, mostrandolo all’uomo che
aveva già provato una volta a curarlo, senza successo. «Io devo sposare
Hermione, Crave, ma non posso farlo, non finché
questo orrore non sarà sparito dalla mia pelle» gli spiegò, improvvisamente con
le spalle rigide. «Ogni volta che la guardo, ogni volta che le parlo… ogni
volta che faccio l’amore con lei non riesco a non pensare a cosa questo marchio le ha fatto, a quanto
l’abbia fatta soffrire».
Improvvisamente più concentrato, il medico osservò
il segno scuro con aria confusa. «Abbiamo già provato a guarirlo, senza
ottenere risultati apprezzabili. Credevo avessi accettato di portarlo sempre
con te, dopotutto non sei mai stato un vero
Mangiamorte. Non hai mai fatto del male a nessuno».
Il verso sprezzante con cui Draco accolse
quell’affermazione impedì all’uomo di continuare. «Credevo di poter convivere senza il dolore, quello Hermione è
riuscita ad eliminarlo. Ma la macchia… quella ero rassegnato a sopportarla, era
una mia colpa» spiegò, incrociando le braccia al petto. «Non ho colpito nessuno
direttamente, ma il fatto stesso che
io abbia fatto parte dell’associazione mi rende ugualmente complice. È il marchio ad aver torturato Hermione al
Manor. È il
marchio ad aver ucciso il padre del piccolo Ted.
Io non posso più sopportarlo».
«Perché adesso?» chiese ancora Crave,
senza riuscire a frenare se stesso. Era evidente che stesse facendo di tutto
per frenare la curiosità, senza tuttavia riuscirci. Per darsi un controllo,
allungò la mano nella tasca dei pantaloni e ne estrasse una sigaretta dall’aria
sospetta ed un accendino babbano. Da quando Draco era arrivato, lui non aveva
ancora usato la bacchetta. «Perché hai aspettato questo momento? Hai avuto
sei mesi per pensarci e ne avrai altri sei davanti, eppure mi sembri parecchio
frettoloso».
Un verso divertito lasciò le labbra del giovane,
che risollevò lo sguardo in quello del suo vecchio psicologo. «Diciamo che adesso
non posso più permettere che ci siano macchie sul mio onore. Ne risentirebbe
un’intera categoria» spiegò, raddrizzandosi sulla poltrona. «E questa volta
sono certo che, con il giusto impegno da parte sua, potremo tranquillamente
riuscire nel nostro intento e togliere questa robaccia dalla mia pelle».
«Una categoria?».
Dopo aver
reinserito la spada nella roccia, Artù si fermò, dando le spalle a tutti i
presenti. Draco aveva già sollevato la bacchetta, pronto a spezzare
quell’incantesimo che aveva causato così tanti guai, tuttavia si bloccò quando
il sovrano gli fece cenno di aspettare.
«Prima di
andare, io devo assolutamente fare una cosa» si scusò proprio il Re, lanciando
uno sguardo imperioso ma gentile a tutti i presenti. «Non voglio che pensiate
che io stia approfittando della situazione, voglio solo… devo solo assicurarmi che questo mondo sia al
sicuro, almeno per un altro po’».
In
difficoltà, Hermione e Draco si guardarono, passandosi la patata bollente di
negare al più grande sovrano mai esistito la possibilità di restare per un
altro po’ in quel mondo che ancora non gli apparteneva.
«Mi
dispiace, ma se lei resta vivo, allora anche mia nonna resterà giovane» li
tolse dai guai Druella, facendo una smorfia. «Per quanto io sia più che certa
che in tanti sarebbero felicissimi di vederla girare per il mondo, non credo
che sia ancora giunto il momento di rinunciare ai vaccini ed a tutte le
innovazioni moderne».
Artù
scosse il capo, con un leggero sorriso. «Non intendo restare qui, non temete.
Ma credo che, comunque, per voi ci sarà un peso da portare» spiegò, allungò
nuovamente la mano verso l’impugnatura della spada, estraendola con una
facilità strabiliante. Il bagliore dorato non apparve, quella volta, forse
perché il Re non aveva mai perso la sua magnificenza.
«Cosa
intende dire?» chiese Anthony, facendosi avanti con aria vagamente preoccupata.
I suoi occhi saettarono alla moglie, che sbuffò. «Spero non sia niente di
pericoloso, perché, altrimenti-».
«Oh,
Anthony, piantala! Sono incinta, non sono malata» lo fermò lei, dandogli un
colpo sul braccio, incurante delle reazioni sorprese del nonno, di Draco e,
seppur con minore enfasi, di Hermione. «Beh? Dovevo mettere i manifesti?
Scusate, ma fino a poche ore fa ero prigioniera in una stupida torre».
Senza riuscire
a frenare la lingua, Draco iniziò a parlare. «Hai sfidato Morgana, brutta psicopatica! E prima ti sei buttata
dalla finestra! Cosa avevi per la mente? Da quanto sai di essere incinta?
Anthony, come hai potuto permetterglielo? E lei, Lord Fitzroy! Credevo aveste
un minimo di sale in zucca».
Il
vecchio Lord era in evidente difficoltà, si limitò a boccheggiare ed a fissare
la nipote come se le fosse spuntata una nuova testa dal collo.
Anthony,
invece, fece una smorfia. «Credi forse che io abbia avuto modo di parlare? Me
l’ha detto un attimo prima di smaterializzarci qui, non ho avuto modo di
reagire… e comunque, siamo tutti piuttosto consapevoli che lei fosse l’unica
capace di tenere quella megera a bada».
La megera
in questione, incatenata a pochi metri di distanza, si contorse, lamentandosi
come un animale in pena.
«Congratulazioni»
si fece avanti il Re, con un sorriso gentile. «Rassicurati, Gawain, non è nulla
di pericoloso. È un impegno che tu, senza rendertene conto, hai già assunto e
che ora vorrei assumessero gli altri» continuò, tornando a guardare Hermione e
Draco. «Questo mondo ha bisogno di voi, per troppo tempo nessuno ha
salvaguardato sulla mia pace e ne ho visti i risultati».
Il modo
in cui Hermione trattenne il respiro fece spaventare Draco, ma le sue parole
gli riempirono il cuore di emozioni mai provate.
«Vuole
nominarci Cavalieri della Tavola Rotonda6».
«Non cambi discorso. Vuole aiutarmi oppure no?»
insistette Draco, le sopracciglia inarcate. «Non le ho chiesto di tornare a
riesercitare la professione, anche se sono convinto che sarebbe la scelta
migliore da fare, a questo punto. Però lei continua ad evitare il mio sguardo»
gli fece notare, piegando la testa di lato. «Per quale motivo? Curarmi non può
essere quel gran problema, soprattutto perché lei sa che Rose avrebbe voluto che lo facesse5» indagò con
lo stesso tono di voce che aveva sentito usare ad Hermione un numero infinito
di volte e che lui sapeva funzionasse
con chiunque.
«Non mi occupo più di guarire le persone, Malfoy,
quindi puoi benissimo andare al San Mungo e chiedere a qualunque macellaio di
darti la mia pozione. Ho ceduto il brevetto da anni, ormai» gli rispose l’uomo,
burbero, voltandosi per fissare con una certa insistenza il camino vuoto.
Naturalmente, Newton Crave non era una persona
qualunque quindi i metodi classici non avevano alcun effetto sulla sua ignobile
persona. «Se sei tanto deciso a guarire, stavolta, sono certo che funzionerà e
potrai sposarti e fare un sacco di rumorosi bambini».
La sofferenza nella sua voce, pronunciando le
ultime due parole, fece stringere il cuore di Draco.
«Rosemary era molto rumorosa, da piccola, non è
vero?» gli chiese, impietoso verso il brivido che lo colse quando iniziò a
parlare. Era naturale che ancora non gli piacesse parlare di lei, ma quella sua
repulsione non poteva andare avanti. Alla fine, quella ragazza era diventata il
centro della sua esistenza: negare lei era negare la vita.
E Rosie non gli avrebbe mai perdonato una cosa
simile.
«Non dire il suo nome, Malfoy» gli sibilò il
Dottore, guardandolo come se fosse stato un cobra sul punto di morderlo. «Non
pronunciare il suo nome, mai».
«Altrimenti cosa fa?» lo sfidò lui, le
sopracciglia inarcate e l’espressione da sbruffone. «No, me lo dica! Mi lancerà
contro il bicchiere? Oppure ordinerà al suo gatto drogato di uccidermi? Crede
che io non abbia capito che non riesce ad usare la magia? O vuole farmi credere
che non se ne sia mai accorto?» chiese, ironico, tornando ad accavallare le
gambe come se fosse stato il padrone del mondo. «Non offenda il suo cervello, Crave. E non offenda il mio. Lei ha bisogno di aiuto, se ne
rende conto?».
La smorfia di disappunto del Dottore gli confermò
di aver colpito nel segno. «Credi che qualcuno potrebbe aiutarmi? Io sono il migliore e non sono riuscito a
guarire me stesso. Nessuno può farlo» spiegò, esasperato. «E poi, io non voglio
guarire. Ho realizzato tutto ciò che mi ero prefissato nella vita! Sono ricco
sfondato, ho pubblicato sufficienti libri e riviste da riempire una biblioteca
e non c’è studioso di Medimagia che non conosca il
mio nome. Tutto ciò che volevo era diventare un buon padre e, un giorno
lontano, anche un nonno… evidentemente non era una missione possibile, per me».
Il momento di silenzio che seguì
quell’affermazione fu bruscamente interrotto dall’improvviso rumore del gatto
che faceva le fusa, seduto in mezzo alla stanza e lo sguardo puntato sul nulla
davanti a lui.
Era
davvero strafatto.
«Certo che lei è davvero una brutta testa di cazzo,
quando vuole» sbottò Draco, scuotendo il capo con aria sconfitta. Alzandosi in
piedi per versarsi un bicchiere di Rum, che era l’ultimo alcolico rimasto in
quello che era stato l’ufficio del Dottore. «Lei si sta praticamente lasciando
morire perché ritiene di non avere più nulla da fare, su questa terra. Eppure
io le ho appena chiesto, se non vado errato, di aiutarmi a guarire» gli fece
notare, annusando la bottiglia contenente il liquido ambrato prima di versarlo.
Disgustoso, così da povero. «Lei è un
medico, il suo scopo dovrebbe essere quello di guarire la gente».
Crave emise un
grugnito non identificabile con una qualunque emozione. «Ho smesso di essere un
medico il giorno stesso in cui non sono riuscito a salvare mia figlia, Malfoy.
Ed ho smesso di essere un mago quando lei è morta, portandosi via ogni
scintilla di magia dal mio corpo», la sua voce ebbe un sinistro crollo alla
fine della frase e, voltandosi, Draco lo trovò con la testa fra le mani. «Io
non ho più nulla, se non degli anni
da vivere che non voglio. Tu non sei
ancora padre, Malfoy, e ti auguro di non sapere mai cosa significa vivere dopo
la perdita di un figlio».
Draco avrebbe voluto ribattere, dirgli che no, non
capiva, ma se voleva poteva provare a spiegarsi, ad elaborare quel terribile lutto
che, seppur in modi diversi, li aveva colpiti entrambi. Tuttavia, quando alzò
ancora lo sguardo su di lui, non riuscì a spiccicare una sola parola, tanto fu
la sorpresa – o l’orrore? – nel ritrovarsi davanti uno spettacolo inaspettato.
Ritta dietro la poltrona di suo padre, la figura
traslucida di Rosemary Crave lo osservava con un
cipiglio disperato, i grandi occhi chiari spalancati come se fosse stata sul
punto di mettersi a piangere. Gli fece segno di restare in silenzio, per poi
spostare gli occhi sul Dottore, facendogli intendere che lui non dovesse
sapere, che non dovesse vederla.
Per un istante, Draco fu tentato di non fare come
gli aveva detto e mettersi ad urlare ed indicarla. Tuttavia, si chiese cosa
sarebbe successo, qualora lui avesse fronteggiato il fantasma della sua bambina
scomparsa. In un primo istante, forse, sarebbe stato felice, avrebbe avuto la
possibilità di dirle tutto quello che non aveva avuto il coraggio di rivelarle
quand’era ancora in vita. Ma dopo la gioia? Rose era lì, aveva faccende in
sospeso ed era piuttosto evidente chi
fosse la sua faccenda.
Un’altra
colpa su di lui.
Allora, con un magone in gola, si limitò a fare un
leggero cenno con il capo, sentendosi sul punto di crollare in ginocchio quando
lei, sollevata, gli sorrise.
Solo
vent’anni, troppo giovane per morire.
Con lentezza, Rosemary sollevò la mano, indicando
dapprima Draco e poi suo padre, per poi fermare le dita sul proprio cuore,
ormai muto da mesi.
La
promessa, era il momento di infrangerla.
«Dottore». Consapevole della propria voce
tremolante, il giovane tossì leggermente, attirando l’attenzione dell’uomo. Lui
non aveva notato la figura alle sue spalle e, se fossero stati fortunati, non
l’avrebbe notata. «Lei ha ancora delle cose da fare e deve farle nel pieno
delle sue facoltà».
Il modo in cui lui grugnì non gli rese chiaro se
l’avesse fatto per spingerlo a continuare o per fargli sapere quanto poco
credesse a quelle sue parole. «Non iniziare con le stronzate sul non sprecare il mio talento, Malfoy, perché
prima di te è arrivata Hermione e lei, se permetti, è molto più convincente»
gli fece notare, con uno sbuffo. «Senti, lasciami in pace, voglio vivere quanto
mi resta nel modo più veloce possibile».
Lo sguardo severo di Rosemary impedì a Draco di
rispondergli come avrebbe voluto, cioè chiedendogli se volesse, per caso, che
lui gli desse una mano a morire più in fretta.
Concentrati,
Draco.
«Non me ne fotte un cazzo del suo talento, stupido
vecchio» gli disse allora, ingoiando altri insulti che sembravano voler
sfuggire al suo controllo. «Ho detto che lei ha qualcosa da fare e con qualcosa intendo che lei ha un debito da
pagare. Un debito con mio padre, per essere precisi. Credo che il principio un figlio per un figlio possa valere, in
questo caso5».
Quando, come fulminato, il dottore alzò lo sguardo
su di lui, Hermione vide la ragazza alle sue spalle sorridere e, dopo avergli
fatto un occhiolino complice, sparire nel nulla. Dov’era andata? Forse era passata oltre. Forse era ancora lì,
pronta a sostenere suo padre dopo ciò che lui gli avrebbe rivelato.
«Malfoy, parla»5.
***
«Sei sicuro sia stata una buona idea?».
La voce di Hermione era ovattata contro il suo
petto, le sue dita ancora sfioravano delicatamente la pelle ormai immacolata
del suo braccio. La pozione aveva fatto effetto, proprio come lui aveva
sperato, ed il tatuaggio era sparito lasciandosi dietro solo una sorda
sensazione di fastidio, decisamente meno spaventosa rispetto ciò che aveva
provato quando Voldemort in persona l’aveva segnato.
Divertito, Draco si stinse nelle spalle,
pizzicando il fianco della sua fidanzata. Era tornato a casa quando lei era già
andata a dormire, quindi si era limitato a strisciare al suo fianco ed
abbracciarla, conscio che si sarebbe subito svegliata. Stava indossando
l’imbarazzante pigiama che lui le aveva regalato e che adorava vederle indosso.
«Mi ha guarito, no? E credo che gli sia anche
piaciuto tornare a rendersi utile» le rispose, allegro come non era mai stato
nell’ultimo periodo. «E poi… quando potrà ricapitargli di fare del bene ad un
Cavaliere della Tavola Rotonda?» aggiunse, tutto allegro, sfiorando con la
punta delle dita il tatuaggio a forma di drago stilizzato che era apparso sulla
sua spalla destra quando Artù gli aveva concesso quella carica.
Hermione sorrise, mettendo poi un leggero broncio.
«Anch’io avrei voluto diventare un Cavaliere, come te, Anthony e Druella… ma
immagino che l’Ordine di Morgana dovrà bastarmi» mugugnò, girandosi lentamente
al suo fianco, fino a poterlo fronteggiare. Il suo tatuaggio era a forma di
corvo, sulla spalla sinistra, e riluceva tetro alla luce della abat-jour. «Draco…
credi che il Dottore si riprenderà? Intendo davvero,
non… non una ripresa come quella che c’è stata fino a questo momento».
Lui non riuscì ad impedirsi di sorridere. Il formicolio
alla guancia, prima di lasciare lo studio di Crave,
gli aveva confermato che, con buone probabilità, quell’uomo non sarebbe più
rimasto solo. Non davvero.
«Ah, credo proprio che ce lo ritroveremo presto
fra i piedi, più bisbetico e più egocentrico che mai».
«Sinceramente, non vedo l’ora».
»Marnie’s Corner
Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri
aggiornamenti!
Non supererò mai la morte di Rosemary Crave ed il
dolore di suo padre.
Mai.
Alla fine siamo arrivati alla conclusione. È stato breve ma intenso ed
io mi sono divertita molto! Spero che anche voi abbiate apprezzato! Questa
volta non mi dilungherò in ringraziamenti e simili – sto scrivendo all’una di
notte di domenica, abbiate pietà – ma sappiate che ho apprezzato ogni singolo
commento, ogni singola parola. Grazie
a tutti, perché mi state aiutando a portare avanti tutti i miei progetti e mi
state accompagnando durante le varie crisi da pagina bianca. Grazie davvero, a tutti.
Punti importanti:
» 1 – "Rinascendo adesso/ voglio vivere
per sempre / voglio vivere per te/ (Respiro adesso per la prima volta, sono
tornato in vita in qualche modo)/ Rinascendo adesso/ voglio vivere la mia vita/
voglio darti tutto/ /Respiro adesso per la prima volta, sono tornato in vita in
qualche modo)”
» 2 – Creatura magica: è simile ad un topo, ma sulla schiena ha un'appendice simile ad un
anemone di mare. Una bella bestiola velenosa che, in
questo caso, è anche feroce come poche.
» 3 – Spoiler, Barry Maine tornerà –
con buone probabilità – nella mia prossima long! Si tratta di un Magizoologo americano, adesso
dovrebbe avere più o meno quarant’anni, è arrivato in Inghilterra una decina di
anni prima di questa storia ed ora lavora in una riserva di Animali nel Nord
della Scozia.
» 4 – Le Nebbie di Avalon sono delle nebbie, più
metaforiche che reali, che separano il mondo dei babbani da quello dei maghi e
delle streghe di Avalon. Queste circondano l’isola e
ne nascondono i misteri. Per poter approdare è necessario che ci sia una
sacerdotessa per aprirle. Secondo la leggenda, il corpo di Re Artù è stato
messo su una barca e spedito verso l’isola, venendo inghiottito dalle nebbie
stesse.
» 5 – Riferimenti alla storyline del dottor Crave e di Rosemary, sua figlia, che viene esaminata nella
long “Lo Specchio delle Anime”. Rose, come credo di aver accennato, è stata rapita
e torturata per mesi dai Mangiamorte, dopo che suo padre si era rifiutato di
aiutarli. Rose è rimasta sei anni chiusa al San Mungo, è diventata una buona
amica di Draco e, quando è morta, è stato per tutti un duro colpo. Il debito di
cui parla Draco riguarda il fatto che Lucius abbia
aiutato Rosemary ad essere salvata dagli Auror,
facendo la spia per riuscire a farla scappare. Naturalmente Lucius
lo fece per senso di colpa verso suo figlio, che era stato condannato perché
lui era stato troppo vigliacco da opporsi.
» 6 – La nomina a Cavaliere, per quanto mi riguarda, è sempre stata molto
più che una semplice e piatta investitura. I Cavalieri mantenevano la pace,
erano protettori di Camelot e della sua magia, quindi è naturale che ci siano
state conseguenze anche fisiche (i tatuaggi magici). Non dovranno far nulla,
semplicemente dovranno vegliare sulla spada e, nel corso della loro vita, fare
in modo che nessuno ne scopra più i segreti. Perché Druella è diventata un
Cavaliere ed Hermione no? Druella ha combattuto attivamente, così come Draco
(Anthony ha prestato il giuramento mentre credeva d’essere Gawain), mentre
Hermione ha dimostrato un grande intelletto e conoscenza magica teorica, motivo
per cui lei è diventata una Dama dell’Ordine di Morgana.
È finita, ufficialmente.
Grazie a tutti per avermi seguita in questa piccola avventura, spero
davvero che continuerete a seguirmi, quando mi deciderò a pubblicare la
prossima long (spero non troppo tardi!). Magari fate un salto a dare un’occhiata a
qualcos’altro di mio ;)
Grazie davvero, a tutti.
Per altre
comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!
Grazie ancora a
chiunque leggerà,
-Marnie